RIVAROLA, Cristina

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RIVAROLA, Cristina

Maria Pia Paoli

RIVAROLACristina (in religione Maria Domenica). – Terzogenita dei nove figli del conte Domenico (Bastia 1687-Torino 1748) e di Diana Frediani (nata nel 1682), nacque a Bastia probabilmente attorno al 1734.

La famiglia, originaria di Chiavari, si era trasferita in Corsica ai tempi dell’avo paterno Nicolò (1646-1700). Nel 1724 Domenico fu podestà di Bastia prima di passare al servizio del duca Carlo Emanule III di Savoia e poi partecipare sempre più attivamente all’insurrezione corsa contro la Repubblica di Genova.

Non si hanno notizie della formazione giovanile di Cristina e nemmeno dell’epoca in cui entrò nella comunità delle orsoline di Bastia con il nome di Maria Domenica, dove sarebbe stata poi eletta superiora. Secondo alcune fonti, il giardino della casa della famiglia Rivarola situato nella rue du Lycée (attuale rue Corbuccia) comunicava con il giardino delle orsoline consentendo alla suora di incontrarsi con Pasquale Paoli che spesso era ospite dei Rivarola sia a Bastia sia a Oletta. Tali incontri erano animati dal fervente spirito patriottico della suora che insieme al fratello Antonio, console del re di Sardegna a Livorno dal 1760 al 1775, fu tra i principali informatori di Paoli sullo svolgimento delle vicende corse nel periodo cruciale che vide il rapido avanzare della Francia di Luigi XV alla conquista dell’isola. Non è chiaro tuttavia quando iniziasse la corrispondenza fra il generale e la suora, sempre ricordata, come «la monaca».

Nel 1760 Paoli intervenne a favore sia di Maria Domenica sia di sua sorella Maria Aurelia, anche lei suora, perché recuperassero la loro dote per mezzo del cugino Giovan Ambrogio Zerbi. Le lettere scritte da Paoli a Rivarola, insieme a quelle di altri destinatari, furono edite da Niccolò Tommaseo nel 1846.

Tommaseo, tuttavia, aveva nutrito qualche dubbio sulla loro autenticità come si apprende da una lettera di Giovanni Fabrizi a Giovan Pietro Vieusseux del 14 giugno 1845 (Firenze, Biblioteca della Deputazione di storia patria per la Toscana, Lettere dell’Archivio storico italiano, 4, 1638, Carteggio Vieusseux, cc.1r-2v). Fabrizi, garantendo a Vieusseux l’autenticità di quelle missive, rispondeva di non sapere a quale ordine religioso appartenesse Rivarola.

Tale corrispondenza, in massima parte mancante delle lettere della monaca, che a detta del suo editore dovevano essere numerose, è al momento la principale fonte biografica che la riguarda e non sufficiente, tra l‘altro, a chiarire per quanto tempo Maria Domenica restasse a Bastia e quando invece si recasse e soggiornasse a Livorno dove viveva il fratello Antonio. Secondo Tommaseo la contessa Rivarola, «ardente di patria», si recò di persona fino a Genova per far mettere in salvo i suoi due nipoti catturati a causa del padre Antonio che combatteva per l’indipendenza dell’isola.

Non obbligata alla clausura in quanto orsolina, come ella stessa ebbe a dire alla regina Maria Antonietta, cominciò a corrispondere con Paoli. Quest'ultimo, affidandosi talvolta alla cifra, scriveva alla monaca per darle le notizie della guerra e dei trattati e in cambio le chiedeva quelle dell’Italia e del mondo, oltre a pregarla di fargli il gioco del lotto «coll’estrazione de’ numeri praticata altre volte» (Lettere di Pasquale De’ Paoli, 1846, p. 67). Da Furiani, il 20 giugno 1763, Paoli in risposta alla incalzante richiesta di notizie da parte di Rivarola le inviò un lungo resoconto degli avvenimenti, informandola dell’arrivo dei genovesi armati di cannoni che avevano provocato morti e feriti da ambo le parti. Alla lettera del 2 febbraio 1764 accludeva il manoscritto originale della Lettera di un còrso abitante in Corsica ad un altro dimorante in Venezia pubblicata nell’opera apologetica dell’abate Gregorio Salvini dedicata a Paoli, Giustificazioni della rivoluzione di Corsica combattuta dalle riflessioni di un genovese e difesa dalle osservazioni di un corso (In Corti 1764).

In seguito al secondo Trattato di Compiègne, stilato il 6 agosto 1764, le truppe francesi su richiesta dei genovesi sarebbero ritornate in Corsica per presidiare le città costiere di Bastia, Ajaccio, Calvi, Algajola e San Fiorenzo. Già nell’agosto del 1763 Paoli aveva espresso al fratello di Rivarola il timore che la Repubblica di Genova volesse cedere la Corsica ai francesi; nel settembre del 1764, scrivendo da Patrimonio, informava anche la suora di questo pericolo e del comportamento dei francesi nell’isola, ormai molto invisi al popolo corso, tanto che riteneva poco attendibile la loro disponibilità a trattare amichevolmente un accomodamento fra i corsi e i genovesi. Del 6 settembre 1764 è una lettera indirizzata da Rivarola a Paoli nella quale la monaca si augura un conflitto Londra-Parigi: «forse avessimo un’altra inglesata in Corsica» (F. Venturi, 1987, p. 72 e nota). Nel dicembre del 1764 Paoli si rallegrò con la suora della recuperata salute del fratello Antonio e la mise a parte anche di alcuni suoi problemi di salute, «bollimenti di sangue», insieme alla notizia dell’estrema penuria di viveri che regnava a San Fiorenzo.

Da allora passarono alcuni mesi prima che Rivarola scrivesse di nuovo a Paoli che, pregandola di non privarlo più a lungo «delle sue grazie», con lettera del 18 marzo 1765 le dava un’informazione molto riservata circa la decisione di concedere alle truppe francesi di comprare liberamente nel Regno generi commestibili per le loro tavole. Temendo delle critiche da parte dei mercanti locali, confidava che la suora potesse difenderlo nella certezza che la buona intesa con i francesi non avrebbe pregiudicato alle giurisdizioni acquistate dalla nazione corsa.

La corrispondenza del 1767 verte sulla conquista dell’isola di Capraia da parte dei ribelli corsi. Il 2 luglio del 1767 da Corte Paoli si complimentava del fatto che «la signora monaca» si fosse avventurata sull’isola: «Viva lo spirito della Signora Monaca e della signora Porzia che, a dispetto delle galere genovesi, hanno voluto vedere l’isola di Capraja, di che anche io avrei gran voglia» (Lettere di Pasquale De’ Paoli, 1846, p. 99). A Capraia Rivarola avrebbe dovuto eseguire in segreto alcuni ordini del generale circa il trattamento favorevole da riservare ai prigionieri genovesi, compresa la restituzione delle spade al commissario di Capraia e agli ufficiali. Il ruolo preminente che la suora rivestiva come agente segreto si evince da altre lettere dell’estate del 1768 inviate da Paoli al conte Antonio Rivarola, al quale consiglia di informarsi sempre dalla sorella sull’accaduto di quei mesi e auspicando di ricevere aiuti da Toscana e Inghilterra.

Il 15 maggio 1768 con il Trattato di Versailles la Repubblica di Genova cedeva la Corsica alla Francia. L’incalzare degli eventi e le speranze di una svolta coinvolsero ancora Rivarola che il 22 agosto 1768 da Livorno scrisse una lettera a Raimondo Cocchi, dichiarandosi pronta a sacrificarsi per la patria. Da un anno Cocchi, forse in qualità di emissario del residente inglese in Toscana Horace Mann, si era recato in Corsica divenendo partigiano attivo della causa di indipendenza dell’isola.

Le ultime tracce di Rivarola e della sua intensa attività di informatrice segreta di Paoli sono contenute nella corrispondenza dell’autunno e dell’inverno del 1768; le lettere indirizzate dal generale sia alla monaca sia a suo fratello Antonio sono tutte piene di resoconti concitati, nonché del timore nutrito da Paoli di essere ucciso.

Nulla è noto per quanto riguarda il luogo e la data della morte.

Fonti e Bibl.: L’archivio della famiglia Rivarola, da quanto ne riferisce Niccolò Tommaseo nell’edizione delle lettere di Pasquale Paoli, era conservato a Nizza, ma nel 1792 subì la dispersione causata dai rivoluzionari francesi. Le lettere di Paoli al conte Antonio Rivarola e alla sorella orsolina furono in parte salvate dal figlio del conte Antonio, Francesco, generale al servizio degli inglesi (Lettere di Pasquale De’ Paoli, 1846, p. 3, nota 1). La lettera di Maria Domenica a Raimondo Cocchi è edita da Giovanni Livi (Lettere inedite di Pasquale De’ Paoli, 1890, t. VI); la lettera a Paoli, l’unica per ora di cui si ha notizia, è citata da Franco Venturi e conservata ad Ajaccio, Archives départementales de la Corse, Fonds Paoli, carton 3 (Venturi, 1987, p. 72 e nota).

Lettere di Pasquale De’ Paoli, con note e proemio di N. Tommaseo, Firenze 1846, ad ind.; F.M. Giamarchi, Vita politica di Pasquale Paoli, Bastia 1858, pp. 92 s.; Lettres de Pascal Paoli, a cura di M. dr. Perelli, in Bulletin de la Société des Sciences historiques et naturelles de la Corse, 1884, vol. 1, p. 616; Lettere inedite di Pasquale De’ Paoli, con note e proemio di G. Livi, in Archivio storico italiano, s. 5, 1890, t. V, p. 231, t. VI, pp. 284 s.; F. Venturi, Settecento riformatore, V, L’Italia dei Lumi (1764-1790), 1, La rivoluzione di Corsica. Le grandi carestie degli anni sessanta. La Lombardia delle riforme, Torino 1987, p. 6, 40 nota, 72 e nota; Corréspondance de Pascal Paoli, a cura di A.M. Graziani - C. Bitossi, IV, Ajaccio-[Roma] 2010, pp. 54-55.

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