CREDITO

Enciclopedia Italiana (1931)

CREDITO (dal lat. credĭtus, da credo "io affido"; fr. credit; sp. credito; ted. Kredit; ingl. credit)

Gustavo DEL VECCHIO
Carlo QUARANTOTTI
Carlo DRAGHI
Riccardo DALLA VOLTA
Riccardo DALLA VOLTA
Mario ALBERTI

Il credito è uno strumento di circolazione il quale interviene a permettere quelle forme di scambio le quali non sarebbero possibili in regime monetario per l'insufficienza della moneta, o a limitare il costo della circolazione monetaria in quei casi in cui la circolazione per mezzo del credito è più economica. Per semplicità distingueremo le funzioni del credito secondo che esso serva immediatamente alla produzione e al consumo ovvero, pur indirettamente sempre servendo ad essi, direttamente si limiti a surrogare la moneta.

La prima funzione del credito appare chiara da ciò che già prima si è detto, perché è quella che il credito compie allorquando consente atti di scambio i quali non sarebbero possibili in regime puramente monetario. Sia che in regime di baratto una delle parti conceda all'altra una dilazione per la sua controprestazione, sia che in regime di moneta si conceda una dilazione per il pagamento del prezzo o della merce, sia infine che in sistema di scambî più complessi una certa somma di moneta si paghi contro un'altra somma pagabile in un tempo diverso, la sostanza del credito non muta. In tutti questi casi esso serve a rendere la disponibilità, non soltanto qualitativa ma anche quantitativa, delle ricchezze indipendente dalla loro distribuzione fra i varî individui.

Questa funzione del credito è identica così per il credito di produzione come per quello di consumo; sia che l'oggetto che noi acquistiamo abbia per scopo la produzione, sia che serva a procurarci un godimento immediato, il credito non fa in entrambi i casi che procurarci la possibilità - che mancherebbe in regime monetario - di avere quel bene senza essere costretti a una controprestazione immediata. Il fatto del grande industriale che si reca alla banca per avere un prestito affine d'intensificare la sua produzione e il fatto del piccolo consumatore che vi si reca per ottenere la somma che gli servirà per sbarcare il lunario, sono - almeno per quanto riguarda la loro posizione di fronte al credito - identici. La distinzione tra credito di produzione e credito di consumo non ha significato preciso e dev'essere eliminata dalla teoria economica insieme con quella tra beni che sono capitale e beni che non sono capitale, dalla quale logicamente discende.

Il credito è strumento di circolazione in quanto risparmia, almeno in gran parte, i costi inerenti all'uso della moneta. S'intende che anche il credito ha i suoi elementi di costo, ma questi, se e in quanto sono minori, fanno sì che il credito venga sostituito alla moneta. Il credito può intanto ritardare il pagamento in moneta e diminuire quindi i costi inerenti all'uso di essa, aumentando o meglio regolando i pagamenti che una certa massa monetaria è capace di effettuare in un certo periodo di tempo.

Ma può fare anche di più; cioè sostituire la moneta e persino eliminarla. Ciò precisamente quando si avveri uno dei presupposti seguenti: a) l'accettazione di crediti in pagamento; b) la compensazione di crediti. Si capisce che se nel commercio si ricevono in pagamento dei crediti come se fossero moneta, noi abbiamo un effettivo risparmio di questa. Così per il principio della compensazione, per il quale gli atti di circolazione eliminano quasi del tutto l'uso della moneta, e quindi i costi corrispondenti.

Il credito può sostituire la moneta quale intermediario degli scambî, non nella funzione di misura dei valori (non si può dire che una tavola costi un credito di lire 10) né come tipo per i pagamenti differiti. Il credito può essere un mezzo legale di pagamento (potere liberatorio conferito dallo Stato ai biglietti della Banca d'Italia) e può sostituire la moneta quale strumento d'accumulazione.

Il credito non è possibile senza che vi sia la fiducia che il pagamento sarà effettuato; questa fiducia è data generalmente da una riserva monetaria, sicché tutto il meccanismo del credito riposa su questa base. Può il credito sostituire in questa funzione la moneta? Un credito può, sì, essere garantito da un altro credito ma ci dovrà essere infine sempre una base monetaria su cui s'imposta la catena di crediti. Qui è importantissimo fare un'osservazione: se è vero che il credito non può compiere la funzione di misura dei valori che è propria della moneta, è altresì vero che questa funzione per essere compiuta non richiede che una certa parte della massa monetaria sia distratta da altri usi, monetarî e non monetarî, per essere dedicata a questa funzione.

Se il credito consente di raggiungere gli stessi effetti, che si potrebbero ottenere aumentando la durata delle giacenze di moneta e di prodotti, si può dire che abbrevia il processo produttivo. Se consente certi scambî i quali altrimenti non avrebbero luogo, e così aumenta per i diversi contraenti l'utilità dei beni disponibili, abbiamo un secondo effetto dipendente dal credito, diverso (se anche non privo di connessione, come vedremo) dal primo.

Secondo la terminologia corrente, si dice che il credito, quando aumenta l'utilità o la produttività di certi beni, "trasferisce" e non crea il capitale, e che, quando serve a diminuire la durata delle giacenze delle merci e della moneta, "sostituisce" il capitale. Basta considerare la difficoltà che s'incontra nel distinguere in concreto tali due modi di operare del credito, per vedere come sia mal posta la questione se il credito trasferisca o sostituisca il capitale. Per chiarire ulteriormente la questione, occorre altresì rammentare che per capitale s'intende non soltanto una massa di beni destinati alla produzione o al consumo, in quanto essi sono considerati nella loro esistenza in un dato momento e quindi nella loro disponibilità per un periodo di tempo successivo determinato o indeterminato, ma anche la moneta o la potenza d'acquisto (credito di circolazione) che può comperare quella stessa massa di beni. Le due concezioni sono non soltanto diverse, ma dal punto di vista della domanda e dell'offerta del capitale sono opposte, press'a poco come sono opposti fra loro (ed equivalenti) l'uso dei fattori di produzione e la loro rimunerazione. Ma in un punto si possono identificare: richiedendosi per la produzione in due momenti successivi il capitale, inteso nel primo senso, più il capitale, inteso nel secondo, ne risulta che il credito, sostituendo il capitale nel secondo senso, equivale nel suo operare a un fattore che sostituisse invece il capitale inteso nel primo senso. Il suo effetto sulla quantità del prodotto non è differente, quando opera nel secondo senso da quello che produrrebbe operando con intensità e durata eguale nel primo senso. Tutta la questione è così portata in quel termine quando, che limita in fatto la capacità di sostituzione propria del credito in confronto dei beni concreti. Il capitale, in quanto è un complesso di beni, si rinnova attraverso il processo produttivo e attraverso il consumo corrispondente a un contemporaneo suo concorso alla produzione. Il capitale, in quanto è potenza d'acquisto, si esaurisce senza riprodursi nel ciclo della circolazione, se è costituito da credito. Ma se è costituito da moneta vera permane anche dopo che è esaurito il ciclo produttivo per il quale esso è stato creato. Per questa ragione soltanto la moneta è di solito noverata nel capitale (inteso nell'altro senso) da certi scrittori, ciò che a stretto rigore non dovrebbero fare, perché neppure tale strumento degli scambî è un elemento del capitale, inteso nel senso proprio a loro. Ma la creazione d'un credito, che sostituisce un altro credito il quale si estingue, non aumenta il capitale in nessuno dei sensi nei quali può essere assunto tale termine. E tale è la sorte normale dei crediti in economia statica. In economia dinamica (cioè per oscillazioni cicliche o minori variazioni del sistema o anche in corrispondenza con variazioni di lungo periodo) si possono creare altresì dei crediti oltre il limite di quelli che si estinguono. Allora non soltanto i crediti sostituiscono altri crediti già esistenti, ma anche costituiscono crediti nuovi che sostituiscono il capitale. Ma l'ampiezza di tali nuove creazioni è limitata in una misura che è funzione del ritmo delle oscillazioni o dell'intensità del progresso economico e di altre condizioni concrete.

Per quanto molto inferiori a quelli della moneta, anche il credito ha i suoi elementi di costo. Ne distinguiamo tre:1. Le cosiddette spese di ammmistrazione, che sono inerenti alle operazioni per cui i crediti si costituiscono, si trasformano, si trasferiscono e si estinguono. Poiché si tratta sempre di spese fisse, esse costituiscono un limite al credito in quanto lo rendono antieconomico sotto un certo ammontare. 2. L'interesse e le spese accessorie inerenti alla conservazione di riserve monetarie in quanto, direttamente o indirettamente, il credito normale si basa sempre sopra tali riserve. 3. Il rischio che il debito non sia pagato.

L'impiego del credito verrebbe ad essere molto limitato dal fatto che la fiducia, suo presupposto, non può essere goduta, da chi cerca il credito, presso tutti quegli altri individui presso i quali dovrebbe goderne affinché il suo credito fosse adoperato come strumento di circolazione. Questa difficoltà viene sormontata ricorrendo al credito indiretto ossia a un'operazione di credito dove interviene un terzo ente, il quale è costituito in modo da presentare quelle condizioni di notorietà e di fiducia che sono necessarie perché il credito sia normale e continuo strumento di circolazione. Questo ente è la banca.

La Banca. - È un istituto intermediario di credito a scopo di pagamento. Questa definizione fa risaltare due caratteristiche essenziali: 1. che la banca fa affari di credito; 2. che la banca non è un qualsiasi istituto di credito (che potrà anche essere di credito di produzione) ma compie principalmente quelle operazioni di credito che hanno per oggetto di effettuare dei pagamenti. Riflettendo sulla definizione data e sul suo valore pratico si possono dedurre le due seguenti constatazioni: 1. La banca non ha lo scopo di prestare i proprî denari, ma ha quello di agevolare i pagamenti per mezzo del credito, servendosi a questo scopo della fiducia estesa che essa gode nel mondo mercantile. Il capitale della banca è quindi capitale di garanzia e non capitale di esercizio e sta ad assicurare ai creditori che eventuali deficienze da parte di debiti della banca non si ripercuoteranno su loro. Tanto è vero che si arriva a una certa forma di banca per la quale la legge non esige alcun capitale, dato che i componenti la stessa garantiscono personalmente i creditori. 2. Si capisce come la banca non possa dare sia quantitativamente sia qualitativamente altro credito all'infuori di quello che essa stessa riceve, e siccome il suo credito è limitato essa può, anzi deve andare fino al limite del suo credito, ma non può sorpassarlo. Ma c'è di più: essa non può ricevere il credito per il quale non possa avere un opportuno impiego; così, per esempio, una banca che fa dei crediti a lunga scadenza non può impiegare utilmente, e quindi non deve accettare, crediti a vista.

Costo delle operazioni bancarie. - Data la fondamentale funzione della banca, quella cioè d'interporsi col suo credito fra chi lo cerca e chi lo vuole dare, scontando (per citare il caso più semplice) la cambiale del primo col credito ricevuto dall'altro, il quale riceve dei biglietti di banca, è facile constatare che in qualsiasi operazione che tenda allo scopo suaccennato, si devono distinguere due atti fondamentali: il momento attivo, della concessione del credito, e il momento passivo dell'assunzione del debito.

Vediamo ora quale sia il costo di questa operazione. Per colui il quale usa il credito della banca, il costo s'identifica con l'interesse che deve pagare alla banca. Per la banca, invece, il costo si compone di varî elementi:1. l'interesse che la banca paga al suo creditore e che spesso è assente: si tratta d'un elemento in ogni caso di poco conto, dato che il credito che la banca riceve in quanto credito di circolazione non dà interesse, come non ne dà, a chi la conserva, la moneta; 2. la riserva metallica: elemento ben più importante del precedente, dato il saggio d'interesse sopra il capitale immobilizzato dalla riserva metallica (riserva bancaria); 3. il rischio del capitale investito: la banca deve impiegare quella parte dei fondi che non conserva in forma metallica, e questo impiego può presentare dei rischi che costituiscono un costo; 4. il rischio del panico, cioè il rischio che i creditori della banca chiedano l'immediato rimborso dei loro crediti in misura tale che, pur essendo compresa nei limiti dei loro diritti, superi però i limiti della domanda normale se non i limiti di quella che la banca prudenzialmente deve sempre ritenere possibile. Il costo di questo pericolo è in parte compreso nell'interesse del capitale investito nella riserva metallica (vedi punto 2°), la quale serve appunto ad evitare i danni che dall'avverarsi del panico potrebbero derivare alla banca. Questa riserva - detta anche in senso proprio "riserva bancaria" - che ha la funzione di coprire i rischi del panico non si deve confondere con le riserve delle altre società, tanto è vero che le banche hanno, oltre a questa, altre riserve che non hanno niente a che fare con questa, la funzione della quale si può paragonare soltanto a quella che hanno le riserve delle società di assicurazioni costituite per l'eventuale avverarsi dei sinistri con una frequenza superiore alla prevedibile. La "riserva bancaria" e l'altra (costituita dal complesso del capitale di fondazione), contro il rischio che dei debitori non paghino, sono del resto necessarie alla banca per il fatto che, ove non le avesse, le verrebbe meno la fiducia dei suoi creditori e quindi la possibilità stessa di operare. Se noi riusciamo a comprendere quello che in realtà è il sistema bancario, vale a dire un complesso di numerose banche legate fra loro dai più diversi rapporti, si potrà facilmente constatare quanto segue: il rischio che minaccia le singole banche è un rischio che non esiste per il sistema bancario nel suo complesso, esclusi due casi anormali che studieremo poi. Se il sistema bancario funziona normalmente, i ritiri fatti in una banca si traducono in versamenti fatti in un'altra appartenente al sistema. Se una banca deve pagare di più, vi sarà certamente - premessa una situazione normale - un'altra che riceverà di più. L'individuo che ha perduto la fiducia nella banca A, liquida i crediti che ha presso questa banca, e deposita il ricavato presso la banca B. L'individuo che ha fatto un acquisto ritira dalla banca A la somma corrispondente e la consegna al venditore e allora si possono dare due casi: o il secondo individuo è depositante presso la banca A e allora il pagamento si effettua mediante una semplice iscrizione sul conto corrente dell'uno della somma tolta all'altro, oppure esso ha un conto corrente con la banca B e allora la somma di danaro (credito) tolta alla banca A passa alla banca B. Ripetendosi con molta frequenza questo fatto, avviene che infine le banche si trovino a essere creditrici e debitrici vicendevolmente tra loro. Abbiamo nella pratica alcuni istituti che hanno appunto lo scopo di rendere più spedito questo fenomeno, cioè eguagliare queste mutue differenze e far diventare no male la situazione. Studiando i sistemi bancarî concreti si trovano fra quelle che hanno questo scopo due istituzioni principali, che possono essere e difatti sono congiunte fra loro: la banca centrale (banca delle banche) e la stanza di compensazione.

La stanza di compensazione e la banca centrale hanno in fondo lo stesso scopo, quello cioè di rimediare mediante sconti e compensazioni tutte quelle partite che non si potrebbero regolare in altri modi per il fatto che i varî commercianti sono clienti di banche diverse. Da questa identità di scopo non risulta per nulla la superfluità delle stanze di compensazione. Ché, se queste non ci fossero, bisognerebbe che tutte le operazioni bancarie passassero per la banca centrale, rendendone il lavoro quanto mai complesso e difficile, mentre con gli sconti nelle stanze di compensazione le banche incominciano col fare la somma del loro dare e del loro avere e quindi l'azione della banca centrale si limita a regolare la differenza fra le somme dei pagamenti che ogni banca deve fare e ricevere.

Condizioni eccezionali del sistema bancario. - Abbiamo già osservato come, presupposto un sistema bancario in situazione normale, i ritiri fatti dalla banca A si traducono in versamenti fatti alla banca B e, quindi, per il complesso del sistema queste operazioni non hanno alcuna importanza. Si possono dare tuttavia due fenomeni capaci di turbare l'equilibrio di un sistema bancario d'un dato paese:1. il caso che sia scossa la fiducia, non in una singola banca, ma nell'insieme del sistema bancario, perché allora i creditori ritirano i depositi per conservare la moneta in casa: in questo caso, cessa la correlazione tra ritiri e versamenti; 2. il caso che i clienti ritirino i loro fondi per spedirli all'estero, cioè li trasferiscano in un altro sistema bancario. Questi due casi si riferiscono a rapporti attraverso il tempo (economia dinamica) e attraverso lo spazio (teoria del commercio internazionale), i quali si possono peraltro risolvere con un'opportuna estensione dei principî già esposti.

Come per tutti gli altri problemi di economia, anche per gli effetti che il credito ha sopra i prezzi occorre distinguere, a seconda che il credito si attui in brevi periodi di tempo oppure in lunghi periodi di tempo. In brevi periodi di tempo (per esempio, due mesi) il credito, sostituendo la moneta quale strumento di scambio nella circolazione, tende a determinare un aumento nel livello generale dei prezzi delle merci, poiché, adoperando la gente il credito in luogo di moneta, la moneta poco domandata perde del suo valore. Nello stesso tempo una certa quantità di metallo è lasciata libera dagli usi monetarî e resa disponibile per gli usi industriali. Questo naturalmente vale per un mercato chiuso. In un mercato aperto si può aggiungere agli effetti indicati l'esportazione del metallo la quale in gran parte li sostituisce così per quanto si riferisce all'impiego come per la valutazione del metallo prezioso.

Il credito adoperato con prudenza e oculatezza dalle banche può agire quasi da calmiere delle oscillazioni dei prezzi, mitigandoli quando sono temporaneamente troppo alti, rialzandoli quando tendono temporaneamente a diminuire. Se in un paese circola una grande quantità di strumenti di scambio (moneta e crediti) e la moneta, appunto perché troppa, ha un basso valore e perciò i prezzi sono molto alti, basterà che le banche, le quali dispongono del credito, ne restringano la circolazione, perché la moneta sia tosto più domandata, acquisti quindi di valore e faccia in tal modo abbassare i prezzi delle merci. Se invece si verifica il contrario, se cioè nel paese v'è mancanza di moneta e questa quindi ha un tale valore di scambio che siano troppo bassi i prezzi delle merci, sarà in mano delle banche il mezzo di farli rialzare, poiché basterà che esse allarghino la circolazione del credito e, più largamente sostituendo questo alla moneta, la facciano diminuire di valore rialzando i prezzi delle merci. In condizioni normali, quindi, le espansioni e le contrazioni del credito servono molto bene a compensare deficienze o eccedente monetarie e, ciò che fa lo stesso, aumenti o diminuzioni nei prezzi delle merci da far circolare.

In periodi lunghi di tempo, l'estendersi delle istituzioni bancarie e, quindi, l'allargamento della circolazione del credito tendono a determinare un aumento nel livello generale dei prezzi, oltre che per i motivi già accennati prima, anche per il fatto che diminuisce durevolmente la domanda di metallo prezioso, perché il paese ha minor bisogno di moneta. Ora, come è noto, il metallo prezioso è ottenuto a costi crescenti: qualora ne venga domandato di meno, il costo marginale del metallo sarà più basso, il valore della moneta pure e, quindi, i prezzi delle merci, alti già per effetto del credito, non avranno ragione di diminuire.

Il credito riposa sopra la fiducia che è un fatto essenzialmente d'opinione e di sentimento. Il credito è dunque soggetto a delle oscillazioni in più o in meno, le quali hanno una ampiezza molto maggiore di quella che logicameme sarebbe connessa con le altre sue cause determinanti. Accade cioè che, quando c'è fiducia, si ha un'espansione di credito, e, se invece regna la sfiducia, si ha una contrazione di credito, anche se non ci sono altre cause atte a determinare questi due movimenti. Per questa ragione fondamentale ogni sistema di circolazione basato sul credito implica inevitabilmente delle oscillazioni nella massa del credito, e, quindi, nel livello dei prezzi, per i motivi già accennati. La politica del credito, con tutti i suoi infiniti sistemi, si propone appunto di mitigare le oscillazioni dei prezzi imponendo dei limiti a quelle del credito, per diminuire l'entità delle contrazioni conseguenti alle soverchie espansioni. È dubbio se i sistemi concreti di politica bancaria, tendenti a limitare il credito nei momenti d'entusiasmo, valgano a raggiungere il fine che si propongono. In ogni modo non si può negare l'esistenza del problema che essi vogliono risolvere. L'obbligo legale della conversione del credito in moneta metallica non esclude il fatto che nella fase ascendente delle crisi, quando la fiducia è massima e generale e quando la speculazione è al rialzo, il credito tenda ad espandersi oltre misura, non tanto per le banche, quanto per il pubblico, il quale ad esse domanda sempre più credito di circolazione, mentre i prezzi sempre crescenti richiedono l'uso di tali crediti e impediscono che se ne domandi alle banche il rimborso (v. crisi economiche).

Nettamente distinta dai titoli di credito, abbiano pure corso legale (biglietti di banca), è la carta-moneta che circola a corso forzoso, vale a dire quella che è data in pagamento dallo Stato senza che il possessore abbia il diritto a cambiarla in moneta metallica, in moneta tipo, oppure quella alla quale tale potere è stato attribuito dopo che era stata emessa quale carta bancaria (v. moneta).

I varî problemi, i quali si presentano quando si considerano le diverse forme tecniche proprie del credito e le diverse attività per le quali al credito si ricorre, ricevono dalle precedenti nozioni generali l'unità che ne costituisce il carattere fondamentale. Tutti i diversi crediti (e le varie forme del credito pubblico in confronto di quello privato) formano un sistema e sono collegati da rapporti, in cui essi hanno il loro momento più notevole.

Bibl.: F. Ferrara, Introduzione al vol. VI (serie 2ª) della Bibl. dell'Economista, Torino 1859; L. Messedaglia, Il credito, nel vol. II delle Opere, Verona 1920-21; A. De Viti De Marco, La funzione della banca, in Rend. dell'Acc. dei Lincei, sc. morali, Roma 1898; M. Fanno, Le banche e il mercato monetario, Roma 1912; G. Del Vecchio, Teoria dello sconto, in Giorn. degli econ., 1914; id., Ritorni alla teoria ferrariana del credito, Pavia 1930; id., Il mercato monetario, in Annali di Economia, 1927; id., Scienza e pratica nell'arte bancaria, in Riv. bancaria, 1930; id., Grundlinien der Geldtheorie, Tubinga 1930; H. Whithers, The meaning of money, Londra 1909; R. G. Hawtrey, Currency and credit, Londra 1919; J. Schumpeter, Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung, 2ª ed., Monaco 1926; W. Leaf, Banking, Londra 1926; C. H. Kisch - W. A. Elkin, Central Banks, Londra 1928; R. Burgess, Reserve Banks and Money Market, New York 1928.

L'apertura di credito.

L'apertura di credito (fr. ouverture de crédit o d'accréditif; sp. abertura de crédito; ted. Krediteröffnung, Kreditgeschäfte; ingl. credit opening) è un contratto per il quale uno dei contraenti, che è generalmente un banchiere (accreditante), si obbliga, sotto determinate condizioni, ad accordare credito all'altro contraente e a somministrargli, a sua richiesta, le somme di cui ha bisogno; e questi (accreditato) a sua volta si obbliga di restituirle nei termini e modi stabiliti, aumentate dei diritti di commissione e degl'interessi. È contratto consensuale, in quanto si perfeziona non appena l'accreditante abbia assunto verso l'accreditato l'obbligo di aprire il credito, senza che sia necessario, perché il contratto si possa ritenere perfetto, che la somma sia in tutto o in parte erogata dall'accreditante. È di regola a titolo oneroso, perché l'accreditato paga di solito una provvigione (diritto di commissione), oltre gl'interessi sulle somme effettivamente erogate dall'accreditante. Ed è unilaterale, secondo la maggior parte degli scrittori, perché, sia che si consideri il contratto prima dell'effettiva somministrazione delle somme accreditate, sia dopo eseguiti i prelevamenti, non c'è che un solo obbligato: nel primo caso l'accreditante, che è tenuto ad eseguire i versamenti fino all'ammontare del credito concesso; nel secondo caso l'accreditato, che ha l'obbligo di rimborsare il sovventore delle somme prelevate.

Perfezionato il contratto, la somma per cui si è aperto il credito passa a disposizione (non in proprietà) dell'accreditato. È controverso se l'accreditato abbia obbligo o solo facoltà di valersi del credito. Si è anche ritenuto che l'accreditato sia in obbligo di utilizzare il credito, solo se il contratto sia a titolo oneroso; mentre da altri si è negato o ammesso tale obbligo, a seconda che si debba o no dall'accreditato corrispondere la provvigione. Sembra doversi ritenere che l'accreditato abbia in tutti i casi non obbligo, ma facoltà di utilizzare il credito; e che anzi tale facoltà costituisca una delle caratteristiche del contratto, perché derivante dall'indole e dalle finalità dell'operazione. Il credito è aperto dalla banca in previsione e nel caso che il cliente ne abbia bisogno; e l'apertura di credito si ritiene perfezionata non appena assunto dall'accreditante l'obbligo di aprire il credito, appunto perché oggetto del contratto è l'accreditamento, mentre l'utilizzazione da parte dell'accreditato è un effetto non necessario del contratto, che può mancare interamente, o verificarsi solo in parte, a seconda del bisogno dell'accreditato. Quest'ultimo deve rimborsare alla scadenza del contratto, e non prima, le somme prelevate. Se invece è autorizzato, per patto espresso, ad eseguire rimesse in conto all'accreditante anche prima della scadenza, l'apertura di credito si dice in conto corrente, senza però che tale denominazione, invalsa nell'uso bancario) (e che trae origine dalla forma di contabilità adottata di solito dall'accreditante per le registrazioni delle singole operazioni - rimesse e prelevamenti - eseguite dall'accreditato), possa far ritenere l'esistenza d'un contratto di conto corrente, che presuppone tra i contraenti, a differenza dell'apertura di credito, una reciproca concessione di credito. Può anche convenirsi tra le parti che l'accreditato abbia facoltà di reintegrare il fido con versamenti parziali, che aumentino di altrettanto la disponibilità (apertura di credito rotativo - revolving credit).

In caso d'inadempimento da parte dell'accreditante, data la consensualità, nel senso anzidetto del contratto, l'accreditato potrà chiedere giudizialmente d'essere autorizzato all'esecuzione coattiva. Quanto all'azione surrogatoria (art. 1234 cod. civ.), poiché l'obbligo dell'accreditante di somministrare le somme è sottoposto alla condizione che l'accreditato ne faccia richiesta, è da ritenere che i creditori di quest'ultimo non possano surrogarsi al debitore nell'esercizio del diritto a questi spettante ed effettuare prelevamenti in sua vece. Così le somme messe dall'accreditante a disposizione dell'accreditato non si possono ritenere pignorabili né sequestrabili, se non dopo che ne sia stata fatta dall'accreditato richiesta di somministrazione; perché solo in seguito a tale richiesta la somma è effettivamente dovuta ai sensi degli articoli 583 e 924 cod. proc. civile.

Sempre per lo stesso principio che la somministrazione delle somme diventa un obbligo attuale dell'accreditante solo in seguito alla richiesta dell'accreditato, si deve ritenere che non possa aver luogo, prima di detta richiesta, la compensazione legale tra il debito dell'accreditato verso l'accreditante per causa diversa dal contratto di apertura di credito, e il debito dell'accreditante in dipendenza dell'obbligo assunto da questo verso l'accreditato. Si verificherà invece la compensazione nel limite dei prelevamenti, non appena l'accreditato ne faccia richiesta.

L'obbligo assunto dall'accreditante vien meno, e l'accreditato sarà tenuto senz'altro a restituire le somme prelevate con gl'interessi: a) per la scadenza del termine convenuto; b) in mancanza del termine, per disdetta data secondo l'uso o in conformità delle norme stabilite in contratto c) per mancata prestazione o per diminuzione delle garanzie promesse, o per insolvenza dell'accreditato (articoli 1176 e 1980 cod. civ.). Data la sua indole fiduciaria, si può domandare lo scioglimento del contratto in caso d'interdizione e d'inabilitazione o di fallimento di uno dei contraenti.

Poiché il credito può essere utilizzato nel modo che l'accreditato ritenga più conveniente, l'apertura di credito può dar luogo ai negozî giudicati più diversi, e all'assunzione di obbligazioni da parte dell'accreditante verso terzi; per es., per accettazione di cambiali, tratte dall'accreditato. Si è perciò voluto considerare l'apertura di credito come contratto preliminare rispetto agli altri contratti cui essa dà origine. Ma la teoria è inaccettabile per vari motivi, e, in specie, perché mentre il contratto preliminare, non appena sorto il contratto definitivo, viene a cessare, l'apertura di credito invece sopravvive al nascere dei negozî giuridici (cosiddetti negozî solutori), ai quali ha dato luogo.

Il contratto non è stato ancora disciplinato legislativamente. Il progetto del nuovo codice di commercio tratta dell'apertura di credito bancario sotto gli articoli 374 a 379. Fino a che il nuovo codice non entrerà in vigore, bisogna aver riguardo ai patti stipulati tra le parti, e agli usi che si sono formati al riguardo. Di solito, nei contratti si stabilisce l'ammontare del fido; il periodo in cui questo può essere utilizzato; la durata massima dei saldi allo scoperto; il termine di preavviso tra la disdetta del contratto e il rimborso del saldo e debito del cliente; ed eventualmente la garanzia (fideiussione, ipoteca, ecc.) a copertura del credito (apertura di credito garantita - coperto -; e, se manca la garanzia, apertura di credito allo scoperto).

Particolare sviluppo hanno assunto da qualche tempo, specie nel commercio con l'estero, le cosiddette vendite contro apertura di credito, nelle quali il pagamento del prezzo ha luogo a mezzo di banca, che apre il credito al compratore, e accetta e paga le cambiali tratte dal venditore sulla banca stessa (cosiddetti pagamenti mediante rimborso di banca; ted. Bankrembours). La banca accreditante non accetta né paga le tratte, se queste non sono accompagnate dai documenti rappresentativi della merce (di solito polizza di carico, o lettera di vettura, certificato consolare, fattura e polizza di assicurazione): di qui la denominazione di tratta documentata e di credito documentato.

L'apertura di credito documentato è semplice quando il compratore non abbia rinunziato al diritto di revocare l'ordine di accettazione o di pagamento delle tratte, dato alla banca; è confermata (o irrevocabile) quando la banca confermi l'apertura di credito direttamente al venditore, mediante lettera di credito, costituendosi così debitrice in nome proprio di fronte al venditore; e il compratore rinunzii al diritto di revocare, dopo la conferma, l'ordine d'accettazione o di pagamento. Prima dell'accettazione e del pagamento delle tratte, la banca ha l'obbligo di verificare la regolarità dei documenti. Sulle merci da questi rappresentate, la banca si riserva di solito un diritto di pegno. Circa la natura giuridica del contratto, non v'è accordo in dottrina e in giurisprudenza: alcuni vi ravvisano un contratto sui generis; altri un contratto a favore di terzi, e una delegazione cumulativa o imperfetta.

Invece non vi sono divergenze notevoli sulle norme che, nella pratica mercantile, regolano l'apertura di credito documentato e che si collegano, in generale, alla distinzione già fatta tra apertura di credito semplice e confermato. Infatti, mentre nel primo caso la banca non assume alcun obbligo verso il venditore, dimodoché il compratore (accreditato) può revocare l'ordine d'accettazione o di pagamento delle tratte dato alla banca, e la banca può rifiutarsi all'accettazione e al pagamento anche per motivi che riguardano esclusivamente l'accreditato, invece nell'apertura di credito confermato, poiché la banca si è obbligata in proprio verso il debitore, non può il compratore revocare l'ordine dato alla banca di accettare o pagare le tratte, né può la banca rifiutarvisi per motivi che riguardino la persona dell'accreditato. Del pagamento del prezzo a mezzo della banca nelle compravendite si occupano gli articoli 336-338 del progetto del nuovo codice di commercio.

Bibl.: Per la tecnica del contratto: P. D'Angelo, Trattato di tecnica bancaria, 2ª ed., Milano 1917, p. 320 segg.; G. Zappa, La tecnica dei cambi esteri: teoria e pratica dei pagamenti internazionali, Milano 1926; H. Terrel et H. Lejeune, Traité des opérations commerciales de banque, 3ª ed., Parigi 1921, p. 239 segg. Dal punto di vista giuridico: W. Endemann, Der Kredit als Gegenstand der Rechsgeschäfte, in Zeitschrift für d. ges. Handelsrecht, IV (1861); id., Handelsrecht, Heidelberg 1865, par. 110; Grünhut, Die Kreditgeschäfte, in Handb. d. deuts. Handels-, See -u. Wechselrechts, ed. da W. Endemann, Lipsia 1885, III; G. Bonelli, Le ipoteche per sovvenzioni future, in Foro ital., 1895; C. Vivante, Trattato, 5ª ed., IV, cap. V, n. 1723, nota 8; F. Foà, Apertura di credito e conto corrente, Milano 1890; U. Navarrini, Apertura di credito, in Studi e questioni di diritto commerciale, Torino 1908; M. Falloise, Traité des ouvertures de crédit, Parigi 1891; A. Les François, Traité du crédit ouvert en compte courant, Bruxelles 1878; J. Cholat, Le compte courant, Parigi 1927. Per l'apertura di credito documentato, oltre gli autori citati, v. H. Staub, Kommentar z. Handelsgesetzbuch, 10ª ed., Berlino 1920, II, p. 601 segg.

Lettere di credito o credenziali. - Sono ordini di pagamento che una banca emette a favore d'una persona e a carico d'un istituto di credito straniero. Il cliente, generalmente un viaggiatore, il quale ha bisogno di recarsi all'estero per rimanervi qualche tempo, se vuole evitare i rischi e le noie di portare con sé notevoli somme di danaro, si rivolge a una banca, e, dietro versamento di una somma corrispondente, ottiene una lettera di credito, in valuta estera o in valuta nazionale, secondo che meglio desidera, nella quale è contenuto l'ordine a una banca di pagare al cliente stesso la somma indicata. La banca emittente la credenziale trasmette per sua garanzia all'istituto straniero un modello o specimen, come viene usualmente chiamato, della firma del cliente, in maniera che, all'atto del pagamento della somma, si possa confrontare la firma di quietanza con quella risultante dallo specimen suddetto.

Accanto a questa forma di lettera di credito chiamata semplice, viene praticato l'altro tipo di lettera di credito circolare, emessa quando il cliente intende di valersi della disponibilità di somme non in una sola, ma in più piazze. In tal caso la banca nazionale rilascia una lettera di credito indirizzata ad alcune banche, con le quali tiene conti di corrispondenza, oppure, più di frequente, consegna al cliente una lettera di credito indirizzata a tutti i suoi corrispondenti esteri, i quali vengono indicati in uno speciale libriccino - consegnato pure al cliente - chiamato comunemente carnet d'indication, nel quale figura un esemplare della firma del cliente stesso. Quasi sempre, unitamente a tale specie di credenziale, viene rilasciato, oltre al detto carnet d'indication, un libretto di chèques in dollari o sterline, per una somma equivalente a quella indicata nella lettera di credito e convertibile nella moneta dei principali stati. In tal modo, allorché il viaggiatore arriva nella piazza forestiera emette uno chèque, per la somma che desidera, sulla banca indicata nella lettera di credito e presenta per la riscossione di essa, quali documenti di riconoscimento, oltre ai proprî personali, il carnet d'indication, dove con la sua firma figura quella dei funzionarî della banca emittente e la lettera di credito sulla quale l'istituto straniero annoterà la somma pagata, detraendola dall'importo originale della lettera stessa. Analogamente faranno gli altri istituti di credito, presso i quali il cliente si presenterà per riscuotere delle somme, e, quando l'importo totale sarà interamente prelevato, la lettera di credito, ritirata dalla banca straniera, verrà da questa restituita a quella emittente.

Il credito agrario.

Scopo essenziale del credito agrario è quello di fornire ai coltivatori, proprietarî o soltanto semplici conduttori di fondi, i mezzi che loro possono occorrere per l'esercizio dell'industria agraria. Esso si distingue dal credito fondiario per lo scopo, la destinazione, la scadenza, il saggio d'interesse, la garanzia, le persone dei debitori e gli enti mutuanti. Infatti, il suo scopo è esclusivamente economico, perché il credito agrario viene concesso per l'esercizio dell'industria e per determinate migliorie da recare ai fondi, a vantaggio dell'industria stessa, e non, come il credito fondiario, per una varietà di fini; esso ha una destinazione precisa, cioè serve al funzionamento, al perfezionamento e allo sviluppo dell'industria dei campi; la scadenza non può essere breve, come nel credito commerciale, né deve essere lunga come nel credito fondiario, ma deve corrispondere al tempo in cui matura e può essere venduto il prodotto dei campi, per creare o favorire il quale il prestito è stato concesso; o, se si tratta di migliorie, per periodi anche non brevi, a seconda della natura della miglioria; il saggio dell'interesse dev'essere mite; la garanzia non è data dalla proprietà del fondo, ma dal privilegio che il creditore ha generalmente sui raccolti, sui frutti del fondo.

Il credito agrario è esercitato da banche di speculazione, da istituti statali e parastatali, e da società cooperative di credito, con i capitali proprî e con i depositi che ricevono dal pubblico. È certamente un credito reale, ma ha anche, in un certo senso, carattere personale, perché nonostante la malleveria reale (ipoteca, pegno, privilegio) che può essere costituita per legge o per contratto, le qualità della persona esercente l'industria agricola hanno un'influenza non del tutto trascurabile sull'operazione di credito. E ciò perché l'esito dell'impresa agricola e dell'operazione di credito, se dipende da circostanze estranee alla volontà della persona (vicende, avverse o favorevoli, atmosferiche, del mercato, ecc.), è anche connesso con l'attività, la capacità, l'onestà del coltivatore. L'assicurazione contro le meteore, gl'incendî e la mortalità del bestiame, come pure una razionale organizzazione cooperativa per la vendita della produzione agraria, possono contribuire a dare al credito agrario maggiore sicurezza e sviluppo.

La sua utilità è da tempo riconosciuta, ma nella vita economica dei principali paesi il credito agrario non ha avuto il posto che dovrebbe avere, se si pensa che l'agricoltura, per il suo ordinario funzionamento e per il suo elevarsi a sistema produttivo di ricchezza sempre più efficiente, ha bisogno di essere fornita continuamente di capitali. Essi occorrono sia per l'esercizio annuale, sia per i miglioramenti.

Secondo la legge italiana (29 luglio 1927) sono operazioni di credito agrario di esercizio i prestiti per la conduzione di aziende agrarie e per l'utilizzazione, manipolazione e trasformazione dei prodotti, quelli per l'acquisto di bestiame, macchine e attrezzi agricoli, le anticipazioni su pegno di prodotti agricoli depositati in luogo di pubblico o privato deposito, i prestiti a favore di enti e associazioni agrarie per acquisto di cose utili alla gestione delle aziende agrarie dei soci e quelli per anticipazioni ai soci in caso di utilizzazione, trasformazione e vendita collettiva dei loro prodotti. Sono operazioni di credito agrario di miglioramento i prestiti e mutui per l'esecuzione di piantagioni e per trasformazioni culturali, la costruzione di strade poderali, la sistemazione di terreni, la costruzione di pozzi e abbeveratoi, di muri di cinta, siepi e ogni altro mezzo atto a cingere o chiudere fondi, la costruzione e il riattamento di fabbricati rurali destinati all'alloggio dei coltivatori, al ricovero del bestiame, e alla conservazione delle scorte e dei prodotti agricoli, nonché alla manipolazione di questi; la costruzione di opere per provvedere i fondi di acqua potabile e d'irrigazione, per sistemare, prosciugare e rassodare terreni; l'applicazione dell'elettricità all'agricoltura, le sistemazioni montane, i rimboschimenti e qualsiasi altra opera diretta al miglioramento stabile dei fondi. E sono pure considerati operazioni di credito agrario di miglioramento i mutui per l'acquisto di terreni in genere e allo scopo di formare la proprietà coltivatrice, l'affrancazione di canoni e livelli e la trasformazione di debiti fondiarî che abbiano per fine il miglioramento stabile di fondi; nonché la costruzione, il riattamento e l'adattamento di fabbricati per uso collettivo di conservazione e distribuzione di merci agricole e prodotti agrarî e per deposito di bestiame.

La legislazione italiana sul credito agrario comprende le tre leggi 21 giugno 1869, 23 gennaio 1887, 7 luglio 1901, e il testo unico 9 aprile 1922, a partire dal quale comincia la triplice distinzione del credito agrario: di esercizio, per miglioramenti agrarî e per miglioramenti fondiarîagrarî. Secondo le disposizioni del testo unico, fra gl'istituti di credito agrario, fondati con legge speciale, avevano facoltà di eseguire tutte e tre le specie di operazioni sopra accennate la sezione di credito agrario dell'Istituto federale di credito per il risorgimento delle Venezie, e altri istituti e casse speciali creati appositamente negli anni precedenti. Successivamente fu provveduto al finanziamento per le operazioni di credito fondiario-agrario (r. decr. 30 dicembre 1923; decr.-legge 18 maggio 1924).

Ma la riforma diretta a dare sviluppo organico e razionale al credito agrario, fu compiuta con il r. decr. legge 29 luglio 1927 (convertito in legge del 5 luglio 1928) e completata dal r. decr.-legge 29 luglio 1928, che diede all'ordinamento giuridico del credito agrario un assetto organico e razionale, sostituendosi alla molteplicità frammentaria della legislazione precedente; esso creò un congegno vivo e adatto alla speciale funzione creditizia, costituendo un'organizzazione efficiente per la sua pratica esplicazione in tutto il territorio nazionale. Le forme e le garanzie delle operazioni sono in relazione alla natura e alle particolari caratteristiche del credito agrario, il cui scopo è soprattutto quello di assicurare l'effettivo e razionale uso delle sovvenzioni nel processo produttivo e nella trasformazione del fondo.

Per il credito di esercizio, la cui durata coincide col ciclo produttivo, la forma con cui si effettua il credito è generalmente lo sconto della cambiale agraria, la quale, in confronto della cambiale ordinaria, ha questo di particolare, che deve indicare lo scopo del prestito, nonché il fondo a cui esso si riferisce e le speciali garanzie che lo assistono.

Per le operazioni di credito di miglioramento, dirette alle radicali trasformazioni delle culture e alla valorizzazione delle terre, sono previste le due forme: quella cambiaria, nei casi di breve durata, e quella dell'apposito contratto di mutuo con la prestazione d'idonee garanzie nei casi di prestiti a lungo termine.

L'ipoteca sarà, naturalmente, la garanzia di solito richiesta per i mutui a lontana scadenza; ma è ammessa la possibilità di altre garanzie, quali le delegazioni dei contributi consorziali quando i debitori siano consorzî di bonifica e d'irrigazione o qualunque altra, accetta all'istituto mutuante; ovvero, e questa è la più importante modificazione alle norme precedenti, la garanzia del privilegio agrario convenzionale sui beni mobili (frutti, derrate e scorte), della quale possono particolarmente giovarsi gli affittuarî che abbiano un contratto novennale o di scadenza lunga per introdurre miglioramenti nei fondi affittati.

Numerosi sono gl'istituti autorizzati a esercitare in Italia questa forma di credito, e si possono dividere in due categorie:1. le casse comunali di credito agrario risultanti dalla trasformazione di altri enti (casse agrarie, monti frumentarî e nummarî); 2. le casse di risparmio, i monti di pietà, gl'istituti agrarî, ordinarî e cooperativi di credito, le associazioni agrarie, l'Opera nazionale per i combattenti, gl'istituti di credito fondiario e la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali. Si è poi provveduto alla creazione di particolari aggruppamenti regionali aventi il compito d'indirizzare, coordinare e integrare l'azione creditizia locale a favore dell'agricoltura. Tali aggruppamenti sono in numero di undici. Inoltre, il r. decr.- legge del 1927 ha preveduto e autorizzato la costituzione di un Consorzio nazionale per il credito agrario di miglioramento, il quale è sorto con il capitale sottoscritto di 270 milioni di lire. Esso è chiamato a compiere quelle operazioni che, richiedendo immobilizzazione di capitale per un certo periodo di tempo, non si addicono agl'istituti locali. Il Consorzio può emettere buoni fruttiferi, nominativi e al portatore, da rimborsarsi in un periodo non superiore ai cinque anni, nonché obbligazioni nominative e al portatore, rimborsabili mediante sorteggio in relazione all'ammortamento dei mutui, e aventi il diritto di essere quotate nelle borse del regno.

Il credito agrario ha avuto uno sviluppo non trascurabile per mezzo delle banche popolari, dovute all'iniziativa di Luigi Luzzatti, e soprattutto ad opera delle casse rurali di prestiti fondate da Leone Wollemborg e da Don Cerutti. Anche nelle colonie italiane si è iniziato l'esercizio del credito agrario, specialmente in Tripolitania, in Cirenaica e nelle isole dell'Egeo.

Bibl.: G. Acerbo, Storia ed ordinamento del credito agrario nei diversi paesi, Piacenza 1929.

Il credito Fondiario.

I proprietarî di beni immobili, rustici e urbani, hanno bisogno talvolta di ricorrere al credito per ragioni varie (trasformazioni di colture, ampliamento o rinnovamento di case, ecc.) e possono ottenere somme a prestito dando in garanzia i beni immobili stessi mediante l'istituto giuridico dell'ipoteca. Per quanto la ragione del credito immobiliare si vorrebbe che fosse un'utilità da conferire al fondo, pure, in realtà, esso viene in aiuto ai proprietarî d'immobili per qualunque scopo, come ad esempio per comperare stabili a credito, per liberare immobili da pesi derivanti da diritti reali, ecc. Ed esso può essere esercitato da banche ipotecarie, da casse di risparmio, da istituti speciali esercenti il credito fondiario, e da altri enti; fra questi, peraltro, esistono differenze nella forma delle operazioni che possono compiere. Così le banche ipotecarie oltre a dedicarsi alla compra-vendita d'immobili, concedono a terzi prestiti garantiti da ipoteche, ma non nella forma che è propria degl'istituti di credito fondiario.

Il credito ai proprietarî di beni immobili (terreni e case), che prende il nome di credito fondiario (fr. crédit foncier; sp. credito fundiario; ted. Bodenkredit; ingl. landcredit), presenta caratteri del tutto differenti dal credito commerciale. Infatti per la natura dell'opera di valorizzazione compiuta col capitale avuto a credito, per la lentezza che accompagna la riproduttività dell'opera medesima, occorre che il credito sia a lunga scadenza, preferibilmente rimborsato a rate e garantito largamente per le eventuali variazioni di valore del bene immobile. Il credito fondiario prende anche la denominazione generale di credito ipotecario appunto per la garanzia reale sulla quale viene concesso. Oltre le casse di risparmio e le banche ipotecarie, anche i privati che dispongono di capitali e possono impiegarli per una durata non breve, fanno talvolta operazioni di credito ipotecario in genere a scadenza fissa e a un interesse superiore a quello degl'investimenti in titoli di stato. Sistema questo molto in uso nel passato, ma non privo di difetti, anzi non buono per il debitore, che deve restituire tutto il capitale alla scadenza stabilita e se non è in grado di farlo con mezzi proprî deve o rinnovare il contratto o ricorrere ad altro mutuante, e probabilmente con maggior aggravio per gl'interessi dovuti. In tal modo il debito ipotecario viene a costituire un grave e continuo peso per la proprietà immobiliare che non riesce facilmente con questo sistema a liberarsene. Nell'intento di rimediare a questi inconvenienti sono stati ideati e creati istituti speciali per il credito fondiario. Il credito fondiario si può dire una forma particolare del credito ipotecario; e mentre nel credito ipotecario non sono che due i contraenti, il prestatore e il mutuario, nel fondiario entra un terzo elemento, il portatore del titolo emesso in corrispondenza del mutuo, tanto che l'istituto di credito fondiario non è che un intermediario fra chi riceve il prestito e chi fornisce i capitali occorrenti. Con tale sistema gl'istituti di credito fondiario raggiungono lo scopo di dare al credito ipotecario, pure conservandogli tutte le malleverie reali, la mobilità che appartiene al credito commmerciale, cosicché il mutuante possa riavere se vuole il suo capitale, e quello di rendere possibile la lenta estinzione del debito, per ammortamento, togliendo di mezzo il sistema della scadenza fissa per il rimborso totale.

Si distingue il credito rurale da quello edilizio a seconda che la garanzia è data da terreni o da case. Il credito fondiario rurale si volge alla proprietà immobiliare nel suo stato al momento della stipulazione del mutuo e la sussidia in varie contingenze, come ad esempio per pagare il prezzo residuale di fondi comprati in parte a credito, per pagare quote ereditarie e così impedire la divisione del fondo, per surrogare un debito ipotecario più oneroso con un altro meno oneroso e pagabile con ammortamento, ecc. L'edilizio serve largamente a favorire la proprietà immobiliare sotto forma di fabbricati, e ciò specialmente per riscattare mutui fatti per la costruzione, convertendo un debito con obbligo dell'intero rimborso del capitale a scadenza fissa in un debito ammortizzabile a rate. Per le case una forma più opportuna e più elastica è di aprire al mutuatario un conto corrente attivo garantito da prima ipoteca sull'area fabbricabile e sul costruendo edificio, e di concedere sovvenzioni in denaro in ragione del progresso del lavoro, salvo poi, a costruzione finita, a emettere cartelle in corrispondenza del mutuo, così trasformando il conto corrente in un mutuo fondiario ordinario, ricuperando il denaro anticipato e regolarizzando l'iscrizione ipotecaria secondo la nuova condizione dell'immobile. Così il conto corrente può servire di preparazione e avviamento all'operazione definitiva conforme alle norme consuete del credito fondiario, e questo riesce acconciamente a promuovere l'industria delle costruzioni con una forma assai cauta e temperata.

Il mutuatario, una volta contratto il mutuo dietro ipoteca sul proprio fondo, si obbliga a pagare ogni semestre o annualmente all'istituto esercente il credito, una rata comprensiva degl'interessi sulla somma mutuata, di una quota di ammortamento del capitale e delle addizionali. Dopo un certo numero d'anni di tali pagamenti il mutuatario si trova liberato dal suo debito. Per mobilizzare il suo credito l'istituto emette titoli speciali detti cartelle fondiarie, che fruttano un interesse fisso; esse sono al portatore o nominative, la loro garanzia è nel valore del fondo del mutuatario sul quale è inscritta l'ipoteca a favore dell'istituto emittente. Tutta la massa delle cartelle emesse è garantita dalla massa delle ipoteche assunte. Queste cartelle sono poi offerte dal mutuatario o dall'istituto ai capitalisti, i quali nell'acquistarle si trovano ad avere fatto effettivamente un prestito ipotecario con tutte le garanzie inerenti. E quando il capitalista voglia per necessità ricuperare il capitale trova agevolmente da vendere le cartelle senza l'alea di gravi perdite, poiché quel titolo è soggetto a oscillazioni di valore minori di quelle cui sono soggetti sul mercato gli stessi titoli pubblici. E affinché il credito fondiario sia meno oneroso per i proprietarî fondiarî è necessario che le cartelle abbiano sul mercato un prezzo elevato e che la ragione dell'interesse sia la più mite possibile. L'accoglienza che il capitale è disposto a fare alle cartelle fondiarie decide del buon mercato o meno del credito, quando, s'intende, la garanzia sia di prim'ordine, l'istituto adempia ai suoi impegni con una perfetta regolarità, e le cartelle siano trasferibili in modo facile e senza spesa. Inoltre occorre che il regime fiscale non gravi soverchiamente sui contratti per tali mutui.

L'esercizio del credito fondiario con emissione di cartelle viene assunto da istituti di varia natura che si possono distinguere in due grandi classi: alla prima appartengono quelli che o non si propongono un lucro, o al più se lo procurano indirettamente, come le associazioni di proprietarî che mediante la solidarietà illimitata o limitata agevolano a sé stessi l'uso del credito, gl'istituti di stato o regionali o provinciali che sorgono con la garanzia di enti pubblici, gl'istituti fondati da corporazioni e istituzioni di previdenza e beneficenza, come le casse di risparmio. Alla seconda classe appartengono gl'istituti che cercano un lucro, un dividendo, come le società di credito fondiario per azioni, le banche ipotecarie nelle varie loro costituzioni, essendovene di quelle che attendono esclusivamente al credito fondiario, e altre che vi uniscono differenti forme di credito, ma assegnano alle cartelle una condizione privilegiata con diritto di prelazione ai loro portatori sulle attività ipotecarie, oppure non fanno distinzione tra i creditori e assimilano le cartelle alle semplici obbligazioni, benché conservino talora ad esse la scadenza indeterminata. Tutte queste forme, per quanto non esenti da difetti, hanno la possibilità di giovare alla proprietà immobiliare: non è quindi vantaggioso il monopolio del credito fondiario, come ad esempio si stabilì in Francia fin dal 1852; mentre è indubitato che i grandi istituti sono più utili dei piccoli, in quanto è maggiore la loro responsabilità di fronte al pubblico e più facile la loro vigilanza da parte dello stato.

I principî generali che regolano la stipulazione dei prestiti e l'emissione delle cartelle, qualunque sia la forma giuridica dell'istituto operante, sono: la priorità ipotecaria, la garanzia almeno doppia dell'ammontare del mutuo (alcune volte per determinati scopi si consente di concedere mutui sino ai tre quinti o anche ai due terzi del valore del fondo) e la perfetta equazione che deve esistere fra i mutui ancora in essere e le cartelle in circolazione. Quanto alla costituzione delle ipoteche quale garanzia per l'emissione delle cartelle, dapprima esse furono individuali e dirette a garantire determinate cartelle, poi, poco importando che la cartella sia garantita da un fondo piuttosto che da un altro, fu sostituita l'ipoteca collettiva nel senso che gl'istituti di credito fondiario cessavano dall'emettere cartelle intestate a un fondo determinato; si iscrissero le cartelle al nome dell'istituto e vennero consegnate cartelle con le quali gl'istituti si obbligavano verso i possessori di esse. Le ipoteche formarono così una unica massa e costituirono la garanzia complessiva di tutte le cartelle in circolazione. Rispetto alla preferenza da dare ai mutui in cartelle o in denaro, non è possibile un giudizio assoluto. Quanto ai modi di estinzione del debito fondiario, quello generalmente adottato consiste nell'accreditare al mutuatario le singole quote di ammortamento di mano in mano che vengono a scadere, in modo che in qualsiasi tempo il debito effettivo di un mutuatario risulti pari alla differenza fra il capitale mutuato e la somma delle quote di ammortamento pagate. L'altro modo è quello secondo il quale le quote di ammortamento corrisposte da tutti i mutuatarî costituiscono un fondo speciale chiamato fondo di ammortamento, il quale a determinati periodi di tempo viene accreditato ai singoli mutuatarî a diffalco dei capitali mutuati. Quest'ultimo sistema è seguito con particolari varianti tecniche dalle associazioni mutue dei proprietarî della Germania.

Il credito fondiario in Italia. - In un primo periodo (1851-66) si cominciò col preferire il sistema delle società per azioni, e il primo disegno di legge fu presentato al parlamento subalpino dal conte di Cavour il 2 giugno 1857. Il disegno di legge accolto nel paese con favore non ebbe fortuna in parlamento, ma fu il germe da cui derivarono alcune disposizioni attuate poi nel 1866. Caduti due tentativi (1860,1863) per la creazione di società di speculazione, si ebbe la legge 14 giugno 1866 che affidava l'esercizio del credito fondiario a enti morali non aventi scopo di lucro. Gli enti che accettarono furono dapprima la Cassa di risparmio di Milano, il Banco di Napoli, il Monte de' Paschi di Siena, cui si aggiunsero poi le Opere pie di Torino, la Cassa di risparmio di Bologna, la Cassa di risparmio di Cagliari, il Banco di S. Spirito di Roma e il Banco di Sicilia. La legge del 1866 e quella complementare del 15 giugno 1873 costituiscono i primi provvedimenti legislativi italiani sul credito fondiario. I detti enti assumevano di fare mutui esclusivamente in cartelle e nessun limite era imposto all'emissione. Ciascuno degli enti suindicati doveva esercitare il credito fondiario in una determinata zona. Ma con la legge 21 dicembre 1884 le zone vennero abolite e gl'istituti poterono operare in tutto il regno. Inoltre la legge del 1884 abolì il limite massimo e quello minimo dei mutui fissati dalle leggi precedenti (1866 e 1873) e diede facoltà agl'istituti di emettere cartelle con cedole al portatore. Era inoltre ammessa la formazione di nuovi istituti aventi carattere di credito e di speculazione, e così la Banca nazionale del regno otteneva con r. decr. 5 aprile 1885 l'esercizio del credito fondiario per il quale assegnava un fondo di 25 milioni di lire da prelevarsi dalla massa di rispetto, portato poi nel 1890 a 30 milioni. Nel 1887 per gravi dissesti cessò di esercitare il credito fondiario la Cassa di risparmio di Cagliari. La legge del 1884, coordinata nel testo unico 22 febbraio 1885, n. 2922, con le leggi precedenti, se ebbe qualche buon effetto dovuto alla concorrenza (riduzione dei diritti di commissione), ebbe anche effetti non buoni per l'emissione abbondante di cartelle fondiarie che subirono uno svilimento sensibile.

Ma una nuova fase nella politica del credito fondiario si è avuta con la legge 17 luglio 1890, n. 6955, con la quale (oltre a stabilirsi norme di carattere generale in gran parte di natura giuridica e applicabili a tutti gl'istituti) si concedeva l'esercizio di quel credito in tutto il regno a un istituto privato chiamato Istituto italiano di credito fondiario, che sorse (r. decr. 6 maggio 1891) con il capitale versato di 40 milioni. Le operazioni degli altri istituti venivano limitate a zone determinate. Con la legge 10 agosto 1893, n. 449, fu tolta agl'istituti di emissione la facoltà d'esercitare il credito fondiario. E poiché il nuovo istituto non portò entro i tre anni stabiliti l'aumento dei 10 milioni richiesto dalla legge, esso fu dichiarato decaduto dal diritto dell'esclusivo esercizio nel regno del credito fondiario, e gli altri istituti furono nuovamente autorizzati a operare in tutto il regno (decr. 30 luglio 1896, n. 378). Venuta a mancare l'azione dei crediti fondiarî, esercitati dal Banco di Napoli e dal Banco di Sicilia, nonché di quello della Sardegna, si sentì il bisogno, in quelle regioni specialmente, di creare nuovi istituti. A ciò provvide la legge 8 agosto 1895, n. 519, che non produsse però gli effetti desiderati: di istituti locali non sorsero che quello sardo (26 febbraio 1899, n. 63) e quello della Cassa di risparmio di Verona (15 aprile 1900, n. 115).

Il r. decr. 16 luglio 1905 approvò il testo unico che coordinò i numerosi provvedimenti legislativi e i molti decreti emanati nel periodo 1885-1900. Secondo questo decreto gl'istituti esercenti il credito fondiario si distinguono in istituti che possono fare operazioni in tutte le provincie dello stato (Monte de' Paschi di Siena; Istituto delle opere pie di S. Paolo di Torino; Cassa di risparmio di Milano; Cassa di risparmio di Bologna; Istituto italiano di credito fondiario; società e istituti che vi siano autorizzati dal governo del re e che abbiano un capitale versato di almeno 10 milioni), e istituti che possono fare operazioni solo in determinate regioni (società e istituti i quali abbiano un capitale versato di almeno due milioni di lire e che operino in regioni nelle quali manchi l'istituto locale di credito fondiario o vi venga a mancare per qualsiasi motivo; associazioni mutue di proprietarî, quando gl'immobili degli associati abbiano un valore non inferiore a 5 milioni). La concessione deve essere fatta dal governo del re e lo statuto deve essere approvato dal Ministero dell'economia nazionale. In base al decr.-legge 3 dicembre 1922, n. 1702, gl'istituti esercenti il credito fondiario nel regno possono essere autorizzati ad operare in paesi esteri ove esistano nuclei importanti d'italianità. L'autorizzazione è data caso per caso dal Ministero dell'economia nazionale. La legge del 1905 comprende tredici titoli e regola tutta la materia, la quale è disciplinata anche col regolamento 2 agosto 1910, n. 472. importante è pure la legge 22 dicembre 1905, contenente provvedimenti per agevolare i mutui fondiarî; in virtù di quella legge gl'istituti mutuanti e i mutuatarî ebbero sensibili agevolazioni tributarie e si resero possibili stipulazioni e conversioni a saggi d'interesse convenienti. La legge 15 luglio 1906 contemplò i casi di riscatto di canoni e altri oneri reali. Con altri decreti (4 maggio 1920 26 ottobre 1921, 27 settembre 1923) furono concesse varie agevolazioni fiscali.

L'ammontare dei mutui ipotecarî, secondo l'Annuario statistico 1927 pag. 297, al 31 dicembre 1926 era di 1669 milioni, nel corso del 1926 ne erano stati stipulati per 389 milioni dagli undici istituti funzionanti. Le guarentigie ipotecarie ammontavano a 2944 milioni, le cartelle fondiarie in circolazione formavano il totale di 1630 milioni. Lo sviluppo delle operazioni nei cinque anni precedenti è stato assai notevole; infatti l'ammontare dei mutui al 31 dicembre 1922 era di 765 milioni, il valore delle cartelle di 757 milioni e le guarentigie ipotecarie di 1616 milioni. È da notare che presentemente gl'istituti esercenti il credito fondiario in Italia sono gli 11 seguenti: Cassa di risparmio di Bologna, Cassa di risparmio di Milano, Istituto di credito fondiario delle Venezie in Verona, Credito fondiario sardo in Roma, Istituto italiano di credito fondiario in Roma, Monte dei Paschi di Siena, Istituto delle opere pie di S. Paolo di Torino, Istituto di credito fondiario di Gorizia, Istituto di credito fondiario dell'Istria, Istituto di credito fondiario e comunale della Venezia Tridentina, Sezione autonoma di credito fondiario della Banca nazionale del lavoro. Vi sono poi gl'istituti in liquidazione della Banca nazionale (ora d'Italia) e dei Banchi di Napoli e di Sicilia. Questi ultimi istituti avevano al 31 dicembre 1926 mutui ipotecarî per 46 milioni di lire e le cartelle in circolazione ammontavano a 73 milioni e tre quarti.

Il credito fondiario all'estero. - In Germania esistono in numero considerevole società di tipi differenti che esercitano il credito fondiario. Le une limitano le loro operazioni al solo credito fondiario rurale, come le Landschaften, le Landeskulturrentenbanken, le Provinzialhilfskassen; le altre, come ad esempio la maggior parte delle banche ipotecarie e le istituzioni di credito fondate o garantite dallo stato, da una provincia o da un comune, fanno in pari tempo del credito ipotecario urbano e tutti i servizî della banca commerciale. Vi sono poi altri istituti che, pur non essendo fondati per soddisfare i bisogni di credito della proprietà immobiliare, trovano negl'investimenti ipotecarî un impiego sicuro e fruttuoso dei loro capitali: ad esempio le casse di risparmio, le società di assicurazioni, ecc. Ma le più caratteristiche, se non le più importanti, tra le società che esercitano il credito fondiario mediante obbligazioni fondiarie, sono le Landschaften, la cui origine risale a circa il 1770, quando per ovviare ai gravi danni arrecati al credito fondiario dalla guerra dei Sette anni (1756-1763), il re Federico II e il suo consigliere von Carmer studiarono il piano e fondarono istituti provinciali (le Landschoften) formati da proprietarî di terre, specie di associazioni mutue affidate agli organi provinciali sotto la sorveglianza dello stato. Un carattere di utilità comune, escludente l'intento del lucro, simile a quello degl'istituti provinciali, hanno le casse di credito rurale; manca loro il carattere associativo di quegl'istituti, gli affari vengono trattati da funzionarî dello stato per le casse minori, e da impiegati proprî per quelle maggiori; i risultati sono stati buoni. Con questi e altri simili istituti di credito fondiario operano in Germania numerose banche ipotecarie per azioni che hanno dato, specialmente al credito fondiario urbano, uno sviluppo notevole.

In Austria, Ungheria, Spagna, Russia, Svizzera, Belgio, il credito fondiario per mezzo di istituti varî ha avuto pure applicazione. In Francia, a differenza della Germania, dove si trova una varietà grande di società o istituti esercenti il credito fondiario, esiste una società organizzata come le banche ipotecarie tedesche sotto la denominazione di Crédit foncier de France; sorta nel 1852, ebbe ben presto il monopolio per tutti i dipartimenti della Francia, dove non esistevano società di credito fondiario (1852), esteso poi all'Algeria (1860), e fu sottoposta alla vigilanza dello stato. Nel 1856 la società, che fino allora aveva prestato in denaro, cominciò a seguire l'esempio delle Landschaften e consegnò direttamente ai suoi mutuatarî obbligazioni fondiarie, che in seguito furono anche emesse con premî, per un valore nominale eguale all'ammontare del prestito. Con la legge del 6 luglio 1860 il Crédit foncier fu autorizzato a mutuare ai dipartimenti, ai comuni e alle associazioni sindacali, le somme che avessero ottenuto la facoltà di prendere a prestito; e questa divenne una delle funzioni più importanti di quell'istituto. Tale monopolio cessò nel 1877.

In Inghilterra non esistono istituti di credito fondiario veri e proprî, come nell'Europa continentale. Negli Stati Uniti d'America vi sono banche ipotecarie (mortgagebanks), e oltre a queste fanno mutui alla proprietà fondiaria le casse di risparmio (savings-banks) e le società di prestiti (loan and trust companies). Nel 1916 è stata approvata dal congresso americano una legge (17 luglio 1916) che regola il Federal farm loan system; essa organizza le banche fondiarie federali e le associazioni nazionali cooperative per i prestiti agricoli, nonché le banche fondiarie per azioni. Con questa organizzazione sono stati raggiunti tre risultati: il pareggiamento dei saggi d'interesse per i prestiti fondiarî in tutto il paese e ciò per effetto della solidarietà tra tutte le banche fondiarie (land-banks): la riduzione dell'interesse a un saggio, quale non era possibile ottenere con altri mezzi, in seguito al migliore ordinamento delle informazioni relative al credito e alla natura dei prestiti; e l'allargamento del mercato dei titoli di prestiti fondiarî con la sostituzione di obbligazioni (bonds) di piccolo importo a quelle di ciascuna ipoteca di entità relativamente grande. Le dodici banche fondiarie federali avevano in vigore al 31 ottobre 1928 prestiti per 1190 milioni di dollari, e le 50 banche fondiarie per azioni per 607 milioni di dollari.

Bibl.: E. Vliebergh, Le crédit foncier, Lovanio 1899; W. Roscher, Economia dell'agricoltura, in Biblioteca dell'economista, s. 3ª, I, cap. X; C. F. FErraris, Principî di scienza bancaria, Milano 1892; J. B. Josseau, Traité du crédit foncier, 3ª ed., Parigi 1884; S. Allocchio, Il credito fondiario e suo ordinamento in Italia secondo la legge 14 giugno 1866, Milano 1867; id., Il credito fondiario in Italia, Milano 1880; id., I vecchi sitituti e l'Istituto nazionale di credito fondiario, Milano 1891; A. De Johannis, Manuale del credito fondiario, Firenze 1891; L. Brasca e G. Vacchelli, Gli istituti di cr. fond., 2ª ed., Torino 1926; É. Montagnon, Traité sur les soc. de crédit foncier, Parigi 1886; M. Tcherkinsky, Les Landschaften et leurs opérations de crédit hypoth. en Allemagne, 1770-1920, Roma 1922 (Inst. Intern. d'Agriculture); F. Hecht, Die Organisation des Bodenkredits in Deutschland, Lipsia 1891; id., Der europäische Bodenkredit, Lipsia 1900; A. C. Wiprud, The Federal Farm Loan System, New York 1921.

Credito mobiliare.

Il credito mobiliare è venuto assumendo, in progresso di tempo e a distanza di luoghi, significati sensibilmente diversi. In origine stava a rappresentare organismi finanziarî specialmente dediti alla partecipazione capitalistica in aziende ferroviarie, minerarie, industriali, ecc., sia con intendimenti d'impiego permanente di denaro, sia come mezzo per dar luogo successivamente all'emissione di azioni o di obbligazioni delle società finanziarie. Talune società di credito mobiliare furono anche concepite come istituti per la partecipazione in imprese di produzione o trasporti, che dovevano essere finanziate col denaro che la società di credito mobiliare avrebbe dovuto procurarsi mediante l'emissione di proprie obbligazioni. Da questo punto di vista le antiche società di credito mobiliare si possono considerare come le precorritrici delle moderne società di finanziamento, tipo investment trusts, che così larga diffusione hanno avuto negli ultimi tempi, specie in America e in Inghilterra. In seguito la denominazione di credito mobiliare venne attribuita in genere alle banche che si occupano, oltre che delle operazioni ordinarie, anche dell'emissione di azioni e obbligazioni di società anonime e infine, con qualche confusione d'idee, alle grandi banche in genere esercitanti la mediazione e il commercio dei titoli. Così, nell'uso corrente in Italia, banche di credito mobiliare sono considerate tutte le grandi e medie banche ordinarie non caratterizzate da una specializzazione particolare (di credito per opere pubbliche e imprese di pubblica utilità, di finanziamento per bonifiche, ipotecarie, agricole, ecc.), mentre invece le società vere e proprie di finanziamento o finanziarie, e cioè quelle detentrici di pacchi d'azioni di altre società, con emissione o no di proprie obbligazioni, vengono poste all'infuori del credito mobiliare. Questa trasformazione italiana del significato del credito mobiliare è da ascriversi forse anche al fatto che l'Italia, paese capitalisticamente giovane, ha la sua formazione bancaria meno improntata a quella specializzazione che la massa imponente dei capitali da amministrare ha consentito dapprima in Inghilterra e in Francia e poi negli Stati Uniti. Da tale punto di vista c'è una maggiore rassomiglianza fra l'attuale assetto bancario italiano e quello germanico e in genere medio-europeo, sebbene qualche istituto anche da noi tenda a sempre più affermarsi come banca prevalentemente di depositi. D'altra parte anche in Inghilterra, negli Stati Uniti o in Francia le banche di depositi sono indotte a vieppiù associarsi, direttamente o indirettamente, alle operazioni mobiliari. È certo che una separazione dell'amministrazione dei depositi dalle operazioni mobiliari, ben più aleatorie, non può che essere approvata.

Le moderne società di finanziamento o investimento, nella grandissima varietà delle loro specie e sottospecie, si possono raggruppare in due grandi branche: 1. quelle d'investimento, che perseguono lo sc0p0 di dare ai capitali loro affidati (nella duplice forma di acquisto da parte del pubblico di loro azioni o obbligazioni) il più alto rendimento compatibile con la maggiore sicurezza, e ciò mediante l'opportuna e competente scelta tecnica di un numero notevole di azioni (o obbligazioni) di varie società, di rami diversi o dello stesso ramo ma situate in regioni o stati diversi; 2. quelle di finanziamento, che servono a scopi molteplici, ma la cui caratteristica precipua può essere ricercata nell'intendimento di mantenere nelle mani del gruppo promotore il controllo delle società da finanziare e ciò col minore sforzo di capitale proprio e col più largo concorso del denaro frazionato del pubblico che acquista le azioni e le obbligazioni della società di finanziamento. Questo secondo gruppo (holding companies) serve, come si è detto, al dominio della maggioranza di altre imprese, sia per scopi di raggruppamento e coordinamento, sia per assicurarsi la clientela permanente loro, come acquirenti di macchinarî, ecc.

Il prototipo delle società di credito mobiliare è la Société Générale de Belgique, fondata nel 1822 a Bruxelles, e tuttora prosperosamente operante. In Francia il Crédit mobilier fu costituito nel 1852. In lnghilterra il sorgere delle analoghe financial companies coincise con l'adozione, avvenuta nel 1862, del sistema della responsabilità limitata (limited) per le società. Negli Stati Uniti il grande sviluppo degli investment trust, data soprattutto dal 1918, da quando cioè, grazie agli extra-profitti di guerra, l'America Settentrionale è divenuta forte esportatrice di capitali. Anche in Italia il fenomeno, sebbene non ancora comparabile a quello dei paesi citati, si è presentato in una certa misura solo negli anni del dopoguerra. Vedi anche Banca.

Bibl.: Grayson, Investment trusts, New York 1928; Hartley Withers, Stocks and shares, Londra 1919; id., Hints about investments, Londra 1926; C. Huart, L'organisation du crédit en France, Parigi 1913; R. Liefmann, Beteiligungs- und Finanzierungsgesellschaften, Jena 1923; H. G. Moulton, The financial organization of society, Chicago 1927; M. Pantaleoni, La caduta della Società Credito mobiliare Italiano, nel Giorn. degli economisti, 1895; W. Ripley, Main street and Wall street, New York 1927; H.S. Sturges, investment. A new profession, Londra-New York 1924.

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