Creatività

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

creatività

Piero Bianucci

Una dote misteriosa

Tra le doti della personalità umana, la creatività è una delle più misteriose.

Permette di produrre opere d'arte e di trovare soluzioni originali a problemi scientifici e tecnici. La civiltà stessa è il risultato di questa meravigliosa capacità di combinare assieme quello che la natura ci offre per produrre qualcosa di nuovo. Quasi tutto nel mondo che ci circonda è frutto della creatività: televisione, computer, automobili, telefono, medicine; ma anche poesie, romanzi, musica, film, quadri. Il prodotto della creatività non è, però, il risultato del semplice accostamento di vari ingredienti. Ciò che conta è il modo originale, innovativo e funzionale con cui questi ingredienti vengono messi insieme

Si può valutare la creatività?

Memoria e apprendimento si valutano abbastanza facilmente per mezzo di test. Gli esami scolastici misurano proprio queste abilità. La capacità di inventare, scoprire e creare cose nuove, risolvere un problema che per anni ha tormentato decine di scienziati è invece una dote rara e inafferrabile: spesso neppure l'individuo creativo è consapevole dei meccanismi che lo portano a inventare, scoprire leggi della natura, dipingere, comporre musica.

Gli psicologi, tuttavia, hanno tentato di analizzare la creatività. Un buon metodo è quello di studiare come si è arrivati a scoperte e invenzioni. Famoso è il caso di Archimede, matematico greco vissuto nel 3° secolo a. C. Il tiranno di Siracusa, Ierone (conosciuto anche come Gerone) gli aveva chiesto di verificare se la sua corona fosse realmente tutta d'oro. Il peso corrispondeva, ma l'artigiano poteva aver usato una lega di altri metalli, ingannando il tiranno. Occorreva misurare non solo il peso della corona, ma anche la densità del materiale di cui era fatta. A questo scopo occorreva conoscerne il volume. Archimede provò con metodi matematici, ma la corona aveva una forma irregolare: non era né un cilindro, né un cono, né una sfera e quindi il suo volume non poteva essere determinato con la formula della geometria solida. Poi, un giorno, immergendosi per fare il bagno in una vasca ben colma, notò che era traboccata una quantità d'acqua pari al volume del suo corpo. Dunque per conoscere il volume della corona sarebbe bastato immergerla in un vaso colmo d'acqua e misurare la quantità di liquido che avrebbe fatto traboccare. Secondo la leggenda, Archimede provò una tale gioia che balzò fuori dalla vasca e corse nudo per la strada gridando "Eureka!" ("Ho trovato!").

Le fasi del processo creativo

La storia appena raccontata rappresenta bene le varie fasi di un processo creativo. C'è un problema da risolvere: accertare che la corona sia davvero tutta d'oro. All'inizio si cerca la soluzione con metodi già noti (la geometria). Se questo sistema non dà risultati, occorre guardare al problema da un diverso punto di vista. Qui si innesta l'atto creativo: mettere insieme il fatto che un oggetto, qualunque forma abbia, sposta un volume di acqua pari al proprio volume, e il fatto che l'acqua è liquida, quindi può essere contenuta in un vaso di forma geometrica regolare facilmente calcolabile (cilindro, cubo).

Gli psicologi hanno osservato che i meccanismi creativi somigliano a quelli dell'umorismo: anche nelle barzellette, nei giochi di parole o nelle gag dei film avviene un improvviso rovesciamento del punto di vista, che cambia in modo imprevedibile e originale il senso del discorso o della situazione. Esiste però una differenza profonda tra la creatività scientifica e quella artistica. La prima richiede la perfetta conoscenza di tutto quanto hanno già scoperto e inventato gli altri prima di noi; al contrario della seconda (anche se conoscere la storia delle arti non guasta!). Ciò dipende dal fatto che la scienza è frutto di un lavoro collettivo: le scoperte di chi ci ha preceduto sono gli ingredienti per scoprire e inventare cose nuove. Nell'arte, invece, conta di più la singola personalità del pittore, del musicista, del poeta. Ma in entrambi i campi la creatività deve avere delle regole. La pura stravaganza (come spesso avviene nella moda o nell'arte) non è creatività. Il modo nuovo di concepire il problema da risolvere, il quadro da dipingere o la storia da raccontare è il primo passo ma, dopo questo atto controcorrente, la creatività deve rispettare norme precise, richiede metodo e fatica. Arte e scienza sono al 10% ispirazione, al 90% traspirazione, cioè sudore.

Arte e scienza: due forme diverse di creatività

Poiché la creatività artistica dipende soprattutto dalla personalità individuale, non si può fare granché per svilupparla. Certo aiuta vivere in un ambiente stimolante e avere tempo per pensare: i mecenati del Rinascimento ‒ si pensi a Lorenzo de' Medici ‒ ospitavano generosamente gli artisti che chiamavano alla loro corte, favorendone così la produttività. Ma nonostante questi aiuti, la poesia, l'arte, la musica non possono nascere 'a comando'. Anzi: sono numerosi gli artisti che hanno prodotto opere grandiose proprio perché poveri, perseguitati, in cattiva salute. Dante Alighieri e Giacomo Leopardi ne sono due esempi.

Nel caso della creatività scientifica e tecnologica, invece, non solo è più facile predisporre condizioni ambientali che la favoriscano, ma è anche necessario farlo. Per individuare queste condizioni, è utile ricordare come si è arrivati ad alcune scoperte e invenzioni, grandi e piccole.

Creatività scientifica: qualche esempio

Alexander Fleming scoprì il primo antibiotico, la penicillina. Il suo lavoro in un ospedale di Londra consisteva nel coltivare colonie di batteri su piastre di vetro di uso comune nei laboratori. Nell'agosto 1928 partì per le vacanze dimenticando alcune di queste piastre. Al ritorno trovò che una muffa le aveva ricoperte. Invece di gettarle via, le osservò attentamente: si accorse così che la muffa aveva ucciso tutti i batteri. Era, appunto, la penicillina. Bisognò però aspettare ancora dodici anni perché, grazie al medico Howard Florey e al chimico Ernest Chain, quella muffa, di per sé inutilizzabile, diventasse un farmaco.

Un altro esempio. Molti di noi hanno abiti che si chiudono con il velcro, un tessuto autoaderente. L'idea venne nel 1948 a George De Mestral, un ingegnere svizzero che passeggiando nei prati si era ritrovato attaccati alle calze i frutti di una pianta chiamata lappola. Incuriosito, li guardò al microscopio e scoprì che le loro punte terminavano in minuscoli uncini che si attaccavano ai gomitolini, anch'essi microscopici, che si formavano in cima alla lana delle calze. Riproducendo questo meccanismo è nato il velcro (dalle parole velours "velluto" e crochet "occhiello"), che resiste a oltre dieci-mila cicli di apertura ed è più pratico e resistente dei bottoni.

Storie simili sono innumerevoli. Albert Einstein intuì la teoria della relatività generale immaginando che cosa gli sarebbe successo dentro un ascensore in caduta libera. Una colla mal riuscita finita su un pezzo di carta nei laboratori 3M ha dato origine ai post-it, quei foglietti adesivi utili per lasciare un appunto attaccato a una porta o per segnare la pagina di un libro. Alessandro Cruto costruì una lampadina migliore di quella di Thomas A. Edison ma non si arricchì perché non aveva i mezzi per affermarsi come industriale. Ascanio Sobrero ideò la nitroglicerina per farne un farmaco utile ai malati di cuore: Alfred Bernhard Nobel vi aggiunse farina fossile e creò la dinamite. Che cos'hanno in comune queste vicende di creatività scientifica e tecnologica?

Gli ingredienti della creatività

Negli esempi sopra citati di creatività, oltre al 'pensiero divergente', troviamo fattori come la curiosità, la cultura generale unita alla cultura specialistica, la capacità di analisi unita alla capacità di sintesi, prontezza nell'intuire analogie tra cose e fenomeni diversi, rapporti umani stimolanti, finanziamenti adeguati, un supporto industriale per gli sviluppi di mercato.

In più, il caso ha spesso un ruolo importante. Ma il caso ‒ come ha fatto notare il biologo ottocentesco Louis Pasteur ‒ aiuta solo le persone preparate. È la condizione che gli Inglesi chiamano serendipity: il dono di osservare ingenuamente cose banali, ma con uno sguardo colto, intelligente, originale.

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