COSTELLAZIONI o asterismi

Enciclopedia Italiana (1931)

COSTELLAZIONI (lat. constellatio) o asterismi (fr. constellations; sp. constellaciones; ted. Sternbilder; ingl. constellations)

Francesco Porro de Somenzi

Configurazioni permanenti di stelle che servono a riconoscere le posizioni relative delle stelle principali, mediante allineamenti geometrici tracciati sul cielo. Costituiscono il fondo immutabile della sfera, sul quale si proiettano i luoghi successivamente occupati dai cosiddetti pianeti, o astri mobili, lungo il loro cammino apparente. L'antica distinzione tra stelle fisse e stelle erranti è stata abbandonata negli ultimi tempi, poiché si sono accertati i minutissimi spostamenti delle prime; con essa scomparve il carattere assoluto che si attribuiva alla permanenza indefinita delle configurazioni stellari. Queste, a ogni n10do, si mantengono quasi affatto inalterate nei secoli, tanto da permetterci d'identificarne le principali nelle rappresentazioni iconografiche che adornano molti monumenti a noi pervenuti dalle età trascorse.

In astrologia, il nome di costellazione è pure usato per indicare gli aspetti geometrici esprimenti la situazione relativa delle stelle erranti tra le fisse.

Tutti i popoli primitivi, gli antichi non meno di quelli con i quali le esplorazioni moderne hanno messo in relazione le nostre civiltà europee, hanno amato associare alle caratteristiche configurazioni geometriche delle stelle visibili a occhio nudo talune immagini di divinità, di eroi, di animali, di oggetti d'uso comune, che bene o male s'inquadrano nei confini delle singole costellazioni, e dànno loro il nome. Non è facile né in certi casi possibile lo sceverare in simili figure la parte che spetta alla fantasia o all'arte da quella che si connette a corrispondenze mitiche, religiose, astrologiche supposte tra le immagini e le stelle. Certo è che in moltissimi casi la dipendenza delle costellazioni da cicli di favole mitologiche sta ancor oggi a ricordare l'intimo legame che si ammetteva tra le cose celesti e le terrestri, e l'influenza degli astri sulla vita umana e sulle vicende tutte del mondo sublunare.

Non bisogna credere a ogni modo che la scienza moderna, respingendo a ragione ogni misteriosa corrispondenza tra il cielo e la terra, sia egualmente giustificata quando cerca di sostituire alle poetiche figurazioni degli antichi il rigido schematismo dei metodi di classificazione a base numerica. L'enumerare le stelle, ordinate in cataloghi secondo le loro posizioni rispetto ai circoli fondamentali della sfera, è procedimento logico, indispensabile specialmente per l'uso che dei luoghi stellari si fa continuamente nell'astronomia: per le stelle telescopiche, in modo particolare, non si potrebbe fare altrimenti, poiché il loro numero è tanto grande, da non consentire che ciascuna si distingua per nome dalle altre. Ma, accanto al numero d'ordine, nei cataloghi giova che le stelle maggiori conservino l'antico nome tradizionale, greco o arabo, e che per le altre, di poco inferiori, si mantenga l'assegnazione alle costellazioni. La scomparsa di queste, auspicata da molti astronomi che non apprezzano la poesia delle antiche leggende, non recherebbe alcun vantaggio sensibile allo studio scientifico delle stelle, ma ne sacrificherebbe la delicata poesia e ne renderebbe più arida e meno facile a ricordare la descrizione e la disposizione relativa. Conviene aggiungere che il rinunciare alle costellazioni nella pratica astronomica significherebbe rompere ogni relazione della scienza con la letteratura, con le arti e con la stessa sua storia, tutte permeate di accenni alle figure che popolano il cielo e alle arcane significazioni loro attribuite dagli antichi.

Dovunque l'astronomia ha avuto sviluppo spontaneo e autonomo, la figurazione della sfera, almeno nelle sue linee principali e più caratteristiche, assunse una fisionomia pure autoctona, conforme allo spirito della civilizzazione embrionale cui essa corrispondeva. Così, presso i Cinesi, i Persiani, gl'Indiani, gli Assiri, i Caldei, gli Egizî, gli aborigeni della Polinesia e dell'America meridionale. Ciò non impedì, soprattutto nell'Asia, infiltrazioni dovute a riflessi reciproci delle diverse razze in contatto. Le invasioni, le immigrazioni sporadiche o collettive, i traffici, la navigazione contribuirono a tale penetrazione, che rende ora difficile allo studioso di accertare gli elementi specifici d'ogni civiltà.

Le sette stelle dell'Orsa, che ai Greci hanno suggerito l'immagine di detto animale, formano presso altri popoli lo schema lineare di figure diverse, come il ventilabro (Ebrei), il carro (denominazione popolare dei Greci giunta fino a noi), i sette buoi (Latini primitivi), la mestola (Cinesi) il sarcofago, la coscia (Egizî). Non minore varietà si osserva nella figurazione di altri importanti gruppi di stelle: così per Orione, la più cospicua e forse la più generalmente nota fra le costellazioni, essendo egualmente visibile sotto le attitudini boreali e australi. I Greci ne hanno fatto un cacciatore, il cui nome e aspetto sono stati tramandati dai tempi d'Omero sino ai nostri; un essere umano precipitato nel cielo vedono in essa gl'Indiani del periodo vedico, mentre i Groenlandesi immaginano pescatori assunti in cielo, e i Maori della Nuova Zelanda abbandonano addirittura la rappresentazione antropomorfica, riducendo tutto l'insieme alle linee d'una piroga.

La caratteristica agglomerazione di stelle che nella costellazione del Toro prende il nome di gruppo delle Pleiadi (nel linguaggio volgare sono chiamate tuttora le gallinelle) costituisce uno degli esempî più antichi d'una denominazione data quasi universalmente, come a un'unità autonoma, a una parte di costellazione. È da ritenere che la connessione tra la leggenda mitologica delle figlie di Atlante e quella del Toro celeste sia posteriore all'età nella quale le denominazioni rispettive sono state fissate; assai probabilmente, queste hanno suggerito e quasi imposto quella. Questo acervo, facile a riconoscersi in cielo, offriva una guida comoda per i viaggi marittimi allo schiudersi della primavera, al contrario di Orione, considerato sempre dagli antichi come foriero di tempeste, perché la sua migliore visibilità coincide con la stagione invernale.

In alcuni casi, la nomenclatura è suggerita da evidenti nessi con l'agricoltura, con la navigazione, con altre forme di attività umana; in altri casi, si fonda pure sopra fantasie mitologiche o sopra analogie elementari di disegno che talora nell'iconografia assumono caratteri di artistica bellezza.

Senza enumerare qui tutti i casi analoghi di parti delle costellazioni (specialmente delle più estese) che hanno avuto denominazione speciale, osserviamo che talune sono affatto indipendenti: così le Iadi e le Pleiadi nel Toro, la Capra nel Cocchiere, ecc. Altre invece si riferiscono a parti speciali delle figure cui appartengono: la testa del Toro, le chele dello Scorpione, e simili. Ma neppure con tale metodo si riuscì dagli antichi a chiudere entro i confini degli asterismi primitivi tutte le stelle visibili ad occhio nudo: si sono perciò ideate costellazioni nuove, che non sono suggerite da alcuna caratteristica disposizione geometrica, ma s'insinuano capricciosamente tra le vecchie figure. Tra queste è il Dragone, lunga serie di stelle boreali che corre fra le due Orse: degna di nota perché richiama nella sua denominazione il significato simbolico attribuito dalle principali religioni dell'antichità al serpente, considerato come emblema d'ogni movimento circolare periodico e della stessa eternità che si rinnovella a ogni ciclo.

Le stelle che non rientrano né nelle antiche né nelle nuove figure, sono chiamate informi.

La concezione astronomica delle costellazioni è presso la civiltà del passato strettamente legata con la loro rappresentazione artistica: tutti i grandi monumenti religiosi dell'Oriente, dell'Egitto e della Grecia portano tracce d'immagini celesti, quali ideate per affermare un nesso reale, quali usate come semplice motivo ornamentale. Sotto questo secondo aspetto, cui allude in più luoghi della sua grande opera il più noto maestro d'architettura presso i Romani, Vitruvio, la bella tradizione continua quando gl'influssi delle stelle e le leggende mitologiche raffigurate nelle costellazioni hanno perduto ogni valore sugli spiriti spregiudicati. Spetta alla storia dell'arte ricordare i saggi più apprezzati di siffatta decorazione a base astronomica; ne citeremo soltanto uno meritamente famoso, l'affresco di Baldassare Peruzzi nella Farnesina a Roma.

In relazione ai movimenti del Sole e della Luna sulla sfera stellata attrassero ben presto l'attenzione le costellazioni collocate lungo la traiettoria dell'uno e dell'altro luminare, e coperte successivamente da essi nelle loro periodiche rivoluzioni. La delimitazione di queste costellazioni corrisponde nella sua origine storica alla suddivisione dell'eclittica in segni zodiacali di ampiezza uniforme, e va rilevato che la soluzione di siffatti problemi astrometrici ha avuto particolare influenza sulla determinazione puramente matematica delle unità di misura adottate per il circolo e per l'angolo.

Per le carte dei due emisferi del cielo stellato, v. stelle.

Bibl.: Circa i nomi e i limiti delle costellazioni v.: per il cielo boreale F. W. A. Argelander, Uranometria nova, Berlino 1843; per il cielo australe B. A. Gould, Uranometria Argentina, Buenos Aires 1879. V. pure la grande opera di J.- C. Houzeau, Atlas de toutes les étoiles visibles à l'oeil nu, Mons 1878, compiuta in gran parte nel Belgio, in parte alla Giamaica, e notevole specialmente per il grande numero di stelle minute che il cielo puro della stazione tropicale permise di scorgere. Infine, sui lavori della Commissione nominata per la revisione delle costellazioni dal Congresso internazionale di astronomia di Cambridge (1925), v. E. Delporte, Délimitation scientifique des constellations, Cambridge 1930.

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