RETA, Costantino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 87 (2016)

RETA, Costantino

Antonella Grimaldi

RETA, Costantino. – Nacque a Genova il 5 febbraio 1814 da Giovanni Luca e da Geronima Ansaldo.

Ebbe due fratelli, Giovanni ed Edoardo. Condivise con quest’ultimo la passione per la letteratura. Si arruolò giovanissimo nella Marina mercantile e coltivò i suoi studi da autodidatta. Trasferitosi a Torino, frequentò l’Accademia letteraria Clemente Pino, si dedicò alla composizione della Strenna piemontese dal 1838 al 1847 e pubblicò la Vita di Cristoforo Colombo (Torino 1846). Sposò Marina Capurro, con la quale ebbe cinque figli.

Si guadagnò da vivere con l’impiego di regio corriere, cui unì l’impegno nel campo del giornalismo. Collaborò prima a L’Eridano, poi a Il Telegrafo con Giovanni Prati, Luigi Rocca, Terenzio Mamiani della Rovere, e nel novembre del 1847 fu tra i fondatori del Risorgimento, da cui si allontanò nel febbraio del 1848 a causa del suo dissenso con la linea politica di Camillo Benso conte di Cavour. Assunse in seguito la direzione della rivista Il Mondo illustrato in cui, sviluppando l’impronta del pensiero di Vincenzo Gioberti, poté liberamente esprimere i suoi sentimenti democratici, pubblicando altresì presso la Tipografia sociale l’opuscolo Popolo, popolo (Torino 1848).

La convinta adesione agli ideali patriottici gli valse, nell’aprile del 1848, l’elezione a deputato del Parlamento subalpino nel collegio elettorale di Santhià. Nella prima e nella seconda legislatura (8 maggio 1848-30 marzo 1849) indirizzò la sua azione politica al conseguimento della vittoria nel conflitto contro l’Austria. In tale prospettiva, all’indomani della sconfitta di Novara del 23 marzo 1849, condusse una decisa battaglia alla Camera perché venisse deliberata la mobilitazione della guardia nazionale. L’esito disastroso della guerra, che si aggiunse al tradizionale spirito antipiemontese, fu alla base dell’insurrezione della città di Genova, nel corso della quale Reta entrò a far parte del triumvirato con Giuseppe Avezzana e Davide Morchio. L’intervento dell’esercito sabaudo, guidato da Alfonso Ferrero della Marmora, schiacciò ben presto la rivolta, cosicché Reta dovette abbandonare la città e affrontare l’esperienza dell’esilio.

Durante la prima tappa a Marsiglia, Reta dovette difendersi dalle accuse infamanti che gli vennero rivolte dal Risorgimento del 10 aprile 1849, secondo le quali si era arricchito ricoprendo la carica di triumviro del governo provvisorio genovese. Il 16 aprile 1849 scrisse al sindaco di Genova Antonio Profumo per difendere il suo onore e chiarire lo svolgimento dei fatti che lo avevano visto coinvolto, e fece pubblicare una Dichiarazione sulla Tribune des peuples che venne ripresa anche dal Risorgimento del 24 aprile 1849. In tale frangente, venne vigorosamente sostenuto dalla Gazzetta del popolo che, con due articoli del 19 e del 24 aprile 1849, difese la sua onestà, e con un altro, del 28 aprile 1849, si scagliò contro Giovanni Prati, che aveva composto una poesia contro di lui e si era compiaciuto di recitarla nei salotti reazionari.

In seguito, Reta raggiunse Roma per dare il suo aiuto ad Avezzana, che si stava prodigando nella difesa della Repubblica. La caduta della Repubblica Romana lo sospinse verso Malta, dove lo raggiunse la notizia della terza elezione alla Camera dei deputati, alla quale non venne tuttavia ammesso per via della sentenza del magistrato d’appello di Genova del 24 luglio 1849, che lo aveva indicato tra i responsabili del moto genovese.

Nella discussione parlamentare del 6 agosto 1849, l’unica voce a levarsi in suo favore era stata quella di Angelo Brofferio, che aveva sostenuto con forza la validità dell’elezione, avvenuta prima della dichiarazione della sentenza di condanna. Il dibattito si era concluso con l’accettazione della tesi di Urbano Rattazzi, secondo la quale pur essendo valida l’elezione, Reta non poteva essere ammesso nel Parlamento a causa della condanna a suo carico.

La persecuzione delle autorità maltesi lo indusse a trasferirsi a Ginevra. Nella città elvetica visse un periodo contrassegnato dalle innumerevoli difficoltà dell’esilio, ma anche dal compimento di un nuovo corso della sua esistenza che aveva già preso avvio a Malta. Nel 1851 pubblicò a Losanna l’opera iniziata appunto a Malta, La Scienza nuova, ossia Ragione dei diritti politico-sociali della civiltà, in cui, ispirandosi al pensiero di Gian Domenico Romagnosi, diede forma definitiva al suo ‘socialismo di ragione’. Anche in questa circostanza Brofferio fu dalla sua parte, cercò sottoscrizioni per l’opera e, quando si avvide di non poter giovare all’amico, se ne dispiacque. Reta, comunque, non si scoraggiò e intraprese la fondazione di un’Associazione della scienza nuova con lo scopo di divulgarne i principi fra i giovani.

Si riavvicinò presto a Cavour, tant’è che il 19 gennaio 1852 gli scrisse per ringraziarlo dell’aiuto ricevuto. Nel 1855 aderì alla Società nazionale, ricoprendo l’incarico di segretario del locale comitato. Forse per intercessione dello stesso Cavour, il 7 settembre 1856 venne emanato il decreto di grazia in suo favore.

Nondimeno, l’accenno a Reta in una lettera di Giuseppe Mazzini a Francesco Dall’Ongaro, datata «Ginevra, 27 maggio 1854» (G. Mazzini, Epistolario, XXIX, Imola 1929, p. 147) lascia supporre che fra i due potesse esservi stato o continuasse a esservi qualche contatto.

La sua conversione alla fede protestante, probabilmente avvenuta a Malta, si concretizzò nell’incontro con il movimento del Risveglio ginevrino, come pure con Luigi Desanctis che lo coinvolse nella redazione del nuovo Innario evangelico, pubblicato nel 1853. Il 10 ottobre 1853, Reta e altri italiani inaugurarono la Chiesa italiana di Ginevra e il 15 ottobre fondarono l’Associazione evangelica italiana, contraddistinta dal suo carattere pienamente democratico, che comportava il conferimento della dignità del ministero a tutti i suoi membri, il riconoscimento dei suoi principi fondanti nella dottrina protestante, l’identificazione del risveglio della cristianità con quello dell’Italia. L’adesione al credo riformato gli procurò, nel 1854, le aggressioni del giornale L’Eco del Monte Bianco e del Cattolico, da cui venne validamente difeso dalla Luce evangelica, espressione delle Società evangeliche di Torino e Genova, e dalla Buona novella. Il 30 settembre 1854 L’Armonia della Religione colla Civiltà ospitò la lettera del padre Giovanni Luca A Costantino Reta suo padre dolentissimo, suscitando la sua commossa e intensa risposta apparsa sulla Buona novella.del 13 ottobre 1854. Il dialogo a distanza continuò sulla Buona novella del 27 ottobre 1854 con lo scritto Al mio carissimo figlio Costantino Reta, cui seguì la risposta del figlio il 3 novembre 1854. Nelle Lettere d’un figliuolo a suo padre, Costantino spiegò le sue ragioni e sottolineò la cospicuità degli studi storici che lo avevavo sostenuto nella sua scelta di fede.

La vita della comunità si spense nel 1856, ma Reta continuò a esprimere il suo impegno religioso profondendosi nel lavoro per L’Amico di casa, l’almanacco nato anch’esso nel 1853 con lo scopo di contribuire all’elevazione delle classi popolari. Sostenne la sua famiglia con l’insegnamento e svolgendo corsi di letteratura italiana presso la Société des arts de Genève. In un articolo del 6 aprile 1857, il Journal de Genève apprezzò l’impostazione di Reta che, nel corso appena terminato, aveva presentato i grandi poeti e scrittori italiani come gli interpreti del sentimento nazionale e dello spirito antipapale del popolo.

Gli anni trascorsi in Svizzera furono segnati dall’amarezza e dal rimpianto che gli venivano dall’aver abbandonato, a un certo momento, gli studi tanto amati per dedicarsi alla politica che lo aveva portato alla rovina.

Morì a Ginevra il 17 aprile 1858.

Il Journal de Genève del 21 aprile 1858 gli dedicò un articolo, aggiungendo che il suo rientro in patria non era avvenuto a causa dell’avversione del partito clericale. In Italia la notizia della morte venne data il 25 aprile 1858 da Il Piccolo Corriere d’Italia, organo della Società nazionale, e dalla Buona novella, che il 30 aprile 1858 non mancò di ricordare i suoi cinque bambini, come il padre «poveri di beni e di fortuna». L’anno dopo, con il titolo Perla, memorie di Don Barba, venne ripubblicata l’opera in cui, già nel 1846, aveva esaltato le virtù domestiche della mitezza, dell’onestà e della bontà.

Fonti e Bibl.: Torino, Biblioteca civica centrale, Fondo Luigi Rocca, mazzo IV, f. 1, n. 254, 1-85; Archivio di Stato di Torino, Carte Cavour; dove si conserva il carteggio con Cavour dalla fine del 1856 al 22 luglio 1857; Genova, Istituto Mazziniano - Museo del Risorgimento, cart. 60, n. 16633 (lettera al fratello Edoardo, 7 agosto 1849); cart. 26, n. 3083 (lettera alla cognata Ninetta, 22 maggio 1851); cart. 87, n. 20128 (lettera del padre G.L. Reta al figlio Edoardo, 12 novembre 1853); Torre Pellice, Archivio storico della Tavola Valdese, b. IV, Memorie dell’Opera di evangelizzazione in Italia (lettere a Jean-Pierre Meille dal 1852 al 1857); Carte Meille (lettere del 13 ottobre e 26 dicembre 1854); D. Manin - G. Pallavicino, Epistolario politico (1855-1857), Milano 1878, pp. 390-396; C. Cavour, Epistolario, IV, a cura di N. Nada, Firenze 1978, pp. 392-394; Id., Epistolario, V, a cura di C. Pischedda, Firenze 1980, pp. 91-99, 118 s. Inoltre: L. Rocca, Accademia letteraria Pino, in Curiosità e ricerche di storia subalpina, XI (1878), pp. 480-488; G. Bustico, Giornali e giornalisti del Risorgimento, Milano 1914, pp. 91 s., 107-117; L. Chiama, Inizio del giornale Il Risorgimento, in Nuova Antologia, LII (1917), pp. 19-33; G. Bustico, C. R., in Il Risorgimento italiano, XIII (1920), 3, pp. 124-135; C. Contessa, Momenti tristi illuminati con diversa luce. Una lettera di Vittorio Emanuele II ad Alfonso La Marmora ed una di C. R. triumviro di Genova nel 1849, in Miscellanea di studi storici in onore di Giovanni Sforza, Lucca-Torino 1920-1923, pp. 673-680; G. Bustico, C. R. e il giornale II Telegrafo, in Torino, XIII (1933), 7, pp. 39-43; D. Maselli, Tra Risveglio e millennio. Storia delle Chiese Cristiane dei Fratelli 1836-1886, Torino 1978, ad ind.; A. Grimaldi, Un evangelico protagonista del Risorgimento italiano: C. R., in Bollettino della società di studi valdesi, CXIX (2002), 191, pp. 87-117; Ead., L’esperienza spirituale di C. R. Dalla nascita della Chiesa evangelica libera di Ginevra alla pubblicazione dell’Innario evangelico (I), in Studi ecumenici, XXIII (2005), 4, pp. 587-612; (II), ibid., XXIV (2006), 1, pp. 51-88; Ead., C. R. negli anni dell’esilio (1849-1858), in Rassegna storica del Risorgimento, XCIV (2007), 3, pp. 381-410; Ead., L’insurrezione genovese del 1849, ibid., XCV (2008), 3, pp. 323-378; Ead., C. R. Un protagonista del Risorgimento, in Scelte di fede e di libertà. Profili di evangelici nell’Italia unita, a cura di D. Bognandi - M. Cignoni, Torino 2011, pp. 36-39; S. Manghezani, C. R., in Dizionario biografico on-line dei protestanti in Italia, a cura della Società di studi valdesi, http://www. studivaldesi.org/dizionario/evan_det.php?evan_id=243 (3 novembre 2016); Camera dei Deputati, Portale storico, http://storia.camera.it/ deputato/costantino-reta-1814/atti#nav (3 novembre 2016).

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