Costantino I il Grande

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Costantino I il Grande

Tommaso Gnoli

Il primo imperatore romano cristiano

Costantino I, che governò dal 306 al 337, fu il primo imperatore romano ad abbracciare la fede cristiana. Avviò importanti riforme in campo economico e ricostruì la città di Bisanzio, ribattezzandola Costantinopoli. Con lui si fa iniziare il periodo storico della Tarda Antichità

In hoc signo vinces

Flavio Valerio Aurelio Costantino nacque a Naisso, in Illiria, nel 274 da Costanzo Cloro e morì a Nicomedia, in Asia Minore, nel 337. Diocleziano aveva nominato suo padre Augusto, cioè imperatore, insieme a Galerio, in un periodo storico caratterizzato dalla divisione in quattro parti del potere imperiale (tetrarchia). Cresciuto alla corte di Diocleziano, era in Britannia con il padre quando costui morì combattendo contro i Barbari (306). Venne subito acclamato imperatore dalle truppe, che non riconobbero il successore designato di Costanzo Cloro, Flavio Severo.

Per reazione a Roma venne eletto Massenzio, il figlio del quarto tetrarca Massimiano, che venne sconfitto da Costantino nel 312 nella battaglia di Ponte Milvio a Roma. Fu in quella occasione ‒ secondo la leggenda tramandata dal più importante storico di questo imperatore, il vescovo Eusebio di Cesarea ‒ che Costantino ebbe la visione che lo portò ad abbracciare la fede cristiana: l'apparizione di una croce nel cielo con la scritta latina in hoc signo vinces "sotto questo segno vincerai".

L'Editto di tolleranza

L'anno dopo, nel 313, i due imperatori rimasti, Costantino e Licinio, emanarono da Milano il famoso Editto di tolleranza (o di Milano), in cui il cristianesimo veniva ammesso dallo Stato romano come religione lecita. Da allora, con la sola breve parentesi del regno di Giuliano (361-363), il cristianesimo non venne più perseguitato. Si dovrà tuttavia aspettare il regno di Teodosio I perché esso diventi la religione ufficiale dello Stato romano. La concordia tra Costantino e Licinio non durò a lungo. I due si scontrarono una prima volta in Pannonia, nel 314, per ottenere la supremazia sui Balcani; poi, in maniera decisiva, con una grande guerra risolta da tre brillanti vittorie di Costantino ‒ ad Adrianopoli, a Crisopoli e nell'Ellesponto ‒ nel 324.

Costantino unico imperatore

Dal 324 Costantino fu unico imperatore. Nei pressi del luogo della sua ultima vittoria su Licinio, Costantino fondò una seconda capitale dell'Impero, che da lui prese il nome di Costantinopoli ("città di Costantino") e che venne solennemente inaugurata nel 330. L'azione di Costantino fu tale da segnare profondamente il mondo romano. Egli intervenne pesantemente in campo religioso: oltre all'Editto di tolleranza del 313 indisse il primo Concilio ecumenico, che si tenne a Nicea nel 325. Il Concilio condannò solennemente la dottrina di Ario (eresia), giudicata eretica dai vescovi; tuttavia, dopo il 325 lo stesso Costantino si avvicinò sempre di più all'arianesimo e ariani saranno i suoi figli, in particolare Costanzo II.

Le riforme economiche

Le riforme più importanti Costantino le fece in campo economico. Nell'Impero Romano infuriava ormai da circa un secolo una crisi economica di tipo monetario. I provvedimenti del suo predecessore Diocleziano, tra i quali un editto per tentare di bloccare i prezzi, non avevano avuto alcun esito e l'inflazione galoppava ovunque. Costantino risolse il problema con una cura drastica: riformò il sistema monetario, introducendo come base una moneta d'oro di nuova creazione, il solidus aureus. Questo comportò un traumatico impoverimento della classe media in tutto l'impero (la cui economia si fondava sulla moneta d'argento) ma era probabilmente l'unico mezzo che l'imperatore aveva per porre fine alla crisi. Egli riformò anche il fisco creando il sistema della capitatio-iugatio, cioè di una tassa che colpiva proporzionalmente il suolo e le persone che dovevano coltivarlo.

Se questo provvedimento comportò un arricchimento consistente delle casse dello Stato, provocò però anche un peggioramento della condizione di vita dei contadini, che progressivamente si videro trasformati in coloni, cioè in braccianti dipendenti dai grandi proprietari terrieri, sempre più legati alla terra che dovevano coltivare e sempre meno liberi. La situazione sociale e giuridica dei coloni (colonato) nel periodo tardoantico è l'anticamera della servitù della gleba di età medievale.

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