COSTANTINO di Torres

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 30 (1984)

COSTANTINO di Torres

Evandro Putzulu

Figlio del giudice di Torres Mariano (I) e di Susanna de Thori, nacque probabilmente verso il 1064. Sappiamo che nel 1082 era già associato al trono, ma non conosciamo l'anno preciso in cui cominciò a regnare da solo, succedendo al padre defunto. La prima volta che le fonti a noi note lo ricordano come sovrano unico è nel 1113, allorché nel porto di Torres tra grandi manifestazioni di amicizia e di onore accolse e rifornì di viveri la flotta, che Toscani e Lombardi avevano allestito sotto la guida di Pisa per liberare dai Saraceni le Baleari. All'impresa partecipò anche un contingente turritano: il Liber maiolichinus ricorda infatti tra gli altri capi della spedizione, come eccellente tiratore d'arco, il figlio del giudice, Saltaro. In quell'opera viene citato anche C., definito "re chiaro e molto celebrato" da tutto il popolo sardo. Il regno di C. rappresentò un momento assai importante per la storia del giudicato, perché esso coincise col sorgere e col primo svilupparsi dell'antagonismo fra Sede apostolica, Pisa e Genova, ciascuna delle quali mirava ad assicurarsi, in competizione con le altre, posizioni di privilegio nell'isola nell'intento di giungere ad affermarvi la propria egemonia.

I papi, che avevano proclamato l'alta sovranità della Sede apostolica sulla Sardegna, vi appoggiavano la penetrazione dei monaci benedettini delle abbazie di S. Vittore di Marsiglia e di Montecassino, che agivano come strumenti della loro linea religiosa e politica. I Pisani, che negli anni precedenti si erano creati in Sardegna una solida posizione commerciale, appoggiarono l'azione della Sede apostolica: ottennero in tal modo dal papa, per il loro arcivescovo, la nomina a legato pontificio in Sardegna, con primazia su tutti i vescovi dell'isola, ed altri privilegi ecclesiastici, che permisero loro di allargare i traffici e di estendere la loro influenza anche sul giudicato di Torres. Intorno al 1083, infatti, il padre di C. si era indotto a stipulare con la Repubblica tirrenica un trattato che, fra l'altro, garantiva da ogni offesa nelle persone e nei beni i cittadini pisani, concedeva loro il diritto di rivolgersi per ogni controversia al tribunale privilegiato del giudice, e li esentava, infine, dal pagamento dei dazi gravanti sulle merci importate od esportate.

Succeduto a Mariano I, C. riprese e sviluppò la linea politica di amicizia con Pisa e con la Sede apostolica, che era stata del padre. Ce lo attestano non tanto le fonti narrative coeve - peraltro assai scarse ed avare di informazioni -, quanto i numerosi diplomi da lui rilasciati nel corso del suo governo. Tali documenti, poiché sono tutti relativi a donazioni di terre od a concessioni di privilegi in favore di istituzioni ecclesiastiche o monastiche che erano espressione degli interessi di ben determinate forze in gioco, testimoniano non solo lo zelo religioso del giudice turritano, ma rispecchiano altresì i suoi orientamenti politici e le sue preoccupazioni economiche. La grande azione da lui promossa per favorire nel giudicato l'espansione dei benedettini di Montecassino - dietro i quali era Roma -,ma soprattutto quella dei monaci cenobiti di Camaldoli e di Vallombrosa, ben visti dai Pisani, presuppone un accordo politico con questi ultimi e l'amicizia con la Sede apostolica. D'altro canto, nel quadro di generale arretratezza e di isolamento che caratterizzava allora la Sardegna, la diffusione voluta da C. del monachesimo cenobitico benedettino fu causa di un vasto rinnovamento e di un notevole progresso sociale ed economico. Le fondazioni camaldolesi e vallombrosane, così come quelle cassinesi, erano infatti attivi centri di bonifica e di valorizzazione dei terreni seminativi, di rinnovamento e di espansione delle culture agricole, di rimboschimento, oltre che seminari di spiritualità. Durante il regno di C. la colonizzazione monastica nel giudicato si avviò a raggiungere la sua massima diffusione: non solo C. ed i suoi familiari, ma anche le grandi famiglie logudoresi, come gli Athen e i de Thori, stimolate dall'esempio del giudice, largheggiarono nel dotare di vasti patrimoni fondiari chiese e monasteri. Di questi anni sono le chiese di S. Maria del Regno in Ardara, di S. Pietro a Bosa, di S. Michele a Plaiano (Sassari), di S. Michele di Salvenor in Ploaghe, di S. Maria Coghinas nell'omonimo comune, di S. Nicola di Trullas in Semestene, e quella della SS. Trinità di Saccargia in Codrongianus (Sassari), fatta erigere, quest'ultima, dallo stesso C. per adempiere ad un voto. Nel 1125 le fondazioni camaldolesi avevano già superato per numero di chiese e per ricchezza di terre nel Turritano quelle cassinesi, mentre i Vallombrosani avevano fondazioni in quasi tutto il giudicato. Le nuove tecniche di coltivazione introdotte dai monaci, aumentando la produttività dei terreni, ebbero un benefico riflesso anche nei commerci e, più in generale, nell'economia. Sotto questo punto di vista, il regno di C. fu la necessaria premessa del notevole sviluppo economico e culturale del giudicato di Torres nel sec. XII.

Non si ha notizia, per quanto riguarda il giudicato di Torres nel primo trentennio del sec. XII, di tensioni o contrasti analoghi a quelli che nel resto dell'isola contraddistinsero in quegli stessi anni i non facili rapporti fra autorità locali, i governi di Pisa e di Genova, la Sede apostolica. Le fonti sono concordi nell'attribuire a C. doti di buon sovrano e lo ricordano come uno dei principi sardi più apprezzati del suo tempo. In effetti, pace ed ordine regnarono nel giudicato sotto il suo governo.

C. si spense nella reggia di Torres nel 1128. Il suo corpo venne inumato con grande solennità nella chiesa della SS. Trinità di Saccargia, sotto l'altare maggiore.

In alcuni documenti, sino al 1116, compare come moglie di C. una Marcusa de Gunale, di nobile famiglia arborense; in altri, posteriori a quella data, una Maria de Orrubu. Lo Scano ritiene che si tratti sempre della medesima persona, ma le sue argomentazioni non appaiono probanti. Secondo il Libellus iudicum Turritanorum, quando sposò C., Marcusa de Gunale era vedova ed aveva avuto due figli dal precedente matrimonio. Da lei C. ebbe un figlio, Gonario, che gli sarebbe succeduto sul trono del giudicato. Dopo la scomparsa di C., Marcusa lasciò l'isola per recarsi in Sicilia, dove, a Messina, fondò un ospedale dedicato a S. Giovanni; lì visse sino alla morte, dedicandosi al servizio di Dio.

Fonti e Bibl.: P. Tola, Codex diplom. Sardiniae, I, Augustae Taurinorum 1861, docc. nn. 11-13, 15-17, 21, 28, 30, 39, pp. 185-194, 199 s., 201 s., 206; G. Bonazzi, Il condaghe di San Pietro di Silki, Sassari 1900, nn. 4, 51, 64, 71-75, 77, 79-83; Liber maiolichinus de gestis Pisanorum illustr., a cura di C. Calisse, Roma 1904, in Fonti per la storia d'Italia..., p. 14, vv. 195-202; E. Besta-A. Solmi, I condaghi di S. Maria di Bonarcado e di S. Nicola di Trullas, I, Milano 1937, nn. 39, 45, 61, 262; A. Sanna, Libellus iudicum Turritanorum, Cagliari 1957, p. 46; G. F. Fara, De chorographia Sardiniae libri duo. De rebus Sardois libri quatuor, a cura di L. Cibrario, Augustae Taurinorum 1835, p. 226; G. Manno, Storia di Sardegna, Milano 1835, pp. 292 ss.;P. Tola, Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna, I, Torino 1837, p. 242; E. Besta, La Sardegna medioevale, I, Palermo 1908, p. gi; D. Filia, La Sardegna cristiana. Storia della Chiesa, Sassari 1913, pp. 37 ss.; D. Scano, Serie cronol. dei giudici sardi, in Arch. stor. sardo, XXI (1939), 3-4, pp. 95 ss.; R. Delogu, L'architettura del Medio Evo in Sardegna, Roma 1953, pp. 71 ss., 110 ss.

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