COSTA D'AVORIO

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

COSTA D'AVORIO

Lina Maria Calandra
Emma Ansovini

COSTA D’AVORIO. – Demografia e geografia economica. Storia. Webgrafia

Costa d'Avorio

Demografia e geografia economica di Lina Maria Calandra. – Stato dell’Afri ca occidentale. Con una speranza di vita di 50,7 anni (2013), la popolazione (20.804.774 ab., secondo una stima UNDE SA, United Nations Depart ment of Economic and Social Affairs, del 2014, di cui il 52% sotto i 19 anni) cresce del 2,3% l’anno. Il 53% vive in area urbana, soprattutto Abidjan (4.708.000 ab., secondo una sti ma del 2014), sede del governo; la capitale, Yamoussoukro, non supera i 300.000 abitanti. Esportatore di cacao (1,35 ml di t, primo produttore mondiale), anacardi, caffè, olio di pal ma, caucciù, diamanti, oro, petrolio, il Paese rappresenta, con un discreto settore manifatturiero, la secon da economia della regione – PIL pro capite a parità di poteri d’acquisto (PPA) di 2902 $ (2014) –, in ripresa (PIL, +8,5%) dopo il crollo del periodo 2010-11 dovuto all’instabilità postelettorale. Permangono povertà (60% degli abitanti; 171° posto dell’Indice di sviluppo umano), diffusione dell’HIV (Human Immunodeficiency Virus), insicurezza (a ovest) con la triste realtà dei bambini soldato.

Indicatori economico-sociali

Storia di Emma Ansovini. – L’accordo siglato nella capitale del Burkina Faso Ouagadougou il 4 marzo 2007, che prevedeva la smobilitazione delle diverse fazioni armate e la riunificazione del Paese sotto un nuovo governo di transizione, fu solo parzialmente applicato, tanto che il persistere di focolai di guerra civile e il fallimento dei tentativi di riconciliazione portarono più volte alla proroga del mandato presidenziale di Laurent Gbagbo. Solo nell’ottobre-novembre 2010 si tennero, in un clima di forte tensione e di reciproche accuse, le elezioni presidenziali: al primo turno (31 ott.) Gbagbo ottenne il 38% dei voti, seguito da Alassane Ouattara con il 32%; in dicembre, dopo il secondo turno (28 nov.), la Commissione elettorale assegnò, con il 54,1% dei voti, la vittoria a Ouattara, che aveva inaspettatamente ottenuto l’appoggio dal terzo candidato, Henri Konan Bédié; il Consiglio costituzionale, presieduto da un alleato di Gbagbo, rigettò però i risultati, dichiarando vincitore Gbagbo; l’ONU rifiutò di riconoscere la vittoria di Gbagbo e l’Unione Africana, la Comunità economica degli Stati dell’Africa occidentale, gli Stati Uniti e l’Unione Europea fecero propria la decisione dell’ONU. Scoppiarono subito violentissimi scontri tra le opposte fazioni e il Paese ripiombò nella guerra civile: più di un milione di persone furono costrette ad abbandonare le loro abitazioni, secondo i dati dell’UNHCR (United Nations High Commissioner for Refugees). Il Paese era spaccato in due, con le forze di Ouattara che occupavano la capitale Yamoussoukro e il porto di San Pedro, mentre Abidjan rimaneva in mano alle forze di Gbagbo. Solo nel maggio 2011, grazie all’intervento delle truppe internazionali e soprattutto del contingente francese Liocorne, presente in C. d’A. dal 2002, Ouattara prestò giuramento e assunse ufficialmente la guida del Paese, mentre Gbagbo fu arrestato e poi consegnato, nel novembre, alla Corte penale internazionale, accusato di crimini contro l’umanità. Nel luglio 2011 era stata varata la Commissione per la verità, la riconciliazione e il dialogo (le violenze postelettorali avevano causato 3000 vittime e lo sfollamento di 500.000 persone), ma il futuro del Paese appariva pieno di incognite legate in primo luogo alle accuse di crimini, tutte da accertare, rivolte contro le milizie di Ouattara, in secondo luogo al persistere di forti divisioni territoriali: non a caso il nuovo presidente aveva raccolto voti soprattutto nel Nord. Negli anni seguenti la situazione, pur avviandosi a una relativa normalità, mantenne evidenti elementi di crisi che si riflettevano anche su una decisa limitazione delle libertà democratiche: ripetute erano infatti le segnalazioni di detenzioni arbitrarie, discriminazioni nei confronti di gruppi etnici ritenuti sostenitori di Gbagbo, forti restrizioni alla libertà di stampa; una situazione denunciata anche dalla stessa Commissione per la verità e la riconciliazione. Nel marzo 2014 veniva trasferito presso la Corte penale internazionale anche Charles Blé Goudé, uno dei principali alleati di Gbagbo, mentre nel marzo 2015 Simone Gbagbo – moglie dell’ex presidente – fu condannata in C. d’A. a vent’anni di reclusione per il suo ruolo nelle violenze postelettorali.

Webgrafia: International crisis group, Côte d’Ivoire’s great West: key to reconciliation, Africa report 28 gennaio 2014,212, http://www.crisisgroup.org/~/media/Files/africa/west-africa/cote-divoire/212-cote-d-ivoire-s-great-west-key-to-reconciliation.pdf.

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