FANCELLI, Cosimo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 44 (1994)

FANCELLI, Cosimo

Maria Teresa De Lotto

Nacque a Roma da Carlo e Isabella Ghetti il 1° luglio 1618, nella parrocchia di S. Nicola in Arcione (la data di nascita che si desume dal Pascoli [1736], 1620, non è corretta). Divenne scultore continuando una tradizione di famiglia: sia i parenti del padre, originario di Settignano, sia quelli della madre, sorella di Cosimo Ghetti, esercitavano mestieri connessi alla lavorazione del marmo. Sul suo primo apprendistato più che il padre, semplice scalpellino, dovette influire il fratello Iacopo Antonio, maggiore di lui di 12 anni, che era stato introdotto nella bottega di G. L. Bernini. Anche il F. fu attratto nell'orbita berniniana, tramite il fratello, ricevendo così stimoli proficui per la sua formazione artistica. Il suo alunnato presso il Bernini secondo il Pascoli (1736) non durò molto, perché essendo venuto in contatto con Pietro Berrettini da Cortona, il F. si appoggiò a lui, stringendo amicizia ed iniziando una collaborazione che durerà una ventina d'anni.

Dell'iniziale apprendistato presso il fratello maggiore è prova la collaborazione, nel 1640-41, ai ritratti di Orazio Naro e Maria Giulia Cenci, commissionati a Iacopo Antonio dal nipote Bernardino Naro nell'ambito della decorazione della cappella di famiglia in S. Maria sopra Minerva (Arch. segr. Vat., Arch. Naro-Patrizi, E, vol. 49).

Nelle fonti documentarie e nelle biografie dell'epoca non è precisata l'attività svolta nella bottega berniniana prima della partecipazione alla decorazione delle navate di S. Pietro in Vaticano (1647-48).

Il Wittkower (1955, p. 256) ha proposto il F. come autore di una parte considerevole del rilievo Pasce oves meas, nel portico di S. Pietro (1639-46), per il quale si conservano a Lipsia disegni autografi del Bernini. Questa attribuzione colmerebbe la lacuna sopra accennata ma non pare sostenuta da convincenti prove stilistiche né da fonti documentarie.

La vicenda dell'esecuzione della pala berniniana della Visitazione nella cappella Siri a S. Maria della Misericordia presso Savona, per la quale era stato proposto il nome del F. dal Mezzana (1942), seguito tra gli altri dalla Schlegel (1985), è stata recentemente chiarita dal reperimento di documenti che indicano come autore del rilievo Matteo Bonarelli (Fusconi-Mattiauda, 1989-90).

Il primo intervento documentato del F. in un'impresa berniniana consistette dunque nella partecipazione alla decorazione dell'interno della basilica vaticana. Nel 1647-48 egli realizzò con il fratello maggiore le figure in stucco della Clemenza e della Contemplazione sui pennacchi del secondo arco a destra della navata centrale (Enggass, 1978) e collaborò alla ornamentazione dei pilastri. Con Iacopo Antonio aveva lavorato intorno al 1646 alla realizzazione, della tomba di Faustina Gottardi Ginnasi, già in S. Lucia dei Ginnasi, concordemente attribuita dalle fonti ai due fratelli, che sarebbero intervenuti anche nel vicino sepolcro del cardinal Domenico Ginnasi (cfr. voce Fancelli, Iacopo Antonio in questo Dizionario).

Al 1645 circa risale l'intervento documentato del F. in S. Maria Porta Paradisi, cappella dell'ospedale di S. Giacomo degli Incurabili, nell'ambito della ristrutturazione finanziata dal medico Matteo Caccia e progettata da Giovanni Antonio De Rossi (Spagnesi, 1962). Seguendo il Titi (1674, pp. 418 s.) è possibile assegnare al F. il rilievo sull'altare di sinistra con Cristo e la madre di s. Giacomo e s. Giovanni e il sepolcro di Matteo e Dorotea Caccia, con la figura del medico adagiato su un fianco e due putti reggistemma.

Nella pala marmorea il F. rivela un temperamento classicista che lo avvicina all'Algardi, ma anche allo stile berniniano della fase di recessione classica degli anni Trenta del Seicento: la scena è infatti impostata staticamente e le figure sono caratterizzate dalla compostezza delle pose e dai volti nobili e idealizzati. L'abilità tecnica e la padronanza dei mezzi espressivi emergono anche nella statua del defunto, efficace nella resa ritrattistica.

Il primo contatto indiretto del F. con Pietro da Cortona avvenne nel 1646-47, periodo in cui si colloca l'esecuzione della statua marmorea della Giustizia per la cappella Cerri al Gesù, rimodernata su disegno del Berrettini a partire dal 1645. La statua, appartenente a un ciclo di quattro Virtù al quale collaborò anche Iacopo Antonio, doveva essere compiuta nel 1647, stando a uno scritto di Virgilio Spada di quell'anno, in cui i due fratelli sono proposti come possibili esecutori di un ciclo di statue di apostoli da collocare nella navata di S. Giovanni in Laterano, mai eseguito (Heimbürger Ravalli, 1977, p. 230; Montagu, A. Algardi, 1985, p. 425).

In questo periodo il F., impegnato in diverse esperienze a completamento della sua formazione, non mancò di esercitarsi anche nella pratica del restauro di statue antiche, attività comune nelle botteghe degli scultori seicenteschi. Nei restauri condotti nel 1648 con il fratello maggiore sulle sculture della facciata di villa Medici egli operò secondo il gusto e i criteri dell'epoca, realizzando dei completamenti in stucco, nei quali, in particolare in alcune teste, riuscì a comunicare l'impronta del suo stile personale (Keller, 1991).

Probabilmente alla fine del 1647 avvenne l'incontro del F. con Pietro da Cortona, tornato a Roma da Firenze nell'ottobre di quell'anno per lavorare ai cartoni degli affreschi della cupola e della tribuna di S. Maria in Vallicella.

Gli stucchi relativi, eseguiti sotto la stretta sorveglianza del maestro in quanto parte integrante della decorazione, spettano in gran parte al F. e ad Ercole Ferrata, ma vi collaborarono anche il fratello Iacopo Antonio e Domenico De Rossi (Montagu, 1991, p. 206 n. 9). In questa prima fase operativa (1648-51) furono realizzati gli stucchi a scomparti geometrici sugli imbotti della crociera, le quattro coppie di angeli alla base della cupola e le figure di Virtù sulle pareti dì fondo del transetto, ai lati delle finestre (Fede, Speranza, Carità, Religione). Dato il carattere unitario della decorazione e la marcata impronta cortonesca dell'insieme, è difficile precisare quali siano le parti eseguite dal F. (Briganti, 1962, pp. 108, 267; G. Incisa, 1969; Benedetti, 1980; Montagu, A. Algardi, 1985, pp. 217, 265 n. 49, che attribuisce su basi stilistiche la Religione al Ferrata). Questa esperienza costituisce una tappa fondamentale nella carriera del F., poiché fu il suo primo impegno su vasta scala e segnò l'inizio del suo rapporto con Pietro da Cortona. L'abilità e la duttilità con cui il F., insieme col Ferrata, seppe farsi interprete delle idee cortonesche, assimilandone lo stile, portarono il Berrettini ad instaurare con lui un sodalizio artistico proficuo e durevole.

Con i lavori alla Vallicella può considerarsi conclusa la prima fase di attività del F. che, dopo aver operato a fianco del fratello maggiore ed essendosi formato a contatto con le maggiori personalità artistiche dell'epoca, era pronto per affrontare una carriera autonoma. Bernini stesso nel 1652, secondo un resoconto dell'ambasciatore modenese a Roma, lo definisce "maestro", cioè scultore che esegue ordinazioni per proprio conto, e giudica lui e il fratello tra i migliori scultori di Roma ritenendo però Cosimo superiore a Iacopo Antonio (Montagu, Bernini, 1985, p. 39 n. 43; Tratz, 1988, p. 412).

Il 18 apr. 1654 il F. sposò la romana Margherita Fiammetti, dalla quale ebbe due figlie, Maddalena nel 1656 e Angela nel 1658. Egli abitò con la famiglia per tutta la vita nella parrocchia di S. Nicola in Arcione, dove era nato.

A partire dalla metà del secolo la produzione del F. è legata alle grandi imprese decorative del Cortona: il F. fu sempre presente al fianco del Berrettini fino alla morte di questo, nel 1669, anche se contemporaneamente intraprese alcune opere autonome. I due artisti erano legati da vincoli di amicizia: il Cortona, infatti, tenne a battesimo la seconda figlia del F., e si ricordò di lui nel testamento.

Per la chiesa inferiore dei Ss. Luca e Martina il F. realizzò tre statue in peperino (S. Teodora, S. Sabina, S. Dorotea), e collaborò alla decorazione dell'altare della cripta.

La datazione di queste sculture rimane incerta poiché i lavori nella chiesa inferiore, eseguiti a spese del Cortona per dare una degna sepoltura ai resti di s. Martina e degli altri martiri ritrovati nel 1634, procedettero molto lentamente (Noehles, La chiesa…, 1969). Il vano ottagonale antistante la cripta, che accoglie le statue del F., fu ultimato tra il 1657 e il 1659, ma le sculture sono stilisticamente vicine alle sue opere del 1645-50, come la Giustizia della cappella Cerri, e quindi la loro datazione non dovrebbe essere troppo spostata in avanti. La semplicità delle pose e la pacatezza dei gesti collocano queste statue in una sfera di gusto classicista che rende inevitabile il riferimento alla S. Susanna di F. Du Quesnoy, in particolare per S. Teodora, la migliore della serie. Analogamente in dubbio è la datazione delle sculture dell'altare in bronzo dorato, marmi pregiati e pietre dure, realizzato su disegno del Cortona dai fonditori O. Albrizi, G. P. Del Duca e G. Piscina, detto Artusi, che ricevettero pagamenti dal 1649 fino agli anni Sessanta. Al F. spettano i due piccoli bassorilievi in alabastro sul tabernacolo, raffiguranti lo stesso soggetto: La Madonna con il Bambino e s. Martina (Titi, 1674, p. 220; Pascoli, 1736, p. 473). Si conserva un bozzetto, in collezione privata, per uno dei due rilievi, la cui composizione deriva da un dipinto di Pietro da Cortona, riprodotto in una incisione conservata all'Accademia di S. Luca (Noehles, La chiesa, 1969). Il nome del F. è stato plausibilmente proposto anche per i modelli degli angeli e di un busto di S. Martina fusi in bronzo per il paliotto dell'altare (Sobotka, 1915) e per quello di un reliquiario di S. Martina nel Conservatorio di S. Eufemia (Nava Cellini, 1982., p. 225).

Al 1656-57 risalgono i lavori di risistemazione dell'interno di S. Maria della Pace, commissionati a Pietro da Cortona da Alessandro VII e comprendenti la decorazione della cappella Chigi con le sculture del F. e del Ferrata.

La pala bronzea raffigurante la Trinità fu fusa dall'Artusi su modello del F. nel 1657 (Arch. di Stato di Roma, Archivio del Conservatorio di S. Eufemia, tomo 81, p. 533; tomo 82, p. 87v). Un disegno del Cortona per il rilievo si conserva nella Witt Library di Londra (Montagu, 1986). Nella trasposizione plastica, la composizione del Cortona è resa più serrata dall'affollarsi delle figure contenute a stento nella cornice, ma lo stile cortonesco emerge nella resa dinamica dei panneggi e nella fluidità degli angeli che sorreggono Cristo. Per l'armonioso collegamento delle figure, il virtuosismo nella resa anatomica e la qualità degli effetti pittorici e di fusione delle masse ottenuti sfruttando le potenzialità luministiche del materiale, questo rilievo bronzeo può essere considerato una delle migliori opere del Fancelli.

Al F. si devono anche la statua marmorea di S. Caterina nella nicchia a destra dell'altare e le quattro Virtù in stucco poste nella controfacciata (Pace e Giustizia) e sull'arco che immette nella tribuna ottagonale (Fortezza e Prudenza), del quale si conserva un disegno del Berrettini nella raccolta di Windsor Castle (Blunt-Cooke, 1960) in cui le Virtù sono prive di attributi ma corrispondenti nell'insieme alle figure realizzate.

Le precedenti attribuzioni sono accettate concordemente dalla critica, sulla scorta delle affermazioni del Titi (1674, p. 453) e del Pascoli (1736, p. 473), mentre controversa è l'assegnazione di uno dei due rilievi con Puttini sorreggenti gli strumenti della Passione, all'esterno della cappella Chigi. Stilisticamente più vicino al F. è quello di sinistra, mentre l'altro è attribuibile al Ferrata, seguendo il Titi.

Nel successivo decennio il F. operò ancora al fianco del Cortona, nelle chiese di S. Maria in via Lata, a S. Maria in Vallicella, in S. Carlo al Corso e in S. Nicola da Tolentino.

In S. Maria in via Lata il Berrettini lavorò dal 1658 al 1662, su commissione del canonico A. Ridolfi: tali lavori comprendevano, oltre alla costruzione della facciata, la sistemazione dell'oratorio sotterraneo con gli altari sui quali erano collocati due rilievi del Fancelli. Nel primo ambiente era la pala in terracotta con il Riposo durante la fuga in Egitto, ora in un locale adiacente alla sacrestia, mentre l'altare nell'ambiente centrale era decorato con il rilievo marmoreo con i Ss. Paolo, Pietro, Marziale e Luca, entrambi eseguiti entro il 1661, data del complemento dei lavori (Titi, 1674, pp. 350 s.; Pascoli, II, 1736, p. 474, Cavazzi, 1908 e 1915). Nel rilievo con gli apostoli si evidenzia la capacità del F. di riuscire a fondere la pacatezza nelle pose e nelle espressioni, desunte dai modelli classici, con una sensibilità seicentesca, che lo porta a movimentare le superfici con ricchezza di chiaroscuri. L. Salerno (in Via del Corso, 1961, p. 249) assegna al F. anche il rilievo in gesso con il busto della Vergine posto sopra la porta d'ingresso nel portico della chiesa superiore.

Proseguiva in questi anni anche la decorazione di S. Maria in Vallicella che impegnò il F., sempre accanto al Ferrata, dal 1655 al 1660 nell'esecuzione degli stucchi sotto il catino absidale e nell'imbotte del coro, e dal 1662 al 1665 in quelli della volta della navata, con figure di angeli sorreggenti la cornice del dipinto centrale e ai lati delle finestre. A questa fase risalgono anche gli stucchi della facciata interna, con putti e due figure di martiri, per uno dei quali si conserva un bozzetto (pubblicato da R. Norton, Bernini and other studies, New York 1914, tav. XXV, come opera berniniana; Briganti, 1962, p. 267).

Una delle ultime imprese del Cortona alla quale collaborò il F. in veste di stuccatore, ancora una volta accanto al fratello Iacopo Antonio, fu la decorazione della volta di S. Carlo al Corso, per la quale lo scultore ricevette pagamenti nel 1668-69 (Drago-Salerno, 1967). I motivi ornamentali della volta consistono in cassettoni mistilinei con cornici dorate dal gusto esuberante che preannunciano il rococò.

La decorazione della cappella Gavotti in S. Nicola da Tolentino fu iniziata su progetto del Berrettini nel 1668 e portata a termine dopo la sua morte da Ciro Ferri. Fu proprio quest'ultimo a fornire al F. lo schizzo per la composizione della pala d'altare raffigurante L'apparizione della Madonna di Savona al beato Botta (M. Giannatiempo, Disegni di Pietro da Cortona e Ciro Ferri [catal.], Roma 1977, p. 61). Un modello preparatorio in terracotta si conserva nella Galleria nazionale d'arte antica di Roma (Acquisti, 1972). La scultura doveva essere terminata nel 1674, quando è menzionata dal Titi (p. 366) mentre il Pascoli (1736, p. 473) aggiunge al catalogo delle opere del F. il ritratto di Giovan Battista Gavotti sul sepolcro nella parete sinistra della cappella. Il Sobotka (1915, p. 242) gli assegna il modello del medaglione bronzeo con due busti di santi sul paliotto dell'altare, per il quale si conserva un disegno del Ferri. Venuta meno la guida del Cortona, il F., nel rilievo marmoreo, sembra aver perso quella sicurezza e felicità d'espressione che è ancora presente nel modello preparatorio. L'opera finale risulta infatti piuttosto fredda, per la rigidezza delle pose dei personaggi e la resa analitica degli elementi naturalistici che nuoce alla fusione dell'insieme. Più riuscito è il ritratto del committente, molto fine nell'esecuzione che lo avvicina a modelli algardiani.

Durante il periodo di collaborazione con il Berrettini, il F. fu impegnato, oltre che nelle grandi imprese decorative, anche in lavori di modesta entità, ricordati nei documenti, e in complessi diretti da altri maestri. Nel maggio 1653 realizzò i cherubini in stucco attorno all'occhio del lanternino della cupola antistante la cappella del Sacramento in S. Pietro, cupola decorata a mosaico su cartoni del Berrettini (Fraschetti, 1900, p. 213); nel maggio 1658 fu pagato, per sei modelli di angeli da realizzare in argento per la "cappella di S. S.tà" in Vaticano sempre su commissione del Berrettini (M. G. Tolomeo Speranza, La decorazione del ponte, in La via degli angeli, 1988, pp. 63 s.); nel 1664 fece il modello per una Crocefissione a tutto tondo, disegnata da Pietro da Cortona ed eseguita in avorio da Baldassarre Stockamer, ora nel Museo degli argenti di Firenze (Giglioli, 1913); nel 1667 ricevette pagamenti per due figure in stucco nel palazzo Chigi ai Ss. Apostoli (Golzio, 1939).

Mentre lavorava in S. Maria della Pace, lo scultore realizzò la statua di Giovanni Spada, per la cappella omonima in S. Girolamo della Carità.

Le vicende della sistemazione della cappella sono state ricostruite dalla Heimbürger Ravalli (1977) sulla base dei documenti: l'ideazione dello schema decorativo spetta a Virgilio Spada mentre autori delle sculture, oltre al F. che ricevette pagamenti nel 1656 e nel 1659, furono A. Giorgetti, P. P. Naldini, il Ferrata, Francesco Baratta, G. Perone e A. Raggi. La statua dello Spada, stilisticamente vicina al rilievo marmoreo di S. Maria in via Lata, è una delle opere più riuscite del F. che ha saputo rendere la forza interiore del personaggio nell'espressione intensa del volto.

Poco dopo il 1660, anno della morte del cardinale veneziano Cristoforo Vidman, il F. realizzò le sculture per il suo sepolcro nella chiesa di S. Marco (Titi, 1674, p. 201; Pascoli, 1736, p. 473), con la statua del defunto a mezza figura.

Il F. lavorò anche in un'impresa architettonica diretta dal Borromini, la cappella dei re magi nel palazzo di Propaganda Fide.

La cappella era compiuta nelle parti essenziali nel 1664 e fu consacrata nel 1666; tuttavia la decorazione interna fu completata solo dopo la morte dell'architetto (1667). Il Titi (1674, p. 377) e il Pascoli (1736, p. 473) attribuiscono al F. gli stucchi sopra l'altar maggiore, raffiguranti la Religione e la Fede ai lati dello stemma di Alessandro VII, e per analogie stilistiche gli si possono assegnare anche le figure corrispondenti sul lato opposto, Giustizia e Abbondanza (G. R. Ansaldi, in Lavagnino-Ansaldi-Palermo, 1959, p. 131; Antonazzi, 1979).

Alla fine di questo decennio, il F., considerato uno degli scultori più qualificati di Roma, fu scelto dal Bernini per collaborare alla decorazione di ponte S. Angelo.

Per l'esecuzione dell'Angelo con il Volto Santo ricevette pagamenti dall'agosto 1668 al luglio 1670 (Weil, 1974, pp. 123 s.); la statua fu collocata in situ nel maggio 1670 (C. D'Onofrio, G.L. Bernini e gli angeli di ponte S. Angelo. Storia di un ponte, Roma 1981, p. 95). Bernini fornì agli scultori degli schizzi stabilendo la grandezza e l'impostazione delle figure, ma senza esercitare uno stretto controllo sull'esecuzione (uno schizzo per l'Angelo con il Volto Santo si conserva a Düsseldorf, Kruft-Larsson, 1966, p. 147). L'angelo del F. è uno dei migliori della serie per la sensibilità con cui l'autore adatta lo schema berniniano alla propria cifra cortonesca, attenuandone l'impeto, non dimentico neppure dell'insegnamento algardiano.

Mentre lavorava per ponte S. Angelo, era anche impegnato nel restauro del gruppo di Cupido e Psiche per il cardinale Leopoldo de' Medici (Giovannini, 1984).

Dopo la morte di Pietro da Cortona il F. fu attivo ancora per circa un decennio, e operò sempre in collaborazione con Carlo Rainaldi, al servizio di due fra le più importanti famiglie romane, i Borghese e gli Altieri.

Per la famiglia Borghese egli si occupò dell'allestimento degli apparati effimeri per le quarantore nella cappella Paolina a S. Maria Maggiore (1669 e 1671), con lo scultore Giovanni Terriglione e con il fratello minore Francesco, anche lui al servizio di quella famiglia come scalpellino (Noack, 1929, p. 218); restaurò statue antiche e moderne, come ad esempio il David del Bernini, a villa Pinciana (1670-73; Hibbard, 1962, p. 16); lavorò nel duomo di Monte Porzio Catone e nel palazzo Borghese a Roma.

La decorazione interna della parrocchiale di S. Gregorio Magno a Monte Porzio fu eseguita per volere di Giovanni Battista Borghese dal capomastro Pietro Giacomo Mola, dal F. e dal fratello Francesco. Al F. spettano le sculture dell'altar maggiore: due angeli e putti che reggono la croce sopra il frontone, la testa di cherubino con festoni nel timpano e due putti con cartiglio. Per questi lavori il F. fu pagato nel 1670 (Vodret Adamo, 1990). Durante tutto questo decennio inoltre fu impegnato nell'abbellimento del giardino, della galleria e della cappella del palazzo Borghese a Roma. Nel 1672-73 fece i modelli in creta per le fontane del giardino, per alcuni vasi in alabastro realizzati da Giuseppe Azopardo e Nicola Artusi e per delle fontanelle per le stanze del palazzo. La galleria fu decorata con scene imperiali in stucco sulla volta su disegno di F. Grimaldi, con la consulenza di G. P. Bellori (1674-76). Gli stucchi della cappella ovale, raffiguranti la Religione e i Quattro continenti sulla cupola, i Quattro elementi, le Stagioni, la Storia di Tobia e Cristo e la madre di s. Giacomo e s. Giovanni sulle pareti, furono pagati nel 1676 (Hibbard, 1958 e 1962). Nel ciclo decorativo della galleria, sebbene le singole scene appaiano concepite classicamente, lo spirito cortonesco, di cui e responsabile anche Grimaldi, prevale nella profusione degli ornati sulla volta e sulle pareti, nelle dorature e nelle figure in stucco che incorniciano le scene e siedono sui frontoni. Ancora una volta lo stucco si rivela congeniale allo scultore e gli permette di modellare figure, come quelle sulla volta della cappella che, nella loro aggraziata leggerezza, mostrano una sensibilità che prelude al Settecento.

Nel 1670 era salito sul trono pontificio Clemente X Altieri: in quell'occasione fu eretto in Campidoglio un arco trionfale provvisorio su disegno del Rainaldi, decorato dalle statue in stucco della Giustizia e della Nobiltà del Fancelli (Weil, 1974, p. 143).

Su commissione del papa fu completato il rifacimento dell'abside di S. Maria Maggiore, inizialmente affidato al Bernini, poi al Rainaldi, decorata con statue sul coronamento riferite tradizionalmente ma senza prove documentarie al fratello del F., Francesco, e con due figure reggistemma eseguite dal F. (pagamenti riportati da Schiavo, 1964). Per la tomba di Clemente IX, realizzata nella stessa chiesa per volere del suo successore, il F. scolpì nel 1671 la statua della Fede e per la cappella Altieri alla Minerva i busti del padre e del fratello del papa, Lorenzo e Giovanni Battista Altieri (1671-1672; cfr. ibid.).

In questa ultima fase della sua attività il F. continuò a lavorare nella chiesa di S. Carlo al Corso, portando a termine la decorazione della crociera con quattro rilievi in stucco con angeli musicanti, nel 1668-69, e realizzando nel 1677, in collaborazione con Francesco Cavallini, le sculture dell'altar maggiore, in seguito rimaneggiato (Drago-Salerno, 1967).

A questo periodo risalgono i suoi interventi nelle tombe Ceva, peraltro non di sicura attribuzione, e nella tomba Bonelli.

I sepolcri di monsignor Francesco Adriano Ceva e del suo omonimo zio cardinale furono eretti nel corso della sistemazione rainaldiana dell'oratorio di S. Venanzio, adiacente al battistero lateranense, iniziata nel 1674 (Schiavo, 1968). Dato che questo è l'anno della morte di Iacopo Antonio, è improbabile che le sculture, assegnate genericamente ai Fancelli dal Titi (1674, p. 232) siano sue, mentre il riferimento al F. è più attendibile. La tomba del cardinale Carlo Bonelli a S. Maria sopra Minerva, progettata dal Rainaldi, era già compiuta nel 1674 quando il Titi (ibid., p. 177) afferma che una delle due statue sedute (Giustizia e Prudenza), senza precisare quale, "la fa' il Fancelli".

Nel 1676 vennero comprati due pezzi di travertino per due statue per la facciata di S. Maria dei Miracoli, che furono realizzate dal F. sotto la direzione del Rainaldi (Golzio, 1941). Idocumenti non precisano quali siano le figure eseguite dal F.; il Petraroia (in Le statue berniniane..., 1987, pp. 247 s.) gli attribuisce, su basi stilistiche, due figure di sante.

Nel 1680 il F. fu impegnato nel restauro di statue antiche per i Borghese, nella villa Mondragone a Frascati (Arch. segr. Vaticano, Arch. Borghese, vol. 5699) e questa è la sua ultima attività nota.

Il Pascoli (1736), principale biografo del F., aggiunge alle opere fin qui citate, un busto del Salvatore già collocato in S. Nicola in Arcione, disperso dopo la demolizione della chiesa (1907-08), e menziona genericamente una sua attività nelle chiese di S. Prassede e di Gesù e Maria. Inoltre ricorda che sue opere furono spedite nelle Marche, in Romagna, in Lombardia, in Piemonte, e che il F. operò a Napoli. Di queste attività non rimane però nessuna altra documentazione. Secondo il biografo, il F. era "di delicata corporatura, non molto alta, di capello steso, e nero, sebben di carnagione bianco, e vermiglio, di buona grazia, ed attrattiva nel sembiante, ed onestissimo nel tratto, e nel costume" (p. 474). Ebbe alcuni allievi, il migliore dei quali fu Francesco Cavallini di Carrara.

Il F. era accademico di S. Luca: partecipò alle congregazioni dal 1654 al 1680: rivestì le cariche di visitatore degli infermi (1655), provveditore (1659, 1661) e stimatore di sculture (1669, 1672); fu eletto, per volere di Pietro da Cortona, deputato per la festa di S. Martina, carica che trasmise prima di morire a Fabrizio Chiari. Il 26 genn. 1687 fece testamento nominando erede universale la figlia Maddalena. Nell'inventario dei beni, redatto il 15 luglio 1688, sono menzionati genericamente dei quadri ed alcuni modelli in creta.

Il F. morì a Roma il 3 apr. 1688 e fu sepolto, secondo la sua volontà, in S. Nicola da Tolentino, davanti alla cappella della Madonna di Savona, dove sei anni prima era stata sepolta sua moglie.

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