AMIDEI, Cosimo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 2 (1960)

AMIDEI, Cosimo

Mario Rosa

Magistrato fiorentino, "notaro criminale", stando ad una lettera di Alessandro Verri al fratello Pietro; dati biografici di lui sono pressoché inesistenti, allo stato attuale della ricerca, se si esclude la notizia di suoi rapporti con il Beccaria (che l'A. conobbe personalmente e del quale fu ammiratore), desumibile da un gruppo di lettere dell'A., del 1766-68, e qualche rapido cenno nella ricordata corrispondenza dei Veri.

L'A. è noto quale autore del Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori, s. l. [ma Modena] 1770, che, ispirato direttamente dal paragrafo XXXIV del Dei delitti e delle pene, fu recensito con favore dalle Novelle letterarie di Firenze, 16 febbr. 1770, n. 7, coll. 103 s., e dal Journal encyclopédique, 1 giugno 1770, p. 314.

L'opuscolo è un'interessante espressione del riformismo e dell'umanitarismo settecentesco: esso nella concezione relativistica delle leggi e nella critica alla legislazione romana (partecipe in questo del diffuso antiromanesimo del tempo) si arricchisce di spunti egualitari rousseauiani, rarissimi ancora nel pensiero giuridico-politico toscano di quegli anni, ed anzi proprio dal pensiero di Rousseau ricava la giustificazione teorica per l'abolizione della pena detentiva dei debitori (pp. 22-23 dell'ediz. del 1783).

Non sfuggi ai contemporanei questo contenuto sociale dello scritto di là dall'aspetto giuridico della questione tanto che "persona illuminata" venne richiesta di note al Discorso dell'Amidei. Apparve cosi, presso lo stampatore Galeazzi di Milano, una seconda edizione dell'opuscolo, con osservazioni di Giambattista Vasco che ripropose le sue già note concezioni economico-sociali: Discorso filosofico-politico sopra la carcere de' debitori accresciuto di note critiche dall'autore de' Contadini, s. n. t. (cfr. recensione in Europa letteraria, I, 1, 1 sett. 1770, p. 101).

L'anno seguente esso fu edito ancora in testo bilingue, italiano e francese, Harlem et Paris 1771; ed influi certamente sulla riforma leopoldina del 1776, che, per merito del ministro Gianni, abolì la carcerazione per debiti (ma sarà da ricordare qui come anche in Russia venisse promulgata un'analoga riforma).

Nel 1783 a Firenze lo stesso A. curò una nuova edizione dell'opuscolo, con aggiunte riguardanti "un nuovo progetto di riforma della Legislazione":l'esigenza di riforma nel campo della procedura penale si articola in un discorso più ampio, di carattere amministrativo ed economico-sociale (sul diritto di proprietà). Nelle critiche rivolte ai già aboliti sistemi dell'Abbondanza e della Grascia, e nella polemica contro le primogeniture e i fidecommessi, già colpiti dalla legge del 1747, dei quali viene reclamata la totale soppressione, è introdotto ancora, a difesa di un libero sistema di economia, il motivo umanitario-egualitario che informa tutto lo scritto (v. partic. p. 58). Il Giornale enciclopedico di Milano, 1783, t IV, parte letter., 24 Ott., n. 17, p. 138, sottolineò il significato dell'opera dell'A., che resta a conferma dell'eco profonda, in Italia e in Europa, di uno degli aspetti del pensiero del Beccaria.

All'A. è attribuita un'opera di poco precedente il Discorso, La Chiesa e la Repubblica dentro i loro limiti, s. l. [ma Firenze] 1768; 2 ediz. ampliata, Amsterdam [Firenze?] 1783. Finora mancano però dementi sicuri per confermare una tale attribuzione, attestata solo da alcuni cataloghi di biblioteche (e di cui non v'è notizia neppure nel Melzi, Diz. di opere anonime e pseudonime).

L'opera, particolarmente importante nell'ambito della pubblicistica giurisdizionalistica del tempo (cfr. Passerin), contiene chiari spunti contrattualistici rousseauiani, che l'autore non sviluppa però in senso antiassolutistico: l'interesse è proiettato invece sui "diritti della Sovranità [che] non si perdono per il non uso, per essere originalmente ne' Popoli", sui diritti dei principi circa sacra e sui limiti che la potestà civile può e deve porre ai privilegi, alle immunità e alle esenzioni della potestà ecclesiastica. Ma gli spunti rousseauiani, pur moderati ed elaborati - e talvolta avversari, come nelle pagine riguardanti il rafforzamento del vincolo sociale operato dal cristianesimo, pp. 135, 151-152 - emergono evidenti, tra l'altro, laddove si discute dei limiti al potere assoluto e si giustifica, in nome dell'uguaglianza fra I sudditi, l'operato del duca di Parma contro Roma (pp. 51-56), e soprattutto laddove si polemizza contro il sistema dei concordati tra autorità statale e S. Sede (pp. 71-80) e contro il diritto di asilo ecclesiastico (pp. 80-86). Un breve cenno, infine, al problema della tolleranza religiosa non ha gran rilievo nell'insieme delle argomentazioni, legate in gran parte, nonostante le suggestioni del nuovo pensiero di cui si èdetto, a orientamenti tradizionali. La seconda edizione accentua, in alcuni nuovi capitoli, la polemica circa il carattere civile, del contratto matrimoniale e quella contro gli ordini monastici.

Al suo apparire l'opera richiamò, per gli spunti rousseauiani, l'attenzione dell'autorità laica ed ecclesiastica e le vicende di cui fu oggetto costituiscono una pagina notevole della fortuna di Rousseau in Italia. A Napoli, per la "sediziosa proposizione" dell'origine popolare della sovranità (cfr. lettera dì B. Tanucci) venne sequestrata presso lo stampatore D. Campo una ristampa clandestina dello scritto (proveniente da Firenze) prima che fosse posta in vendita (11 dic. 1768); a Roma fu ritenuto autore dell'opera il Beccaria e nel clima di massimo irrigidimento contro le correnti giurisdizionalistiche e illuministiche, che caratterizzò gli ultimi anni di pontificato di Clemente XIII, essa fu posta all'Indice nel 1769. preoccupazione e la diffidenza per itemi rousseauiani dello scritto vennero ancora espresse, a proposito dell'edizione del 1783, da Scipione de' Ricci in una lettera indirizzata al granduca Pietro Leopoldo (cfr. Passerin).

Fonti e Bibl.: Archivo Generai de Siniancas, Estado Legajo 6102, lettera di B. Tanucci al marchese Grimaldi, Portici 13 dic. 1768, f. 157 v. (indica Firenze come luogo di stampa dell'opera; ma molti contemporanei, cfr. Savio, considerarono napoletana l'ediz. del 1768, identificandola con la ristampa); C. Beccaria, Scritti e lettere inediti, a cura di E. Landry, Milano 1910, p. 289 (segnala quattro lettere dell'A. al Beccaria, in Biblioteca Ambrosiana, Milano, Beccaria, B. 231); Carteggio di Pietro e Alessandro Verri, a cura di F. Novati e E. Greppi, III (ag. 1769-sett. 1770), Milano 1911, pp. 194-195, 210; Fr. H. Reusch, Der Index der verbotenen Biicher, II, Bonn 1885, p. 934; E. Passerin, La politica dei giansenisti in Italia nell'ultimo Settecento, in Quaderni di cultura e storia sociale III (1954), pp. 269-270; F. Venturi, G. Vasco in Lombardia, in Atti d. Ace. d. Scienze di Torino, classe di scienze mor. stor. e filol., XCI (1956-57), pp. 41 ss. e nota; Illuministi italiani, Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, III, a cura di F. Venturi, Milano-Napoli 1958, pp. 25 (riporta un passo di lettera dell'A. al Beccaria, da Firenze 6 luglio 1767, riguardante la traduzione del Morellet del Dei delitti e delle pene),1044; P. Savio, Dottrina ed azione dei giurisdizionalisti del sec. XVIII, in Arch. Veneto, s. 5, LXII (1958), pp. 12 n. 2, 31 ss.

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