Corte internazionale di giustizia

Libro dell'anno del Diritto 2014

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Corte internazionale di giustizia

Fabrizio Marrella

L’obiettivo del presente contributo è di dar conto brevemente dell’attività della Corte internazionale di giustizia (CIG) nel periodo dal settembre 2012 al maggio 2013.

La ricognizione

Dal settembre 2012 al maggio 2013, la Corte internazionale di giustizia, presieduta dal giudice Peter Tomka, ha reso cinque ordinanze e due sentenze nel merito.Tra le ordinanze, rileva l’accettazione da parte della CIG della dichiarazione di intervento da parte della Nuova Zelanda nella causa che contrappone Australia e Giappone con riferimento alla caccia alla balena nell’Antartico1. Le sentenze della Corte sono relative, invece, a questioni di delimitazione territoriale: l’una, del 19.11.2012, concerne una controversia territoriale e marittima sorta tra Nicaragua e Colombia2; l’altra, del 16.4.2013, riguarda un contenzioso inerente la frontiera tra Burkina Faso e Niger. In quest’ultimo caso, la CIG, chiamata a fissare la frontiera in una regione africana che apparteneva all’impero coloniale francese, utilizza il principio dell’uti possidetis juris, in virtù del quale i nuovi Stati al momento dell’acquisto dell’indipendenza ereditano i territori e le frontiere delle antiche province coloniali3. Tuttavia, l’applicazione del principio che i giudici fanno è alquanto peculiare: la CIG attribuisce particolare rilievo ad un accordo del 1987, concluso tra le Parti, invece di rifarsi unicamente al principio di effettività4; qui l’effettività viene utilizzata quale mezzo di interpretazione e dunque perde la sua valenza autonoma in rapporto al titolo coloniale addotto dalle parti. Il principio dell’uti possidetis è richiamato dalle parti in lite anche nella sentenza Nicaragua c. Colombia, di cui ora si dirà più in dettaglio.

La focalizzazione. Il caso Nicaragua c. Colombia

Com’è noto, la Convenzione delle Nazioni Unite del 10.12.1982 sul diritto del mare (CMB) fornisce anche, agli artt. 13, 80 e 121, un regime giuridico delle isole. Un’isola, così indica l’art. 121, co. 1, «è una distesa naturale di terra circondata dalle acque, che rimane al di sopra del livello del mare durante l’alta marea». Ma le isole possono formare oggetto di appropriazione da parte degli Stati anche nel nostro tempo. Così, la sentenza della CIG, del 19.11.2012, nel caso Nicaragua c. Colombia, presenta particolare interesse. La controversia era sorta nel 2001. La Corte, con decisione del 13.12.2007 sulle obiezioni preliminari5, aveva concluso di avere giurisdizione a pronunciarsi nel merito.

Il primo profilo all’esame della CIG riguarda la sovranità sulle formazioni marittime oggetto della controversia, ovvero quelle che fanno parte di Albuquerque, Bajo Nuevo, le piccole isole dell’Est-Sud-Est, di Quintasueño, Roncador, Serrana e Serranilla. Pur essendo formazioni di modeste dimensioni, esse sono state definite «isole» dalla Corte e, dunque, suscettibili di appropriazione. Senonché, il principio dell’uti possidetis juris, pur invocato dalle parti, non è stato ritenuto applicabile nel caso di specie. Secondo i giudici internazionali, infatti, nessun elemento consente di definire con certezza che le formazioni in questione siano state attribuite alle province coloniali del Nicaragua o della Colombia prima della loro indipendenza dalla Spagna6. Occorre, quindi, applicare il principio di effettività7. A tal proposito, la Corte ricorda che va individuata la “data critica” in cui la controversia si è cristallizzata. Viene accertata la data del 12.6.1969, allorquando il Nicaragua aveva risposto ad una nota della Colombia evidenziando così le divergenti posizioni delle parti8. Posto che tra gli atti “à titre de souverain” vanno annoverati ad esempio gli atti legislativi o amministrativi nonché la regolamentazione delle attività di pesca9, la Corte esamina la condotta degli Stati parte della controversia per concludere che la Colombia ha «continuamente e costantemente» agito a titolo di sovrano con riguardo alle formazioni marittime oggetto della controversia, senza peraltro incontrare le proteste del Nicaragua prima della data critica10.

Va notato che la CIG respinge la pretesa del Nicaragua di estendere la propria piattaforma continentale oltre le 200 miglia dalla linea di base del mare territoriale – limite cristallizzato nella CMB – in quanto quello Stato, oltre ad essere Parte contraente della predetta Convenzione, a differenza della Colombia, non aveva ottemperato a quanto disposto dall’art. 76 della stessa, ovvero la comunicazione di tutti gli elementi rilevanti alla Commissione sui limiti della piattaforma continentale11. La Corte, pertanto, non può che pronunciarsi sulla frontiera tra il Nicaragua e la Colombia avendo riguardo al limite delle 200 miglia marine. Secondo quanto la Corte ha rilevato in precedenti pronunce, il titolo di uno Stato alla piattaforma continentale ed alla zona economica esclusiva si fonda sul principio secondo il quale “la Terra domina il mare” attraverso la proiezione delle coste sul mare. Per poter assumere rilevanza ai fini della delimitazione, la costa di uno Stato deve generare proiezioni che si sovrappongono alle proiezioni che derivano dalle coste dell’altro Stato. A tal fine, nel caso di specie, rilevano le coste della Colombia, ed in particolare, le coste delle isole che appartengono a tale Stato, giacché anche le isole più piccole generano, di regola, un mare territoriale dell’estensione di 12 miglia marine12.

La Corte procede utilizzando il consolidato metodo della delimitazione della piattaforma continentale che si articola – come risulta da precedenti pronunce della CIG13 – in tre fasi14. In un primo tempo, stabilisce una linea di delimitazione provvisoria tra i territori rispettivi delle parti, corrispondente generalmente alla linea dell’equidistanza o della mediana; quindi valuta se esistano circostanze pertinenti che potrebbero portare ad un aggiustamento o ad uno spostamento della linea mediana o dell’equidistanza; infine la CIG accerta che non vi sia sproporzione marcata tra gli spazi marini attribuiti a ciascuna delle parti in ragione della lunghezza delle rispettive coste. Nel caso di specie, la CIG rileva che la disparità tra la lunghezza delle coste è tale da richiedere un significativo spostamento rispetto alla linea mediana provvisoria a favore del Nicaragua15.

I profili problematici

La sentenza conferma una giurisprudenza ormai consolidata in materia di delimitazione della piattaforma continentale nonché un interessante impiego del principio di equità16; giurisprudenza peraltro accolta anche dal Tribunale internazionale del diritto del mare17. Tuttavia, la decisione non risolve tutti i problemi emersi con riguardo ai confini marittimi nel mar dei Caraibi, in particolare se si considerano gli accordi conclusi dalla Colombia con Panama, Costa Rica e Giamaica. Gli accordi infatti risultano res inter alios acta rispetto al Nicaragua18, secondo il ben noto principio contenuto all’art. 34 nella Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 1969. In un passaggio chiave della sentenza, si afferma allora che «the Court is not purporting to define or to affect the rights and obligations which might exist as between Nicaragua and any of these three States»19. Pertanto, ci si può chiedere se la decisione non possa avere ripercussioni sugli obblighi assunti da Panama, Costa Rica e Giamaica nei confronti della Colombia con riferimento a zone di mare ora attribuite al Nicaragua. Invero, il rispetto degli obblighi pattizi potrebbe costituire un illecito nei confronti del Nicaragua (ad esempio la richiesta di un’autorizzazione alla Colombia con riguardo ad una zona oggetto della sovranità nicaraguense).

Note

1 CIG, Australia c. Giappone, ordinanza, 6.2.2013.

2 CIG, Nicaragua c. Colombia, merito, 19.11.2012.

3 Tra una vasta letteratura cfr. Carreau, D.-Marrella, F., Droit International, Paris, 2012, 318 e i riferimenti ivi citati.

4 Critico nei confronti della sentenza Weckel, P., nella nota in RGDIP, 2013, 359 ss., 364.

5 CIG, Nicaragua c. Colombia, obiezioni preliminari, 13.12.2007, in ICJ Reports, 2007, 832.

6 CIG, Nicaragua c. Colombia, 2012, cit., parr. 64-65.

7 Nel senso indicato da Crawford, J., Brownlie’s Principles of Public International Law, Oxford, VIII ed., 2012, 216 ss.

8 Ivi, parr. 67 e 71.

9 Ivi, par. 80.

10 Ivi, par. 84.

11 Ivi, parr. 126-127.

12 Ivi, par. 177.

13 Si veda, ad esempio, CIG, Romania c. Ucraina, in ICJ Reports, 2009, 101.

14 CIG, Nicaragua c. Colombia, 2012, cit., par. 190 ss.

15 Ivi, par. 211.

16 Art. 83, co. 1, CMB.

17 Si veda ad esempio ITLOS, Bangladesh c. Myanmar, 14.3.2012, case n. 16. In dottrina, v. Scovazzi, T., Maritime Delimitation Cases Before International Courts and Tribunals, in Max Planck Encyclopedia of Public International Law, Oxford, 2012, 1102 ss. Sul TIDM v. per tutti Treves, T., Tribunale internazionale del diritto del mare, in Diz. dir. pubbl. Cassese, diretto da S. Cassese, Milano, VI, 2006, 5996.

18 CIG, Nicaragua c. Colombia, 2012, cit., par. 162.

19 Ibidem.

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