CORRENTE

Enciclopedia Italiana (1931)

CORRENTE

Francesco Vercelli

. Oceanografia. - Volgarmente per correnti marine s'intendono i moti superficiali o subsuperficiali delle acque, trasportanti alla deriva gli oggetti in esse galleggianti. In tale senso si suole parlare di correnti nei testi geografici e nautici. Ma da un punto di vista più generale, tanto fisico quanto biologico, interessa soprattutto considerare i grandi spostamenti delle masse acquee interne. Questi moti possono variare carattere da strato a strato e sono spesso dotati di rilevante componente verticale; essi portano a grandi distanze enommi masse d'acqua, le quali conservano a lungo le primitive caratteristiche, formando negli oceani distribuzioni tipiche di grande interesse. A differenza dei m0ti ondosi, nei quali solo l'energia viene trasmessa a distanza illimitata, mentre la materia ha spostamenti contenuti entro certi limiti, le correnti rappresentano un trasporto d'acque a distanze limitate solo dall'energia disponibile e dalle configurazioni geografiche dei mari.

Metodi di osservazione. - Le correnti marine vennero esplorate con tre diversi tipi di procedimenti: 1. Osservando la deriva subita da oggetti galleggianti, siano essi le stesse navi, ovvero bottiglie, botti e simili recipienti disposti in guisa da essere quasi totalmente immersi nelle acque subsuperficiali e non esposti a diretti impulsi del vento. La deriva delle navi viene stimata, osservando la deviazione da esse subita lungo la rotta; è assai difficile separare quanto deve essere attribuito alle correnti e quanto può essere invece effetto diretto del vento; numerose cause di errore intervengono; un grado di sufficiente approssimazione si raggiunge solo quando i dati risultano riconfermati costantemente da altre determinazioni nello stesso sito. A queste stime delle correnti dobbiamo molte fra le notizie date nei testi nautici. Le osservazioni con galleggianti artificialmente esposti ai moti di deriva portano a risultati migliori; ma esse convengono preferibilmente a mari ristretti, essendo difficile il ritrovamento dei galleggianti in mari estesi. Tuttavia ottimi risultati si ottennero anche in pieno Oceano Atlantico, dove il principe di Monaco poté osservare con tale mezzo, la circuitazione delle correnti attorno al Mar dei Sargassi. E notevoli risultati si ebbero in molti mari mediterranei, fra cui si può ricordare il Mare Adriatico.

2. Analizzando le distribuzioni e le variazioni degli elementi fisici, chimici e biologici che caratterizzano le acque. Mentre il primo metodo serve solo per gli scorrimenti orizzontali delle acque superficiali, questo secondo è adatto anche per i moti interni. La quasi totalità delle notizie che possediamo sulle correnti profonde e abissali deriva da indirette stime fatte seguendo la distribuzione e le variazioni della temperatura e della salinità. Nelle zone ove questi elementi presentano maggiori contrasti, come negli stretti marini e nelle aree adiacenti, si possono precisare qualitativamente le correnti esistenti fra i due mari adiacenti. I moti convettivi verso l'alto e verso il basso vengono posti in chiara evidenza: così a Messina si riconosce l'emersione di acque abissali provenienti dal Mare Ionio, sia analizzando le acque, sia osservando le specie faunistiche abissali che le correnti portano verso la superficie. Le tipiche forme delle circuitazioni esistenti in taluni mari, come nell'Adriatico, vennero riconosciute o riconfermate con questo procedimento. Ove però non siano seguite opportune cautele si può cadere in facili errori. Così la distribuzione delle correnti nel Mar Rosso, quale fu ammessa dal Luksch in base ai dati di temperatura e di salinità raccolti nelle crociere dalla nave austro-ungarica Pola (1890-1; 1895-6), non risulta conforme ai risultati delle misurazioni dirette eseguite durante la crociera italiana della nave Magnaghi (1923-24).

3. Eseguendo dirette misurazioni delle correnti, mediante correntometri. Quando è possibile ancorare la nave e operare in condizioni di mare e d'atmosfera tali da non perturbare soverchiamente le misure, questo metodo porta a risultati precisi sotto ogni aspetto. Si tende oggi a diffondere universalmente il precetto che le correnti devono essere misurate, non stimate. Nella crociera della nave Marsigli nello stretto di Messina e nei mari adiacenti (1922-23) si fecero misure in presenza di correnti violentissime e in ogni condizione di tempo, con ancoraggi spinti sino a fondali di oltre 1000 m. Nella crociera atlantica del Meteor, si fecero misure in pieno oceano. Fra i tanti apparecchi proposti in passato per la misura delle correnti, trovò ampio successo quello di W. Ekman, specie dopo le modificazioni introdotte dal Merz (fig.1). La velocità di corrente è data dal numero di giri compiuti da un'elica, nell'intervallo di tempo fra l'istante in cui l'elica viene resa libera e quello in cui è di nuovo fissata. I comandi vengono fatti, come si usa per la maggior parte degli apparecchi marini di ricerca, mediante messaggeri abbandonati lungo il cavo di sospensione, dopo che lo strumento si è stabilizzato alla quota che si vuole considerare. La direzione è registrata in modo molto ingegnoso: dopo un certo numero di giri dell'elica viene posta in libertà una pallina metallica, che dall'apparecchio è portata entro una cavità scavata nel centro superiore dell'ago della bussola; la pallina scende lungo una scanalatura, incisa nella parte nord dell'ago, e va a cadere entro uno dei 36 settori in cui è divisa la scatola che porta l'ago. Dalla distribuzione delle palline cadute nel corso delle misure si deduce la direzione media della corrente e si vede se questa è rimasta stazionaria o ha presentato fluttuazioni rilevanti. L'ordine delle fluttuazioni può essere stabilito, ove interessi, con segni distintivi fatti alle palline. Recenti modelli di correntometri sono congegnati in guisa da poter compiere diverse misure successive, senza che occorra ricuperare a bordo, ogni volta, l'apparecchio.

Causa delle correnti. - Qualunque sia la causa prima che mette in moto una massa acquea, attorno a questa devono prendere origine altri movimenti di compensazione, soddisfacenti al principio di continuità. Già il Varenius aveva affermato, intuendo chiaramente tale principio: Cum pars Oceani movetur, totus Oceanus movetur. Le correnti di compensazione entrano in giuoco in ogni caso, ma specialmente quando le correnti primarie subiscono deviazioni e alterazioni in dipendenza della configurazione del fondo e delle coste.

Ciò premesso, si deve osservare che ogni corrente è dipendente da molte cause. Riesce spesso difficile graduare queste per ordine di importanza. Alcuni tra i fattori dei moti marini sono d'origine esterna come quelli atmosferici; altri sono intrinsecamente legati alle condizioni fisiche delle acque, come la distribuzione delle densità relative. Alcuni fattori sono d'ordine fisico, altri di carattere geografico, come quelli dipendenti dalla morfologia del mare; altri infine sono di tipo tellurico, inerenti cioè al fatto che i moti marini, al pari di quelli atmosferici, sono soggetti alle influenze meccaniche della rotazione terrestre. Ma è opportuno seguire un'altra classificazione fra le cause dei moti marini, distinguendo questi in due gruppi, secondo corrispondano a fattori primarî, fonti di energia, ovvero costituiscano solo azioni deviatrici o di compensazione, e quindi siano di ordine secondario nella generazione delle correnti.

Sono fattori primarî: 1. Le forze fisiche interne, dette archimedee da alcuni autori, corrispondenti a differenze di densità. Queste differenze dipendono da ineguali temperature e concentrazioni saline, e sorgono per variabili distribuzioni dell'irraggiamento, dell'evaporazione, degli afflussi meteorici o fluviali, degli scioglimenti dei ghiacci, ecc.; 2. le azioni fisiche dell'atmosfera, per ineguali distribuzioni della pressione o per gl'impulsi del vento.

Sono fattori secondarî, associati costantemente a quelli primarî: 1. La resistenza di attrito nell'interno della massa in moto; 2. l'azione deviatrice della rotazione terrestre; 3. la configurazione dei bacini marini e delle aree costiere adiacenti.

Rotazione terrestre. - In meccanica si dimostra che ogni particella in moto è soggetta a un'accelerazione (centripeta composta, o di Coriolis), che nei moti orizzontali è orizzontale, normale alla direzione della velocità e rivolta a destra della traiettoria nell'emisfero nord, a sinistra in quello sud. Detta v la velocità della massa in moto, ω la velocità angolare terrestre (nel sistema C.G.S. ω = 0,000.07292), ω la latitudine, l'accelerazione centripeta composta è data da 2 ωv sen ϕ, è cioè proporzionale alla grandezza della velocita, indipendente dalla direzione del moto e dalla causa generatrice di esso, variabile con la latitudine come sen ϕ e quindi massima al polo e nulla all'equatore. Nei moti atmosferici l'azione deviatrice terrestre suole essere espressa con la legge detta di Buys Ballot.

Attrito. - Bisogna distinguere fra la resistenza rappresentata dall'attrito interno propriamente detto, assai piccola, e quella che corrisponde alla presenza di moti turbolenti e vorticosi. Nei moti marini si deve considerare questa seconda resistenza; essa è denominata attrito virtuale. Il coefficiente dell'attrito virtuale supera di centinaia e anche di migliaia di volte l'ordine di grandezza del coefficiente dell'attrito interno di moti puramente laminari; la determinazione di esso viene comunemente fatta in modo indiretto; nella teoria dell'Ekman si stabilisce una relazione fra detto coefficiente e la profondità di attrito (Reibungstiefe, di Ekman), grandezza di cui si parlerà poi; determinata questa profondità, resta pure noto il coefficiente di attrito virtuale. Maggiore è l'attrito, e più facilmente l'energia si trasmette dagli strati superficiali ad acque via via più profonde.

Configurazione del bacino marino. - La morfologia del bacino marino ha importanza essenziale sul regime delle correnti, che vengono deviate o alterate in modi diversi e complessi, a seconda dell'orientamento che hanno rispetto alle coste e alle mutevoli condizioni del fondo. Collegate alle influenze costiere e alla morfologia del fondo sono le correnti di compensazione, che si sviluppano per riportare le acque verso condizioni compatibili con il principio di continuità. L'analisi matematica fornisce deduzioni importanti per i casi in cui le condizioni al contorno siano semplici, per forme più complesse, quali si hanno in natura, si ricorre all'osservazione dei moti che si sviluppano artificialmente in vasche sperimentali.

Forze archimedee. - La primaria sorgente interna dell'energia potenziale delle correnti è costituita dalle differenze di densità nel seno delle masse acquee e dalle conseguenti differenze (o gradienti) di pressione e di livello. I moti provocati dalle forze archimedee sono detti di convezione. Alcuni autori distinguono i moti convettivi in due gruppi: quelli aventi andamento orizzontale sono detti di advezione; quelli verticali, di convezione. In pratica non esiste mai una separazione netta fra i due tipi di movimento: perciò taluni autori, come il Krümmel, ritengono preferibile parlare di moti convettivi, qualunque sia la prevalente direzione delle correnti.

La densità è determinata principalmente dalle condizioni di temperatura e di salsedine delle acque; in strati profondi può occorrere di dover tenere conto anche della pressione. La salsedine viene comunemente rappresentata dal numero di grammi di sale che sono disciolti in 1000 gr. d'acqua. Nelle ordinarie condizioni delle acque, l'aumento di un millesimo nella salinità determina un aumento di densità parecchie volte maggiore di quello che si avrebbe per la diminuzione di un grado di temperatura. Ciò avverte che le differenze di densità, in mare, dipenderanno in prima linea dalla concentrazione salina; quando il salto di salinità, fra i due mari, sia molto rilevante, si ha analogo salto nelle densità, anche se le temperature variano entro limiti molto estesi.

Le condizioni di equilibrio d'una massa acquea distribuita lungo una verticale vengono espresse mediante semplici relazioni fra i gradienti verticali della temperatura e della salinità, come fu messo in rilievo da L. De Marchi. Per l'equilibrio d'una massa estesa in tre dimensioni, quale si ha in realtà, giova considerare la giacitura delle superficie lungo le quali si ha uguale densità (superficie isopicne), ovvero, il che è equivalente, si hanno uguali volumi specifici (superficie isostere), ovvero eguali pressioni (superficie isobare). Queste ultime si scostano assai poco dalla stratificazione orizzontale, tanto che in calcoli di prima approssimazione si ammette che tale forma di stratificazione sia mantenuta.

Si ha l'equilibrio quando le superficie isostere e isobare sono orizzontali. Se ciò non avviene, prendono origine movimenti che tendono a portare le acque in tale condizione. Tra le infinite forme che si presentano quando non si ha equilibrio, sono particolarmente tipiche quelle dette cicloniche e anticicloniche, per analogia con le corrispondenti situazioni atmosferiche.

Se una zona marina è costituita di colonne d'acqua più pesanti delle analoghe colonne delle zone circostanti, su essa si forma una depressione di livello; si ha allora un flusso di acque dalla periferia verso l'interno; nell'emisfero nord le correnti saranno deviate a destra della direzione del gradiente, formando linee spirali rotanti in verso opposto a quello dell'orologio (fig. 2); nell'emisfero sud si ha la circuitazione opposta. Questo sistema di correnti è detto ciclonico. Esso è comune nei mari che ricevono copiosi afflussi d'acque dolci, come sono il Mare del Nord, il Baltico, il Mar Nero, l'Adriatico, il Mare del Giappone e di Ochotsk. Se le esterne condizioni atmosferiche corrispondono pure a situazioni cicloniche, le correnti vengono notevolmente rafforzate.

Si ha un sistema anticiclonico quando le acque sono meno dense al centro e più dense nelle aree circostanti; il gradiente del livello è allora opposto a quello considerato nel primo caso: le acque scorrono verso la periferia, deviando a destra nell'emisfero nord, a sinistra in quello sud, formando circuitazioni rispettivamente conformi od opposte a quelle dell'orologio (fig. 3). Sono anticiclonali i sistemi di correnti nei mari ove gli afflussi di acque dolci, per precipitazioni atmosferiche e per scioglimento dei ghiacci, sono molto maggiori delle acque perdute per evaporazione; essi sono quindi molto comuni nei mari artici (attorno all'Islanda, a sud della Groenlandia, nella grande fascia oceanica antartica, ecc.). Anche in questo caso, se l'atmosfera presenta condizioni anticicloniche, tende ad agire sui moti delle acque, rinforzando le correnti marine esistenti se di pari verso, o modificandole se di verso opposto.

Per il regime generale della circolazione oceanica, come per quella atmosferica, ha importanza essenziale il permanente contrasto termico fra le aree equatoriali e quelle di latitudini più elevate. Ne consegue un gradiente di livello rivolto dall'equatore ai poli; se non esistessero condizioni geografiche ed esterne agenti in senso inverso, le acque tenderebbero a formare una circolazione superficiale fra l'equatore e le calotte polari, e una controcorrente interna di compensazione che porterebbe verso l'equatore le fredde acque polari. La circuitazione superficiale avverrebbe in forma di spirali, orientate da SO. verso NE., nell'emifsero nord; direzione opposta si avrebbe nella controcorrente abissale. In realtà le grandi correnti oceaniche hanno direzione rivolta da E. a O., nelle zone tropicali; solo nella fascia equatoriale si ha una corrente opposta, da O. a E., la quale ha carattere di corrente di compensazione, non di effetto termico. La sola considerazione della distribuzione termica non dà ragione dunque delle correnti effettive; queste, nelle zone tropicali, sono in diretta dipendenza dall'azione dei venti Alisei, ivi dominanti in forma permanente. Probabilmente l'azione termica è prevalente nella distribuzione delle correnti profonde, e in particolare da essa dipendono le correnti advettive che dai mari polari portano acque fredde verso le regioni abissali di tutti gli oceani e di tutti i mari non sbarrati da soglie di limitata profondità; sarebbe difficile spiegare altrimenti la stazionaria distribuzione di temperature fra 0° e 3° nelle grandi profondità oceaniche. Nei mari interni, come il Mediterraneo, il Mar Rosso, ecc., le acque profonde, fredde, non potendo varcare la soglia, cessano di avere relazioni termiche con le acque oceaniche e mantengono la loro temperatura attorno al valore medio delle temperature minime invernali delle acque di superficie.

Note, dall'osservazione, le simultanee distribuzioni della temperatura e della salinità, si possono calcolare le posizioni delle superficie isostere e isobare. Se le acque non sono influenzate da azioni esterne, la teoria consente un facile calcolo della distribuzione delle correnti generate dalle forze archimedee. Sono tenute in gran pregio le teorie proposte da V. Bjerknes e di esse vennero fatte estese applicazioni soprattutto da parte degli esploratori scandinavi (J.W. Sandström, B. Helland-Hansen, ecc.).

Le correnti negli stretti. - Le differenze di densità fra due mari congiunti da uno stretto dànno origine a correnti convettive caratteristiche. A queste si sovrappongono le correnti dipendenti dal ritmo delle maree, e in complesso si possono avere correnti molto rapide e di grande importanza nautica, fisica e biologica. Nei mari ricchi di afflussi fluviali, come sono comunemente quelli a elevate latitudini, le acque sono meno dense di quelle oceaniche e tendono ad assumere un livello maggiore dell'oceano, o del mare intermedio (Baltico, Mar Nero, mari polari). Nei mari mediterranei a latitudini basse l'evaporazione supera spesso gli aflussi fluviali e meteorici (Mediterraneo, Mar Rosso, Golfo Persico, ecc.). Il livello si deprime allora rispetto al mare contiguo.

In ogni caso, facendo astrazione dalle correnti di marea e da quelle occasionate da eventuali azioni atmosferiche, si generano due correnti sovrapposte, che vanno in direzioni contrarie; la corrente superiore va dal mare con acque meno dense verso quello con acque più dense (e quindi dall'oceano al mare interno a Bāb el-Mandeb Gibilterra, ecc.); la controcorrente profonda scorre dal mare con acque più pesanti verso quello con acque più leggiere (e quindi dal mare interno all'oceano, a Bāb el-Mandeb, Gibilterra, ecc.; dall'oceano al mare interno negli stretti baltici, al Bosforo, ecc.).

Fra i due opposti flussi esiste uno strato neutro, a partire dal quale le velocità opposte crescono, in grandezza, sia verso la superficie, sia verso il fondo. In tale strato permane, quasi pura, la corrente di marea, che si presenta con simmetria di moto ora in uno, ora in un altro verso. Sopra e sotto, invece, la corrente globale risulta asimmetrica, tanto da ridursi talora (come a Bāb el-Mandeb) a semplice corrente pulsante, senza presentare effettive inversioni; queste inversioni sono invece poco alterate rispetto a quelle proprie della marea, quando la corrente progressiva di convezione è di ordine di grandezza molto inferiore rispetto alle correnti di marea, come nello Stretto di Messina.

Notevoli relazioni fra le distribuzioni della salinità ai due lati dello stretto e le correnti advettive che ne conseguono furono studiate dal Knudsen e dal Gehrcke. Ma per avere dati sicuri e completi sul regime delle correnti negli stretti, riteniamo indispensabile l'esecuzione di estese misurazioni, come fu fatto per lo Stretto di Messina con la crociera della nave Marsigli (1922-23) e per Bāb el-Mandeb con la crociera della nave Magnaghi (1923-24). I dati rilevati in queste crociere consentirono una completa illustrazione del regime delle correnti in quegli stretti e la costruzione di tavole di previsione, dalle quali si può dedurre l'andamento delle correnti per ogni epoca desiderata.

Azioni esterne dell'atmosfera. - Il mare viene paragonato a una grande vasca barometrica, la quale presenti oscillazioni di livello opposte a quelle del barometro e 13 volte circa più ampie di quelle del mercurio barometrico. I dislivelli marini, conseguenti a distribuzioni stazionarie di pressione, permangono stazionarî; solo quando cessa l'azione esterna intervengono scorrimenti che tendono a sopprimere i gradienti di livello. Ogni variazione nella distribuzione della pressione atmosferica si riverbera quindi in spostamenti delle acque marine; quanto più profonde e rapide sono le alterazioni atmosteriche, tanto maggiori sono le loro influenze sui moti del mare. Per tale ragione le azioni dei rapidi spostamenti ciclonici e anticiclonici, a latitudini medie ed elevate, sono più efficaci delle distribuzioni più persistenti dominanti nelle aree tropicali. È difficile scindere l'azione delle ineguali distribuzioni e delle variazioni della pressione da influenze originate da altri fattori, e in particolare dagl'impulsi del vento e dalle configurazioni locali dei singoli bacini marini; le formule proposte per rappresentare le relazioni fra i dislivelli marini e le distribuzioni barometriche sono perciò di dubbio valore, o al più servono solo per aree ristrette e speciali.

Oltre alle influenze derivanti dalla pressione, l'aria esercita sui moti marini azioni dirette mediante l'impulso del vento. L'energia dell'aria in moto viene trasmessa all'acqua che si trova a contatto diretto; dalla superficie l'energia è poi trasmessa alle acque interne, e ciò tanto più quanto maggiore è l'attrito virtuale. Fra le teorie svolte in passato sull'azione dei venti, come fattori delle correnti marine, sono soprattutto notevoli quelle di K. Zöppritz (1878) e di W. Ekman (1905-1923): la prima non tiene conto esatto dell'attrito e trascura i fattori geografici e tellurici; la seconda corrisponde meglio d'ogni altra allo stato attuale della scienza oceanografica.

Secondo Ekman, la corrente spinta, o di deriva, dovuta al vento, è deviata sino a un massimo di 45° rispetto alla direzione del moto atmosferico, a destra nell'emisfero nord, a sinistra in quello sud. In profondità la deviazione cresce gradualmente fino a compiere l'intero giro dell'orizzonte. La quota a cui si ha inversione rispetto alla direzione della corrente superficiale è detta dall'Ekman profondità di attrito; essa è legata al coefficiente dell'attrito virtuale da una relazione semplice e serve a calcolarlo, quando l'osservazione consenta il diretto rilievo di tale profondità.

La velocità delle correnti decresce in profondità con legge esponenziale; Zöppritz invece aveva trovato una legge lineare. Il tempo occorrente perché, in presenza di vento stazionario, si stabilisca in mare un regime stazionario dl correnti, dipende dalla configurazione geografica e particolarmente dalla distanza fra l'area considerata e la costa; bastano poche ore per il caso di distanze brevi (sino a 100 km); occorrono giorni e mesi se la distanza cresce, sino a superare 1000 km. Questo risultato è importante perché avverte che i venti variabili sono d'influenza limitata o nulla sui moti delle acque interne a qualche distanza dalla superficie; mentre i venti aventi regime stagionale, come i Monsoni, hanno diretta azione anche sul regime delle interne correnti di deriva.

Le acque sospinte si accumulano sotto vento; sopra vento si ha un risucchio; risulta così una differenza di livello; il gradiente, secondo una legge già formulata da Colding e Ferrel un cinquantennio addietro, è proporzionale direttamente alla lunghezza del bacino e al quadrato della velocità del vento, e inversamente proporzionale alla profondità del fondo. Quest'ultima condizione appare giustificata ove si osservi che l'attrito del fondo ostacola le controcorrenti interne, le quali tendono ad annullare il gradiente di livello; e quindi, meno profondo è il mare, e più ampio sviluppo possono prendere i gradienti di livello.

Le leggi di Colding e Ferrel non tengono conto delle configurazioni del fondo e della costa, le quali agiscono in modo complesso. Così, quando il fondo marino s'innalza nella direzione stessa in cui spira il vento, il gradiente di livello è massimo; se invece la profondità cresce nello stesso verso, il gradiente è minimo. Alla corrente superiore di deriva corrisponde, per compensazione, una controcorrente interna, legata alla prima mediante correnti discendenti nella parte sotto vento, e ascendenti sopra vento (fig. 4). Questa circuitazione ha per risultato un accumulo d'acqua superficiale nella parte del bacino marino sotto vento, e ciò sino a notevoli profondità, mentre nelle adiacenze costiere che ricevono il vento dal continente si ha emersione di potenti masse d'acqua profonda, riconoscibile dalle caratteristiehe fisiche e biologiche. La fig. 5 rappresenta il contrasto termico fra acque di superficie e acque di fondo emerse in superficie, per azione del vento ai due lati delle isole Galápagos. Esempî del genere si trovano in ogni mare.

Quando la distribuzione della densità è tale che la massa acquea possa venire figurata come risultante della sovrapposizione di strati diversamente densi, le correnti di deriva assumono, in ogni strato, distribuzioni tipiche, come è rappresentato nella figura 6.

È chiaro che in natura non si hanno mai condizioni semplici, quali si considerano negli schemi teorici, e quindi intervengono complicazioni d'ogni specie, che vanno chiarite caso per caso, tenendo conto di tutti i possibili fattori.

Le correnti superficiali nei singoli oceani. - In un oceano ideale che ricoprisse tutto un ampio settore delimitato da due meridiani, le correnti sarebbero disposte come negli schemi delle fig. 7 e 8. In ognuna delle aree oceaniche poste a nord e a sud dell'Equatore si ha una circuitazione vorticosa, di tipo anticiclonale. La corrente equatoriale nord segue la direzione generale da E. a O. dei venti Alisei; verso la costa si divide in due rami: uno di essi retrocede a E. in forma di controcorrente equatoriale; l'altro, principale, devia verso NO. e poi a N., in forma di corrente costiera. Ad alte latitudini questa devia verso E. formando una corrente che è in pari tempo di compensazione e di deriva rispetto ai venti da O. dominanti. Infine la circuitazione si chiude con una corrente costiera di congiunzione, scendente all'Equatore nella parte orientale dell'oceano.

Nella parte S. dell'oceano si ha analoga circuitazione anticiclonica, e quindi, per ragioni più volte ricordate, circolante in verso opposto a quello dell'emisfero nord.

Le correnti nord e sud equatoriali (b b, nella fig. 8) risultano rivolte entrambe verso O.; le controcorrenti equatoriali si fondono in una sola corrente, che scorre verso E. Negli oceani reali questa controcorrente è sviluppata in modo permanente e netto solo nel Pacifico; negli altri oceani essa viene ostacolata e limitata dalle configurazioni geografiche locali. Anche le altre correnti del circuito anticiclonico principale, come quelle dei circuiti secondarî, subiscono alterazioni che ora esamineremo.

In generale le correnti equatoriali e quelle che formano il prolungamento costiero e di congiunzione portano acque più calde dei mari verso cui scorrono; esercitano perciò un'azione termica notevolissima, influendo in modo assai sentito sulle condizioni climatiche marine e su quelle delle aree costiere adiacenti. Le correnti scendenti dalle aree polari esercitano invece azione refrigerante. A sud dell'isola di Terranova, le fredde e poco salse acque derivanti dai flussi artici sono incontrate dalle calde e salse acque della Corrente del Golfo: fra i due tipi di acque esiste una spiccata linea di confine disposta a guisa di muraglia, una coldwall, in termini inglesi. Una nave si può trovare con la prua nelle verdastri acque aventi temperatura di 1° mentre la poppa è ancora nelle acque calde della Corrente del Golfo, con temperatura di 13-14° e con salinità poco attenuata dalla diffusione e dai moti convettivi fra i due tipi di acque. Le due correnti calda e fredda, in quella zona, hanno scorrimenti quasi paralleli La presenza di correnti così tipiche a S. di Terranova e a O. della Nuova Scozia, determina condizioni fisiche di grande importanza biologica: è noto che quelle regioni sono tra le più ricche fonti di pesca mondiale. Questo esempio dà un'idea dell'importanza che hanno le correnti marine nel regime fisico e biologico degli oceani.

La fig. 10 della voce clima (X, p. 597) rappresenta uno schema della distribuzione delle correnti marine nei singoli oceani, durante il periodo invernale. In estate si hanno variazioni non essenziali, fuorché nell'Oceano Indiano, ove le correnti seguono il ritmo stagionale dei Monsoni. Nell'Oceano Atlantico la Controcorrente equatoriale è poco sviluppata (Controcorrente di Guinea) e ha regime irregolare. Entrambe le correnti nord e sud equatoriali confluiscono a nord del Capo S. Roque, nel Brasile. Ivi la Corrente sud-equatoriale si divide in due rami. Quello sud scende lungo le coste del Brasile, formando la Corrente brasiliana, che si spinge oltre la foce del Río de la Plata, con moderata velocità, e si congiunge poi alla Corrente sud-atlantica, che avanza verso l'Africa e ne risale le coste (Corrente di Benguela), circuendo una vasta area di calme nell'Atlantico del sud.

Il ramo che piega a nord si congiunge con la Corrente nord-equatoriale, penetra, in parte, attraverso le Piccole Antille, nel Mar dei Caraibi, in direzione da E. a O., con velocità da 1 a ½ nodo. La parte nord della corrente passa invece all'esterno delle Antille (Corrente delle Antille), penetrando a grandi profondità e portando una potente massa d'acqua. Attraversato il Canale di Yucatán, la Corrente caraibica entra nel Golfo del Messico, ed esce tra la Florida, Cuba e le Bahama. Nello stretto fra la Florida e i banchi delle Bahama (larghezza 32 miglia) la velocità della corrente raggiunge il medio valore di nodi 2 ½, oltrepassando talora i 5 nodi. La temperatura ivi oscilla fra 25° e 28°. Più a nord la Corrente di Florida si congiunge con la Corrente delle Antille formando la grande Corrente del Golfo (ingl. Gulf Stream). Questa sale verso nord al largo della costa, rallentando in velocità; a sud dei banchi di Terranova piega a ovest e si espande maggiormente. Si divide poi in due rami, uno dei quali volge verso le coste portoghesi e le Canarie (Corrente delle Canarie) e si ricongiunge con la corrente equatoriale, circuendo la vasta area calma del Mar dei Sargassi; in questo si trovano accumuli vegetali marini strappati e portati alla deriva dalle correnti. L'altro ramo volge a NO., circuisce l'Irlanda e dà origine a rami secondarî. Uno di questi (Corrente irlandese) si spinge verso l'Islanda e la Groenlandia, sperdendosi fra le fredde acque artiche, le quali scendono verso le coste americane, chiudendo il ciclo settentrionale della circolazione nord-atlantica. Un altro ramo alimenta la Corrente della Manica, e avanza nel Mare del Nord. II ramo principale volge verso le coste norvegesi e raggiunge le acque di Arcangelo (che restano così libere dai ghiacci per metà dell'anno); con l'altro braccio avanza verso le Svalbard (Spitzbergen).

Nell'Oceano Pacifico il regime delle correnti superficiali corrisponde al caso ideale meglio che nell'Atlantico, dianzi esaminato. Fra le due correnti equatoriali è bene sviluppata la controcorrente da O. a E. (il cui asse è prossimamente a latitudine di 5° N.). La Corrente nord-equatoriale attraversa l'oceano, formando un'immane fiumana larga 800 miglia e lunga 8000 miglia. La velocità è moderata, minore di un nodo. Verso le Filippine la corrente piega a N., aumenta in velocità, entra in parte nel Mare della Cina e forma in seguito la corrente detta Kuro Shio, o Corrente nera, o Corrente giapponese. Questa corrisponde alla Corrente del Golfo, nell'Atlantico. In continuazione della Kuro Shio, si ha la Corrente nord-pacifica, che volge verso le coste americane, ove si divide in due rami. Uno alimenta la tiepida Corrente dell'Alasca, l'altro scende a S., formando la Corrente della California e ricongiungendosi con la Corrente equatoriale. Nella parte N. del Pacifico, in relazione con la circuitazione principale descritta, si hanno altre correnti secondarie.

Nella parte sud del Pacifico la corrente equatoriale forma una immensa fascia che attraversa l'oceano da E. a O., scende poi verso latitudini maggiori, attraverso le acque degli arcipelaghi ivi esistenti, raggiungendo talora notevoli velocità; costeggia la parte E. dell'Australia (Corrente est-australiana) e si congiunge poi con la grande Corrente sud-pacifica, nella zona dei venti da O. La circuitazione si richiude verso le zone tropicali per mezzo della fredda Corrente del Capo Horn, e della successiva Corrente del Perù. L'area marina circuita costituisce qui pure una zona di calme per le correnti.

Nell'Oceano Indiano si ha un regime mutevole coi Monsoni, specie nella parte nord. Nell'epoca dei Monsoni invernali (da NE.), prevalgono correnti da E. a O., che a S. di Ceylon raggiungono persino nodi 2 ½ (. Nel Golfo di Aden la corrente avanza con velocità massima di nodi 1 ½, entra nel Mar Rosso attraverso gli stretti di Bāb el-Mandeb, ove si aggiunge alle correnti di marea e ai moti di advezione ivi esistenti; alla corrente superficiale d'ingresso nel Mar Rosso corrisponde una rapida corrente d'uscita verso il Golfo di Aden negli strati profondi; lo strato neutro, ove restano correnti di pura marea, è situato alla quota di circa 100 m. A sud di Socotra, un ramo della corrente scende lungo la costa somala, con velocità da ½ a 2 nodi, e si spinge sino alla costa di Zanzibar.

Nell'epoca dei Monsoni estivi (da SO.), si stabilisce un sistema di correnti, le quali raggiungono alte velocità; lungo la costa somala si arriva sino a 5 nodi. Nel Golfo Persico e nel Mar Rosso le correnti superficiali s'invertono, volgendosi dal mare interno verso l'oceano.

Nella parte sud dell'Indiano, a partire da 10° di lat. S., regna un sistema di correnti analogo a quello degli altri oceani. La Corrente equatoriale avanza verso l'Africa, penetra in parte nel Canale di Mozambico (Corrente di Mozambico) e in parte circuisce, all'esterno, l'isola di Madagascar. Le due correnti si congiungono a S., formando la Corrente di Agulha. Questa piega nella grande Corrente sud-indiana, nell'area dei venti da O., giunge all'Australia (Corrente ovest-australiana) e si richiude nella Corrente equatoriale.

Per completare lo schema delle grandi correnti oceaniche resterebbe ancora da dare un cenno sui moti delle acque profonde. Ma su tale argomento si hanno limitate notizie; si ritiene come provata l'esistenza di correnti profonde, che portano dalle regioni polari verso l'Equatore acque fredde, da cui dipenderebbe il regime termico stazionario degli abissi oceanici.

Le crociere oceanografiche più recenti, come quella della Meteor, hanno recato importanti contributi alla conoscenza delle correnti interne oceaniche, con dirette misurazioni dalla superficie al fondo, e le pubblicazioni dei risultati sono attese con grande interesse. Memorie preventive sui risultati relativi all'Oceano Atlantico e all'Oceano Pacifico furono pubblicate negli Annalen der Hydrographie e nelle pubblicazioni dell'Institut für Meereskunde di Berlino.

Bibl.: O. Krümmel, Handbuch der Ozeanographie, II, 2ª ed., Stoccarda 1911. Gli uffici idrografici e nautici di varî governi (Inghilterra, Germania, Stati Uniti, Olanda, ecc.) pubblicano portolani, atlanti, carte, ecc., contenenti estesi rilievi e ampie informazioni. Analoghe pubblicazioni sono edite dai dipartimenti della pesca di parecchi stati. Lavori scientifici di grande interesse sulla teoria delle correnti e sull'elaborazione dei dati d'osservazione si trovano: nei rapporti sulle crociere oceanografiche; nelle Pubblications de circonstance e nelle altre pubblicazioni del Conseil permanent international pour l'exploration de la mer, di Copenaghen; nelle Veröffentlichungen des Instituts fü Meereskunde, di Berlino (alcuni fascicoli riassumono le conoscenze relative ai singoli oceani e gli dànno una estesa bibliografia). Fra le pubblicazioni italiane vanno ricordati: Annali idrografici, dell'Istituto idrografico della R. Marina, in Genova (il vol. XI contiene la relazione sulle correnti del Mar Rosso, rilevate nella crociera della nave Ammiraglio Magnaghi); le Memorie del R. Comitato talassografico italiano; i due volumi sulle Crociere nello stretto di Messina, pubblicati dalla Commissione internazionale del Mediterraneo. Un'esposizione sintetica delle moderne teorie è in A. Defant, Dynamische Ozeanographie, Berlino 1929.

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