CORRADINO di Svevia

Enciclopedia Italiana (1931)

CORRADINO di Svevia

Giuseppe Paladino

Nato il 25 marzo 1252 nel castello di Wolfstein da Corrado IV e da Elisabetta di Wittelsbach, rimasto orfano del padre a due anni, C. venne accolto con la madre nella corte del fratello di quest'ultima Ludovico di Baviera, il quale ne assunse la tutela, mentre il Regno di Sicilia veniva usurpato da Manfredi (1258). Fino al 1259 C. rimase presso lo zio, poiché in quell'anno, essendo la madre passata a nuove nozze con Mainardo conte di Gorizia, il fanciullo venne affidato al vescovo di Costanza, Eberardo, per merito del quale, alla morte di Guglielmo d'Olanda, C. poté riottenere ciò che restava del ducato di Svevia, una gran parte del quale era stata usurpata da baroni, vescovi e città. Ma le tendenze di C. erano rivolte verso l'Italia, e quando alcuni capi del partito avverso a Carlo d'Angiò l'invitarono a scendere nella penisola, C., cedute terre e dominî al duca di Baviera, si affrettò a passare i monti con lo zio Ludovico, il padrigno Mainardo, Federico d'Austria e altri. Ma, a Trento e a Verona, il duca di Baviera e il conte di Gorizia abbandonarono la spedizione; altri guerrieri, non pagati, si sbandarono. Tuttavia, C. procedette e il 20 gennaio 1268 era a Pavia, che lasciò il 22 marzo accompagnato da 500 cavalieri. Giunse a Vado in Liguria e di qui, per mare, si portò a Pisa, dove pervenne subito il grosso dell'esercito, che Federico d'Austria aveva condotto per la via degli Appennini. A Pisa rimase dall'aprile al giugno, mentre il papa lo scomunicava e re Carlo preparava nel Regno le sue difese.

Il 15 giugno C. mosse da Pisa e, mentre il duca d'Austria sbaragliava le poche milizie angioine rimaste in Toscana, per Siena e Viterbo, si recò a Roma, dove Enrico di Castiglia e il popolo lo ricevettero con onore (24 luglio). Mentre C., lasciandosi ingannare dalle apparenze, credeva d'avere già in mano la vittoria e dispensava ai suoi fautori cariche e baronie del Regno non ancora conquistato, l'Angioino, lasciato un presidio a guardia dei Saraceni di Lucera, corse a difendere i confini. L'esercito ghibellino, movendo da Roma, aveva preso la via dell'Abruzzo e stava attraversando i campi Palentini, quando il nemico comparve dalle alture che si distendono tra Antrosano e Albe. Le due schiere erano divise dal fiume Salto, quando il mattino del 23 agosto il conflitto si accese lungo le rive di esso. I ghibellini apparivano vincitori, allorché 800 cavalieri angioini, che il re Carlo aveva tenuti in disparte per consiglio di Alardo di Valery, piombarono improvvisamente su essi e ne ebbero ragione. C., vistosi perduto, fuggì verso Roma con Federico d'Austria e altri fedeli. Ma i Romani gli si dimostrarono ostili ed egli continuò la fuga e sulla spiaggia di Astura s'imbarcò con i pochi compagni. Il signore del luogo, Giovanni Frangipane, fattili inseguire, li catturò e li fece consegnare a re Carlo, che li fece sottoporre in Napoli al giudizio di un consiglio a lui devoto, e quindi li condannò. Il 29 ottobre, nel luogo dove sorse la piazza del Mercato, C., Federico d'Austria, il conte di Donoratico e altri furono decapitati. Il cadavere di C. fu depositato sotto l'altare maggiore della vicina chiesa del Carmine, donde nel 1847 i resti vennero trasferiti nella base del monumento, eretto nella chiesa stessa dal Thorwaldsen per incarico di Massimiliano II di Baviera.

Bibl.: C. Hampe, Geschichte Konr. von Hohenst., Innsbruck 1894.

TAG

Massimiliano ii di baviera

Ludovico di baviera

Giovanni frangipane

Enrico di castiglia

Federico d'austria