CORRADINI, Bartolomeo, detto fra Carnevale

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORRADINI (Coradini o della Corradina), Bartolomeo, detto fra Carnevale

Arnaldo Bruschi

Figlio di Giovanni e nato probabilmente a Urbino, come si desume da documenti, ne sono ignote le date esatte di nascita e di morte; se ne hanno notizie dal 1445 al 1484c. Pittore e architetto, apparteneva al convento dei frati predicatori di S. Domenico di Urbino. La sua specifica attività artistica non è nota con sicurezza, ma, secondo il Vasari, Bramante si formò studiando le sue opere.

In un antico libro della sacrestia di S. Ambrogio a Firenze (Conti, 1976) risulta (c. 51v) che un Bartolomeo di Giovanni Coradini da Urbino "dipintore et disciepolo di frate Filippo", cioè il Lippi, in data 28 nov. 1445 e 20 genn. 1446 era pagato per conto del maestro che eseguiva la pala dell'Incoronazione della Vergine (1441-47), ora agli Uffizi. I suoi rapporti con il mondo artistico fiorentino sono confermati dal Libro dei conti e ricordi di Tommaso di Bartolomeo detto Masaccio scultore fiorentino (Firenze, Bibl. naz., Mss. Palatini, provenienza Baldovinetti, cod. 70: cfr. Yriarte, 1894) nel quale il C., tornato ad Urbino, figura come incaricato dai frati di S. Domenico di pagare i lavori per il portale della chiesa di S. Domenico di Urbino che Maso di Bartolomeo, dal 1449, stava eseguendo con i suoi aiuti e collaboratori: il 2 apr. 1449 (f. 7r) è pagato lo scultore Pasquino da Montepulciano, e il 29 giugno 1451 (f. 25v) è dato un acconto a Luca Della Robbia. Il C., in questo tempo, era dunque in stretto contatto con gli artisti fiorentini della bottega di Maso di Bartolomeo (attivo nel 1451 anche nel tempio Malatestiano a Rimini: cancello della cappella di S. Sigismondo) che lavoravano in quegli anni, o poco dopo (1455 c.), nel cosidetto "palazzetto della Iole", nucleo iniziale del nuovo palazzo che Federico da Montefeltro stava facendo costruire in Urbino. Né è impossibile che in questi lavori il C., come architetto o pittore, possa aver avuto qualche parte. A quel tempo doveva essere già abbastanza noto come pittore. Infatti il 25 giugno 1456 (doc. in Arch. di Stato di Urbino, Fondo notarile, Simone di Antonio Vanni da Urbino, div. I, cass. 2, prot. 4, a. 1454 marzo-1457 dicembre, f. 157rv, gentilmente indicato dal dott. Fert Sangiorgi che ha pure riscontrato i successivi docc. urbinati), un Dionisio di maestro Guido Lodovici da Urbino, sindaco e procuratore della Confraternita dei disciplinati del Corpus Domini, scioglie in nome della Confraternita il "venerabilem virum fratrem Bartolomeum Iohannis de dicta civitate [Urbini] ordinis Predicatorum" dall'obbligo di "facere, aedificare et pingere pro dicta Fraternitate unam tabulam pro altare maiore": per quest'opera il C. aveva avuto 40 ducati d'oro "pro parte pretii", che egli aveva speso in parte "in coloribus sibi necessariis pro pictura dicte tabule". La recessione dal contratto è giustificata da ambo le parti "propter multas alias occupationes et alias causas inter eos superventas" (come è noto l'esecuzione della tavola fu affidata dieci anni dopo a Paolo Uccello che dipinse solo la predella, poi a Piero della Francesca che sembra non andasse oltre la preparazione della tavola, e infine a Giusto di Gand che la completò nel 1474: cfr. M. Aronberg Lavin, The altar of Corpus Domini..., in The Art Bulletin, XLIX [1967], pp. 1-24). Sitrattava, dunque, di un lavoro importante che indica l'alta stima goduta dal C. ad Urbino già nel 1456, e l'avervi rinunciato può esser segno che le sue "molte altre occupazioni", forse per conto del duca Federico da Montefeltro, erano opere di notevole impegno se non altro di tempo.

Un atto del 31 dic. 1467 del notaio Stefano di Antonio da Urbino (Arch. di Stato di Urbino, Fondo notarile, reg. quadra di S. Croce n. 201, div. ultima, cass. 25, a. 1467; riportato con qualche inesattezza ed omissione da Lazzari, 1796, p. 31) attesta che in tale data veniva venduta al "venerabili viro Bartolomeo Iohannis Coradine de Urbino... unam domum" in Urbino, "in contrata Putei novi burgi Evaginis", per la somma di 144 fiorini fornitigli dai procuratori della Confraternita di S. Maria della Bella "pro pictura tabule maioris altaris dicte fraternitatis per ipsum fratrem Bartolomeum picte pro maiori parte et pingende et perficiende per ipsum fratrem Bartolomeum de propriis pecuniis".

Si tratta certamente della "tavola di Santa Maria della Bella in Urbino" cui fa riferimento il Vasari a proposito del C. nella Vita di Bramante, ed è la stessa tavola rappresentante la Natività della Vergine che Lazzari (1801) ricorda come già esistente in S. Maria della Bella; nel corso delle spoliazioni effettuate dal cardinal legato Antonio Barberini tra il 1631 e il 1633, era stata immessa nelle collezioni barberiniane di Roma, e al suo posto era stato collocato nella chiesa un quadro di C. Ridolfi rappresentante anch'esso la Natività della Vergine (dal 1815 in deposito nella parrocchiale di Groppello d'Adda: A. Ottino della Chiesa, Dipinti della Pinacoteca di Brera in deposito nelle chiese lombarde, s. l.[ma Milano] 1969, pp. 87 ss.).

Nella Memoria felicissima de lo ill.mo Duca Federico... Opera di Susech antiquo cortigiano (Bibl. Apost. Vat., Ottoboniano 3141; Urbania, Arch. segr. com., n. 10 rip. sup. int. 4-4: cfr. G. Zannoni, I due libri della Martiados di G. M. Fidelfo, in Rendiconti d. R. Accad. d. Lincei, classe di sc. mor. ..., III [1895], p. 668), il C. compare tra i cinque architetti e ingegneri della corte di Federico, con il Laurana, Francesco di Giorgio, Pippo Fiorentino e Scirro da Casteldurante. In un inventario del 1599 (Urbino, Bibl. univ., Congr. di Carità, b. 34. fasc. II, cit. da F. Sangiorgi, Raffaello e i duchi di Urbino, Urbino 1971, p. 6), il cui compilatore è probabile utilizzasse precedenti inventari o tradizioni orali, è citato "un quadro longo d'una prospettiva antica ma bella di mano di frà Carnevale" (quadro già citato, senza attribuzione, in un inventario del 1582, nella stessa busta di quello del 1599, come comunica il Sangiorgi).

In un documento del 1° dic. 1481 (Archivio di Stato di Urbino, Fondo notarile, Antonio di Simone di Antonio Vanni da Urbino, div. I, cass. 2, prot. 45, a. 1480 dic.-1487 nov., f. 433r) il C. compare come pievano di S. Cassiano di Cavallino, presso Urbino, dove sarebbe morto nel 1484 (comunque prima del 1488 quando compare un altro pievano).

La carica, dotata di rendita ecclesiastica, fa pensare che l'attività artistica del C. poteva probabilmente "restare ai margini tra il mestiere e la libera divagazione del dilettante" (Conti, 1976, p. 107) e doveva implicare una preparazione culturale ed umanistica che doveva renderlo accetto alla corte urbinate.

La difficoltà di ricostruire la personalità artistica del C. deriva dalla mancanza di opere sicure conosciute e, nella fattispecie, dalla incertezza nell'identificazione delle opere citate in documenti, in particolare della pala di S. Maria della Bella.

Nel 1893 A. Venturi (pp. 416 ss.), notando la provenienza e l'identità di soggetto di una delle cosidette tavole Barberini - rappresentanti l'una la Natività della Vergine, l'altra la Presentazione della Vergine al tempio - con la tavola del C. in S. Maria della Bella citata nel documento pubblicato dal Lazzari (1796) e ricordata dal Vasari, concludeva trattarsi del medesimo dipinto e attribuiva al C. le due misteriose pitture (ora, rispettivamente, l'una, dal 1936, nel Metropolitan Museum di New York, l'altra, dal 1937, nel Museum of Fine Arts di Boston), che in ogni caso provengono certamente da Urbino (l'aquila dei Montefeltro compare senza equivoci nei clipei dell'arco della Natività e numerosi elementi architettonici rimandano al mondo urbinate), appartengono alla stessa mano e sono tra loro legate per carattere, per soggetto e per l'impianto architettonico prospettico.

Benché lo stesso Venturi lasciasse successivamente cadere la proposta (1913, VII, 2, pp. 108-12), l'attribuzione al C. ebbe vario credito negli anni seguenti (per le proposte attributive cfr., in particolare, Zeri, 1961; Battisti, 1971, pp. 501 s. n. 360). Si rimane comunque ancora nell'incertezza (cfr., ad es., G. Vitalini Sacconi, Pittura marchigiana. La scuola camerinese, Macerata 1968, p. 203) per quanto riguarda sia la data proposta variamente tra il 1467 e il 1475 o anche dopo - sia l'autore. Tuttavia Battisti (1971, pp. 314 ss. e n. 360) tornava decisamente a fare il nome del C., preceduto da studiosi locali (E. Sangiorgi, Bramante "hastrubaldino", Urbino 1970, p. 9; Leonardi, 1970, p. 9 e nn. 26 s.).

Questa ipotesi è suffragata sostanzialmente dal fatto che in S. Maria della Bella esisteva realmente una tavola con la Natività della Vergine, dipinta nel 1467 dal C. e trasferita nel '600 nella collezione Barberini, e che una delle due tavole Barberini, certamente provenienti da Urbino, rappresenta appunto la Natività della Vergine. È da notare, inoltre, che queste due tavole rivelano senza dubbio la personalità di un artista che, oltre che pittore e prospettico, è anche, in modo non usuale, esperto di architettura e che come tale ben poteva essere - come dice il Vasari - il maestro reale o ideale del giovane Bramante. Come "architetto" egli si mostra fortemente influenzato, da una parte, specie dal linguaggio ecletticamente fiorentino dei maestri scultori attivi nell'"appartamento della Iole" del palazzo ducale di Urbino e pure nel cantiere del tempio Malatestiano; dall'altra appunto dall'Alberti di Rimini; nonché a conoscenza di partiti architettonici e di motivi decorativi e scultorei dell'antichità forse anche di Roma (dove, se è giusta l'ipotesi di Meiss, 1961, il C. sarebbe stato nel 1452 per ritrarvi Federico III). Sono pure avvertibili alcune concomitanze con le architetture dipinte da Filippo Lippi a Spoleto. Come pittore è poi certamente al corrente dei procedimenti di rappresentazione prospettica, presumibilmente secondo i metodi albertiani (A. Parronchi, L. B. Alberti as a painter, in The Burlington Magazine, CIV(1962), pp. 280-86; Id., L. B. Alberti pittore, in Studi sulla dolce prospettiva, Milano 19643 pp. 437-67), e, quasi certamente, delle perdute opere di Domenico Veneziano a Perugia, di quelle di Piero della Francesca ad Arezzo e a Rimini, di quelle di Filippo Lippi e in genere dell'ambiente pittorico fiorentino anteriore al decennio 1450-60, oltre che senza dubbio in contatto con Giovanni Boccati da Camerino (anch'egli attivo in quegli anni nel palazzo di Urbino: cfr. Zampetti, 1971, pp. 31 ss.) e in genere a conoscenza della pittura marchigiana. Tutti dati ormai assodati dalla critica che concordano o che non sono in contraddizione con quanto sappiamo del Corradini. Si può aggiungere (Battisti, 1971, p. 502) che la Natività della Vergine del Ridolfi, pur costituendo una liberissima interpretazione barocca del soggetto, potrebbe denotare la possibilità di aver tenuto presenti le due tavole unite a formare un dittico di dimensioni complessive pari circa alle sue dimensioni di base (m 1, 85, poco meno del doppio delle due tavole accostate); d'altra parte nessun documento la considera "copia" letterale della pala precedente (cfr. Leonardi, 1970, p. 28 n. 26).

Tuttavia è necessario ammettere la consistenza delle obbiezioni ad un'identificazione delle tavole Barberini con la documentata pala di S. Maria della Bella (1467). Può lasciare perplessi la completa difformità dal presunto modello della "copia" seicentesca del Ridolfi, ed è certo che il formato dei due pannelli, i modi della rappresentazione, i suoi contenuti umanistici e gli stessi emblemi di casa Montefeltro si attaglierebbero meglio alla collocazione delle due tavole in un palazzo come quello di Urbino. In ogni caso - specie in considerazione del suo sicuro apprendistato con Filippo Lippi e, in generale, dei suoi certi rapporti col mondo fiorentino, oltre che con il composito mondo urbinate - sembra pure ammissibile che il misterioso fra Carnevale possa essere identificato con il "Maestro delle tavole Barberini" (Conti, 1976, p. 108). Malgrado tutte le lacune nella documentazione pervenutaci, nessun dato della ideale biografia pittorica dell'autore delle due tavole - così come è stata ricostruita specialmente dall'Offner (1939) e dallo Zeri (1961) - contrasta infatti con i dati noti della biografia del Corradini. A lui pertanto sembra dunque possibile attribuire anche opere che Offner assegnò al "Maestro delle tavole Barberini" e, altre che, assieme alle tavole Barberini, Zeri assegna a tal Giovanni Angelo di Antonio da Camerino, pittore, musico, cortigiano.

È assai probabile che il C. sia intervenuto nei lavori del palazzo ducale di Urbino e in altre residenze feltresche, specie, forse, in completamenti di decorazione ed arredo. Gli è attribuibile con una certa attendibilità, se è l'autore delle tavole Barberini, l'"alcova" di Federico da Montefeltro nel palazzo di Urbino (Zeri, 1961, pp. 70 ss.; Zampetti, 1971, pp. 194 s.) - col monogramma ducale in caratteri gotici di problematica lettura ma senza le insegne, nelle decorazioni, delle onorificenze cavalleresche ricevute nel 1474 quando fu fatto duca e quindi forse anteriore a tale data - i cui caratteri presentano alcune concomitanze, oltre che con le tavole Barberini, con le architetture dei pannelli della nicchia di S. Bernardino a Perugia (Galleria nazionale dell'Umbria; ben diverse tuttavia nell'insieme da quelle delle due tavole) ed anche con alcuni elementi architettonici e decorativi dello stesso palazzo ducale. È forse possibile aggiungere a queste attribuzioni anche il disegno di alcune architetture raffigurate in porte intarsiate del palazzo, come quelle che dal vestibolo dello studiolo si affacciano sul guardaroba o forse anche quella, anteriore al 1474, che dal salone del trono si affaccia sulla sala degli Angeli. Specie in queste ultime opere, nell'alcova e nelle porte, è possibile la collaborazione del giovane Bramante, quasi certamente attivo ad Urbino e nel palazzo ducale prima del 1477 e, come dice il Vasari, certamente influenzato dall'opera del Corradini. Assai difficile da accettare, dati i caratteri e l'esiguità degli elementi certi a disposizione, è invece un'eventuale collaborazione con Piero della Francesca per lo sfondo architettonico (pure se del tutto eccezionale tra le architetture dipinte da Piero) della pala Montefeltro di Brera (per il quale, forse in modo più attendibile, è stata anche ipotizzata la partecipazione di Bramante). Del tutto improbabile è l'assegnazione al C. di una o più delle note tavole del gruppo delle vedute di città ideali (Urbino, Gall. naz. delle Marche; Berlino, Staatliche Museen; Baltimora, Waters Art Gallery) e problematica quella della predella della quale alcune parti sono nella coll. Colonna di Roma (che una vecchia scritta riferisce al C.) e in quella Berenson di Settignano (assegnata al Boccari da Berenson; da Longhi e Zeri ad ambiente fiorentino; comunque sotto l'influsso di Domenico Veneziano).

Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite, a cura di G. Milanesi, IV, Firenze 1879, pp. 146 s.; A. Lazzari, Diz. stor. d. illustri professori delle belle arti... d'Urbino, in G. Colucci, Antichità Picene, XXXI, Fermo 1796, p. 31 (legge il documento del 1467 [31] ottobre per dicembre, e lo stesso errore viene ripetuto tutte le volte che il doc. è citato in seguito; debbo alla cortesia di F. Sangiorgi la nuova trascrizione del doc. da lui ritrovato); Id., Delle chiese d'Urbino, Urbino 1801, pp. 73 s.; A. Venturi, Nelle pinacoteche minori d'Italia, in Arch. stor. d. arte, VI (1893), pp. 416 ss.; C. Yriarte, Livre de souvenirs de Maso..., Paris 1894, pp. 58 s., 64; A. Venturi, Storia dell'arte ital., VII, 1, Milano 1910, pp. 478-82; VII, 2, Milano 1913, pp. 95-107; B. Ligi, Memorie eccles. di Urbino, Urbino 1938, pp. 191-94; F. Offner, The Barberini Panels…, in Medieval studies in memory of A. Kingsley Porter, Cambridge, Mass., 1939, pp. 205 ss.;G. M. Richter, Rehabilitation of Fra Carnevale, in The Art Quarterly, III (1940), p. 311; F. Zeri, Due dipinti, la filologia e un nome, Torino 1961; M. Meiss, Contribution to two elusive Masters, in The Burlington Magazine, CIII(1961), pp. 61-66; C. Leonardi, Il tempietto del riscatto di Urbania e altre opere, Urbania 1970, pp. 8 ss., nn. 25-29; P. Zampetti, G. Boccati, Milano 1971, pp. 18, 193 ss.; E. Battisti, Piero della Francesca, Milano 1971, 1, pp. 314 ss., 501-503; A. Conti, in L. De Angelis-A. Conti, Un libro antico della sagrestia di S. Ambrogio, in Ann. della Scuola normale superiore di Pisa, s. 3, VI (1976), I, pp. 105-109; F. Sangiorgi, Documenti urbinati, Inventari del Palazzo ducale, (1582-1631), Urbino 1976 pp. 147 ss.; D. Bernini, Ipotesi sulla cosiddetta alcova di Federico, in Palazzo ducale di Urbino, Storia M. Strauss, The Master of the Barberini panels…, tesi di dottorato, New York Univ. 1979, University microfilms international, Ann Arbor, Mich., 1981; U. Thieme-E Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 20 (S. V. Carnevale, fra); Encicl. Ital., IX, p. 99 (s. v. Carnevale, fra).

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