Corano

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Corano

Cristiana Baldazzi

Il libro sacro dei musulmani

Il Corano, secondo i musulmani, contiene la parola di Dio (Allah), che l'arcangelo Gabriele ha dettato al profeta arabo Maometto (Muhammad). La parola Corano deriva dall'arabo al-Qur'an, che significa letteralmente "la recitazione" o "la lettura". Diviso in capitoli e in versetti, il Corano contiene sia precetti di ordine morale e religioso sia regole che riguardano il diritto

La rivelazione

La tradizione musulmana racconta che intorno all'anno 612, nella notte tra il 26 e il 27 del mese di ramadan, l'arcangelo Gabriele apparve in sogno a Maometto e gli dettò la prima rivelazione. A questa ne seguirono molte altre, anche dopo l'emigrazione ‒ l'egira ‒ di Maometto da Mecca a Medina.

Le rivelazioni che Maometto cominciò a ricevere, nonostante la cultura araba (Arabi) fosse principalmente orale, furono annotate su vari materiali: pietre piatte, cuoio, ossa piatte (scapole) di cammello e di montone, fibre di palma. Qualche anno dopo la morte del profeta, i musulmani sentirono l'esigenza che quanto era stato dettato da Allah a Maometto non andasse perduto e soprattutto non venisse modificato: il califfo 'Umar mise insieme tutti questi materiali sparsi e li fece ricopiare su fogli, che vennero raccolti in un solo Libro, divenuto l'unica versione del Corano considerata autentica. Il Corano, in quanto parola di Dio, è inimitabile ed è considerato dall'ortodossia sunnita non creato, ma coeterno a Dio.

Sure meccane e sure medinesi

Il Corano è diviso in 114 capitoli (sure), composti di versetti (ayyàt) contrassegnati con numeri. L'ordine secondo il come è organizzato il Corano, quale ora lo possediamo, non è cronologico ma tiene conto della lunghezza dei singoli capitoli, ed è ordinato in modo decrescente: esclusa la prima breve sura, chiamata fàtiha ("aprente"), si parte da quella più lunga per terminare con quella più breve. Diversamente da quanto avviene per altre composizioni letterarie scritte in arabo, nel Corano sono segnate anche le vocali proprio per evitare ogni tipo di fraintendimento.

La lingua è straordinaria nel suo genere, soprattutto se si considera che nel 7° secolo ‒ l'epoca in cui il Corano fu dettato a Maometto ‒ non esisteva altra forma letteraria tra gli Arabi che non fosse la poesia. Il Corano, invece, è scritto in prosa rimata (saj') ed è considerato una delle espressioni più alte di arte letteraria araba anche da chi non è musulmano. Il testo non dovrebbe essere letto con gli occhi, ma salmodiato, ossia recitato come una nenia: solo così se ne apprezza la musicalità. Sono pochi i musulmani che non conoscono almeno una sura del Corano a memoria.

Le regole del musulmano

Il contenuto del Corano è generalmente diviso in tre grandi parti: i precetti, ossia le leggi che regolano la vita del credente; le storie, racconti cioè che riguardano Maometto o altri profeti (l'Islam crede in tutti i profeti biblici precedenti, da Noè a Gesù, rispetto ai quali Maometto è l'ultimo o il sigillo) e varie leggende; le esortazioni e gli ammonimenti. Il Corano comprende quindi le regole che il musulmano è tenuto a seguire. Questi precetti riguardano sia il comportamento quotidiano del credente ‒ per esempio, quante preghiere deve fare in un giorno ‒ sia precetti di ordine morale-religioso ‒ per esempio, il divieto di credere negli dei pagani o adorare simboli. Ci sono anche regole che riguardano più strettamente il diritto, come nel caso in cui un uomo voglia divorziare dalla propria moglie: in base al Corano l'uomo deve assicurare una certa somma per lei e per i propri figli.

Il tafsir ("esegesi") è la scienza che studia il contenuto del Corano. È facile immaginare quanti possano essere i testi che analizzano frase per frase lo scritto, alla luce della tradizione musulmana e da un punto di vista filologico.

L'inizio per eccellenza

La prima parte della I sura del Corano dice: "Nel nome di Allah Clemente e Misericordioso": questa frase, che in arabo viene chiama basmala, costituisce l'inizio di molte altre sure coraniche. Sembra ormai appurato che questa frase è stata aggiunta in un secondo momento, posteriore a Maometto, il quale comunque la utilizzava già come formula propiziatoria. La basmala è utilizzata anche all'inizio di discorsi ufficiali: è un modo propiziatorio di cominciare un discorso, una lettera o qualsiasi altra attività rendendo omaggio ad Allah e ringraziandolo per la sua clemenza e la sua misericordia.

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