CONSUMO

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1991)

CONSUMO

Michele Bagella

(XI, p. 224; App. IV, I, p. 513)

Teoria del consumo. - In questi ultimi anni la ricerca teorica ed empirica sul c. ha fatto consistenti passi in avanti, anzitutto grazie alla sempre più ampia disponibilità di statistiche sui c. aggregati e su gruppi di beni, che hanno consentito confronti diretti con le teorie comportamentali utilizzate come base delle interpretazioni delle tendenze osservate. Inoltre c'è da considerare che, poiché il c. è uno degli aggregati su cui più diffusamente si scaricano gli effetti delle politiche fiscali, di razionamento del credito, o di natura valutaria, l'analisi a livello sia aggregato che disaggregato ha mirato, specie a partire dalla seconda metà degli anni Settanta, a verificare l'efficacia delle misure di politica economica adottate, soprattutto in materia di rapporto tra c. e inflazione. Infine, va tenuto presente che, grazie ai nuovi contributi teorici e ai numerosi tentativi di verifica empirica, le tecniche di analisi statistica hanno fatto ulteriori progressi, contribuendo in tal modo allo stesso approfondimento delle ipotesi teoriche oggetto di verifica. Come in passato, anche negli sviluppi teorici più recenti della teoria del c. continuano a essere seguite le due linee tradizionali: a) la linea macroeconomica, in cui le novità riguardano la stima di funzioni dinamiche del c. basate sulle ipotesi del 'reddito permanente' e del 'ciclo vitale' (Modigliani-Brumberg 1954; Modigliani-Ando 1957; Friedman 1957), per i fondamenti delle quali si rinvia alla IV Appendice; b) la linea microeconomica, in cui l'approccio riguarda il c. visto in relazione a comportamenti intertemporali relativi alla domanda di singoli beni o gruppi di beni, a volte studiati con lo scopo di fornire più valide basi alle teorie aggregate.

In generale le funzioni dinamiche del c. tendono a fornire valutazioni della variazione del c., nell'ipotesi che nel lungo periodo tale variazione sia proporzionalmente uguale alla variazione del reddito e quindi propensione media e marginale risultano uguali (ipotesi del reddito permanente). Alternativamente la variazione del c. viene studiata considerando tra le variabili la ricchezza (ipotesi del ciclo vitale LCH, Life Cycle Hypothesis).

Un esempio di tale impostazione è offerto dall'equazione

Ct=aYt+bAt, [1]

dove A rappresenta la ricchezza e Y il reddito al tempo t, e a e b sono parametri che esprimono la propensione al c. di lungo periodo. Al di fuori dello steady state, a e b variano al variare di una serie di fattori che includono il tasso d'interesse e la crescita attesa della produttività. Posto che il flusso di interessi su A e i capital gains rientrino nel reddito Y (Davidson, Hendry, Srba, Yeo 1978), si può definire A nel seguente modo:

At=At−1+Yt−1Ct−1. [2]

Sostituendo At nella [1] si ha:

Ct=aYt+b(Yt−1Ct−1) [3]

posto che:

CtCt−1=a(YtYt−1)+b(AtAt−1) [4]

e che

CtCt−1=a(YtYt−1)+b(At−1+Yt−1Lt−1At−1), [4.a]

la [4.a] si può allora scrivere:

ΔC=aY)+b(Yt−1Ct−1). [5]

La [5] mostra come la variazione del c. dipenda dal variare del reddito corrente e dal risparmio del periodo precedente.

Questa funzione è stata utilizzata per tener conto dell'influenza su C di variabili ritardate, come il risparmio, e di aggiustamenti diversi (per es., inserimento della costante), ed è alla base delle più recenti stime econometriche (Modigliani 1986), tendenti a mettere in evidenza il ruolo della LCH nello spiegare il comportamento di lungo periodo di C. Tuttavia tale ipotesi implica che, se durante la vita gli individui possono realizzare i c. ottimali desiderati, il mercato del credito debba consentire di prendere a prestito o di dare a prestito gli ammontari corrispondenti. Poiché nella realtà tali possibilità sono limitate dalle risorse correnti, reddito disponibile e risparmio accumulato, questi possono costituire un vincolo alla realizzazione di piani di c. ottimali (quando, per es., siano superiori ai livelli compatibili con i c. desiderati) e rendere, per questa ragione, particolarmente sensibili i c. correnti al loro variare.

Recentemente questa ipotesi di excess sensitivity del c. al variare del reddito disponibile è stata oggetto di approfondimento teorico ed empirico in numerosi studi, tra cui quello di R.E. Hall e F.S. Mishkin (1982), tendente a mettere in luce i riflessi sul c. derivanti dai vincoli di liquidità e dalle imperfezioni dei mercati dei capitali. Prima ancora di questi sviluppi, all'ipotesi del ciclo vitale erano stati avanzati rilievi critici importanti da R.E. Lucas (1976). Se, infatti, il c. è determinato dal reddito atteso durante l'intera vita lavorativa, è importante esplicitare il meccanismo con cui si formano le aspettative, perché se queste non sono ben definite risulteranno altrettanto non definiti reddito e c. correnti. Una volta definito 'razionalmente' tale meccanismo, ogni cambiamento che alteri la natura stocastica del processo di determinazione del reddito determinerà per suo tramite una variazione del reddito atteso e quindi del c. corrente.

Com'è stato fatto osservare da A.I. Deaton (19873), dalla 'critica' di Lucas sono scaturite due nuove linee di ricerca: la prima rivolta ad accertare se si poteva avere un riscontro empirico della tesi che cambiando il meccanismo di formazione delle aspettative ci si poteva attendere un effetto netto su reddito e c.; la seconda tendente a mettere in rilievo il ruolo delle variabili ritardate nella determinazione del c. corrente senza entrare nello specifico del processo di determinazione del reddito atteso (Hall 1978).

Un ampio sviluppo di studi econometrici si è avuto su entrambe queste linee, di cui soprattutto la seconda si è dimostrata abbastanza ricca di risultati interessanti (Blundell 1988). Non c'è spazio per riferirne dettagliatamente, ma va rilevato che grazie a tali studi si sta precisando il ruolo sul c. di variazioni anticipate del reddito (Flavin 1981; Hayashi 1982); si sta inoltre confermando l'utilità della tecnica di stima basata sulle variabili ritardate (Campbell 1986).

Bisogna infine ricordare, a chiusura di questa breve trattazione, che questi studi, basandosi su comportamenti ottimizzanti da parte dei consumatori, oltre a riguardare funzioni di preferenza intertemporali aggregate, hanno stimolato studi su funzioni di preferenza intertemporali disaggregate e sul modo di sottoporre queste ultime a un'analisi empirica. Quando ci si riferisce a funzioni di preferenza disaggregate, si pensa o a funzioni di preferenza individuali o a funzioni di preferenza della 'famiglia'.

Non essendovi ragione per ritenere che le funzioni individuali abbiano lo stesso andamento delle funzioni aggregate (un giovane può avere, per es., un livello di c. più basso rispetto a quello di una persona anziana, e nell'aggregato queste due tendenze possono compensarsi dando luogo a un rapporto del c. aggregato con il reddito globale costante), bisognerebbe avere dei dati su tali comportamenti per arrivare a misurarli. Per ovviare alle difficoltà di procedere a tali stime, è stata seguita la via opposta di fare riferimento a dati relativi a singoli beni o gruppi di beni, per avere così la possibilità di verificare i comportamenti relativi alla loro domanda (Deaton e Muellbauer 1980; Blundell 1988), in base all'andamento nel tempo delle loro variazioni. Questo approccio è stato sviluppato per studiare sia la base teorica del comportamento intertemporale dei consumatori, sia la struttura della loro domanda e gli effetti rilevabili dal suo cambiamento, sia gli effetti di variazione della composizione della famiglia, con presenza o meno di figli, sia la relazione esistente tra offerta di lavoro e domanda di beni.

Bibl.: F. Modigliani, R. Brumberg, Utility analisys and the consumption function: an interpretation of cross-section data, in K. K. Kurihara, Post-Keynesian economics, New Brunswick 1954; M. Friedman, A theory of the consumption function, Princeton 1957; F. Modigliani, A. Ando, Tests of the life-cycle hypothesis of savings, in Bulletin of the Oxford Institute of Economics and Statistics, 19 (1957), pp. 99-124; R. E. Lucas, Econometric policy evaluation: a critique, in The Phillips curve and labour market, a cura di K. Brunner, A. Meltzer, Amsterdam 1976; J. E. H. Davidson, D. F. Hendry, F. Srba, S. Yeo, Econometric modelling of the aggregate time-series relationship between consumers expenditure and income in the United Kingdom, in The Economic Journal, 88 (1978), pp. 661-92; R. E. Hall, Stochastic implications of life cycle - Permanent income hypothesis: theory and evidence, in Journal of Political Economy, 86 (1978), pp. 71-85; A. S. Deaton, J. Muellbauer, Economics and consumers behaviour, New York 1980; M. Flavin, The adjustment of consumption to changing expectations about future income, in Journal of Political Economy, 89 (1981), pp. 974-1009; R. E. Hall, F. S. Mishkin, The sensitivity of consumption to transitory income: estimates from panel data on households, in Econometrica, 50 (1982), pp. 461-81; F. Hayashi, The permanent income hypothesis estimation and testing by instrumental variables, in The Journal of Political Economy, 90 (1982), pp. 895-916; J. Y. Campbell, Does saving anticipate declining labour income? An alternative test of the permanent income hypothesis, in Econometrica, vol. 54 (1986), pp. 607-22; F. Modigliani, Life cycle, individual thrift and the wealth of nation, in American Economic Review, 76 (1986), pp. 297-313; A. S. Deaton, Consumers' expenditure, in The New Palgrave, New York 19873, pp. 592-607; R. Blundell, Consumer behaviour; theory and empirical evidence. A survey, in The Economic Journal, 98 (1988), pp. 16-65.

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