Consolidato fiscale

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Regime tributario di carattere essenzialmente opzionale che consente ai gruppi d’imprese (➔ società) l’accesso a forme di tassazione unitaria. L’espressione, comunemente utilizzata anche con riguardo alla fattispecie della liquidazione dell’IVA di gruppo (di cui all’art. 73, ultimo comma, d.p.r. 633/1972), è riferita dal legislatore nazionale soltanto ai regimi previsti dagli art. 117-142 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), come regolati dall’art. 1, d. legisl. 344/2003 e, successivamente, dall’art. 1, co. 33, l. 244/2007.

A differenza di quanto avviene nella liquidazione dell’IVA di gruppo, dove si verifica un semplice consolidamento finanziario dei debiti e dei crediti d’imposta liquidati da ciascuna delle società del gruppo, tali regimi realizzano un fenomeno abbastanza vicino alla soggettivazione del gruppo stesso, che viene tassato in base alla somma algebrica dei redditi e delle perdite imputabili alle singole società consolidate. Tuttavia, la dottrina ritiene che siffatta possibilità di integrazione degli imponibili non valga a conferire al gruppo (e tanto meno alla capogruppo) la qualità di soggetto passivo dell’unico tributo dovuto, in quanto i fatti economici costitutivi del presupposto d’imposta restano esclusivamente riferibili alle società partecipanti che li hanno posti in essere. Inoltre, l’abrogazione delle norme relative alle cosiddette rettifiche di consolidamento (originariamente rimesse alla società capogruppo) e al regime di neutralità fiscale dei trasferimenti infragruppo di determinati beni plusvalenti (a opera della l. 244/2007) ha posto fine al dibattito sulla soggettività del gruppo, in quanto ha ridotto la disciplina del c. alla possibilità, per i gruppi di imprese, di conformare le proprie politiche fiscali e finanziarie in vista della determinazione di un unico imponibile e di accollare a un solo soggetto (la consolidante) tutti gli obblighi di liquidazione e versamento dell’imposta di gruppo.

La disciplina del c. nazionale (art. 117-129 del TUIR) si applica a società di capitali ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato fra i quali esiste un rapporto di controllo. In particolare, per accedere a tale regime la società capogruppo deve esercitare un controllo di diritto (art. 2359, co. 1, nr. 1, c.c.) nei confronti delle controllate; tale controllo deve, inoltre, essere integrato da ulteriori requisiti relativi alla percentuale di partecipazione (della controllante) al capitale sociale e all’utile di bilancio della controllata (secondo l’art. 120 del TUIR). L’opzione per la tassazione consolidata deve essere esercitata espressamente dalla controllante e dalle controllate (che intendono aderirvi), è irrevocabile e ha efficacia triennale. L’efficacia dell’opzione è subordinata ad alcune condizioni, quali l’identità di esercizio sociale di tutte le società (controllante e controllate), l’elezione di domicilio di tutte le società controllate presso la sede della controllante (ai fini della notifica degli atti, relativi ai periodi per i quali è esercitata l’opzione), la comunicazione dell’opzione all’Agenzia delle entrate a cura della controllante. L’esercizio dell’opzione per la tassazione consolidata nazionale consente la determinazione di un reddito complessivo globale, corrispondente alla somma algebrica dei redditi complessivi netti, da considerare, quanto alle società controllate, per l’intero importo, indipendentemente dalla quota di partecipazione da riferire al soggetto controllante. In tale determinazione non si tiene conto né dei flussi monetari intercorsi fra i membri del gruppo, in contropartita dei vantaggi fiscali dagli stessi rispettivamente ricevuti o attribuiti per effetto dell’opzione, né delle perdite fiscali relative agli esercizi anteriori all’inizio della tassazione di gruppo, che possono essere utilizzate solo dalle società cui si riferiscono. La società o ente controllante ha l’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi del c., determinare l’imposta e adempiere a tutti gli obblighi di versamento.

La disciplina del c. mondiale è riservata a società di capitali ed enti commerciali residenti che controllano società non residenti. Il controllo deve essere, sempre, un controllo di diritto, integrato da ulteriori requisiti (art. 130, 132 e 133 del TUIR). L’opzione per la tassazione consolidata è, in questo caso, esercitata soltanto dalla capogruppo e riguarda tutte le società da questa controllate. A seguito dell’esercizio dell’opzione per il c. mondiale, vengono attratti in Italia tutti i redditi e le perdite prodotti dalle società estere. Sia i redditi che le perdite sono imputati alla controllante (non per intero ma) in quota proporzionale alla partecipazione della stessa alle singole controllate. La determinazione dell’imponibile di gruppo risulta abbastanza complessa, in quanto necessita di una fase di ridefinizione del reddito delle società estere (come calcolato in base alla disciplina dello stato di residenza) alla stregua della normativa IRES italiana, in materia di reddito d’impresa. La complessità della suddetta fase di determinazione del reddito e le rigorose condizioni di accesso a tale regime hanno reso molto raro il ricorso alla disciplina del c. mondiale.

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