Conflitti di attribuzione. Diritto amministrativo

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Il conflitto è una situazione che si verifica quando vi è contrasto circa la spettanza ad una determinata autorità della potestà di decidere su una questione sottoposta al suo esame. Si è in presenza di un conflitto sia se due o più autorità affermano o negano la loro potestà di conoscere della questione (conflitti positivi e negativi), sia se si sono già avute pronunce discordanti tra due o più autorità o vi è solo la possibilità che si determino tali pronunce (conflitti reali e virtuali).

Il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato può dar luogo ad una questione di giurisdizione, quando nasce in un giudizio ordinario da una contestazione circa la potestà dell’autorità giudiziaria di conoscere di rapporti in cui sia coinvolto un altro potere dello Stato: nelle ipotesi più frequenti tale potere coincide con la pubblica amministrazione.

La disciplina di tale conflitto è contenuta nel codice di procedura civile (artt. 37, 41, 360, 362), che ne affida la risoluzione alla Corte di Cassazione, la quale decide a sezioni unite (art. 374).

Originariamente i conflitti di attribuzione tra giudice ordinario e pubblica amministrazione erano sottoposti all’esame del Consiglio di Stato su iniziativa dell’amministrazione. L’esigenza di individuare un organismo che non fosse collegato al potere esecutivo, condusse ad attribuire la competenza a dirimere i conflitti di giurisdizione alla Corte di Cassazione (l. n. 3761/1877), che ha assunto il ruolo di organo giudicante supremo in tali questioni, conservandolo fino ad oggi. La successiva introduzione della competenza della Corte Costituzionale in materia di conflitti tra poteri dello Stato (v. conflitto di poteri), avvenuta con l’art. 134 della Costituzione e poi con la legge n. 87/1953, non ha modificato la disciplina delineata dal c.p.c. in materia di questioni di giurisdizione (art. 37, co. 2, l. n. 87 cit.).

Il conflitto di attribuzione in esame opera su un piano diverso rispetto a quello affidato alla Corte Costituzionale: la questione controversa circa la spettanza all’autorità giudiziaria della potestà di decidere su un caso in cui sia parte una pubblica amministrazione, viene risolta nell’ambito del medesimo ordine giurisdizionale, senza che il giudice venga ad assumere la veste di parte. Al contrario, nei conflitti di poteri decisi dalla Corte Costituzionale, quest’ultima conosce anche di quelle questioni nelle quali uno dei poteri contendenti sia quello giudiziario, che pertanto, assume la posizione di parte. In tal modo si evita di riconoscere una posizione di privilegio all’autorità giudiziaria, consentendo a ciascun potere (e anche alla pubblica amministrazione) di impugnare davanti alla Corte Costituzionale le pronunce della Corte di Cassazione che affermano la competenza del giudice a sindacare gli atti di un organo appartenente ad un altro potere, e non si impedisce al potere giudiziario di difendere la propria sfera di attribuzioni nei confronti degli altri poteri.

I conflitti di attribuzione sono soggetti alle medesime norme procedurali che disciplinano le questioni di giurisdizione nel processo civile. Sia i conflitti reali tra pubblica amministrazione e giudice ordinario (art. 360, co. 1, n. 1; art. 362, co. 2, n. 2, c.p.c.), che quelli tra pubblica amministrazione e giudici speciali (art. 360, co. 1, n. 1; art. 362, co. 1, c.p.c.) possono essere sollevati mediante ricorso per cassazione. I conflitti virtuali tra una pubblica amministrazione e giudici ordinari, possono essere risolti mediante regolamento preventivo di giurisdizione o ricorso ordinario per cassazione, nonché attraverso una speciale forma di regolamento, applicabile nei casi in cui la pubblica amministrazione non sia parte in causa e finchè la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato ( art. 41, co. 2, c.p.c.).

La Corte di Cassazione quando è chiamata a pronunciarsi su un ricorso ordinario, e ritiene esistente il difetto di giurisdizione, elimina (senza rinvio) la decisione impugnata, determinando il giudice competente. Qualora ritenga competente a decidere l’organo che ha emesso la sentenza impugnata, la elimina e rinvia la causa al medesimo ordine giurisdizionale (di norma non al medesimo organo). Il provvedimento dell’autorità incompetente viene eliminato, se emanato dall’autorità giudiziaria, ovvero dichiarato illegittimo, e poi annullato nella sede competente, se si tratta di un atto amministrativo. In caso di conflitto negativo, l’autorità dichiarata competente ha l’obbligo di adottare i provvedimenti di propria spettanza, e qualora non vi provveda, l’interessato potrà richiederne l’esecuzione al giudice amministrativo.

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