CONDOTTA

Enciclopedia Italiana (1931)

CONDOTTA (fr. conduite; sp. tuberia; ted. Rohrleitung; ingl. pipe line)

Roberto COLOSIMO

Mezzo continuo attraverso il quale si compie il trasporto di un liquido o di un gas. Le condotte si distinguono in: condotte libere e condotte forzate.

Per le prime v. canale. Qui si dirà delle condotte forzate e con speciale riferimento ai più recenti contributi scientifici e dispositivi pratici italiani.

Nelle condotte a pressione o forzate il livello piezometrico (definito dall'altezza, in colonna d'acqua, rappresentativa della pressione interna) si eleva sul livello della condotta medesima. Sono destinate al trasporto di acqua per uso potabile o per produzione di forza motrice; al trasporto di altri liquidi (petrolî) o di gas. Tratteremo delle classi principali di condotte e cioè: condotte d'acqua potabile e condotte per forza motrice.

Le condotte forzate possono essere realizzate mediante gallerie scavate nel suolo e opportunamente rivestite con strutture murarie; prevalentemente sono realizzate mediante tubazioni di varî materiali, talvolta associati, costituite da elementi congiunti fra loro. Le condotte debbono provvedere al trasporto dell'acqua soddisfacendo a un insieme di condizioni imposte dall'economia e dalla sicurezza e regolarità dell'esercizio; per le condotte d'acqua potabile si aggiungono condizioni imposte dall'igiene.

Condotte d'acqua potabile.

Si distinguono in condotte adduttrici, unicursali con o senza diramazioni, e in condotte a rete destinate alla distribuzione dell'acqua. Salvo quanto è detto per le gallerie adduttrici in pressione, sono in generale costituite da tubi metallici o non metallici, uniti fra loro (v. tubi).

Le tubazioni si collocano interrate nel suolo a profondità opportuna per assicurare una sufficiente protezione di esse dalle azioni esterne e la maggiore possibile protezione termica dell'acqua.

Protezione termica dell'acqua. - Le altezze del rinterro sulla tubazione sono generalmente comprese fra un minimo di m. 0,80 (m. 1,20 ÷ 1,30 negli attraversamenti di strade dove alla condotta possono giungere sollecitazioni dovute ai veicoli) a un massimo di m. 2 imposto dalla necessità di rendere agevole la messa allo scoperto delle tubazioni. Dove per necessità altimetriche si siano dovute affrontare profondità di scavo superiori a 2 m., si lascia aperta la trincea, opportunamente sistemata, al di sopra del massimo rinterro.

La scelta dei valori, compresi fra i suddetti limiti, della profondità di rinterro sulla tubazione si può compiere tenendo presente la legge dello scaldamento dell'acqua nelle condotte circolari e verificando se la temperatura dell'acqua in arrivo all'estremo della condotta risulti accettabile.

Il coefficiente di conducibilità termica K per i terreni asciutti di qualsiasi natura si può ritenere 0,9 ÷ 1. Per terreni umidi il valore 2 può essere in difetto. Per sabbia quarzosa umida si arriva a K = 2,95. Pertanto è necessaria la maggiore possibile impermeabilità dei rinterri, i quali debbono essere costituiti da materiali sottili ben costipati, spianati in superficie e sistemati in modo da impedire su di essi il ristagno delle acque pluviali.

Nei tratti in terra la larghezza della fossa al fondo sarà superiore di m. 0,40 al diametro del tubo; nei tratti in roccia sarà superiore di almeno m. 0,90.

I tubi vengono appoggiati direttamente sul terreno resistente ben spianato. Nei tratti in roccia, essendo impossibile uno spianamento che assicuri il perfetto appoggio su tutta la lunghezza del tubo, è necessario spandere sul fondo della fossa uno strato, alto m. 0,15 ÷ 0,20, di terra sciolta, minuta, ben pestonata e su questo strato appoggiare la tubazione. Se il terreno è di riporto occorre appoggiare la tubazione su pilastri fondati sul terreno resistente.

Protezione igienica. - Per la protezione igienica dell'acqua è indispensabile l'impermeabilità assoluta delle pareti dei tubi e la tenuta perfetta e duratura delle giunzioni. Per i varî tipi di giunzioni v. tubi.

La protezione igienica dell'acqua non può essere tuttavia assicurata se non provvedendo a impedire il funzionamento a pelo libero in qualsiasi tratto della tubazione e per qualsiasi stato della parete bagnata, mediante disposizioni di cui si dirà in seguito.

Smaltimento dell'aria. - La regolarità del funzionamento della condotta non può essere assicurata se non provvedendo allo smaltimento dell'aria che si separa dall'acqua, per mezzo degli sfiati che si collocano nei punti di massimo dell'altitudine della condotta. Allo scopo, l'esperienza ha insegnato che le tubazioni non vanno mai disposte con l'asse orizzontale.

L'acqua entra nelle condotte satura d'aria, che tende a perdere per aumenti di temperatura non contrastati da aumento di pressione, o per variazioni rapide del suo moto. L'aria che si separa dall'acqua tende a salire alla più alta generatrice interna del tubo riunendosi in caratteristiche bolle. Occorre impedire la formazione di grosse bolle, provvedendo ad assicurare il movimento dell'aria in bolle minutissime verso i punti di smaltimento.

Dalle particolari determinazioni compiute al riguardo, il Conti trae la regola che è necessario dare a ogni ramo discendente della condotta subito a valle degli sfiati una pendenza assiale non minore di quella i data dalla formula razionale

dove ρ è la densità dell'acqua, ρ1 quella dell'aria, I è la pendenza piezometrica.

Quando è possibile sarà bene mantenere l'intero ramo discendente con pendenze assiali non minori di i, assicurando con ciò che le bolle d'aria abbiano ovunque tendenza a risalire verso i punti angolosi di culmine dov'è posto lo sfiato.

Nei tratti ascendenti la pendenza assiale della condotta ha un limite inferiore al di sotto del quale non può evitarsi la possibilità di contropendenze nell'asse della condotta, dovute a difetti di rettilineità dell'asse dei tubi o a difetti di allineamento di questi nella posa. Tali contropendenze nascoste producono impreveduti arresti d'aria che possono turbare gravemente il funzionamento della condotta. Il detto limite inferiore di pendenza che può essere di 0,002 per i tubi di ghisa lunghi m. 4, ben fusi, può raggiungere 0,004 ÷ 0,006 per i tubi di acciaio.

È necessario poi curare la distribuzione degli sfiati e disporne la successione in modo che nell'intervallo tra due sfiati il moto dell'aria nella condotta non assuma rilevanti proporzioni e ciò specialmente per lunghe condotte, in cui l'acqua è esposta a forti riscaldamenti.

Per assicurare l'espulsione dell'aria, l'imbocco della diramazione di sfiato deve essere opportunamente largo e tanto da permettere che una grossa bolla d'aria possa inserirvisi completamente.

Gli apparecchi di sfiato in pressione e di sfiato libero hanno la duplice funzione di provvedere allo smaltimento dell'aria che si separa dall'acqua in movimento entro la condotta e di provvedere alla rientrata dell'aria nella tubazione in caso di vuotatura o all'uscita dell'aria quando si effettua il riempimento.

Pertanto gli apparecchi razionali di sfiato automatico a pressione sono doppî e cioè costituiti da uno sfiato a piccola luce, che dà esito all'aria durante il funzionamento normale della condotta, al quale è unito uno sfiato a grande luce che si apre automaticamente in caso di vuotatura e resta aperto finché non sia avvenuto il successivo riempimento della condotta.

Il funzionamento degli sfiati automatici non è tuttavia sicuro. È preferibile realizzarli assicurando la comunicazione della condotta con l'esterno attraverso un mezzo che offra grandi resistenze al moto dell'acqua, in modo che le perdite siano piccolissime. Su tale principio è costruito lo sfiato a pressione della fig. 1.

Gli sfiati liberi, da collocare dove il carico piezometrico è compreso fra 5 e 12 m. sono ordinariamente realizzati con una diramazione ascendente, su cui è montato un tubo verticale.

Per gli sfiati liberi a tubo verticale è necessario costruire manufatti elevati sul suolo. La purezza dell'acqua nei tubi verticali è tuttavia indifesa. Nell'acquedotto di Siena gli sfiati liberi furono realizzati con una diramazione ascendente a cui fa seguito una successione di sifoni costituita da tubi. Quando ai tubi che costituiscono i sifoni si diano dimensioni opportune affinché l'intera portata della condotta possa defluire attraverso i sifoni medesimi, in caso di occlusione della condotta a valle dello sfiato, si realizza lo sfiato libero di sicurezza (fig. 2).

È buona norma cautelativa prevedere il verificarsi di occlusioni nelle condotte in esercizio, specialmente in quelle di piccolo diametro. A monte del punto ove si verifica l'occlusione, le pressioni nella condotta possono elevarsi al di sopra di quelle accettate come limite di prova. Si deve perciò dividere la condotta in tratti compresi fra disposizioni di sicurezza, attraverso le quali possa defluire tutta la portata della condotta. Per ognuno di tali tratti il totale dislivello piezometrico deve essere contenuto entro limiti opportuni.

D'ordinario tali disposizioni vengono realizzate mediante bottini di interruzione; raramente con valvole, che sono da escludersi per il loro non sicuro funzionamento.

La disposizione più perfetta è quella realizzata mediante il sopraddetto sfiato libero di sicurezza.

Con i bottini d'interruzione non si ha la possibilità di modificare, rispetto a quelli di progetto, i carichi piezometrici che si hanno nel punto ove il bottino è collocato. Gli sfiati liberi concedono questa modificazione entro un limite di oscillazione che raggiunge i 7 m. di colonna d'acqua e ciò risulta di grande utilità per compensare differenze di resistenza al moto dovute a cause secondarie, che non possono essere con sicurezza valutate nel progetto. I detti sfiati assicurano inoltre la migliore protezione igienica dell'acqua.

Scaricatori. - Nei punti di minimo del profilo altimetrico della condotta si pongono gli scaricattiri, costituiti da una diramazione chiusa da una saracinesca, i quali hanno l'ufficio di vuotare la condotta allorché si procede agli sciacqui, con i quali si tende a rimuovere dalle pareti dei tubi le incrostazioni o i tubercoli in formazione e le terre eventualmente penetrate nella tubazione in caso di rotture.

Lo scaricatore ha inoltre l'ufficio di togliere l'acqua nei tratti di condotta che ad esso fanno seguito, quando si rendano necessarie le riparazioni di guasti.

Gli scaricatori si collocano ancora presso gli sfiati liberi per togliere l'acqua ai sifoni a valle di essi in caso di vuotatura e per rendere possibile il rimandare l'acqua gradualmente nei sifoni medesimi allorché si effettua il riempimento, venendo così a impedire violenti e pericolosi moti oscillatorî dell'acqua che potrebbero prodursi nella tubazione.

Stabilità delle condotte. - I tubi vanno collocati in pianta e in alzato secondo rettifili raccordati mediante pezzi speciali a curva circolare oppure mediante ampî sviluppi poligonali, costituiti da tubi i cui assi siano deviati gli uni rispetto agli altri di angoli costanti.

La stabilità della condotta dev'essere assicurata con la costruzione di sostegni o contrasti in muratura opportunamente disposti (figg. 3 e 4) e calcolati sia nelle curve realizzate con pezzi speciali sia nelle deviazioni angolari di tubi dritti, e inoltre nei tratti rettilinei, la cui inclinazione assiale all'orizzonte superi un determinato limite (generalmente 26°).

Per le deviazioni angolari l'uso delle murature di contrasto o di spinta è imposto dalla necessità di preservare i giunti da ogni trasmissione di sforzi trasversali. Le murature vanno sempre disposte in modo da lasciare i giunti liberi per ogni eventuale ribattitura (fig. 4).

Le pressioni da considerare per il calcolo delle murature di contrasto sono quelle statiche di prova, che di solito superano di 10 kg./cmq. quelle di esercizio e talvolta si assegnano pari a 1,5 del carico di servizio nel tratto considerato.

Non è buona norma omettere le murature di contrasto per piccole condotte, per pressioni limitate e per piccoli angoli di deviazione. Occorre considerare che non si può fare assegnamento sul ricarico del terreno, che manca durante le prove, né sulla resistenza del terreno di appoggio o sull'attrito tra questo e la curva o il tubo. Frequentemente si hanno sfilamenti di tubi o allentamenti di giunzioni in condotte per le quali si sono trascurate le dette murature.

Per rendere possibile la costruzione delle murature di contrasto con le opportune dimensioni risultanti dal calcolo si è costretti a ricorrere a curve di notevole sviluppo assiale. Allo scopo di limitare l'entità delle spinte e quindi il volume delle murature medesime si adoperano curve di piccola apertura angolare; spesso per condotte importanti e per forti pressioni si è costretti a sostituire a un unico pezzo speciale in curva due o più pezzi di minore apertura angolare.

Calcolo pratico delle condotte. - Per i fondamenti teorici del calcolo delle condotte v. idraulica. Per la discussione e l'esame critico delle note formule di Darcy, Flamant, Thrupp e Tutton e delle formule derivate da quelle di Kutter e Bazin v. Bibliografia. Le accennate formule pratiche, tratte da determinazioni sperimentali, forniscono risultati discordi e sempre approssimativi. Per eliminare ogni incertezza si è cercato di stabilire formule relative a un dato limite d'alterazione della parete bagnata dei tubi.

Le alterazioni della parete bagnata dei tubi sono generalmente prodotte dalla sedimentazione di materie disciolte nell'acqua o dall'aggressione da parte dell'acqua e delle altre materie ch'essa ha in soluzione. I depositi sono sempre favoriti dagli aumenti di temperatura e dal moto d'agitazione dell'acqua, quanto più questo è rapido rispetto al moto di avanzamento. Per le tubazioni metalliche percorse da acque povere di sali calcari è da temere la tubercolizzazione, ossia la formazione sulla superficie bagnata di tubercoli di limonite la cui altezza può raggiungere varî millimetri. Sembra che la formazione dei tubercoli sia tanto più notevole quanto più grande è il contenuto nell'acqua di anidride carbonica disciolta o d'acido silicico.

L'alterazione della parete bagnata dei tubi diviene notevole dopo un certo tempo di esercizio. Nelle condotte metalliche si può praticare la pulitura interna con adatti dispositivi. Si può fissare, caso per caso e sperimentalmente, un limite di alterazione della parete bagnata, raggiunto il quale si debba praticare la pulitura.

Posto così il problema, il Conti è giunto a stabilire la formula:

dove I è la pendenza piezometrica, Q la portata, D il diametro interno. In tal modo i calcoli preventivi delle condotte possono svolgersi lungi dalla grande indeterminazione in cui d'ordinario vengono svolti.

Nello stato iniziale della parete bagnata e in quello che si ha dopo una pulitura, la linea piezometrica verrà a intersecare in alcuni punti l'asse della condotta. Tra questi punti e il punto di massimo immediatamente a monte, il moto dell'acqua si verrebbe a compiere a pelo liberi, e non si avrebbe in tali tratti la garanzia igienica che è il pregio delle condotte forzate.

È indispensabile porre questa condizione di garanzia contro gli inquinamenti e perciò si stabilisce che il livello piezometrico, per qualsiasi stato della parete bagnata, in nessun punto della condotta superi di meno di 5 m. quello del terreno.

La condizione posta si realizza collocando in punti opportuni le valvole regolatrici dei carichi, destinate a determinare e a variare nei punti medesimi i salti delle pressioni (dovuti a una perdita di carico localizzata), mantenendo la condotta sempre piena.

Per stabilire la posizione delle valvole regolatrici occorre riportare sul profilo della condotta (sul quale sia stato già segnato l'andamento piezometrico relativo a tubi usati) la linea dei carichi piezometrici relativa allo stato iniziale della superficie bagnata dei tubi e spezzare la linea continua medesima con salti verticali in corrispondenza delle valvole regolatrici.

Per il calcolo dell'andamento piezometrico a tubi nuovi può adoperarsi la formula di Conti:

Le formule (a) e (b) si possono porre nella forma monomia.

Poiché lo stato definito per i tubi nuovi avrà durata effimera e l'alterazione della parete bagnata è progressiva, le linee piezometriche reali varieranno col tempo entro l'intervallo compreso fra la piezometrica a tubi nuovi e quella a tubi usati. Col progredire dell'alterazione della parete bagnata le valvole dovranno essere manovrate, col sussidio di osservazioni manometriche, in modo da seguire, con piccoli graduali aumenti della loro apertura, la variazione delle resistenze al moto. Si ha così la possibilità di compiere una piena regolazione piezometrica.

La valvola regolatrice a stella è contenuta entro una bocca d'introduzione a cassa; le variazioni d'apertura sono lentissime ed è impossibile una completa chiusura, cosa che elimina il pericolo di sovrapressioni dannose.

Nelle condotte non metalliche non si può evidentemente praticare la pulitura interna. Il calcolo non può pertanto essere eseguito con i sopra esposti criterî.

Per le condotte di cemento si ha la formula di Fantoli:

in cui γ = 0,20 per diametri maggiori di m. 0,40; per diametri minori γ = 0,23. Questa formula può essere adoperata anche per le condotte di eternit.

Per le condotte costituite da tubi di altri materiali non metallici mancano criterî e dati sicuri. Sarà necessario effettuare i calcoli con approssimazione cautelativa, riferendosi a condotte simili in esercizio.

Pulitura interna delle tubazioni. - La pulitura interna è sempre necessaria e soltanto nei casi eccezionalissimi, per i quali si abbia l'esempio di tubazioni percorse da la stessa acqua durante molti anni, può essere esclusa.

Le condotte metalliche debbono quindi essere predisposte in modo che la pulitura interna possa compiersi con utensili adatti, quasi sempre ormeggiati, fatti avanzare dall'acqua stessa. Questa predisposizione si compie collocando lungo la condotta bocche d'introduzione, in tutti i punti di minimo della condotta (scaricatori), di massimo (sfiati), inoltre presso apparecchi che determinano una strozzatura nella condotta (misuratori Venturi, valvole regolatrici dei carichi ecc.) e ad ogni modo a distanza non superiore a m. 500 l'una dall'altra.

Le dette bocche nella loro forma ordinaria sono pezzi diritti a bicchiere e cordone che per un tratto hanno un'apertura larga quanto il diametro, chiusa da un coperchio imbullonato (a cassa). Questi pezzi, adatti anche per introdurvi un tampone che chiuda la condotta allo scopo di eseguire le prove di tenuta, risultano complicati e costosi.

Per l'acquedotto di Siena furono assai semplificati e realizzati mediante un pezzo mobile a briglie inclinate di circa 20° rispetto all'asse del pezzo medesimo. Le briglie sono a incastro con guarnizione di tondino di gomma. Il tipo più recente, studiato per l'acquedotto di Grosseto e adoperato anche nell'acquedotto di Ravenna, è realizzato con un pezzo mobile unto alla tubazione fissa mediante due giunti tipo Gibault (fig. 5).

Perché l'utensile di pulitura possa avanzare lungo la condotta è necessario usare pezzi speciali per curve di raggio opportunamente calcolato e di piccola apertura angolare.

Calcoli di economia. - Col criterio d'economia si mira a rendere determinato il problema del calcolo della distribuzione dei diametri in una condotta o in una rete di condotte, quando il problema medesimo presenti diverse soluzioni compatibili con le condizioni del caso. Fra tutte le soluzioni possibili si cerca allora quella di minima spesa.

È pertanto necessario riferirsi al costo delle condotte.

Il costo di una condotta si può considerare formato da due parti, di cui una C0 può essere ammessa indipendente dai diametri delle tubazioni, almeno entro limiti opportunamente ristretti (espropriazioni, movimenti di terra, opere d'arte, ecc.); l'altra C riguarda la spesa per la fornitura e la posa in opera delle tubazioni con i suoi accessorî e i dispositivi per assicurarne la stabilità. Questa C si può ritenere proporzionale al peso della tubazione, il quale a sua volta è funzione dei diametri e delle pressioni. La Co si prende in esame allorché occorra fare la scelta fra tracciati diversi; scelto e fissato un tracciato resterà da considerare per esso la C, includendo o no in questa la spesa annua capitalizzata di manutenzione e rinnovamento.

Nel caso che nella condotta sia inserito un salto motore, occorre considerare che viene a mancare all'utilizzazione la parte di energia corrispondente alla perdita di carico nella tubazione, la quale perdita dipende dal diametro. Insieme con la spesa C occorre perciò considerare quella C1 corrispondente al capitale che ha per interesse la somma che annualmente viene a mancare per tale parte di energia non utilizzata. Indicando con Q la portata, con Δh la perdita di carico, con Δt l'intervallo di tempo corrispondente all'anno, con ϑ1 il capitale che ha per interesse il costo annuo del cavallo vapore, disponibile al salto motore cońsiderato, si ha

Se nella condotta è incluso un impianto elevatorio, o se da questo essa sia alimentata, sarà da considerare che dipendentemente dal crescere della perdita di carico il diametro e quindi il peso della condotta decresce, mentre cresce l'energia occorrente per il sollevamento.

La spesa C2 corrispondente al capitale che ha per interesse la spesa annua di sollevamento sarà:

indicando con ϑ2 il capitale che ha per interesse il costo del cavallo vapore in acqua innalzata.

a) Condotte a gravità. - Nelle condotte unicursali a gravità si presenta spesso il problema di determinare la distribuzione dei diametri nei varî tronchi quando si conosca la portata di ciascun tronco e il dislivello tra il punto iniziale e quello finale della condotta.

Mancando una soluzione generale di tale problema, la ricerca della più opportuna distribuzione dei diametri veniva in passato omessa o eseguita per tentativi lunghi e laboriosi, con i quali si tendeva a ottenere il migliore risultato economico.

Solo per due casi particolari si aveva la soluzione e cioè nel caso che il costo della condotta si potesse considerare indipendente dalle pressioni interne massime a cui la tubazione può essere assoggettata (tubi di ghisa detti normali sottoposti a carichi eguali o minori di quello massimo per cui furono calcolati) e quando le pressioni medesime potessero considerarsi indipendenti dalla distribuzione dei diametri (condotte forzate per impianti idroelettrici, per cui i carichi piezometrici sono preventivamente fissati in base alla piezometrica di moto perturbato).

La soluzione generale del problema è stata data recentemente dal Conti che ha enunciato il problema in questi termini: "Assegnare i diametri interni in una condotta forzata unicursale a cadente naturale e in cui non sono inseriti salti motori, percorsa dall'acqua in uno stesso senso per tutto il suo sviluppo; dati il tracciato, le portate, i carichi agli estremi, definiti in ogni particolarità i tipi strutturali da usare nei successivi tratti; previsto il limite superiore dell'alterazione che vi si potrà avere nella superficie bagnata; ammesso che nei riguardi delle altre parti dell'opera cui la condotta appartiene sia indifferente ogni distribuzione dei carichi lungo di essa, che mantenga quelli agli estremi; escluso che le condizioni derivanti dai dati che precedono forniscano criterî atti a determinare completamente la distribuzione dei diametri stessi".

La condizione determinatrice della distribuzione dei diametri lungo la condotta si riduce a che il costo della condotta risulti il minore possibile, ammesse trascurabili le perdite d'acqua e unico il tipo strutturale.

La ricerca del minor costo possibile della condotta include in ogni caso la determinazione della distribuzione dei diametri alla quale corrisponde il minimo costo. Resta poi da verificare la compatibilità di tale distribuzione con tutte le condizioni del caso.

Si dimostra che la distribuzione dei diametri di minimo costo è quella che soddisfa in ogni punto dell'asse della condotta alla

che può essere posta nelle due forme seguenti:

oltre alla

in cui C = (D, π, s) è il costo, funzione del diametro D, del carico piezometrico π e dell'ascissa assiale s; Q è la portata, Δh il dislivello disponibile tra l'origine e l'estremo della condotta; I la pendenza piezometrica; λ una costante da determinarsi.

Procedimenti pratici di calcolo, diretto e per falsa posizione, della distribuzione dei diametri mediante la (α2) sono stati svolti dal Di Ricco (v. Bibliografia). Gli esempî pratici, dati in applicazione di tali procedimenti, ne mettono in evidenza, con risultati tangibili, la grande utilità ai fini economici.

Il caso che si presenta più largamente nella pratica è quello che in ciascuno dei tratti successivi della condotta di lunghezza l1, l2, l3, ... ln, siano costanti le portate rispettive Q1, Q2, Q3, ... Qn e sia in ogni tratto C indipendente da π e da s.

Si può giungere a esprimere C in forma monomia, con sufficiente approssimazione entro limiti opportunamente ristretti.

Il peso per metro lineare di tubo di ghisa dal diametro D, si può esprimere nella forma

con 1 〈 ν 〈 2.

Per i tubi normali di ghisa si hanno i valori di α e ν in tabelle calcolate dagli allievi della Regia Scuola d'ingegneria di Roma.

Per tener conto dell'aumento di peso dovuto ai pezzi speciali e agli apparecchi, del maggior costo di essi, del costo delle murature di contrasto e di sostegno, delle spese di manutenzione e rinnovamento, si potrà invece di w porre mw, essendo m un opportuno coefficiente di maggiorazi one.

Il costo C della condotta, detto c il costo unitario a peso della ghisa, sarà:

Si giunge alla seguente espressione dei diametri economici:

b) Quando nella condotta è inserito un impianto elevatorio o un salto motore, se è Qj, la portata nel punto ove è posto l'impianto, richiamando quanto si è già esposto, i diametri economici sono dati dalla:

dove ϑ = ϑ1 nel caso del salto motore; ϑ = ϑ2 nel caso dell'impianto elevatorio.

Per una condotta semplice alimentata da un impianto elevatorio si ha:

che può essere posta sotto la forma

Per rendere agevole il calcolo, tabelle o grafici si possono ricavare entrando nella (1) con i successivi valori dei diametri commerciali dei tubi normali.

Reti di distribuzione. - Per questo argomento ci si riferisce esclusivamente al recentissimo e decisivo contributo degli studi italiani (v. Bibl.).

Lo schema delle grandi reti di distribuzione, adattabile per le piccole reti con opportune riduzioni, differisce moltissimo da quelli in uso. Le condotte sono distinte in alimentatrici e distributrici; le prime hanno l'ufficio di fornire l'acqua alle seconde, le quali debbono percorrere ogni strada dell'abitato e ricevere le prese per gli utenti.

Nelle grandi reti si ha un'alimentatrice primaria che parte dal serbatoio e percorre la zona baricentrica dell'abitato in modo da costituire un anello che si richiude al serbatoio medesimo. Se il serbatoio è terminale la primaria può svolgersi in tubazione unicursale unica.

Da punti ben definiti della primaria, detti nodi, e con andamento a essa normale, si distaccano le alimentatrici secondarie, che vanno ai punti più lontani o idraulicamente più difficili e sono destinate ad alimentare ciascuna una zona dell'abitato, delimitata con linee virtuali di separazione. Le alimentatrici secondarie sono disposte in modo da formare una rete di maglie chiuse con lati non maggiori di 900 ÷ 1000 metri.

Nelle grandi città si possono avere reti con più di una maglia primaria.

Alla periferia dell'abitato gli estremi delle alimentatrici secondarie sono collegati da un'alimentatriee speciale detta di cintura o di soccorso, disposta in modo da costituire un anello periferici, della rete.

Le distributrici si distaccano dalle alimentatrici secondarie con andamento a esse normale e sono disposte in modo da formare una rete di maglie chiuse. Distinguiamo le distributrici con servizio da incendio, destinate a collegare gl'idranti d' incendio fra loro e alle alimentatrici, e le distributrici ordinarie che percorrono ogni strada in cui non passa una distributrice da incendio.

Nelle piccole reti possono mancare le alimentatrici secondarie; la primaria può essere unicursale e in tal caso deve essere doppia se il serbatoio è di testata; le une e l'altra possono essere adibite anche come distributrici.

Per il servizio d'incendio si stabilisce che anche nel punto idraulicamente più difficile possano per lo spegnimento entrare in funzione quattro idranti, disposti a distanze non maggiori di 200 metri.

Per una città a scacchiera si può in tal modo disporre una rete di distributrici da incendio formata da maglie quadrate con lato di 200 m. e con i vertici nei crocevia. In generale per adattarsi all'andamento delle strade comunque disposte si avrà una rete con maglie deformate, restando sempre la distanza fra idrante e idrante di circa 200 metri. Questa disposizione garantisce l'alimentazione di ogni idrante da due parti.

Nella fig. 6 è riportato lo schema di una grande rete per una città ideale disposta a scacchiera.

La condotta periferica detta di cintura nelle condizioni normali di servizio compie l'ufficio di distributrice d'incendio ed equilibra i carichi tra i punti estremi delle alimentatrici secondarie ch'essa congiunge. In caso di guasti o interruzioni in un'alimentatrice secondaria l'anello di cintura assicura la continuità del servizio.

Alle distributrici d'incendio si assegna il diametro unico 125 ÷ 150 mm. fissato in base alle condizioni del servizio di alimentazione degl'idranti d'incendio. Alle distributrici ordinarie si assegna il diametro unico 60 ÷ 80 mm. consigliato dall'esperienza.

Rimangono da determinare con criterî di economia i diametri delle alimentatrici primarie e secondarie.

Il calcolo di economia per l'assegnazione di questi diametri va subordinato alle seguenti condizioni:

1. nell'ora dei massimi consumi in ogni punto della rete deve essere disponibile un carico che superi di 7 ÷ 8 m. l'altezza delle case;

2. nell'ora dei consumi minimi il carico non deve aumentare più di 10 ÷ 12 m. rispetto a quello che si ha nell'ora dei consumi massimi;

3. in ogni caso sfavorevole (grande incendio, guasto all'arteria principale, ecc.) il carico in ogni punto della rete non deve scendere sotto i 10 m., così da consentire l'erogazione nei primi piani delle case.

La prima condizione serve a determinare la quota del massimo livello d'acqua nel serbatoio; la seconda, fissata l'altezza d'acqua sul fondo del serbatoio a pieno, serve a stabilire la massima perdita di carico ammissibile nell'alimentatrice. Con la terza condizione si compie la verifica dell'efficienza della rete in condizioni eccezionali.

Si suppone la rete alimentata soltanto dalle primarie e dalle secondarie, (che per brevità indicheremo rispettivamente con f1 e f2); non si considerano le alimentatrici di cintura, venendo così a semplificare i calcoli e a costituire una condizione cautelativa.

L'erogazione lungo le condotte distributrici si ammette uniforme. Se ϑ è lo sviluppo complessivo delle distributrici, Qh è la portata totale affluente alla rete (nell'ora dei massimi consumi), l'erogazione massima sarà Qh/ϑ = eh. Si ammette che le perdite nella rete siano

Si avrà pertanto una erogazione minima Qp/ϑ = em.

Per il calcolo ci si riferisce a un'erogazione virtuale

Le erogazioni si suppongono concentrate nei nodi, che per la f1 sono i punti da cui si diramano le f2 o, dove mancano queste, i punti in cui s' immagina concentrata l'erogazione delle distributrici della zona relativa a un determinato tratto della f1. Per le f2 i nodi sono i punti, dai quali partono le distributrici più importanti.

La zona Ai fornita da ogni f2 viene delimitata con linee virtuali di separazione tracciate in modo che da una parte e dall'altra di esse rimangano eguali sviluppi di distributrici.

Se ϑi è lo sviluppo delle distributrici comprese nella Ai, la portata derivata da ciascun nodo della f1 sarà Qi = e ϑi.

L'anello primario f1 si considera scisso in due condotte unicursali che vanno ciascuna dal serbatoio al punto che risulta alimentato da ambo i rami (punto di separazione). A ciascun ramo discendente dal serbatoio si attribuisce la portata Qh/2.

Si calcola il diametro economico per ciascuno dei due rami di lunghezza L e si assume come diametro unico dell'anello f1 il maggior valore trovato.

Se si hanno m alimentatrici f2, di lunghezza L1, L2, ... Lm, ai cui estremi siano ammissibili le oscillazioni o perdite di carico Δ1, Δ2, ..., Δm, saranno da determinare i diametri D1, D2, D3, ..., Dm, oltre quello della f1 con la condizione che il costo complessivo risulti minimo.

Richiamando le note formule, il costo complessivo sarà:

Riferendoci alla seconda condizione di calcolo, la massima perdita di carico Δy ammissibile al punto estremo di una f2 risulterà dalla oscillazione di carico Δ = 10 ÷ 12 m. stabilita, diminuita dell'altezza di acqua nel serbatoio e della perdita di carico nelle distributrici (~ 2 m.).

La perdita Δy sarà data dalla somma delle perdite lungo la f1, dal serbatoio al nodo da cui parte la f2y considerata (percorso nel quale si hanno Ky nodi e quindi Ky tratti con portata Qi e lunghezza li), e di quelle lungo la f2 medesima, che ha nyKy nodi e quindi nyKy tratti con portate Qyj e lunghezze lyj.

Richiamando le formule note sarà:

si perviene alla

Risolta la quale, anche per approssimazione, si ha il diametro D della primaria. Sostituendo questo valore nelle m equazioni (1) si hanno gli m valori Dy dei diametri delle secondarie.

Con i metodi sopraesposti è stata calcolata e costruita la rete per la città di Ravenna.

Le verifiche relative alla 3ª condizione di calcolo riguardano l'eventualità sfavorevole di un grande incendio, che si sviluppi nel punto idraulicamente più difficile e nell'ora dei massimi consumi, oppure di un guasto nell'arteria principale, nel quale caso tutta la portata Qh debba affluire alla rete attraverso il ramo in efficienza.

Per la prima verifica si ammette che nel serbatoio sia disponibile la scorta d'acqua per lo spegnimento dell'incendio, col concorso di quattro idranti, della portata di l/s. 31,5 ciascuno. Salvo verifiche caso per caso, si può ammettere che lo spegnimento duri 6 ore. Se il punto in cui si verifica l'incendio è A (v. schema fig. 7), si ammette la portata d'incendio Q1 derivata dal punto 3 della f1; la portata ordinaria Qh si ammette distribuita uniformemente lungo la f1 con l'erogazione per metro lineare E = Qh/L.

La ripartizione della portata QI in ηQI e (1 − η)QI fra i due rami della f1 dal serbatoio al punto 3, si determina con la condizione che siano eguali le perdite di carico lungo i due rami medesimi. Si determina portate considerate e si verifica se è soddisfatta la condizione imposta.

Si può, dopo ciò, giudicare se i diametri determinati per le f1 e le f2 siano accettabili o debbano essere aumentati.

Per città altimetriLamente molto mosse si rende necessario dividere la rete in zone di pressione. in ciascuna delle quali i carichi piezometrici non superino i 50 ÷ 60 metri. Nel caso di due sole zune, fra la zona alta e la zona bassa si potranno interporre alcune z'alvoie riduttrici di pressione, che possano essere escluse, con disposizioni opportune, in caso d'incendio nella zona bassa. Se si hanno più zone di pressione si potrà fare un servizio indipendente per gruppi di zone alte e basse, mediante serbatoi separati.

Condotte per forza motrice.

Queste condotte realizzano il salto motore negl'impianti idraulici per forza motrice. Esse hanno origine da un bacino di carico oppure da una vasca di oscillazione detta anche pozzo piezometrico e discendono ai motori idraulici, installati nell'edificio di utilizzazione. Per i bacini di carico, le vasche di oscillazione e loro calcolo, v. derivazione.

Il salto motore può essere costituito da una o più condotte che fanno capo direttamente alle motrici idrauliche oppure terminano nel distributore o collettore, dal quale partono le derivazioni per le macchine. Per i varî tipi di collettori e loro organi accessorî di manovra e di sicurezza v. la Bibliografia.

Le tubazioni prevalentemente usate sono quelle metalliche, in acciaio o in ferro (senza saldatura, chiodate o saldate), costituite da elementi lunghi intorno a 6 m. uniti fra loro. Si usano anche tubazioni di cemento armato e, specialmente in America, di legno cerchiate di ferro (v. tubi).

Le condotte sono interrate solo nei casi rarissimi in cui si temano gli effetti del gelo o della caduta di massi; generalmente sono posate allo scoperto su appoggi discontinui (uno per ogni elemento o tubo), e seguono l'andamento del terreno opportunamente sistemato a tratti di pendenza uniforme (livellette). Gli appoggi sono costituiti da pilastri in muratura, larghi, secondo l'asse della tubazione, m. 0,60, con la faccia a monte normale all'asse della tubazione e la faccia a valle verticale.

All'appoggio, tra muratura e tubazione, s'interpone una guarnizione metallica. Generalmente questa è costituita da una lamiera estesa a tutta la faccia superiore del pilastro, stampata in modo da fasciare il tubo per una data apertura angolare, che può raggiungere 120°. La lamiera è connessa alla muratura mediante un ferro piatto chiodato nel mezzo della lamiera medesima e ripiegato come in fig. 8.

Si realizza pure una buona disposizione di appoggio collocando su la faccia superiore del pilastro, e parallelamente all'asse longitudinale della tubazione, due ferri profilati a bulbo (rotaie) fissati alla muratura, sui quali la tubazione appoggia per mezzo di ferri intermedî o pieducci. Questa disposizione ha il vantaggio di fissare i luoghi di applicazione delle reazioni di appoggio e assicurare che queste risultino pressoché parallele al piano verticale per l'asse della tubazione. La precedente invece obbliga a stabilire ipotesi arbitrarie circa la distribuzione delle reazioni di appoggio.

Talvolta, si realizza l'appoggio con l'interporre rulli tra il tubo e la guarnizione di lamiera.

Stabilità delle condotte. - Le spinte che si producono in tutti i cambiamenti di direzione o di pendenza, comunque realizzati, debbono essere contrastate mediante murature (blocchi d'ancoraggio) opportunamente disposte e calcolate, che si oppongano con il proprio peso alle spinte medesime o riportino le risultanti al terreno in modo che questo non abbia cedimenti sensibili. La tubazione viene ancorata rigidamente alle dette murature, realizzando così i punti fissi della condotta, i quali non dovranno subire spostamenti né per effetto delle pressioni, né per effetti termici.

Tra i punti fissi realizzati nei cambiamenti di direzione e di pendenza s'interpongono altri punti fissi, quando occorra dividere in parti gli sviluppi diritti della tubazione, in modo da contenere entro limiti opportuni gli sforzi assiali. A valle di ogni punto fisso, quando la tubazione abbia giunzioni rigide, si colloca un giunto di dilatazione; a monte un passo d'uomo, quando il diametro della tubazione sia sufficientemente grande (fig. 9).

Per i giunti di dilatazione e i passi d'uomo v. tubi.

La muratura di contrasto o blocco d'ancoraggio circonda la tubazione completamente o solo in parte e per un'apertura angolare di 120 ÷ 150°.

Nel secondo caso la tubazione è fissata al blocco mediante cravatte di ferro che cingono il tubo e s'immergono nella muratura o mediante altre simili disposizioni. Questo sistema presenta notevoli difetti.

Tende a generalizzarsi l'uso della muratura che circonda per intero la tubazione. Nei punti fissi, così realizzati, l'ancoraggio viene compiuto mediante anelli di ferro angolare di opportuna larghezza, saldati alla tubazione e incastrati nella muratura. Ove l'ancoraggio così costituito risulti insufficiente, si adopera un supporto di base o collare reggispinta che circonda la tubazione e appoggia sulla faccia a monte del blocco murario. Per un punto fisso in un tratto rettilineo della tubazione, la sezione della muratura è come in fig. 10.

La distanza tra i punti fissi lungo un tratto rettilineo viene praticamente indicata non superiore a m. 200. In ogni caso tale distanza va determinata con la condizione che le pressioni interne specifiche normali alle sezioni trasversali dei tubi non superino un carico di sicurezza opportunamente più basso del valore che si accetta per le costruzioni metalliche.

Per determinare le dette pressioni interne occorre prendere in esame le forze esterne agenti sul tratto di tubazione considerato e cioè la componente assiale del peso del tratto medesimo e dell'acqua in esso contenuta, diminuita della differenza tra le pressioni dell'acqua nelle sezioni trasversali superiore e inferiore del tratto e inoltre le forze che si generano per l'impedita dilatazione o contrazione dovute a cause termiche.

Altri provvedimenti da adottarsi per fronteggiare inconvenienti dovuti a cause termiche, sono i seguenti.

In caso di temporanea sospensione dei deflussi in periodi di grandi freddi, per impedire il congelamento dell'acqua entro le tubazioni, è necessario conservare in esse una portata minima di deflusso che può essere stabilita mediante la formula di Boucher:

dove ϑ è la più bassa temperatura dell'aria, T la temperatura dell'acqua all'imbocco, S è la superficie esterna della tubazione.

Contro gli effetti del non uniforme scaldamento solare della condotta, qualora essa debba rimanere temporaneamente vuota nella stagione calda, si provvede col dipingere le facce esterne delle tubazioni in bianco o con colori chiari.

Dispositivi di sicurezza. - In condizioni particolari di funzionamento, le pressioni interne nella condotta possono diventare minori di quelle esterne. Le condizioni più sfavorevoli da considerare sono quelle conseguenti a guasti o rotture che producono deflussi con portate superiori a quelle massime di regime.

All'imbocco della tubazione sono disposti generalmente due organi otturatori, uno comandato e uno automatico. Questo è di solito costituito da una valvola a farfalla, mossa da un contrappeso o a mezzo della pressione idraulica. Superando l'acqua una velocità opportunamente fissata, la valvola si chiude e impedisce che le portate superino un determinato valore.

Chiudendosi la valvola e permanendo le dette condizioni di deflusso anormale, si formerebbe il vuoto a valle della valvola medesima e la tubazione verrebbe a trovarsi esposta all'effetto del massimo valore della differenza tra la pressione esterna e l'interna. Gli spessori assegnati alla tubazione potrebbero in tali condizioni non essere sufficienti per assicurarne la resistenza. Per impedire la formazione del vuoto si colloca subito a valle della valvola una disposizione di sfiato, costituita da una tubazione verticale o colonna piezometrica (fig. 11) derivata dalla condotta e prolungata fino al più alto livello piezometrico nel detto punto.

Salvo opportune verifiche, il diametro della colonna piezometrica si assegna in un terzo di quello della condotta. Non è consigliabile sostituire alla colonna piezometrica uno sfiato automatico a grande luce o altre valvole di rientrata d'aria.

Occorre inoltre disporre l'asse della condotta in modo che non sia incontrato dalla linea piezometrica per le condizioni più pericolose di deflusso. Ove ciò non fosse possibile si dovrà provvedere la tubazione di sfiati automatici a grande luce, collocati all'estremo, a monte dei tratti nei quali si produrrebbe la depressione. Questa disposizione non è tuttavia sicura è perciò converrà supporre gli sfiati ineffcienti e compiere le opportune verifiche di resistenza della tubazione al prevalere delle pressioni esterne. Per il buon funzionamento idraulico della condotta è poi sempre necessario disporla altimetricamente in modo che la linea piezometrica per la maggior portata di regime non venga mai a incontrare l'asse della tubazione.

Formule per il calcolo delle condotte. - Per le condotte metalliche, stabilito che si possa praticare la pulitura interna a opportuni intervalli di tempo, valgono le formole (a) e (b) date per le condotte d'acqua potabile; per le condotte in cemento armato è applicabile la formola del Fantoli. Per le condotte in legno v. Bibl.

Calcolo dei diametri economici. - Si è già detto che il problema generale della distribuzione dei diametri in una condotta a gravità essendo note la perdita di carico Δh, e la portata Q, ha una soluzione particolare nel caso di impianti di forza motrice, in cui i carichi piezometrici vengono fissati preventivamente in base alla linea piezometrica di moto perturbato.

È noto che negl'impianti di forza motrice la regolazione dei deflussi ai motori, si compie mediante otturatori muniti di dispositivi che rendano possibile una chiusura graduale. Liò si ottiene nelle ruote Pelton mediante i deviatori del getto e gli otturatori a spina; nelle turbine mediante le valvole sincrone connesse coi distributori. L'uno e l'altro dispositivo provvedono alla necessaria e rapida riduzione dei deflussi attraverso al motore, deviando l'acqua in eccesso che continua a giungere dalla condotta. Provvedono poi, chiudendosi gradualmente, a che nella condotta il passaggio dalla maggior portata alla portata nulla avvenga in un tempo T, prestabilito in modo che le sovrapressioni all'otturatore risultino opportunamente inferiori a quelle di chiusura istantanea.

I costruttori di motori idraulici forniscono le garanzie civica la sovrapressione all'otturatore, che non sarà oltrepassata, in dipendenza del funzionamento dei detti dispositivi. Di solito la maggior sovrapressione all'otturatore viene fissata nel 10% della pressione statica per le tubazioni che alimentano ruote Pelton munite di deviatori del getto, e nel 15 ÷ 20% della pressione medesima in quelle che alimentano turbine a reazione munite di valvole sincrone.

Disponendo di otturatori a chiusura graduale, le sovrapressioni Sm corrispondenti alle condizioni più pericolose di moto perturbato si ottengono moltiplicando la sovrapressione di chiusura istantanea ρVu per il rapporto tra il tempo di durata della sovrapressione di chiusura istantanea

e il tempo T di durata della chiusura graduale:

essendo L la lunghezza della condotta, V la celerità di propagazione delle sovrapressioni, u la velocità di regime dell'acqua nella condotta, s le ascisse assiali contate nel senso positivo dall'otturatore (s = 0) all'imbocco della tubazione (s = s1). Le maggiori pressioni lungo la condotta risulteranno aggiungendo le Sm alle pressioni statiche per la maggiore altezza del livello di alimentazione. I carichi da considerare per il calcolo degli spessori delle tubazioni risultano pertanto dipendenti solo dalle ascisse assiali s e perciò il costo della tubazione sarà

La portata Q è variabile solo col tempo, cosi che per un determinato intervallo Δt di riferimento, può ritenersi Q = cost.

La successione degli spessori e delle tubazioni metalliche è rappresentabile con l'espressione

Il peso per metro lineare di tubo si può porre sotto la forma

con df = peso specifico del metallo.

Per gli svolgimenti relativi alla rappresentazione della successione degli e, v. tubi. Il costo C può quindi esprimersi con

Richiamando l'espressione già data per il costo C1, fatte le opportune ostituzioni si ricava

Per i varî spessori e di assortimento delle lamiere del commercio, variabili di mm. in mm., mediante la (β) si determinano i D corrispondenti e quindi i valori e/D. Dalla formola di Mariotte

in cui p è la pressione, η è il grado di efficienza della chiodatura o saldatura longitudinale della tubazione, K il carico di sicurezza alla trazione, si ricavano i corrispondenti valori di p.

Diviso il profilo della tubazione in tratti per ciascuno dei quali il limite superiore della pressione sia p, si hanno per ciascun tratto i valori di e e di D. Compiuta questa prima determinazione si può procedere a un calcolo di verifica tenendo conto dei momenti flettenti dovuti al peso del tubo e dell'acqua. Per i procedimenti relativi, v. tubi. Con i procedimenti indicati risulta che i diametri diminuiscono col crescere di p.

Il costo dei tubi chiodati in genere, a parità di diametro interno e di spessore, è inferiore a quello dei tubi saldati. È perciò necessario esaminare, procedendo dalle maggiori alle minori pressioni, se le tubazioni chiodate possano essere adoperate su tutta la lunghezza della condotta o solo per una parte. Per i procedimenti da seguire a tale scopo v. Bibl.

Bibl.: L. Conti, Acquedotto di Siena dalle Sorgenti del Vivo (Relazione tecnica), Siena 1905; id., Sul regime uniforme nelle condotte d'acqua a sezione circolare, Siena 1910; G. Fantoli, Relazione di giudizio intorno ai calcoli delle condotte forzate metalliche e di cemento per la rete dell'Acquedotto pugliese, Genova 1910; H. Mannes, Die Berechnung von Rohrnetzen städtischer Wasserleitungen, Monaco 1912; L. Conti, Nuova formola sul regime uniforme nelle condotte d'acqua a sezione circolare, Roma 1913; id., Disposizioni e procedimenti particolari usati nella costruzione dell'Acquedotto di Siena, Siena 1913; Società ital. tubi Togni, Norme e dati sulle condotte forzate, Brescia 1913; F. Marzolo, Le condotte forzate in legno, in Riv. ing. ferr. e LL. PP., 1919; Durand, Hydraulics of pipe lines, Londra 1921; P. Santo-Rini, Le calcul rationnel des élements d'une conduite forcée en metal, Grenoble 1921; D. Eydoux, Hydraulique industrielle et usines hydrauliques, Parigi 1921; L. Conti, Condotte forzate (in litografia), Roma 1922, I; id., Condotte adduttrici (in litografia), Roma 1924; Mortara, La determinazione dei diametri delle condotte forzate coniche, in Elettrotecnica, 1922; Foltz, Calcolo economico delle tubazioni di acqua potabile e delle reti di distribuzione cittadine, Milano 1925; L. Conti, Pratica delle condotte forzate. Assegnazione dei diametri, in Annali LL. PP., III (1926); Degove, Utilisation des forces hydrauliques, Parigi 1926; Di Ricco, Pratica delle condotte forzate. Assegnazione dei diametri, in Annali LL. PP., IX (1926); Scobey, Flow of water in 54 inch concrete conduit, 1926; L. Conti, Reti di distribuzione (in litografia), 1928; De Marchi, Idraulica, I, Milano 1930; Bellometti, Le moderne condotte forzate metalliche per impianti elettrici, Milano 1930; Marinoni, Condotte elastiche in roccia, in Energia elettrica, III; F. Neri, Acqua potabile, Torino 1930.

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