CONCIMI

Enciclopedia Italiana (1931)

CONCIMI

Riccardo OLIVERI
Francesco SCURTI
Arrigo RASTELLI

. Si dicono concimi quelle sostanze, naturali o artificiali, che per la loro composizione chimica sono capaci di conferire al terreno agrario un più alto grado di fertilità, sia che lo arricchiscano di materiali nutritivi originariamente assenti o in difetto, sia che ad esso restituiscano il materiale sottratto da precedenti raccolti. L'uso razionale dei concimi e la creazione o sviluppo delle industrie dei fertilizzanti datano da poco più che mezzo secolo e precisamente dall'epoca in cui per opera del Liebig (1840) trionfava sulle vecchie idee intorno alla nutrizione dei vegetali la cosiddetta teoria minerale, che affermava decisamente l'importanza dell'anidride carbonica, dell'ammoniaca, degli acidi solforico e fosforico, del magnesio, del ferro ecc. nella vita delle piante.

Prima del Liebig, risalendo anche fino ai primordî dell'agricoltura, le sole sostanze alle quali si attribuissero qualità fertilizzanti si riassumevano nello stallatico e in genere nelle materie escrementizie. E sebbene già nel sec. XVI il Palissy (1550) avesse spiegato l'azione del letame con la presenza in esso di sali solubili, e più tardi (1780) Leblanc e poi Sprengel avessero affermata l'importanza dell'ammoniaca e dei sali minerali nella nutrizione vegetale, le loro idee furono sopraffatte dalla teoria dell'humus secondo cui questo prodotto della fermentazione e putrefazione dello stallatico sarebbe idoneo da solo a provvedere ai processi di nutrizione.

Questa teoria nella prima metà del secolo scorso trovò validi sostenitori soprattutto in Germania e in Francia. Liebig invece sostenne che le materie escrementizie esercitavano la loro azione benefica per il tramite dei prodotti inorganici che si rendono liberi nella loro fermentazione; avrebbero agito cioè per l'anidride carbonica proveniente dal carbonio organico, per l'ammoniaca e i nitrati provenienti dall'azoto organico, per il fosforo e la potassa che si liberano dalle combinazioni organiche e cosi via. E allora, piuttosto che somministrare al terreno stallatico e niente altro che stallatico, più conveniente appariva la somministrazione diretta di quei sali inorganici che le piante sottraggono al terreno e che si riconoscono costantemente nelle ceneri dei vegetali.

La teoria del Liebig avvalorata da un largo corredo di dati sperimentali, finì per imporsi al mondo scientifico e in breve volgere di anni trovò largo consenso. Da essa trasse origine l'industria dei concimi che si estese e va assumendo sempre maggiore estensione in tutti i paesi civili: e col progredire di questa industria progredirono e si estesero le ricerche di laboratorio e di campo sulle qualità specifiche delle diverse materie concimanti sull'epoca più opportuna per la loro somministrazione, sulle quantità da somministrare a seconda della natura del terreno e della coltivazione ecc. Si venne così a creare uno dei più importanti capitoli della chimica agraria, fecondo di risultati, i quali hanno permesso in epoca recente di varcare i limiti segnati dalla teoria di Liebig e di restituire anche il suo valore alla materia organica del terreno, all'humus. Oggi infatti sappiamo che alla nutrizione delle piante partecipano non solo i composti inorganici enunciati da Liebig, ma lo stesso humus la cui natura e costituzione è stata in gran parte illustrata, e poi i colloidi e i numerosi bacterî del terreno. E ciò prescindendo dall'utilizzazione diretta dell'azoto atmosferico e dai processi di assimilazione dell'anidride carbonica dell'aria.

Qui dunque non si dirà soltanto dei concimi inorganici naturali e sintetici, ma si darà uno sguardo sommario a tutte le materie fertilizzanti, tenendo presente che alcune di esse non provvedono solo al processo di restituzione delle sostanze asportate coi raccolti, ma hanno anche valore di ammendamenti e concorrono a modificare favorevolmente le proprietà fisiche e chimiche del terreno.

Classificazione dei concimi. - Le materie fertilizzanti si dividono in due grandi categorie: quella dei concimi generali o complessi e quella dei concimi speciali. I primi si suddividono in: a) concimi di origine animale; b) concimi di origine vegetale; c) concimi misti. I concimi speciali si dividono in: d) concimi azotati; e) concimi fosfatici; f) concimi potassici. Ciascuno di questi gruppi conta un numero più o meno notevole di rappresentanti, riassunti nello specchietto alla seguente pagina.

a) Concimi di origine vegetale. - L'importanza della paglia, del fogliame e di altri residui vegetali come materie fertilizzanti risulta dal loro contenuto in azoto, acido fosforico e potassa, da esse sottratto al terreno e che al terreno conviene restituire. Si utilizzano nel miglior modo lasciandole macerare con colaticcio; costituiscono un ottimo concime organico prevalentemente azotato. Lo stesso si dica delle piante palustri costituenti i cosiddetti strami e falaschi, e che, usati come lettiera, forniscono un buon concime soprattutto ai terreni calcarei che ne favoriscono la decomposizione.

A queste materie vegetali si riannodano le torbe, nelle quali è già compiuta quella decomposizione iniziale che negli strami e falaschi occorre provocare artificialmente (lettiere); esse contengono una discreta quantità di potassa e di acido fosforico, ma soprattutto costituiscono una ricca fonte di azoto (v. humus). Altrettanto importanti sono le piante marine, le quali, a parte le materie organiche e inorganiche del loro organismo, portano nel terreno abbondanti residui di animali marini ad esse aderenti. S' impiegano dopo un conveniente lavaggio che ha lo scopo di asportare il cloruro di sodio nocivo alla vegetazione: poi o si sotterrano allo stato fresco o si ammucchiano e si lasciano fermentare. In quest'ultimo caso si va incontro a perdite di azoto. Altre piante finalmente, scelte tra quelle di pronta vegetazione, a lunga radice e a ricco fogliame, s'impiegano nella pratica del sovescio. Sono per lo più leguminose che godono della proprietà di assimilare l'azoto atmosferico e di questo azoto arricchiscono il terreno.

Da tempo si utilizzano anche i residui delle industrie agrarie; così p. es. i sottoprodotti dell'industria degli oli grassi, che sono messi in commercio sotto forma di panelli, i sottoprodotti dell'industria dell'alcool, dell'amido, dello zucchero. In essi come elemento fertilizzante prevale l'azoto. Nei panelli ad esempio contenenti all'incirca l'80% di materia organica, si riscontra dal 4 al 6% di azoto e un contenuto notevolmente più basso di anidride fosforica e di potassa.

b) Concimi di origine animale. - Le deiezioni animali (liquide e solide) costituiscono un concime organico ricco di azoto, meno ricco di potassa e di fosforo. L'azoto e la potassa si riscontrano prevalentemente nelle urine, il fosforo nelle deiezioni solide.

Si utilizzano le deiezioni umane liquide e solide e quelle degli animali bovini, equini e suini. Della loro ricchezza in principî fertilizzanti fanno fede i seguenti dati analitici:

In pratica trovano impiego le deiezioni umane dei pozzi neri e delle acque cloacali, la cui composizione si allontana notevolmente da quella originale a cagione della maggiore o minore concentrazione o diluizione. Più usate sono le deiezioni animali, che o giungono al terreno direttamente, come nel sistema della stabbiatura (concentrazione di animali pascolanti in una porzione limitata di terreno) o vi giungono sotto forma di stallatico.

A questo tipo di concimi si riconnettono i guani o miscele di escrementi di uccelli con penne e residui degli stessi volatili e dei loro alimenti, per lo più pesci. Si distinguono guani azotati, guani fosfatici, guani di pipistrelli e guani artificiali. Questi ultimi sono ottenuti da escrementi umani e residui organici di varie industrie. Il cosidetto guano nativo e il guano di pesci appartengono a questa categoria. Famoso tra i guani quello originario del Perù, segnalato da A. von Humboldt nel 1804 e da quell'epoca largamente sfruttato. È un concime prevalentemente fosfatico, contenendo in media il 9,19% di fosforo di fronte al 2-3% di potassio. L'importanza dei guani va però continuamente diminuendo per l'esaurirsi dei depositi e il contrarsi della produzione.

Sono finalmente da ricordare la pollina o escrementi di polli, e la colombina o escrementi di colombo. Entrambi ricchi di azoto e di fosforo riescono efficaci nella concimazione degli orti. Contengono: la pollina 2,5% di azoto e 1% di anidride fosforica; la colombina 7% di azoto e 4% di anidride fosforica.

c) Concimi misti. - Rappresentante tipico di questo gruppo è il letame o stallatico dovuto all'assorbimento delle deiezioni animali da parte della lettiera e ai successivi processi di fermentazione o maturazione. Questi processi inducono profonde modificazioni nella mescolanza originaria, ma gran parte dei componenti organici, in particolare l'urea e l'acido ippurico, dànno luogo ad anidride carbonica ed ammoniaca, mentre una piccola parte dell'azoto passa allo stato libero. A queste modificazioni presiedono due gruppi di bacterî: un primo gruppo che agisce sulla materia azotata, un secondo gruppo che agisce sulla cellulosa della paglia o di altro materiale che costituisce la lettiera. L'attività di questi bacterî si svolge attraverso due fasi: la prima (fermentazione) è caratterizzata da una grande vivacità di reazione con innalzamento di temperatura e perdita di azoto; la seconda da un graduale rallentamento del processo di decomposizione e da una diminuzione di peso dovuta ad un processo di distruzione della sostanza organica.

Intanto la materia organica azotata si trasforma in composti ammoniacali e questi per azione dei fermenti nitrici subiscono la nitrificazione. Da ultimo si sarà perduta una certa quantità di azoto e di potassa, ma in compenso si avrà una maggiore disponibilità di sostanze assimilabili e quindi un'azione più rapida e più energica del concime. Ecco la composizione di un letame fresco in confronto con quello dello stesso letame giunto a maturazione:

ll letame maturo, convenientemente sparso nei campi ed interrato, completa il suo ciclo: la sua sostanza azotata, rimasta in parte inalterata durante la maturazione, sarà via via ammonizzata e l'ammoniaca condurà ad acido nitrico.

Fra i concimi misti sono da comprendere anche terricciati o composte e le spazzature di strada. I terricciati o mescolanza di terreno e letame provvedono alla conservazione del letame e ad una più completa maturazione di esso, senza perdite di azoto. Le spazzature di strada soprattutto nelle grandi città rappresentano una risorsa preziosa per l'agricoltura e sarebbe desiderabile che un po' dappertutto esse fossero razionalmente impiegate.

d) Concimi azotati. - Sono concimi speciali o semplici, cioè apportatori di un solo elemento fertilizzante; comprendono i nitrati di sodio, di potassio e di calcio che vanno sotto il nome di concimi nitrici; il cloruro, il solfato e il nitrato di ammonio che vanno sotto il nome di concimi ammoniacali e finalmente la calciocianamide, l'urea, ecc. o concimi azotati organici.

L'impiego di questi prodotti risponde perfettamente ai bisogni delle piante e alla necessità di arricchire il terreno in azoto assimilabile: praticamente i tre tipi accennati conducono ad uno stesso risultato finale in quanto l'azoto ammoniacale subisce la nitrificaione biologica e l'azoto organico subisce prima l'ammonizzazione e finalmente la nitrificazione: vi è differenza per altro nell'efficacia e prontezza di azione dei nitrati in confronto dei sali ammonici e dell'azoto organico e differenza ancora più notevole nel loro comportamento rispetto al potere assorbente del terreno. I nitrati infatti agiscono prontamente, ma il potere assorbente del terreno rispetto a questi sali è pressoché nullo. Nei terreni acquitrinosi o da sommergere od in ogni caso esposti all'eventualità di precipitazioni atmosferiche i nitrati verrebbero dunque dispersi.

L'azoto ammoniacale invece è del tutto assorbito e come tale non è suscettibile di dispersione; ma i suoi effetti non sono immediati, restando subordinati all'attività maggiore o minore dei bacterî nitrificanti e alle condizioni del terreno più o meno favorevoli alla nitrificazione. Lo stesso si dica dell'azoto organico dal momento in cui esso ha subìto l'ammonizzazione.

La calciocianamide subisce invece la seguente evoluzione: in un primo tempo per azione dell'acqua e dell'anidride carbonica si decalcifica, trasformandosi in carbonato di calcio e cianamide: in un secondo tempo per azione dei colloidi del terreno si trasforma in urea: in un terzo tempo per azione degli stessi colloidi e in parte per attività biologica del terreno si trasforma in carbonato di ammonio. La calciocianamide rappresenta il primo prodotto industriale che abbia permesso l'utilizzazione dell'azoto atmosferico e che abbia rimosse o attenuate le preoccupazioni di un prossimo esaurimento delle nitriere naturali. La preparazione sintetica dell'acido nitrico e dell'ammoniaca oggi hanno risolto definitivamente l'assillante problema.

e) Concimi fosfatici. - Sono anch'essi concimi speciali o apportatori di un solo elemento fertilizzante, il fosforo. Comprendono le ossa, le fosforiti, le coproliti, i fosfati concrezionati o agglomerati, le conchiglie fossili, le apatiti, le crete e le sabbie fosfatiche, ecc. cioè tutti i fosfati naturali di origine organogena; comprendono inoltre i perfosfati e le scorie fosfatiche. Dei primi diciamo subito che la loro utilizzazione dipende dalla maggiore o minor ricchezza in fosforo o dalle possibilità di arricchirli; che si sogliono perciò distinguere in fosfati ricchi (30-35% di anidride fosforica) e fosfati poveri (25-30% di anidride fosforica). Ma in esse l'acido fosforico è contenuto allo stato di fosfato tricalcico Ca3 (Po4)2, composto insolubile e che può essere assimilato solo con lentezza. L'utilizzazione diretta quindi, se anche si tratti di fosfati ricchi, non conduce a risultati immediati; da ciò l'opportunità di trasformarli in perfosfati o prodotti solubili, costituiti prevalentemente da fosfato bicalcico e monocalcico con tracce di acido fosforico libero.

A questo risultato conduce l'industria dei perfosfati, sorta per opera del Lawes (Rothamsted 1842), che primo produsse come articolo di commercio i perfosfati di coprolite in applicazione dei suggerimenti del Liebig, il quale aveva osservato che il potere fertilizzante dei fosfati minerali si eleva notevolmente quando siano trattati con acido solforico.

Altra sorgente importante di anidride fosforica è costituita dalle scorie fosfatiche o prodotti secondarî della metallurgia del ferro; fra tutte più importanti le scorie Thomas. Qui pure l'anidride fosforica è contenuta allo stato di fosfato insolubile, donde le gravi controversie sulla loro diretta utilizzabilità o sulla convenienza di trasformarle in perfosfati come si fa con le fosforiti; ma ad ogni idea di lavorazione conviene rinunziare soprattutto per ragioni economiche. Del resto fu facile dimostrare che, quando siano ridotte allo stato di polvere sottile, l'assimilabilita delle scorie fosfatiche si compie con regolarità e sufficiente rapidità. Le scorie Thomas, in quanto contengono calce libera, concorrono anche a modificare la reazione ed i caratteri fisici e chimici del terreno funzionando anche da ammendamento calcico.

Dal punto di vista del potere fertilizzante dei fosfati naturali o artificiali valgano le seguenti osservazioni:

1. I fosfati monometallici solubili, come il fosfato monocalcico, esercitano un'azione fertilizzante piena ed immediata paragonabile a quella dei fosfati alcalini.

2. L'azione fertilizzante dei fosfati bimetallici è meno rapida che non nei casi precedenti e risente notevolmente delle condizioni del terreno considerate dal lato chimico, fisico e biologico.

3. L'azione fertilizzante del fosfato tricalcico cristallino è assai debole, quella dei composti amorfi è di gran lunga superiore, pure essendo collegata a un gran numero di fattori che esercitano notevole influenza sul grado di assimilabilità di quei minerali.

f) Concimi potassici. - La restituzione della potassa sottratta al terreno agrario dai raccolti ha luogo in parte pel tramite del fogliame e dei residui vegetali abbandonati nel terreno, o pel tramite dei concimi complessi, dei quali si è detto più sopra e che derivano dal mondo organico animale e vegetale o dai residui di molte industrie. Ma lo sviluppo della concimazione potassica diretta non solo alla restituzione, ma all'arricchimento del suolo agrario in composti potassici assimilabili, data dallo sfruttamento dei giacimenti di sali potassici solubili e dall'impiego di alcuni minerali o rocce ricche di potassa, più o meno resistenti ai processi di disgregazione, ma tuttavia utilizzabili o direttamente o previa lavorazione. Citiamo tra i primi i giacimenti di Stassfurt presso Magdeburgo utilizzati dal 1850 e i giacimenti alsaziani e catalani di più recente sfruttamento; tra i secondi la leucite e le rocce leucitiche che più particolarmente interessano l'Italia.

La serie dunque dei concimi potassici si è venuta complessivamente allargando e dai concimi complessi (alghe, stallatico, cenere di legna, sottoprodotti dell'industrie tartariche, morchie, salino potassico, acque di lavaggio della lana, acque madri delle saline, ecc.) si va ai concimi speciali, carnallite, kainite, silvinite, ecc. e ai cosiddetti sali concentrati o sali puri prevalentemente costituiti da cloruro e solfato potassico, al carbonato potassico delle ceneri e del salino, alla leucite, ecc

Sull'efficacia immediata dei composti solubili non occorre qui insistere: osserviamo soltanto che, mentre il carbonato e il solfato rispondono ottimamente ai fini della fertilizzazione, il cloruro, soprattutto quando sia somministrato ad alte dosi, esercita sull'argilla un'azione defloculante, la quale se non si arresta alla superficie, ma penetra negli strati inferiori del terreno, finisce per riuscire nociva. Sull'azione fertilizzante dei minerali potassici insolubili l'ultima parola non è stata ancora detta. Comunque la lunga serie di esperienze eseguite in campo e in laboratorio sul loro comportamento conducono a un dipresso alle stesse conclusioni di cui si è detto per i fosfati insolubili: e cioè la mobilizzazione della potassa si compie più o meno lentamente a seconda della natura del minerale, delle condizioni di temperatura, dell'acidità del terreno e della superficie di attacco, per cui la somministrazione diretta del minerale insolubile richiede anzitutto la riduzione di esso in polvere sottile. Sull'attacco preventivo di questi minerali e sulle trasformazioni chimiche di cui sono suscettibili, anche ai fini dell'agricoltura, si veda alle voci speciali e particolarmente alla voce leucite.

Bibl.: P. P. Dehérain, Traité de Chimie agricole, Parigi 1892, p. 545; J. Dumond, Les matières humiques du sol. La technique des engrais, Parigi 1908; E. Mayser, Microbiologie agricole, Parigi 1908; C. V. Garola, Engrais, Parigi 1908; H. Bocher, Utilisation des détritus des villes, in Bull. de la Soc. des agriculteurs de France, maggio 1912; J. Dumond, Sur l'emploi rationnel des superphosphates, C. R. t. 148, 1909; F. Scurti, L'impiego dei concimi naturali poco solubili. Le fosforiti, in Annuario della R. Stazione chimico-agraria di Torino, vol. X, 1926-28, p. 224.

L'industria dei concimi speciali.

Si è già accennato che l'industria dei concimi speciali risale al 1842. Nel 1871 nella sola Inghilterra si contavano già 1200 fabbriche di concimi fosfatici. Nel 1912 la produzione mondiale dei soli perfosfati raggiungeva i 10 milioni di tonnellate.

In Italia, per quanto si sia incominciato tardi, si è riguadagnato rapidamente il tempo perduto e mentre nel 1870 esistevano due sole fabbriche di concimi artificiali, nel 1912 si era al quarto posto fra i produttori del mondo e presentemente siamo al terzo dopo gli Stati Uniti e la Francia. L'andamento della produzione e del consumo mondiale è stato, nei recenti anni, il seguente:

Questi quantitativi sono però ancora lontani dalle vere necessità dell'agricoltura moderna. Occorre in genere e più particolarmente in Italia, un maggior consumo di concimi, affinché la produzione agricola possa soddisfare i bisogni sempre crescenti dei popoli.

Concimi fosfatici. - Per ottenere effetto immediato e sicuro dalla concimazione fosfatica, si deve ricorrere a prodotti nei quali l'acido fosforico ha forma solubile. È vero che il fosfato solubile una volta diffuso nel terreno ritorna allo stato tricalcico per effetto dei carbonati terrosi coi quali reagisce, ma è pur vero che questo fosfato riprecipita in tale stato di suddivisione da essere facilmente e completamente attaccato anche dai solventi deboli, come l'acido carbonico e gli acidi organici contenuti nel terreno.

Perfosfati. - I perfosfati sono appunto concimi fosfatici nei quali il fosforo ha forma solubile. Essi si ottengono trattando con acido solforico i fosfati di calcio naturali contenenti fosforo allo stato insolubile. Nelle prime fabbriche di perfosfato vennero trattati esclusivamente fosfati d'ossa e soltanto più tardi il trattamento con acido solforico si applicò a tutte le specie di fosfati minerali (apatiti, fosforiti, noduli, scorie, ecc.). Il più largo e importante contributo all'industria dei concimi fosfatici è però dato dalle fosforiti.

Esse sono minerali fosfatici molto differenti gli uni dagli altri, ma tutti di natura sedimentare e di origine biologica. Furono scoperti per la prima volta in Inghilterra nel 1822 e poi le ricerche si estesero ovunque: nella Francia settentrionale, nel Belgio, nella Spagna e quindi nella Tunisia, Algeria, Florida, Canada, Marocco, ecc.

Le fosforiti derivano da residui animali accumulatisi in tempi relativamente recenti, tanto che è facile riscontrare in alcuni giacimenti la forma delle ossa e degli escrementi (coproliti) degli animali dai quali provengono. Questi accumulamenti si sono formati o nelle caverne, dove probabilmente gli animali si ricoveravano per difendersi dall'inclemenza del clima o in mari aperti come dev'essere avvenuto per gl'importantissimi giacimenti dell'Algeria e Tunisia e per i giacimenti della Florida. Per questi ultimi, che hanno estensioni di centinaia di chilometri e nei quali si riscontrano soltanto rari resti fossili, si ammette che debba esservi stato il concorso di organismi capaci di fissare il fosfato di calcio contenuto in soluzione nel mare, come esistono oggi esseri viventi capaci di fissare l'iodio, la silice, il carbonato di calcio, ecc. Debbono cioè essersi formati potenti banchi fosfatici sui quali venivano depositandosi le spoglie e gli escrementi degli animali marini delle specie superiori.

I giacimenti di fosforiti più importanti sono quelli dell'Africa francese (Algeria, Tunisia, Marocco) e quelli degli Stati Uniti (Florida e Tennessee). Da essi l'industria superfosfatiera del mondo attinge la quasi totalità delle fosforiti che le occorrono.

In Italia non vi sono giacimenti di fosforiti. Si trovano qua e là piccole accumulazioni di resti fossili senza importanza pratica. Neppure nelle nuove colonie si sono trovati giacimenti di fosfati minerali. I supposti giacimenti di Derna e Cirene non hanno dato finora risultati industriali trattandosi di minerali troppo poveri.

Come si è visto, la prima fabbrica di perfosfati sorse in Inghilterra. Poi man mano che la diffidenza degli agricoltori contro i concimi chimici veniva vinta dall'evidenza dei risultati questa industria si sviluppò dappertutto.

Le prime fabbriche consistevano in semplici tettoie, senza macchinario. La bagnatura del fosfato si faceva a mano in fosse di muratura della capacia di 2 mc. circa; il rimescolamento del fosfato con l'acido veniva fatto con zappe dai lunghi manici ma per quanto si cercasse di lavorare con la massima rapidità la massa induriva prima che l'attacco della fosforite fosse completato e quindi si ottenevano dei perfosfati nei quali parte dell'acido fosforico restava allo stato insolubile. Si dovette così abbandonare questo sistema primordiale, anche perché non tardarono a manifestarsi le prime malattie professionali dovute alle emanazioni acide sviluppate durante l'impasto, e si adottarono i mescolatori meccanici. Poi l'industria andò sempre più perfezionandosi. Già nel 1870 s'impiantarono nelle fabbriche di perfosfato i primi mulini a palmenti e subito dopo si costruirono le prime cantine così chiamate perché ricavate nel sottosuolo, nelle quali si faceva cadere la miscela di fosfato e di acido onde lasciare all'attacco il tempo di completarsi con l'aiuto della temperatura di reazione. Solo più tardi, e cioè verso il 1890, si pensò all'assorbimento dei gas provenienti dall'attacco delle fosforiti, gas dannosi non soltanto alle persone ma deleterî anche per il bestiame e la vegetazione, mentre tutte le fabbriche di una certa importanza provvedevano in sito alla produzione dell'acido solforico onde evitare il gravissimo onere del suo trasporto dai punti di produzione, non sempre vicini. Verso il 1900 furono introdotte le prime estrattrici meccaniche per la vuotatura del perfosfato dalle cantine, e oggi queste estrattrici di vario tipo sono universalmente adottate con risparmio di mano d'opera e con grande vantaggio per la salute degli operai. Poi venne generalizzandosi la meccanizzazione dei trasporti interni delle materie prime e delle merci lavorate, per la quale è stato possibile di ridurre al minimo l'impiego della mano d'opera, mentre ingegnosi dispositivi di regolazione automatica applicati agli apparecchi di acido solforico e agl'impianti di macinazione e impasto hanno reso superfluo l'impiego di mano d'opera specializzata, anche nei reparti tecnicamente più importanti, tanto che oggi chi visita una fabbrica moderna di perfosfato resta colpito dallo scarso numero di operai in contrasto col forte movimento di materie prime, di merci lavorate, d'imballaggi, ecc.

Il procedimento di lavorazione del superfosfato come oggi viene eseguito nelle fabbriche moderne, è il seguente (fig. 1).

La fosforite, che deve essere preventivamente macinata affinché l'attacco con acido solforico sia pronto e completo, viene prelevata dai magazzini di deposito per mezzo di trasportatori meccanici e caricata nel distributore automatico (A). Questo distributore carica l'elevatore a tazze (C), facendo passare, quando occorra, la fosforite attraverso un rompitore a mascelle (B), per la frantumazione dei pezzi grossi. L'elevatore (C) scarica in uno o più stacci vibranti (D) nei quali avviene la separazione della parte fina e cioè della farina di finezza adatta all'impasto, contenuta nella fosforite grezza. La parte grossa, e cioè il rifiuto degli stacci, cade nella tramoggia di carico del mulino (E), mentre la parte fina prodotta dagli stacci cade nel silo di deposito (F). Il prodotto del molino (Q) cade di nuovo nell'elevatore (C) mescolandosi con la fosforite proveniente dal caricatore (A), e il ciclo continua. L'elevatore (C) deve pertanto avere una portata quintupla o sestupla della produzione di macinato. La farina di fosfato raccolta nel silo (F) viene per mezzo dell'elevatore (G) portata alla pesatrice automatica (H) e poi scaricata nella mescolatrice (I), contemporaneamente all'acido pesato nel dosatore (J). Dalla mescolatrice il super cade nella cantina (L) dalla quale dopo circa due ore viene estratto a mezzo della vuotatrice meccanica (M) e trasportato a magazzino a mezzo di un qualsiasi trasporto meccanico. I gas della reazione vengono aspirati da un ventilatore centrifugo (N) e convogliati in una torre di lavaggio (O). Curando a dovere la polverizzazione dell'acqua nella torre di lavaggio, si riesce a condensare totalmente i gas acidi tanto che dal camino della torre stessa esce esclusivamente dell'aria umida senza tracce di acidità, evitandosi cosi qualsiasi pericolo di molestia e danni. Nello schema è indicato con la lettera (P) l'impianto di aspirazione della polvere del reparto di macinazione della fosforite, impianto indispensabile non soltanto per l'igiene ma anche per ottenere la più alta produzione possibile di farina.

Il super come esce dalle cantine conserva, anche dopo mesi di stagionatura, un'umidità compresa fra il 10 e il 15% di acqua, per la quale resta preclusa o per lo meno ostacolata ogni pratica possibilità d'impiego delle macchine spandiconcimi. Ma a prescindere dal vantaggio economico derivante dalla possibilità di fare a macchina sui campi lo spargimento del perfosfato, l'uso di superfosfato essiccato porterebbe evidentemente a un risparmio del 10% circa sul costo dei trasporti molto gravosi, e ridurrebbe del 10% il consumo dei sacchi. È vero che le spese di essiccamento non sono indifferenti, ma con un impianto moderno esse vengono ad essere totalmente compensate dal risparmio dei sacchi e dall'economia delle spese d'imballaggio e carico. Resta quindi netto il vantaggio delle minori spese di trasporti e della possibilità di usare gli spandiconcimi.

Come risulta dal disegno schematico della fig. 2, si usano, per l'essiccamento del superfosfato, i soliti essiccatoi rotativi costituiti da un forno in muratura (A) e da un cilindro rotante in lamiera di ferro (B), nell'interno del quale un sistema di palette (C) facilita il rimescolamento e il movimento del perfosfato verso l'estremità di scarico. Un ventilatore di lamiera (D), di grossa portata, aspira i prodotti della combustione assieme al vapor d'acqua e al poco pulviscolo di superfosfato trascinato dalla corrente gassosa, pulviscolo che viene ricuperato per mezzo del ciclone (E) e della camera a polvere (F).

Si è accennato sopra alle macchine spandiconcimi che dovrebbero essere generalizzate nell'interesse degli agricoltori. Sarebbe pertanto molto opportuno che i controlli della lavorazione non si limitassero alla determinazione del titolo di anidride fosforica solubile e dell'umidità, ma si estendessero anche al grado di spandibilità del perfosfato. Per questa determinazione serve benissimo un ingegnoso apparecchio costruito dal dott. Wichern di Honningon, già in uso in alcune delle più importanti fabbriche italiane. Esso consta, come si vede dalla fig. 3, di una capsula di porcellana fissata sopra un carrello scorrevole, in cui viene posto il superfosfato da analizzare assieme ad alcune sfere di vetro. Il tempo necessario a far aderire completamente il superfosfato sul fondo e sulla parete della capsula è direttameme proporzionale al grado di spandibilità.

Fosfazoto. - Si fabbrica in due tipi differenti: l'uno ad alto tenore di azoto (12% circa), l'altro a basso tenore di azoto (3% circa), ambedue contenenti dal 70 al 12% di acido fosforico solubile. Per la fabbricazione del primo tipo occorrono installazioni speciali e costose, mentre il secondo tipo può essere prodotto nei comuni impianti di perfosfato senza fare ad essi modifiche di particolare importanza. Il fosfazoto al 3% di azoto, prodotto in Italia fin dal 1924, si prepara attaccando con acido solforico a 50 Bé una miscela di fosforite e di calciocianamide. È una lavorazione che richiede qualche accorgimento per le proprietà caustiche della cianamide e per lo sviluppo abbondante e vivace di gas tossici durante l'attacco con acido. Il prodotto, dopo una conveniente stagionatura di 3 o 4 settimane, si presenta in polvere grigio-cenere scura.

Il tipo al 12% di azoto si prepara partendo da una soluzione acquosa di cianamide ottenuta versando poco per volta piccole quantità di cianamide nell'acqua leggermente acidulata con acido carbonico. Le impurità della cianamide (sale di calcio e residui metallici) precipitano al fondo, mentre con la soluzione di cianamide filtrata e acidulata con acido solforico, si attacca la quantità necessaria di fosforite, per trasformare il fosfato tricalcico in fosfato solubile.

Scorie di defosforazione (Thomas). - È ormai noto che per ottenere acciaio si debbono defosforare con calce le ghise, e che tutte le scorie contenenti fosforo combinato sotto varia forma alla calce, costituiscono allo stato di estrema suddivisione (la finezza ha importanza fondamentale) un concime fosfatico che ha avuto una grande fortuna. Queste scorie hanno composizione variabile a seconda della natura dei minerali dai quali derivano le ghise. Sul loro potere fertilizzante influisce la forma di combinazione dei fosfati, silicati e silico-fosfati di calcio, perché evidentemente essi hanno una basicità varia e quindi una solubilità differente.

Le scorie che si producono in Italia hanno quantità minime di fosforo, le ghise provenendo da minerali che ne sono quasi esenti. D'altra parte l'uso delle scorie nel paese va sempre più diminuendo essendo limitati i terreni acidi. Da un consumo di 125.000 tonnellate del 1913, si è scesi nel 1929 a un consumo di 66.000 tonnellate. Si preferiscono i perfosfati di più pronta e sicura azione, e comunque nei terreni acidi in luogo delle scorie Thomas possono usarsi, con gli stessi risultati, le fosforiti finissimamente macinate, delle quali si è avuto nel 1929 un consumo di 8200 tonnellate.

Superammonico. - È un concime fosfoazotato che ha avuto scarsa fortuna. Si preparava saturando con ammoniaca gassosa l'acidita del perfosfato, col far passare il perfosfato in cilindri orizzontali o verticali in controcorrente con ammoniaca. Il prodotto ottenuto era perfettamente neutro e conteneva dal 15 al 18% di acido fosforico solubile e il 3% di azoto quasi tutto sotto forma di solfato ammonico. Oggi in sua vece si prepara il fosfato biammonico del quale si parlerà in seguito

Altri concimi fosfatici. - Per completare la rassegna dei concimi fosfatici o prevalentemente tali, occorre anche accennare al tetrafosfato, che si ottiene calcinando il fosfato in polvere col 6% di una miscela in parti eguali di carbonati di calcio, sodio e magnesio, e solfato sodico; al fosfato colloidale, ottenuto macinando la fosforite in un mulino colloidale col 2% di acido solforico diluito; al fosfato Germania, ottenuto con fosforiti di Lahn per calcinazione con potassa; al fosfato Renania, ottenuto pure per calcinazione della fosforite con fonolite ed alcali; al fosfato Bernard, che si ottiene scaldando ad alta temperatura, in forno rotativo, una miscela di fosforite con fondenti a base di silicato; al fosfato Palmer, contenente il 35% di anidride fosforica solubile in citrato e che si ottiene per elettrolisi in soluzione di clorato e perclorato potassico da fosforiti povere inadatte per l'industria superfosfatiera, ecc. Ma la concimazione a base di prodotti di lenta azione ora elencati, non risponde alle vere esigenze dell'agricoltura. Oggi occorrono, specialmente in Europa, colture intensive che non sono possibili senza l'uso di concimi a pronta azione, come il perfosfato.

Concimi azotati. - L'azoto è l'elemento fondamentale per la vita delle piante e il suo impiego come concime costituisce il fattore più importante per il raggiungimento del maggior reddito agrario. Si calcola che una produzione di 40 q. di grano asporti dal terreno circa 130 kg. di azoto e che ad ogni kg. di azoto somministrato al terreno con le concimazioni, corrisponda una maggior produzione di 20 kg. di frumento. Queste cifre dimostrano quale arma poderosa sia l'azoto nelle mani dell'agricoltore intelligente e spiegano la crescente fortuna dei concimi azotati, da quando si è appreso a strappare l'azoto dall'aria che ne contiene quantità inesauribili. Si calcola che la colonna d'aria che sta sopra un ettaro di terreno contenga circa 80.000 tonnellate di azoto e cioè più di quanto se ne è consumato in Italia nel 1929.

L'industria dell'azoto ha origini recentissime. Fu al congresso di chimica applicata a Berlino nel giugno 1893 che A. Franck fece il primo accenno alla sorgente nuova dell'azoto per le piante, costituita dall'azoto libero dell'aria, e da quell'epoca cominciarono i primi tentativi per far passare questo azoto dallo stato inerte a quello di combinazione. Dalla Germania l'industria dell'azoto sintetico si estese presto in tutto il mondo.

L'Italia, per quanto abbia soltanto in questi ultimi anni organizzata la sua industria, l'ha saputa portare rapidamente a fronteggiare largamente il fabbisogno agricolo e le eventuali necessità belliche, innalzandola a posizione di alta considerazione tecnica mondiale.

Il consumo medio dell'azoto in Italia, che era di kg. 1,3 per ha. nel 1913, è salito a 3,4 nel 1929.

L'apparente discordanza delle cifre del nitrato ammonico dipende dal fatto che il consumo si riferisce tutto a nitrato ammonico trasformato in titolo 15/16, mentre la produzione è data in titolo 33/35 e l'importazione raggruppa tutte le concentrazioni.

Come si vede, la produzione italiana di concimi azotati supera oggi il fabbisogno nazionale tanto che il solfato ammonico offre margine di disponibilità per l'esportazione, mentre al nitrato di soda del Chile viene duramente contrastato il mercato italiano dal nitrato di calcio di produzione nazionale.

Questa nuova industria italiana basata sullo sfruttamento della larghissima nostra naturale disponibilità di energia elettrica, che non avrebbe altro impiego, ha condotto a notevoli ribassi del prezzo di mercato dell'unità azoto e ha sottratto definitivamente il nostro paese dalla necessità di rifornirsi all'estero.

Dal punto di vista della produzione i concimi azotati possono distinguersi in semplici o principali, e in composti o derivati. Fra i principali sono da comprendere: la calciocianamide, il solfato ammonico, il nitrato ammonico, il nitrato di calcio, l'urea; fra i composti il solfonitrato ammonico, il fosfato ammonico, il nitrocalcare, il nitrogesso, ecc.

Calciocianamide. - Riscaldando fortemente il carburo di calcio in atmosfera di azoto si ottiene un prodotto che è una cianamide calcarea, contenente il 20% circa di azoto. Industrialmente la calciocianamide si prepara in forno elettrico sottoponendo a temperatura di circa 2500 gradi, miscugli di azoto compresso e carburo di calcio, ottenuto a sua volta fondendo un miscuglio a parti uguali di coke e di calce. La calciocianamide macinata si presenta in polvere di colore tra il bruno e il grigio-ferro. Per le sue proprietà caustiche occorrono speciali accorgimenti per usarla e in genere essa viene mescolata a piccola quantità di olio neutro (calciocianamide oleata) per evitare lo spolveramento. Contiene dal 18 al 21% di azoto, dal 40 al 42% di calcio, dal 17 al 18% di carbone.

L'Italia che, è bene ricordarlo, fu la prima produttrice di calciocianamide (la prima fabbrica sorse a Piano d'Orta nel 1905) ne produce attualmente 80.000 tonn. all'anno.

Solfato ammonico. - Sino a poco fa esso proveniva esclusivamente dalle officine del gas illuminante, dove si otteneva per neutralizzazione con acido solforico dell'ammoniaca contenuta nelle acque di lavaggio del gas. Tali acque contengono in media da 12 a 15 kg. di ammoniaca per mc. e possono pertanto fornire da 60 a 65 kg. di solfato per mc. Le quantità di solfato ottenibili dalle officine del gas erano però minime rispetto alle sempre crescenti necessità dell'agricoltura e di alto costo.

Presentemente il solfato ammonico viene preparato partendo dall'ammoniaca sintetica. Come è indicato nello schema della fig. 4 l'ammoniaca viene immessa in recipienti cilindrici a fondo tronco-conico ove si trova una soluzione di acido solforico di media concentrazione (da 50 a 55 Bé). Si forma così per saturazione dell'ammoniaca con acido il solfato ammonico che si raccoglie sul fondo del saturatore e da questo è scaricato in modo continuo in vasche di attesa, assieme alle acque madri. Per centrifugazione in speciali e potenti idroestrattori a scarico continuo, avviene la separazione del sale dalle acque madri che rientrano in ciclo. Poiché il solfato ammonico per quanto centrifugato contiene sempre piccole tracce di umidità e di acidità lo si fa passare in speciali essiccatoi verticali in controcorrente con ammoniaca gassosa, per renderlo perfettamente secco e neutro quale lo richiede il mercato.

Il solfato ammonico prodotto nelle fabbriche di ammoniaca, si presenta in cristalli bianchi perfettamente secchi, contenenti dal 20 al 21% di azoto.

Nitrato ammonico. - Si ottiene per saturazione dell'ammoniaca con acido nitrico. La saturazione deve essere fatta in recipienti di metallo antiacido. Occorre inoltre raffreddare con appositi refrigeranti ad acqua i saturatori, perché la reazione esotermica dà luogo a un forte sviluppo di calore (fig. 5).

Si usa per la saturazione acido nitrico a 36 Bé circa, e si ottengono così delle soluzioni neutre di nitrato ammonico che debbono essere concentrate in evaporatori per separarne il sale.

Dagli evaporatori esce il nitrato fuso, in forma di poltiglia semiliquida che si raccoglie in apposite vasche e da queste è inviato in una grande camera di polverizzazione in ferro, di 500 mc. circa, dove, sotto l'azione di un getto di aria, la poltiglia si polverizza in cristalli finamente divisi che si raccolgono sul fondo mobile della camera stessa, e da questa su trasportatori meccanici vengono inviati all'essiccatore e quindi a magazzino. I magazzini di deposito sono oscuri e non esposti all'aria essendo il nitrato ammonico fortemente igroscopico. Per questa sua proprietà lo si spedisce o in fusti di legno o in sacchi di carta pergamenata. Contiene il 33-35% di azoto.

Nitrato di calcio. - Lo si ottiene attaccando in apposite torri, con acido nitrico a 36 Bé, il carbonato di calcio (calcare) che in Italia è in special modo abbondante. È necessario usare calcare di sufficiente purezza ed esente il più possibile da magnesio per non aggravare le condizioni di igroscopicità già alta di questo sale.

La soluzione di nitrato di calcio che esce dalle torri di attacco, previa neutralizzazione con calce, viene inviata in evaporatori sotto vuoto, costruiti in metallo antiacido. Dagli evaporatori si ottiene una poltiglia semidensa di nitrato di calcio che viene distesa su tamburi rotanti riscaldati a vapore dove il sale si asciuga cristallizzandosi in agglomerati a forma di scaglie. Queste scaglie vengono macinate in mulini a martelli ad alta velocità e vagliate per ottenere un prodotto di pezzatura uniforme, quale il mercato richiede. Il nitrato di calcio per la sua igroscopicità viene spedito in sacchi speciali con rivestimento interno di gomma o di carta catramata. La cucitura dei sacchi viene fatta a macchina trattandosi di un prodotto di una certa causticità. Contiene dal 13 al 14% di azoto.

Urea. - Si produce nell'interno degli organismi viventi per ossidazione dei composti azotati. Sinteticamente si ottiene scaldando in autoclave acido carbonico e ammoniaca. L'urea è un sale bianco contenente solo elementi fertilizzanti. Immagazzinata in locali asciutti si conserva benissimo e può essere sparsa facilmente.

L'azoto dell'urea è azoto organico prontamente assimilabile dalle piante con spesa minima di energia. Attiva la crescita, migliora la qualità del raccolto e per queste sue qualità nonchè per il suo alto tenore di azoto (46% circa) l'urea è un ottimo concime. È stato preconizzato e sarà il concime dell'avvenire, purché si riesca a produrlo a prezzo di concorrenza rispetto agli altri concimi azotati, ciò che non sembra ancora raggiunto.

L'urea è perfettamente innocua per gli animali al pascolo.

Solfonitrato ammonico. - È un concime che risponde a tutte le esigenze della coltivazione, sino a maturazione del prodotto, perché, contenendo azoto sotto forma ammoniacale e sotto forma nitrica, la sua azione fertilizzante è al tempo stesso pronta e graduale. Si ottiene mescolando il solfato ammonico al nitrato in mescolatori appositi. Trattandosi di una miscela puramente meccanica nella quale possono variarsi a volontà le percentuali dei componenti, il titolo di azoto varia da tipo a tipo di miscela. In genere contiene il 26% di azoto totale.

Fosfato ammonico. - Si produce da tempo su larga scala in America (Stati Uniti) e recentemente se ne è intrapresa la fabbricazione anche in Italia. È stato creato per rispondere alla tendenza di concentrare in un peso minimo gli elementi fertilizzanti, onde risparmiare il più possibile nelle spese di trasporto, di imballaggio, ecc.

Il fosfato ammonico contiene infatti dal 18 al 20% di azoto e dal 45 al 50%, di anidride fosforica solubile. Lo si ottiene attaccando le fosforiti con acido solforico diluito onde portare in soluzione l'acido fosforico. La soluzione viene fatta passare in decantatori meccanici per separarne il gesso e quindi neutralizzata con ammoniaca, press'a poco con lo stesso sistema già descritto per la produzione del solfato ammonico. Il fosfato ammonico così ottenuto deve essere essiccato e quindi macinato per ridurlo in granelli, quale lo richiede il commercio.

Nitrocalcare. - È una miscela di nitrato ammonico e calcare macinato. Si ottiene allo stesso modo del solfonitrato. Contiene dal 15 al 16% di azoto.

Nitrogesso. - Si ottiene diluendo con gesso il nitrato ammonico. Contiene dal 15 al 16% di azoto.

Sino al principio del secolo l'unica sorgente mondiale di azoto era costituita dal nitrato di soda naturale di cui esistono importantissimi giacimenti nell'America Meridionale (Chile) per una superficie di circa 60.000 ettari e una produzione di 170 milioni di tonnellate. Oggi, invece, l'industria dà numerosi prodotti, come si rileva dalla tabella che precede.

La produzione mondiale di azoto è stata in questi ultimi anni superiore al consumo. Questa situazione di sopraproduzione aggravatasi nel 1929 con la crisi agricola mondiale, ha indotto i produttori di azoto, compresi i chileni, ad un accordo perfezionato nel 1930, per il contingentamento della produzione e la regolamentazione dell'esportazione e dei prezzi. L'accordo ha la durata di un anno.

Concimi potassici. - Si è visto che l'annuale produzione mondiale di concimi potassici espressa in K2O ha superato in questo ultimo triennio i 2 milioni di tonnellate e che il consumo mondiale del 1929 è stato soltanto di poco inferiore alla produzione.

L'Italia di fronte al suo consumo annuale di circa 60.000 tonnellate ha prodotto sinora solo minime quantità di concimi potassici. La fonte più importante di questa produzione è stato il cosiddetto salino potassico degli zuccherifici, ottenuto per carbonizzazione delle melasse. Questo residuo carbonioso contiene dal 30 al 60% di carbonato potassico, dal 15 al 20% di cloruro potassico dal 15 al 30%, di carbonato sodico e dal 2 al 3% di solfato potassico. In passato e più precisamente durante la guerra e nell'immediato dopoguerra, si estraevano dal salino sali potassici di buona purezza per trattamento con acido solforico o muriatico, e per separazione basata sulla differente solubilità dei sali potassici in confronto dei sali sodici. Tale lavorazione fu poi abbandonata perché di limitata convenienza.

In Italia si è lavorato per un certo tempo anche il cloruro potassico etiopico, dal quale si estraeva un cloruro al 97-98% di purezza, per semplice soluzione in acqua e cristallizzazione dopo separazione della sabbia e degli ossidi di ferro contenuti nel cloruro grezzo. Ma anche questa lavorazione è stata in seguito abbandonata, da quando cioè nel 1922 si sospese l'estrazione in Etiopia (Dancalia settentrionale) del sale grezzo. Il nostro paese è costretto così ad importare la quasi totalità del suo fabbisogno di sali potassici, e questo legame di dipendenza straniera è la causa principale del nostro troppo basso consumo di concimi potassici, rispetto alle vere necessità delle nostre coltivazioni e rispetto all'entità delle concimazioni fosfatiche e azotate.

Il consumo medio della potassa in Italia, che era di kg. 0,6 per ha. nel 1913, fu di 1,9 nel 1925 e di 1,5 nel 1928.

Si prevede tuttavia che la situazione possa cambiare con lo sfruttamento delle rocce leucitiche così abbondanti nei terreni eruttivi. Così si potranno fronteggiare i bisogni nazionali e anche lanciare la potassa italiana sul mercato mondiale, in concorrenza con la potassa tedesca e francese. Si calcola che questi giacimenti, diffusi specialmente nelle provincie di Roma e Napoli, contengano miliardi di tonnellate di potassa e cioè quanto basterebbe al consumo mondiale di un millennio almeno.

I sali di potassio più con. unemente adoperati per le concimazioni sono il cloruro e il solfato, contenenti il primo il 50% circa di K2O e il secondo dal 50 al 52 di K2O.

Come si è detto, finora le sorgenti più importanti dei concimi minerali potassici sono quelle di Stassfurt presso Magdeburgo e quelle dell'Alsazia e della Spagna settentrionale.

I tipi mineralogici di questi giacimenti sono: la carnallite costituita prevalentemente da cloruro di potassio e di magnesio; la cainite costituita prevalentemente da solfato di potassio e di magnesio; la polialite contenente oltre al solfato di potassio e magnesio anche del gesso; la silvinite che è un miscuglio di silvina (cloruro potassico), salgemma e cainite. Questi minerali per quanto sufficientemente ricchi di potassio, non possono essere adoperati tali e quali per le concimazioni perché i sali di magnesio e di sodio che contengono, oltre ad essere nocivi o per lo meno inutili al terreno, li rendono molto deliquescenti e quindi difficilmente trasportabili e conservabili. Debbono perciò essere sottoposti a speciali trattamenti che costituiscono la ragione e la finalità dell'industria dei concimi potassici, che ha precisamente lo scopo di eliminare dai sali potassici naturali la più grande quantità possibile di sali inutili, ottenendo in pari tempo una maggiore concentrazione dell'elemento fertilizzante.

I processi di depurazione e arricchimento sono basati essenzialmente sul differente grado di solubilità in acqua dei sali di sodio e di magnesio in confronto a quello dei sali potassici. Sciogliendo i sali naturali in acqua si riesce con ripetute cristallizzazioni a separare i sali potassici dai sali di magnesio e di sodio ottenendo così l'arricchimento voluto.

Altra fonte di potassa sono le ceneri delle piante e specialmente alcune ceneri particolarmente ricche, quali quelle ottenute dalla combustione della sansa di olivo, della paglia dei cereali, della legna di pino, di alcuni tipi di alghe marine, ecc. Del resto prima che fossero scoperti i giacimenti di Stassfurt e cioè prima del 1870, non si conosceva altro mezzo più pratico e più razionale per restituire al terreno la potassa asportata coi raccolti, che quello di spargere ceneri di piante coltivate o spontanee. Anzi nel 1850, e cioè al tempo delle prime concimazioni chimiche, si ebbe l'idea di coltivare determinate specie di piante per estrarre poi la potassa dalle loro ceneri, e in Sardegna si è coltivato a questo scopo per un certo tempo il Mesembrianthemum cristallinum le cui ceneri contengono il 30% circa tra carbonato e cloruro potassico.

Più recentemente in America, durante la guerra, si tentò l'utilizzazione delle alghe gigantesche del Pacifico, le cui ceneri contengono il 15% circa di potassa e 1,5% di anidride fosforica.

Ma tutto ciò ha ormai soltanto valore di curiosità storica e forse anche di convalidazione dell'etimologia del nome potassa che si vuol derivato dalla parola inglese potash (ceneri di piante contenenti potassa).

Concimi composti. - Nei concimi semplici quali sono nella maggior parte quelli che abbiamo descritti, il supporto dell'elemento fertilizzante, e cioè l'acido solforico nel solfato ammonico, l'acido cloridrico nel cloruro potassico, la soda nel nitrato chileno, ecc., costituisce un peso morto che grava spesso sulle spese di lavorazione e sempre sulle spese di trasporto. E tutto ciò a prescindere dalla considerazione che il supporto è quasi sempre dannoso all'agricoltura.

La questione dell'arricchimento dei concimi interessa in particolar modo l'Italia dove i trasporti sono più gravosi e dove per la povertà di acqua delle sue terre meridionali si deve evitare che con la somministrazione dei concimi semplici vengano ad aumentare troppo le concentrazioni saline dei terreni arsi dalla siccità. Ci si deve quindi orientare, come del resto si sta già facendo, verso i concimi composti o complessi, quali: il fosfato biammonico e il nitrato ammonico che gia si producono su larga scala anche in Italia, il Kaliammonsalpeter, il Nitrophoska, ecc. È questo ultimo un concime completo poiché contiene in grande concentrazione tutti e tre gli elementi fertilizzanti: fosforo, azoto e potassio.

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