Cognizione sociale e cervello

Dizionario di Medicina (2010)

cognizione sociale e cervello


Espressione che configura un campo di applicazione delle neuroscienze il cui oggetto di studio è il rapporto tra le funzioni cerebrali e i comportamenti umani all’interno del contesto sociale. La ricerca sul rapporto cervello, mente e comportamento è stata fino a pochi anni fa rivolta esclusivamente all’individuo come unità isolata dal suo ambiente sociale. Lo studio neurale sulle abilità sensoriali, motorie, cognitive e sulla stessa coscienza, condotte su individui in isolamento, ha trascurato la funzione sociale che le caratterizza e che ne spiega la dinamica evolutiva. Infatti ciò che sembra distinguere maggiormente il cervello dell’uomo da quello dei primati è relativo proprio alle sue funzioni sofisticate e complesse di tipo sociale.

Studi di psicologia cognitiva

A partire dagli anni Settanta del secolo scorso, l’indagine psicologica del comportamento sociale viene basata sullo studio dei suoi aspetti cognitivi. Attraverso il nuovo paradigma di elaborazione dell’informazione (che considera la mente, in analogia con il calcolatore, come un elaboratore di informazione), il nuovo filone della cognizione sociale cerca di analizzare come l’interazione sociale vissuta o pensata esplicitamente o implicitamente possa influire sul pensiero, i sentimenti e il comportamento individuale. Classici temi di studio sono stati in questi anni la conoscenza e la percezione di sé, l’attribuzione causale e l’inferenza sociale, le attitudini, l’influenza delle motivazioni e delle emozioni sul comportamento ecc. In anni più recenti la psicologia cognitiva si è affiancata sempre più alle nuove tecniche di imaging cerebrale funzionale per la comprensione delle basi neurali della cognizione.

Neuroscienze cognitive e sociali

In relazione alla svolta neurocognitiva negli anni più recenti è emerso un nuovo campo di ricerche che unisce psicologia sociale, cognizione sociale e neuroscienze. Le prime ricerche appaiono negli anni Novanta del 20° sec. e si concentrano sulle potenzialità della neuroscienza per la spiegazione della cognizione sociale. A differenza della psicologia sociale questo nuovo filone, chiamato neuroscienza cognitiva e sociale, studia le abilità sociali di base per affrontare, riconoscere e ricordare stimoli rilevanti a livello sociale ed emozionale. Uno dei principali campi di indagine si è rivolto alla percezione della persona: sulla base di espressioni emozionali e di attrattività facciale; in rapporto alla fiducia; in rapporto all’identità razziale; sulla base della decodificazione di segnali legati al movimento del corpo.

Processi di imitazione e di immedesimazione

Un’importante linea di ricerca nella neuroscienza cognitiva e sociale nasce con la scoperta dei neuroni specchio (➔ neurone, Neuroni specchio), che si attivano sia quando l’individuo compie una certa azione sia quando vede un altro compierla. Essi sembrano essere alla base dell’attribuzione agli altri di scopi e intenzioni e del meccanismo dell’imitazione. Inoltre si è evidenziato come gli stessi neuroni presenti in un’altra vasta area cerebrale (principalmente insula e corteccia del cingolo) siano responsabili dei processi di immedesimazione empatica nelle emozioni e sentimenti dell’altra persona. Questa scoperta affronta uno dei temi più rilevanti della differenza fra uomo e primati: quella di leggere nella mente dell’altro obiettivi e piani d’azione complessi e di riconoscere il comportamento ingannevole. È ancora oggetto di confronto fra gli studiosi se questa attività di mentalizzazione (mentalizing), già presente nei neonati, venga svolta attraverso la costruzione di una teoria della mente o invece attraverso la simulazione degli stati mentali, come prevede la teoria nel caso dei neuroni specchio. In ogni modo sembra che nell’autismo (➔) vi sia un’assenza di questa attività di mentalizzazione e si riscontra una riduzione significativa dell’attività dei neuroni specchio.

Nuovi contesti nelle neuroscienze cognitive

L’attività di ricerca delle neuroscienze cognitive e sociali ha spaziato in vari contesti dell’azione sociale umana. In primo luogo ci si è concentrati sull’interazione cooperativa o competitiva all’interno di una serie di giochi sperimentali, come il dilemma del prigioniero e il gioco dell’ultimatum, studiati dall’economia e dalla teoria sperimentale dei giochi. Da questi temi, e dallo studio del comportamento di rischio nell’ambito economico, ha preso origine una sottodisciplina chiamata neuroeconomia (➔). Collegata a questa linea di studio vi è l’analisi dei correlati neuronali del giudizio morale. Questa sottodisciplina, chiamata neuroetica, analizza gli aspetti emozionali e quelli legati al ragionamento di fronte a dilemmi morali che prevedono risultati eticamente spiacevoli. Un campo collegato allo studio del rapporto fra cervello e comportamento sociale è quello della neuroestetica. Considerando l’opera d’arte un prodotto, allo stesso tempo, individuale e sociale ci si è interrogati su quali fossero i correlati neuronali di stati mentali come la bellezza e di come caratterizzare l’abilità cromatica e di rappresentazione del mondo nell’arte figurativa. Secondo il neurofisiologo Semir Zeki, i grandi artisti si possono considerare dei neuroscienziati istintivi perché riescono a cogliere meglio degli altri come il cervello guarda al mondo. Infine, uno dei temi emergenti in questo settore è come comunichiamo i nostri pensieri e sentimenti a un’altra mente e di come essa ci comunichi successivamente la rappresentazione che si è fatta di noi in modo che noi possiamo correggerla per comunicare nuovamente, in un processo ricorsivo continuo. Questo campo, chiamato neuroermeneutica, ha ampie implicazioni da un punto di vista non solo sociale ma anche filosofico ed etico, riguardanti il rapporto mente, cervello e società. In tal senso è interessante l’ipotesi del ‘cervello sociale’ di John Cacioppo secondo cui il comportamento sociale deriverebbe dallo sviluppo di aree del cervello specializzate per il riconoscimento e la comprensione degli stati mentali altrui. Esisterebbe quindi un meccanismo circolare fra influenza dell’ambiente sociale e sviluppo delle aree cerebrali le quali a loro volta, attraverso il comportamento, producono una trasformazione dello stesso contesto sociale.

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