Clausole vessatorie

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Con riferimento all’art. 1341 c.c., regole contrattuali predisposte da uno dei contraenti, volte a stabilire limitazioni di responsabilità, facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione, ovvero a porre a carico dell’altro contraente decadenze, limitazioni o restrizioni della libertà contrattuale nei rapporti con i terzi, per le quali era richiesta una specifica approvazione per iscritto.

Una nuova disciplina delle clausole vessatorie (dette anche, con altra terminologia, clausole abusive) è stata aggiunta nell’ordinamento italiano in recezione di una direttiva comunitaria del 1993, dapprima nel Codice civile (artt. 1469 bis ss.), quindi, con un solo chiarimento significativo – nullità e non mera inefficacia – negli artt. 33-38 (nonché 139-141) del Codice del consumo (d.lgs. n. 206/2005). Sono considerate vessatorie le clausole inserite in un contratto, concluso tra un professionista e un consumatore, che «malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». La qualifica formale di consumatore – la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività professionale eventualmente svolta – acquista, nelle c. vessatorie, uno specifico significato di parte economicamente debole. Per eliminare questo squilibrio il Codice del consumo considera nulle le clausole elencate nell’art. 33, a meno che siano state oggetto di una trattativa individuale.

Tra le clausole vessatorie più diffuse, figurano: l’apposizione di una clausola penale; l’attribuzione al solo professionista della facoltà di recesso; la clausola che consente al professionista di recedere da contratti a tempo indeterminato senza un ragionevole preavviso, salvo il caso di giusta causa, o che consente al professionista di modificare unilateralmente le clausole del contratto, ovvero le caratteristiche del prodotto o del servizio da offrire, senza un giustificato motivo indicato nel contratto stesso; la clausola che limita o esclude l’eccezione di inadempimento da parte del consumatore; la clausola che sancisce a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi; la clausola che stabilisce come sede del foro competente sulle controversie una località diversa da quella di residenza o di domicilio elettivo del consumatore. Numerose deroghe sono espressamente previste per i contratti che hanno a oggetto la prestazione di servizi finanziari. Non sono vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge o norme contenute in convenzioni internazionali delle quali siano stati parti contraenti tutti gli Stati dell’Unione Europea. La nullità di una o più clausole non si propaga al contratto, che rimane valido per il resto. L’art. 36, n. 2, indica tre clausole che sono sempre nulle. La nullità opera a vantaggio del consumatore e può essere rilevata d’ufficio dal giudice.

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