Tolomèi, Claudio

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Letterato (Asciano, Siena, forse 1492 - Roma 1556). Autore di opere di critica, di storia e di filologia - alcune delle quali perdute - e anche di liriche, tra le quali non privi di valore i suoi sonetti idillici che concentrano nel giro di pochi versi, una visione di paesaggio campestre, si segnalò per aver per primo riformato l'ortografia italiana nel dialogo Il Polito (1525); ne Il Cesano (1555) sostenne la tesi della toscanità della lingua. Dal desiderio di mostrare la maturità letteraria del volgare nacquero i Versi et regole de la nuova poesia toscana (1539).

Vita

Studiò diritto a Bologna; lettore di diritto civile a Siena (1516-18), passò quindi alla corte pontificia, fu al servizio d'Ippolito de' Medici, poi di Pier Luigi Farnese, sotto il quale (1545-47) ebbe la presidenza del Supremo consiglio di giustizia del ducato di Parma e di Piacenza; più tardi (1549) fu creato vescovo di Curzola. Richiamato (1551) a Siena, donde era stato bandito (1526) come mediceo, fu inviato ambasciatore in Francia, dove restò fin quasi alla morte.

Opere

Della sua viva partecipazione alle vicende politiche e artistiche del tempo danno testimonianza le eleganti orazioni politiche (in parte inedite) e le numerosissime lettere (raccolte in gran parte in un volume che ebbe 18 edizioni tra il 1547 e il 1829; molte inedite). Dei giovanili interessi giuridici rimane traccia nell'unica opera latina di T., De corruptis verbis iuris civilis (forse 1516), mentre sono perdute le Disputationes et paradoxa iuris civilis. Più importanti sono i lavori di T. come teorico della lingua e della poesia volgare. Egli fu il primo a disegnare una riforma dell'ortografia italiana, anzi, contro Giangiorgio Trissino rivendicò nel dialogo Il Polito (pubbl. sotto il nome di Adriano Franci) la priorità dell'idea; ma della grafia riformata, tecnicamente quasi perfetta, diede un saggio d'applicazione soltanto nella 1a ed. delle Lettere (1547). Nelle polemiche sulla fiorentinità o italianità della lingua intervenne con il dialogo Il Cesano (pubblicato nel 1555, ma scritto quasi trent'anni prima) sostenendo la tesi intermedia della toscanità. Alla volontà di dimostrare la maturità letteraria del volgare si devono, oltre a Versi et regole de la nuova poesia toscana, volume miscellaneo contenente precetti di T. per l'adattamento della metrica quantitativa alla lingua italiana, i saggi di versificazione composti secondo quei precetti da lui stesso e da numerosi seguaci. Talune intuizioni contenute negli scritti grammaticali, anche inediti, di T. furono riprese da C. Cittadini.

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