AUTANT-LARA, Claude

Enciclopedia del Cinema (2003)

Autant-Lara, Claude

Simona Pellino

Regista e scenografo cinematografico francese, nato a Luzarches (Seine et Oise) il 5 agosto 1903 e morto ad Antibes il 5 febbraio 2000. Tenace, polemico e versatile, A.-L. con i suoi film si affermò come il portavoce dell'amore assoluto, del piacere fisico e sensuale, libero da pregiudizi, sostenendo una sfida contro tutti i conformismi. Il difficile rapporto con la società francese segnò profondamente la sua produzione, spesso discontinua, percorsa però sempre da una venatura di amarezza e spirito di rivolta.

Figlio di un architetto, A.-L. aggiunse al cognome del padre Édouard quello della madre, Louise Lara, una nota attrice del Théâtre français. Durante il primo conflitto mondiale, l'esilio a Londra con la madre, contraria alla guerra, fu decisivo per la sua formazione di cineasta pacifista. Libertino romantico e anticlericale convinto, A.-L. fu un esteta che dovette più volte subire il peso del compromesso. In Francia, dopo aver studiato pittura all'École des beaux-arts, fu assistente di René Clair e di Jean Renoir e scenografo di Marcel L'Herbier. Trasferitosi a Hollywood curò la versione francese di alcuni film di Buster Keaton e di Douglas Fairbanks. Dopo questa breve esperienza, rivelatasi frustrante, tornato in Francia trovò un clima di ostilità che ritardò la sua carriera. Il suo primo lungometraggio, la fiaba musicale Ciboulette (1933), uscì nelle sale in una versione assai tagliata. I primi consensi arrivarono con Le mariage de Chiffon (1941), una commedia accattivante che Paul Éluard definì un capolavoro e che segnò l'inizio della sua lunga collaborazione con lo sceneggiatore Jean Aurenche, cui si affiancò successivamente Pierre Bost. Seguì una serie di film provocatori, d'inclinazione romantica, come Lettres d'amour (1942; L'amore ha sbagliato indirizzo) e Douce (1943; Evasione). La notorietà giunse con Le diable au corps (1947; Il diavolo in corpo), dal romanzo di R. Radiguet ridotto per lo schermo da Aurenche e Bost, con Gérard Philipe e Micheline Presle. Storia d'amore tra un adolescente e una donna sposata, il cui marito è al fronte, il film suscitò all'epoca un certo clamore per l'audacia delle scene d'amore e per la condanna della guerra; l'opera conferì al regista quell'immagine di cineasta antimilitarista che l'accompagnerà per circa quindici anni. Seguirono Occupe-toi d'Amélie (1949; Occupati di Amelia) dalla commedia di G. Feydeau, Le bon Dieu sans confession (1953; Una signora perbene) e la farsa anticlericale L'auberge rouge (1951; Arriva Fra' Cristoforo…) in cui la polemica laicista risulta attenuata dai rigidi schemi della rappresentazione comica. Con Le blé en herbe (1954; Quella certa età), tratto dal romanzo di Colette, A.-L. ottenne il Gran prix du cinéma français nel 1954. Dopo Le rouge et le noir (1954; L'uomo e il diavolo), tratto dal romanzo di Stendhal, egli tentò invano con Marguerite de la nuit (1956; Margherita della notte) di riabbracciare gli ideali estetici della sua giovinezza, rifacendo il Don Juan et Faust (1922) di L'Herbier. Gli esponenti della Nouvelle vague lo condannarono duramente per la sua estetica che giudicavano superata e per il suo realismo psicologico, considerandolo un rappresentante del cosiddetto cinema di qualità, quel cinema ritenuto privo di un'ispirazione autentica che si fondava unicamente sulle opere letterarie e sugli adattamenti di sceneggiatori eclettici. Il successo internazionale arrivò comunque con La traversée de Paris (1956; La traversata di Parigi), una raffinata satira di un certo antinazismo che mostrava una popolazione poco patriottica, più intenta a trafficare al mercato nero che a lottare per la libertà. Seguirono En cas de malheur (1958; La ragazza del peccato) dal romanzo di G. Simenon, sul tema dell'inconciliabilità di amore e interesse, con due miti del cinema francese, Jean Gabin e Brigitte Bardot, La jument verte (1959; La giumenta verde), Vive Henri IV! Vive l'amour! (1961; I celebri amori di Enrico IV) e Le Comte de Monte-Cristo (1961; Il Conte di Montecristo).

In un momento di trasformazione del cinema francese, egli non seppe rinnovarsi, pur affrontando temi controversi. Tu ne tueras point (1961; Non uccidere), sull'obiezione di coscienza, fu bandito in diversi Stati e anche Le journal d'une femme en blanc (1965; Pelle di donna) e Le nouveau journal d'une femme en blanc (1966; Il nuovo diario di una donna in bianco), entrambi sul dramma degli aborti clandestini, furono soggetti a una pesante censura. Gli ultimi film, come Le meurtrier (1963; L'omicida), Le franciscain de Bourges (1968; Bourges ‒ Operazione Gestapo) e Gloria (1977) mostrarono una certa stanchezza. Non sostenuto finanziariamente, A.-L. abbandonò il cinema nel 1988 e si fece eleggere al Parlamento europeo, come deputato dell'estrema destra.

Bibliografia

A. Canziani, Autori del cinema francese (1945-1970), Padova 1971, pp. 9-16.

G. Fossati, F. Mascheroni, 100 registi, 1° vol., Como 1972, pp. 17-21.

F. Buache, Claude Autant-Lara, Lausanne 1982.

B. Chardère, Autant-Lara le premier, in "Jeune cinéma", 1, 1997.

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