CIVIDALE del Friuli

Enciclopedia Italiana (1931)

CIVIDALE del Friuli (A. T., 23-24-25)

Elio MIGLIORINI
Gino FOGOLARI
Tammaro DE MARINIS
Pier Silverio LEICHT

È l'antica Forum Iulii (v. sotto). La città sorge sulle ultime propaggini delle Prealpi Giulie, allo sbocco della valle del Natisone nel piano, sulla via che conduce nel medio Isonzo, 16 km. a E. di Udine, 138 m. s. m. Cividale si è di recente risvegliata a nuova vita e ha riacquistato una certa importanza industriale (filatoi, fornaci di laterizî, fabbriche di cementi) e commerciale (specie dopo che è diventata italiana tutta la valle dell'Isonzo), con frequentati mercati agricoli (fiera l'11 novembre). Il comune ha una superficie di 50,85 kmq.; la proprietà è moltissimo frazionata; diffusa è la coltura della vite (refosco e verduzzo), più spesso a filari inframezzati da gelsi, posti tra ampî ripiani coltivati a cereali. Scomparse quasi del tutto le torri e le mura, che avevano un perimetro di 2600 m., la città si è in parte estesa sulla riva sinistra del Natisone (Borgo Zorutti e Borgo di Ponte), il quale corre qui incassato tra sponde rocciose ed è attraversato dal Ponte del Diavolo; la parte più antica è divisa in due parti quasi uguali dal Corso Vittorio Emanuele ed ha vie anguste. La città aveva nel sec. XII una popolazione di 1500 persone, aumentò del doppio due secoli dopo e conservò questo numero fino al principio del sec. XIX (1802: 2846). Il comune aveva 7100 ab. nel 1901, 11.409 nel 1921. Di essi 4420 erano a Cividale, 1407 nelle tre frazioni di Gagliano (Gean), Rualis, Purgessino (Purjessim, tracce di dialetti slavi), 3975 in dimore isolate. A differenza dei luoghi vicini, l'emigrazione temporanea è scarsa.

Monumenti. - La citta di fondazione romana, conserva nel sottosuolo molte tombe romane dell'età imperiale, mentre manca di ogni traccia di civiltà veneta e gallica, attestata invece fiorentissima nei dintomi dai trovamenti archeologici. Agl'invasori barbari (è incerto se si tratti di Goti o di Longobardi) apparteneva la necropoli scoperta nel 1821, donde proviene la ricchissima suppellettile mortuaria barbarica ora nel museo, con croci d'oro, placche, fibule, medaglie ricchissime, e longobardo generalmente si ritiene il guerriero che giaceva nel sarcofago scoperto nel 1874, ora nel museo, e attribuito al duca longobardo friulano Gisulfo, dominatore del Friuli. Al periodo cividalese del patriarcato di Aquileia appartengono due insigni monumenti: l'altare di Pemmone, e il tiburio di Callisto, ambedue della metà del sec. VIII e destinati all'antico battistero patriarcale. Il primo, oggi nella chiesa di S. Michele, ma destinato a passare in duomo, è in Italia il più genuino esempio d'arte barbarica longobarda. Ai tempi del dominio franco, cioè dell'arte carolingia sul finire del sec. VIII e il principio del IX, si è localmente sempre fatto risalire il famoso tempietto, che è la più alta attrattiva artistica di Cividale (v. altorilievo; vol. II, tav. cxlv). Formato da un'aula quadrata con vòlte a crociera e da un sacrario diviso in tre parti sostenute da colonne e coperte di vòlte a botte con le finestre dello sfondo tagliate nette, senza strombature, nelle pareti, il tempietto ha caratteri architettonici romano-bizantini, che si riconoscono ora comunemente anteriori al Mille. Più difficile è giudicare degli stucchi che col primo strato di pitture ad essi contemporanee ornano meravigliosamente la parete d'ingresso, e sono stati attribuiti da discordi pareri a ognuno dei secoli tra l'VIII e il XIII.

Nel sec. XIII prevalgono a Cividale i fastosi patriarchi tedeschi, dei quali basti ricordare Pertoldo che nel 1220 donò al capitolo i due famosi codici di S. Elisabetta d'Ungheria, da lui avuti in Turingia (oggi nel museo); il salterio del vescovo Egberto di Treviri (977-993) con miniature d'arte russa del sec. XI; e quello fatto per Santa Elisabetta, del langravio Ermanno, capolavoro della miniatura del sec. XIII della scuola di corte di Turingia.

All'epoca dell'affermazione in Cividale del libero comune (dalla prima metà del sec. XIII) risalgono le mura e le torri della città, nonché la chiesa di S. Francesco (1285). La chiesa gotica di S. Biagio sorse nel sec. XIV fuori porta e fu decorata con interessanti affreschi (principio sec. XV). All'epoca del dominio di Venezia risale il ponte sul Natisone (Pome del Diavolo), cominciato nel 1442 dal maestro Iacopo da Bissone e portato a termine da Edoardo da Villaco: il ponte, demolito il 27 ottobre 1917, fu ricostruito dagli Austriaci. Anche il duomo fu cominciato nello stesso periodo per opera pure di Erardo e poi di Bartolomeo delle Cisterne. Ma nel 1502 l'edificio crollò, e fu ricostruito da Tullio Lombardo, che mantenne della chiesa primitiva alcuni tratti che s'accordano con molta grazia all'insieme grandioso e solenne. Vi si ammira la sedia marmorea dei patriarchi, la pala argentea dell'altar maggiore del patriarca Pellegrino III (1193-1204) e la pittura con Cristo e la Maddalena del Pordenone. Il tesoro è ricco di reliquiarî. La chiesa di S. Maria dei Battuti vanta una delle più belle pale di Pellegrino da S. Daniele. Una casa gotica, ornata di terrecotte sulla piazza maggiore, è detta tradizionalmente essere quella di Paolo Diacono. Il Museo governativo, oltre le opere già citate, vanta un evangeliario del sec. V, la pace d'avorio del duca Orso (sec. VIII), e altri oggetti importanti.

Arte della stampa. - Gerardo di Lisa, fiammingo, dopo aver stampato a Treviso, Brescia, Vicenza e Venezia, si femò nel 1480 a Cividale, dove pubblicò la prima edizione del famoso trattato di cucina di G. B. Platina, De honesta voluptate et valitudine, bel libretto in - 4°, impresso con caratteri gotici, e la Cronica de Sancto Isidoro menore, 24 novembre 1480.

Storia. - Le origini di Cividale rimontano al periodo veneto. Ai tempi dell'invasione gallica, l'abitato dovette assumere particolare importanza, giacché la valle del Natisone era la principale strada che metteva in comunicazione il Friuli e il mare col grande regno gallico del Norico. È verosimile che, per questa sua felice posizione, cittadini romani si siano stabiliti gia nel sec. II a. C. nella località per esercitare il commercio. Giulio Cesare o Ottaviano costituirono questi Romani in una comunità detta, per tale motivo, Forum Iulii. Poco più tardi vi fu dedotta una colonia.

La bufera unnica, con la distruzione d'Aquileia, diede maggior fortuna a Forogiulio. In essa, probabilmente già nel sec. V, trasportarono la loro sede i vescovi del distrutto Iulium Carnicum. D'allora in poi la piccola città acquistò un'importanza militare di prim'ordine. Quali siano state le vicende di Forogiulio durante la dominazione gotica e i brevi anni del dominio bizantino non sappiamo di preciso; certamente però la città non dovette soffrire, anzi Paolo Diacono la considera divenuta capitale della Venezia, al posto d'Aquileia. Re Alboino fece di Forogiulio la capitale del primo ducato da lui costituito in Italia e vi pose duca suo nipote Gisulfo. Durante il dominio dei fieri invasori la città fu più che altro un arnese da guerra contro gli Slavi e gli Avari, i quali ultimi presero e saccheggiarom la città (circa l'anno 620). Dal 730 circa Forogiulio divenne sede del patriarcato d'Aquileia. L'ultimo tempo longobardo e l'età franca furono il periodo più splendido per la città. A Cividale fu convocato nel 796 un importante concilio che, tra l'altro, statuì l'assoluta indissolubilità del matrimonio. Nell'825 Lotario designava la città come sede d'insegnamento superiore per il Veneto e per l'Illirico. In questo periodo Forogiulio, quale sede del marchese della parte orientale del regno (l'Austria longobarda), fu detta Civitas Austriae (donde il nome odierno).

L'invasione ungarica del sec. IX diede un fiero colpo a questa prosperità e la città cadde nell'oscurità. Cominciò a rilevarsene quando la contea del Friuli venne ai patriarchi d'Aquileia. Cividale, allora, ebbe assai presto un mercato permanente e autonomia comunale, della quale seguiamo le tracce nel sec. XII. Il comune di Cividale fu sempre soggetto al patriarca fino alla caduta del suo stato (1420). Il commercio era assai vivo e i patriarchi vi fondarono un'università, riconosciuta dall'imperatore Carlo IV nel 1353.

Attivissima fu la politica cividalese sul finire del sec. XIV e nei primi decennî del XV, specialmente per le contese con Udine, che ormai la superava di popolazione e cercava di divenire, come poi divenne nel tempo veneziano, capitale della provincia. Un colpo decisivo per la prosperita dell'antica città fu la perdita (1509) di Tolmino, chiave dell'alta valle dell'Isonzo e della vita commerciale transalpina. Dal '600 in poi la città visse la torpida esistenza degli altri centri minori italiani. Nel 1553 aveva ottenuto di separarsi dalla luogotenenza di Udine e d'esser governata direttamente da Venezia, mediante un provveditore. Durante il periodo veneziano fu notevole centro di studî.

Nel periodo napoleonico, Cividale fu una delle quattro viceprefetture nelle quali si divideva il dipartimento di Passeriano. Gran danno ebbe poi dalla dominazione austriaca, che le tolse importanti istituti d'educazione e gli uffici amministrativi dell'età precedente. Fra il 1848 e il 1866 il movimento patriottico della piccola città fu assai vivace, e vi si organizzarono bande d'insorti che tennero in diversi periodi le circostanti montagne. La città fu sede della II Armata nella guerra mondiale e durante l'invasione fu gravemente danneggiata.

Bibl.: G. Grion, Guida storica di Cividale del Friuli, Cividale 1899; G. Fogolari, Cividale del Friuli, Bergamo 1906; Guida del Friuli: IV, Guida delle Prealpi Giulie, Udine 1912, pp. 589-608. Per l'agricoltura v. (Varî), Dintorni di Cividale del Friuli, Udine 1908, con due carte. Per la geologia dei dintorni si veda: G. B. De Gasperi, in Mem. Soc. Tosc. scienze naturali, XXV (1909). - Per i monumenti, oltre le opere generali già citate, v.: Corpus Inscriptionum Latinorum, V, p. 163; M. Leicht, Monumenti cividalesi, Udine 1895; A. Zorzi, Guida dei rr. Museo archivio e biblioteca di Cividale, Cividale 1899; R. Della Torre, Il battistero di Callisto in Cividale, Cividale 1899; L. Strzygowski, Das orientalische Italien, in Monatsh. f. Kunstw., I (1908), p. 247 segg.; C. Cecchelli, Arte barbarica cividalese, in Mem. stor. forogiuliesi, XIII (1917), p. i segg.; XV (1919), p. 55 segg.; XVI (1920), pp. 95-152; XVII (1921), pp. 157-207; id., Miscellanea cividalese, ibid., XXIII (1927); id., Il tempietto "longobardo" di Cividale del Friuli, in Dedalo, III (1922-23), pp. 735-60; A. Haupt, Die älteste Kunst, insbesondere die Baukunst d. alten Germanen, 2ª ed., Berlino 1923 (v. l'indice); P. Toesca, Storia dell'arte italiana, I: Il Medioevo, Firenze 1927 (v. l'indice); A. Kingsley Porter, Romanische Plastik in Spanien, voll. 2, Firenze-Monaco 1928 (v. l'indice). - Sull'arte della stampa in Cividale, v. Van der Meersch, Recherches sur la vie et les travaux des imprimeurs belges ecc., Gand 1844 e 1856; V. Joppi, L'arte della stampa in Friuli, Udine 1880.

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