CITTADINANZA EUROPEA

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

CITTADINANZA EUROPEA.

Luigi Moccia

– Legittimazione dell’Unione. Soggettività giuridica dell’Unione. Bibliografia.

In un arco di tempo che va dal primo Trattato sull’Unione Europea (TUE), firmato a Maastricht nel 1992, fino a quello di Lisbona entrato in vigore nel 2009, notevoli sono stati i progressi che hanno portato a definire un sistema di c. e., quale oggi appare: come una sorta di mosaico, di cui alcune tessere sono in opera e ben visibili, mentre altre sono sparse tra le pieghe della legislazione dell’Unione e soprattutto nella giurisprudenza della Corte di giustizia europea; un mosaico che attende ancora di essere composto, tra vedute contrastanti e resistenze degli Stati membri, ma riconoscibile nelle (in alcune) sue linee generali.

La c. e. concorre ad arricchire il quadro delle trasformazioni semantiche di un nuovo ordine politico-sociale e giuridico postnazionale, fornendone una chiave di lettura e cornice di riferimento, quale categoria nuova di cittadinanza, svincolata dalla nazionalità, e aperta su uno spazio senza frontiere, i cui confini sono segnati e presidiati da valori, principi, regole e diritti a base di un modello di società caratterizzato «dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà» (art. 2 TUE).

Se si assume la cittadinanza (dell’Unione) europea a denominatore di questo spazio comune, è evidente che il senso di un discorso breve in tema non possa che concentrarsi su alcuni aspetti di inquadramento riguardanti la trasformazione dell’ordinamento statuale nel contesto europeo. In proposito, spiccano due questioni principali, distinte ma connesse: la base di legittimazione dell’assetto di poteri e competenze formatosi con l’Unione; la relazione soggetto-diritti in seno a questo nuovo ordine di tipo transnazionale. Aspetti e questioni che richiamano a loro volta il problema della qualificazione di un profilo identitario dell’Unione come unione di popoli (e cittadini).

Legittimazione dell’Unione. – Dal lato della legittimazione la questione, che si pone, riguarda la sostenibilità e compatibilità democratica dello Stato a dimensione nazionale di fronte alle sfide esterne di una crescente interdipendenza, competizione, cooperazione-integrazione tra Stati, come nel caso del continente europeo, e in presenza di tendenze e tensioni interne derivanti da spinte autonomistiche e, per altro verso, da insorgenze legate alla società multietnica e multiculturale. Su questo piano di discorso, e per quanto attiene al versante sociopolitico e giuridico-istituzionale, possono segnalarsi alcuni indicatori del rilievo assunto dalla cittadinanza dell’Unione come fondamento della costruzione europea. Si tratta di indicatori, ricavabili dal testo dei trattati, che puntano a fare della cittadinanza dell’Unione l’anello di congiunzione tra l’ordine europeo come ordinamento internazionale, vincolato alla logica di un interesse generale negoziato diplomaticamente tra gli Stati membri, e l’ordine europeo come ordinamento costituzionale, vincolato alla logica di un interesse comune deliberato democraticamente dalle istituzioni europee.

Significativo in proposito il dato che il Parlamento europeo, un tempo composto da «rappresentanti dei popoli degli Stati», con la riforma di Lisbona è oggi composto da «rappresentanti dei cittadini dell’Unione» (art. 14 TUE): così prefigurandone una rappresentatività in chiave direttamente europea, che si combina con la previsione di un ruolo dei partiti politici a livello europeo che «contribuiscono a formare una coscienza politica europea» (art 10, nr. 4, TUE). Questo salto terminologico s’accompagna a una serie di altre innovazioni di un lessico politico-giuridico con il quale l’Unione viene investita di compiti che chiamano direttamente in causa i suoi cittadini. La cittadinanza dell’Unione è posta così a caposaldo delle «disposizioni relative ai principi democratici» (titolo II TUE), dedicate: alla democrazia rappresentativa come base del funzionamento dell’Unione; alla trasparenza delle istituzioni europee e al dialogo con la società civile; alla democrazia partecipativa (possibilità di presentare proposte di atti normativi d’iniziativa popolare da parte di un milione di cittadini dell’Unione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri).

Il tutto sintetizzabile in una formula, quella secondo cui «ogni cittadino ha diritto di partecipare alla vita democratica dell’Unione»; insieme con il risvolto costituito dall’impegno delle istituzioni europee di prendere decisioni «nella maniera il più possibile aperta e vicina ai cittadini» (art. 10, nr. 3, TUE). Formula, per quanto declamatoria, rivelatrice tuttavia di un’evidente esigenza rispetto a tutto l’impianto dei principi di vita democratica dell’Unione incentrato sulla cittadinanza: l’esigenza o, piuttosto, la difficoltà di una europeizzazione, ancora assai carente, della società civile e dell’arena di dibattitto pubblico, come base di maggiore partecipazione dei cittadini e così pure di maggiore vicinanza delle istituzioni europee alla gente.Sicché la costruzione di una c. e. va considerata come processo che promana tanto dall’alto quanto dal basso, in una prospettiva in cui i cittadini dell’Unione sono non solo prodotto delle istituzioni europee e di date condizioni socioeconomiche, ma anche e soprattutto artefici di se stessi e di uno spazio politico (civico) europeo.

Soggettività giuridica dell’Unione. – In questa stessa prospettiva di europeizzazione della società, della politica, così come dell’economia e del diritto, insomma di costruzione della civitas europea, si colloca la seconda questione sopra indicata: relativa alla pienezza e inclusività di condizione giuridica del soggetto (persona) nell’ordinamento europeo, come ordinamento che integra gli ordinamenti interni (nazionali), collegandoli tra loro e vincolandoli al rispetto di un diritto comune (europeo).

Il Trattato di Lisbona ha conferito valore giuridico (lo stesso dei trattati) alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (Nizza 2000, Strasburgo 2007), impegnando l’Unione ad aderire alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (Roma 1950), altresì riconoscendone i diritti ivi garantiti, insieme con quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, come facenti parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali (art. 6 TUE). L’idea che ne scaturisce è quella, in prospettiva, di un nuovo ordine giuridico europeo, quale modello di integrazione e coesione, che si legittima e prende corpo sul piano e a misura dell’attribuzione di diritti, che trovano il loro fondamento non più nella (sola) appartenenza allo Stato-Nazione, di cui, anzi, tendono a contrastare la chiusura entro la (sola) sfera della sovranità statuale, ma aprendosi a una dimensione (sovra e transnazionale) di spazio di cittadinanza comune.

Nata come ‘cittadinanza transfrontaliera’ relativa alla libertà di circolazione e soggiorno in funzione del mercato interno, come tale riservata a una minoranza di popolazione mobile (i cd. stranieri privilegiati), a garanzia della non discriminazione in base alla nazionalità, la c. e. viene, nella sua proiezione di contenitore potenzialmente universale di diritti, indicata dalla stessa Corte di giustizia europea come «lo status fondamentale dei cittadini degli Stati membri» (sentenza 20 sett. 2001, Grzelczyk, e altre seguenti).

Invero, caratteristica essenziale della c. e. non è solo e tanto quella di porsi in aggiunta alla cittadinanza nazionale, ma anche e piuttosto quella di trarre dalla forza espansiva dell’universalismo dei diritti fondamentali una connotazione autonoma, che ne fa l’emblema di uno spazio – non solo metaforico, ma normativamente identificabile con il territorio dell’Unione – di condivisione dei valori e principi di cui tali diritti sono espressione.

A questo spazio si fa riferimento nel preambolo della Carta di Nizza dove si legge che l’Unione «pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza dell’Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia». È ancora questo spazio che viene evocato nel cd. Programma di Stoccolma (Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini) per il periodo 2010-14 (adottato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dic. 2009), dove si legge (n. 1.1.) che la «cittadinanza europea deve diventare una realtà tangibile», e che per questo occorre realizzare «uno spazio unico in cui siano protetti i diritti e le libertà fondamentali», ponendo al centro il «valore essenziale» costituito dal «rispetto della persona umana e della sua dignità». In tal senso, «la sfera privata del cittadino», intesa come complesso di tali diritti e libertà, deve essere tutelata «oltre le frontiere nazionali».

Appare quindi tracciata, sulla carta, per quanto ancora lunga e in salita, la via della cittadinanza verso una civitas europea, quale modello di integrazione, economica, sociale, giuridica e politica, fondato sul nesso tra cittadinanza, principi democratici e pienezza di soggettività nel rispetto dei diritti fondamentali della persona.

Bibliografia: E. Balibar, Nous, citoyens d’Europe?, Paris 2001 (trad. it. Noi cittadini d’Europa? Le frontiere, lo Stato, il popolo, Roma 2004); Diritti fondamentali e cittadinanza dell’Unione Europea, a cura di L. Moccia, Milano 2010; The past and future of EU law. The classics of EU law revisited on the 50th anniversary of the Rome Treaty, ed. M. Poiares Maduro, L. Azoulai, Oxford 2010; D.H. Olsen, Transnational citizenship in the European Union, London-New York 2012; A. Papisca, Diritti umani: plenitudo iuris, plenitudo civitatis. Ridefinire la cittadinanza alla luce del diritto della dignità umana, «La cittadinanza europea», 2013, 1, pp. 15-29; W. Maas, European Union citizenship in retrospect and prospect, in Routledge handbook of global citizenship studies, ed. E.F. Isin, P. Neyers, London-New York 2014; C. Margiotta, Cittadinanza europea. Istruzioni per l’uso, Roma-Bari 2014; P. Mengozzi, C. Morviducci, Istituzioni di diritto dell’Unione Europea, Padova 2014, pp. 303-41; T. Pullano, La citoyenneté européenne. Un espace quasi étatique, Paris 2014.

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