VATICANO, Citta del

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi VATICANO, Citta del dell'anno: 1966 - 1997

VATICANO, Città del (v. vol. VII, p. 1094)

C. Pietrangeli
F. Buranelli,

musei di antichità. - Sotto Paolo VI sono stati inaugurati i Musei Gregoriano Profano e Pio-Cristiano nella nuova sede costruita su progetto degli architetti Vincenzo, Fausto e Lucio Passarelli, che ha segnato un importante episodio nella storia della museologia. Fra i più recenti incrementi delle raccolte è da citare la donazione della Collezione Astarita (1967-1968) che è stata esposta nel Museo Gregoriano Etrusco (v. oltre). È stato inoltre depositato presso i Musei Vaticani il Museo del Pontificio Istituto Biblico (1982).

Bibl.: C. Pietrangeli, I Musei Vaticani: cinque secoli di storia, Roma 1985.

Museo Gregoriano Egizio. - Nel 1966, essendo direttore del Museo il Rev. Prof. Gianfranco Nolli, è stata eliminata la parte più significativa della sistemazione gregoriana, ricostruendo in sua vece, nelle prime due sale, una tomba egizia adorna di pitture. Anche il resto del Museo ha subito un nuovo ordinamento ed è stato riaperto nel 1976. Nelle Salette è stata presentata in nuove moderne vetrine la Raccolta Grassi riordinata; nell'ultima delle Salette è stata trasferita dalla Scala che da essa prendeva nome la raccolta dei rilievi assiri provenienti dal palazzo reale di Sargon II (772-705 a.C.) a Ν di Ninive e donati a Pio IX da Giovanni Benni.

Una recente revisione del materiale ha condotto alla riunificazione delle sculture provenienti da Villa Adriana, in un contesto di ricostruzione architettonica che evoca l'ambiente originario. Ciò è avvenuto in seguito all'ipotesi interpretativa della decorazione del c.d. Serapeum situato nel Canopo della Villa (Grenier) e nell'ambito di tale ricostruzione sono state associate le sculture già raccolte nel Settecento nella Sala detta del Canopo in Campidoglio e passate nel secolo successivo in Vaticano, una statua di Antinoo-Osiride proveniente dalla Collezione Barberini, già nella villa papale di Castelgandolfo, e il calco di una delle statue di analogo soggetto provenienti da Tivoli e conservate a Monaco.

Bibl.: A. Roullet, The Egyptian and Egyptianizing Monuments of Imperial Rome (EPRO, 20), Leida 1972; J. Raeder, Die statuarische Ausstattung der Villa Hadriana bei Tivoli, Francoforte 1983; J. C. Grenier, La décoration statuaire du Serapeum du Canope de la Villa Adriana. Essai de reconstitution et d'interprétation, in MEFRA, CI 1989, pp. 925-979.

(C PIetrangeli)

Museo Gregoriano Etrusco. - Quando nel 1988 i Musei Vaticani definirono l'acquisto della seconda parte della Collezione Guglielmi (la prima era già esposta nella V sala del Museo dal 1935 in seguito al dono che il Marchese Benedetto Guglielmi fece a Pio XI), si è aperta per il Museo Gregoriano Etrusco una nuova fase di studio e di recupero scientifico delle raccolte. Infatti, per poter ricongiungere le due parti della ricomposta Collezione Guglielmi, è stato necessario ristrutturare e ampliare il Museo Etrusco ricercando nuovi spazi espositivi al terzo piano del Palazzetto di Innocenzo VIII.

Il nuovo intervento edilizio (il quarto dall'inizio del secolo) è stato realizzato in tre fasi al fine di non tenere chiuso il Museo per troppo tempo: la prima fase di lavori è stata inaugurata il 5 marzo 1992, mentre la seconda e la terza hanno consentito la riapertura al pubblico il 15 novembre 1994 e il 17 giugno 1996.

L'intervento si è articolato in una molteplicità di aspetti tutti ugualmente importanti. Si è trattato di intervenire architettonicamente su edifici del Quattrocento e del Cinquecento ricchi di una lunga e travagliata storia, ristrutturandoli e restaurandone l'importante decorazione a fresco. Si è modificata e ampliata, rivedendone la planimetria e la disposizione, la struttura stessa di un Museo che vanta una tradizione più che centocinquantenaria e, infine, si sono recuperati complessi archeologici dimenticati che sono stati appositamente restaurati per una più corretta interpretazione ed esposizione. Si è cercato, nel rispetto di una concezione espositiva ormai «storicizzata», di mantenere il criterio di esposizione per «tipo di materiale», che ha da sempre caratterizzato il Museo di Gregorio XVI, integrandola e organizzandola, però, secondo una visione più aderente alle attuali esigenze scientifiche.

È stata così creata la sala dedicata all'Età del Ferro in Etruria e nel Lazio, riunendovi, con criterio cronologico, i materiali più antichi della collezione. In un'ideale ricostruzione topografica, come in una risalita del Tevere, sono stati esposti nella vetrina di sinistra (un'immaginaria riva etrusca) gli oggetti rinvenuti negli scavi dell'Etruria Pontificia e nella vetrina di destra (la riva laziale) i materiali del Latium vetus. È stato possibile ricostituire il nucleo di materiali villanoviani scavato alla fine del Settecento da Filippo Prada nella necropoli dell'Osteria di Vulci e, per quanto riguarda la civiltà laziale, accanto ai noti corredi scavati a Castel Gandolfo dal Visconti, è stato possibile recuperare dai magazzini i materiali orientalizzanti rinvenuti dal Garrucci a Palestrina e gli inediti frammenti ceramici provenienti dagli scavi sotto San Giovanni in Laterano.

È stata, inoltre, restaurata e ha trovato finalmente collocazione la splendida biga arcaica (nota fin dal Settecento come un pastiche d'epoca), che sembra provenire, per quanto si è potuto appurare dalla bibliografia più antica, dalla Tenuta di Roma Vecchia lungo l'Appia Antica.

La prima sala costituisce una sorta di introduzione alla problematica dell'Orientalizzante, esemplarmente documentata dalla famosa Tomba Regolini-Galassi di Cerveteri che ha conservato la sua esposizione tradizionale nella seconda sala del Museo.

Seguono, poi, le sale dei bronzi e delle pietre, che riprendono l'impostazione antica del Museo per tipo di materiale.

Se il sistema espositivo è quello tradizionale, totalmente nuova è la Sala delle Pietre, che è stata ripristinata nella sua architettura settecentesca, unificando tre piccoli ambienti in un unico ampio spazio, scandito da due imponenti archi a sesto acuto. In esso sarcofagi (in particolare quello di Cerveteri restaurato per l'occasione), cippi, altorilievi e iscrizioni hanno trovato il giusto respiro e una collocazione che rende la loro visione più godibile.

Da qui si accede alle nuove sale collocate al secondo e terzo piano del Palazzetto del Belvedere di Innocenzo VIII, dove è stata radicalmente rivista la precedente sistemazione degli anni '50. Una moderna scala, appositamente costruita nell'angolo occidentale del Palazzetto Innocenziano, ha permesso di inserire nel percorso i nuovi e ampi locali siti al terzo e ultimo piano dell'edificio.

Qui hanno trovato adeguata sistemazione le terrecotte votive e architettoniche, dove si ê cercato di ricostruire, nei limiti di un moderno spazio museale, un'area sacra etrusca. Gli altorilievi frontonali, le lastre architettoniche, gli acroteri e le antefisse sono stati collocati su supporti imitanti la trabeazione lignea dei tetti. La sagoma di un tempio etrusco, ricreata con la ricostruzione dello spazio frontonale nel quale sono inseriti gli altorilievi fittili di Tivoli, domina dall'alto del podio «l'area sacra» antistante, affollata da monumenti e offerte votive.

Oltre a questi è ora possibile ammirare, nella nuova cornice, l'acroterio angolare a forma di cavallo alato proveniente da Cerveteri, la serie di lastre architettoniche del famoso fregio con teste di Dioniso ed esuberante decorazione fitomorfa.

Su una pedana al centro della sala e nelle vetrine lungo la parete sinistra sono esposte le offerte votive in terracotta, provenienti in gran parte da Cerveteri. Nell'esposizione si è voluto sottolineare non solo la qualità artistica dell'offerta votiva, ma anche la grandissima varietà e quantità di doni che venivano portati quotidianamente al tempio. Si tratta preferibilmente di parti del corpo umano (teste, mezzeteste, arti, organi), ma non mancano riproduzioni di animali o di alimenti.

Dai grandi e luminosi locali dedicati alle collezioni storiche del Museo, si entra in due ambienti più raccolti, appositamente studiati, in cui è tornata a fare parte stabile dell'esposizione una delle più prestigiose raccolte di oreficeria etrusca. Nelle vetrine sono raccolte, ordinate per tipologia e cronologia, oreficerie etrusche a partire dal VII sec. a.C., per giungere, attraverso una ricca esemplificazione della produzione di età classica ed ellenistica, sino all'età romana imperiale.

Scendendo dalla nuova scala, il visitatore si ritrova in un ampio salone che ospita la collezione archeologica dei marchesi Guglielmi, formatasi nel secolo scorso in seguito agli scavi condotti nelle tenute di Sant'Agostino e di Camposcala nel territorio dell'antica città di Vulci, finalmente tornata alla sua originaria completezza dopo novant’anni di forzata separazione.

Seguono le due sale dedicate alle urne cinerarie di età ellenistica, dove figurano le tre principali produzioni dell'Etruria, volterrana, chiusina e perugina, oltre al famoso monumento fittile con Adone morente, anch'esso coronamento di urna cineraria.

In una saletta attigua è esposta la Collezione di Bonifacio Falcioni, acquistata nel 1898 da Leone XIII, anch'essa ricomposta con i più importanti reperti che erano stati dispersi nelle diverse sale tematiche del Museo.

Si lascia l'Etruria di età ellenistica con uno sguardo ai sarcofagi in terracotta da Tuscania, mentre l'attenzione del visitatore viene catturata dalla spettacolare scala a chiocciola del Bramante, restaurata e in parte resa agibile al pubblico.

Questo gioiello dell'architettura rinascimentale fa da quinta al rinnovato Antiquarium romanum, che si apre con una ricca selezione di bronzi: grande statuaria, vasellame, elementi di mobilio, plastica. Segue una sala dedicata alle terrecotte architettoniche, con ricostruzione delle strutture lignee di copertura sulle quali sono state collocate antefisse e lastre di sima. Notevole anche la sequenza di lastre «Campana» con fatiche di Ercole, esposte a parete. Nella stessa sala è ospitata un'interessante raccolta di vetri, prevalentemente ellenistici e romani, e di oggetti in osso e avorio.

Nella terza e ultima sala dell' Antiquarium viene proposto un esaustivo campionario di lucerne fittili. La novità in quest'ambito è rappresentata dall'istituzione di un settore dedicato alle antichità romane scoperte all'interno della Città del Vaticano, esito fruttuoso degli studi e delle ricerche che si sono susseguiti già all'indomani dell'istituzione dello Stato.

Si lascia questo settore, ospitato nell'ala di levante del Palazzetto Innocenziano, percorrendo un tratto della scala di Giulio III, per rientrare nei saloni prospicienti il Cortile della Pigna appartenuti all'appartamento di riposo di Pio IV, dove è stata nuovamente allestita, nel rispetto della tradizione museografica e della funzionalità, la Collezione dei Vasi. Nelle vetrine, in gran parte rinnovate, è tornata in esposizione permanente, finalmente riunificata, la ricchissima raccolta di ceramica attica che in parte era precedentemente conservata nell'Emiciclo Superiore. Viene così presentato al pubblico, ordinato cronologicamente, l'intero svolgimento della ceramografia greca, con vasi firmati o attributi a maestri come Exekias, Douris, Brygos, il Pittore di Berlino, il Pittore di Achille, il Pittore della Phiàle di Boston e a tanti altri noti artisti dell'antichità classica. Alla collezione di vasi italioti è invece riservato il suggestivo percorso semianulare dell'Emiciclo Superiore.

Si lascia il Museo attraverso il moderno ripristino di un'apertura preesistente, obliterata in concomitanza con la costruzione della Scala Simonetti nel tardo Settecento, ottenendo così una funzionale separazione dell'entrata e dell'uscita da questo settore, nel rispetto delle antiche strutture architettoniche.

Bibl.: F. Roncalli, Il Marte di Todi. Bronzistiea etrusca ed ispirazione classica (MemPontAcc, XI, 2), Città del Vaticano 1973; A. D. Trendall, La Collezione Astarita nel Museo Gregoriano Etrusco, III. Vasi italioti ed etruschi a figure rosse dì età ellenistica, Città del Vaticano 1976; F. Roncalli, Attività dei musei e gallerie pontificie. Il reparto di Antichità etrusco-italiche, in BMonMusPont, I, 3, 1979, pp. 53-114; M. Scarpignato, Corredo di oreficerie da una tomba vulcente nel Museo Gregoriano Etrusco, ibid., II, 1981, pp. 5-19; F. Schippa, I vasi a vernice nera della Collezione Astarita, ibid., pp. 21-37; H. Blyth, The Structure of a Hoplite Shield in the Museo Gregoriano Etrusco, ibid., III, 1982, pp. 5-21; id., Altorilievi frontonali da Tivoli nel Museo Gregoriano Etrusco, ibid., IV, 1983, pp. 13-34; F· Buranelli, F. Roncalli, Attività dei musei e gallerie pontificie. Reparto di antichità Etrusco-Italiche (1975-1983), ibid., V, 1984, pp. 227-278; M. Scarpignato, Sulle collezioni Feoli e Candelori: contributo alla conoscenza delle oreficerie vulcenti e del collezionismo ottocentesco, ibid., pp. 13-31; F. Buranelli, L'urna Calabresi di Cerveteri, Roma 1985; M. Scarpignato, Oreficerie etrusche arcaiche. Cataloghi, 1. Museo Gregoriano Etrusco, Roma 1985; C. Pietrangeli, L'appartamento del Cardinal Zelada in Vaticano, in BMonMusPont, VI, 1986, pp. 153-198; G. Calzecchi-Onesti, Un elmo «Piceno» al Museo Gregoriano Etrusco, ibid., VII, 1987, pp. 5-39; G. Lahusen, E. Formigli, Ergebnisse der kunsthistorisch-technischen Analyse von zwei römischen Grossbronzen in den Museen des Vatikan, ibid., VIII, 1988, pp. 21-52; A. Testa, Candelabri e thymiate- ria. Cataloghi. 2. Museo Gregoriano Etrusco, Roma 1989; F. Buranelli, La raccolta Giacinto Guglielmi (cat., Palazzi Apostolici Vaticani, Stanze di S. Pio V), Roma 1989; E. Formigli, N. Gabrielli, M. Sannibale, Indagini sulle tecniche di esecuzione di un torso bronzeo romano dei Musei Vaticani, in BMonMusPont, X, 1990, pp. 5-24; F. Buranelli, Si sarebbe potuta chiamare «vulcente» la cultura villanoviana, ibid., XI, 1991, pp. 5-50; M. Bergamini, L'urna tudertina del «Maestro di Enomao» in quattro manoscritti del XVIII secolo, ibid., pp. 133-162; M. T. Paleani, Le lucerne paleocristiane. Cataloghi. I. Antiquarium Romanum, Roma 1993; M. Sannibale, Le urne cinerarie di età ellenistica. Cataloghi. 3. Museo Gregoriano Etrusco, Roma 1994.

(F. Buranelli)

Museo di Scultura Antica. - Nel Museo di Scultura Antica (Pio-Clementino, Chiaramonti, Braccio Nuovo, Cortile della Pigna) sono da menzionare il riordinamento e la riapertura al pubblico dopo un ventennio del Cortile della Pigna (1981) e lo spostamento al centro del Cortile delle Corazze della base della Colonna di Antonino Pio. Il Torso del Belvedere è stato trasferito nella Sala delle Muse; i rilievi flavî del Palazzo della Cancelleria e il fregio dell'Ara dei Vicomagistri sono ora esposti nel Museo Gregoriano Profano. Nel Cortile Ottagono è stato ricomposto il gruppo della statua di divinità fluviale (c.d. Tigri) e del sarcofago dell'Amazzonomachia che costituirono dal '500 alla fine del '700 una delle fontane sugli angoli dell'Antiquario delle Statue. Dalla Scala dei Rilievi Assiri sono stati tolti i rilievi che le davano il nome, adesso razionalmente ordinati in una delle Salette del Museo Gregoriano Egizio (v. sopra). Tra i restauri eseguiti in questi ultimi tempi va ricordato quello del Laocoonte (v.) - diretto da Filippo Magi - che ha eliminato le integrazioni antiche del celebre gruppo ricollocando a posto il «braccio Pollak»; quello dell 'Apollo del Belvedere (v.) - diretto da Georg Daltrop - che si è potuto collocare al centro del Gabinetto del Cortile Ottagono dopo aver liberato la scultura da una sbarra metallica che la teneva assicurata al muro (1982 ss.); quello della pigna bronzea colossale e quello dei pavoni bronzei, nei quali ê tornata in luce la doratura originaria (1985-1986). In occasione dello spostamento è stata anche restaurata la base della Colonna di Antonino Pio, annerita da secolari scolature e incrostazioni. Era stata omessa nella precedente trattazione del Museo la Galleria Lapidaria, costituita da c.a 4.000 epigrafi di cui 800 cristiane e ordinata da Gaetano Marini agli inizî dell'Ottocento in una parte del Corridoio di Levante. Oltre alle iscrizioni la Galleria ospita sarcofagi figurati, stele figurate, urnette cinerarie, cippi, are funerarie decorate che integrano il complesso delle raccolte artistiche vaticane.

Bibl.: C. Pietrangeli, I Musei Vaticani al tempo di Pio VI, in BMonMus- Pont, I, 2, 1959-1974 (1978), pp. 7-45; G. Daltrop, Il Reparto di Antichità Classiche, ibid., I, 3, 1959-1974 (1979), pp. 5-52; A. Giuliano, Documenti per servire allo studio del monumento degli Haterii, in MemAccLinc, s. VIII, XIII, 1967-1968, p. 447 ss.; Η. H. Brummer, The Statue Court in the Vatican Belvedere, Stoccolma 1970; Il Vaticano e Roma cristiana, Città del Vaticano 1975; G. Daltrop, F. Roncalli, I Musei Vaticani, Firenze 1978; H. von Steuben, Das Museo Pio-Clementino, in Antikensammlungen im 18. Jahrhundert, Berlino 1981, pp. 149-161; G. Daltrop, Reparto di Antichità Classiche (1975-79), in BMonMusPont, II, 1981, pp. 127-148; F. Haskell, Ν. Penny, Taste and the Antique. The Lure of Classical Sculpture 1500-1900, New Haven-Londra 1981 (trad, it., Torino 1984); The Vatican Collections. The Papacy and Art, New York 1983; P. Liverani, Attività dei musei e gallerie pontificie. Reparto di Antichità Classiche (1980-83), in BMonMusPont, V, 1984, pp. 201-212; S. Howard, An Antiquarian Handlist and Beginnings of the Pio-Clementino, in S. Howard (ed.), Antiquity Restored^ienna 1990, pp. 142-153; P. Moreno, Scultura ellenistica, I-II, Roma 1994, passim.

Museo Gregoriano Profano (già Museo Profano Lateranense). - Il Museo Gregoriano Profano, trasferito nel 1963 dal Laterano, è stato sistemato nel nuovo edificio inaugurato nel 1970 appositamente costruito per accogliere i Musei Lateranensi. Il Museo, avvalendosi di una modernissima presentazione, ottenuta mediante l'impiego di elementi modulari in ferro, nella quale la parte essenziale è costituita dallo studio di una razionale illuminazione delle opere, espone al piano terreno dell'edificio una serie di copie e rielaborazioni romane di originali greci, nonché sculture romane dal periodo repubblicano al tardo impero. All'interno di queste grandi suddivisioni l'ordinamento, curato da Georg Daltrop, procede per tipi, per temi e per provenienze (sale per le sculture di Cerveteri, sezione ostiense, ecc.). Due grandi ambienti a esedra sono stati destinati alla presentazione a terra dei mosaici degli Atleti dalle Terme di Caracalla. La sistemazione della sezione ostiense non è ancora completata. Alle opère esistenti nell'ex Museo Lateranense sono stati aggiunti i rilievi flavi del Palazzo della Cancelleria, il fregio dell'ara detta dei Vicomagistri, la Niobe Chiaramonti e altre sculture. Una serie di vani adiacenti al Museo è stata riservata al Lapidario Profano ex Lateranense, costituito da 3.439 epigrafi ordinate da Ivan Di Stefano Manzella in parte sulle pareti e in parte su telai scorrevoli (1981). Nell'ambito del Museo è stata organizzata nel 1979 una mostra dedicata al gruppo di Atena e Marsia di Mirone.

Bibl.: v. bibl. a Museo di Scultura antica. - I. Di Stefano Manzella, Il riordinamento del lapidario profano ex Lateranense, in BMonMusPont, I, 2, 1959-1974 (1978) pp. 61-105.

Museo Pio Cristiano (già Museo Lateranense Cristiano). - Il Museo, ordinato da Enrico Josi con la collaborazione del Padre Umberto Fasola, è stato inaugurato nel 1970. Esso occupa l'ammezzato del nuovo edificio, a forma di balconata, che si affaccia sul Museo Gregoriano Profano; l'illuminazione gli proviene dalle finestre che si aprono alla sommità del muro S dell'edificio, coronato da una serie di volticelle che servono a convogliare la luce nell'interno. La sezione epigrafica, ricca di 4.200 iscrizioni, è stata ordinata tra il 1970 e il 1974 e non è aperta al pubblico; da essa nel 1985 è stato distaccato il Lapidario Ebraico che occupa oggi il settore finale del Museo.

Bibl.: F. W. Deichmann (ed.), Repertorium der christlich-antiken Sarkophage, I. Rom und Ostia, Wiesbaden 1967, pp. 3-105; I. Di Stefano Manzella, Il Museo Pio-Cristiano, in BMonMusPont, I, 3, 1959-1974 (1979), pp. 123-133.

Il Museo Profano della Biblioteca Apostolica Vaticana. - Clemente XIII Rezzonico (1758-1769) su suggerimento del cardinale bibliotecario Alessandro Albani, celebre collezionista di scultura classica, decise di trasferire la parte più antica del Museo Sacro all'estremità opposta del corridoio di ponente. Essa prese il nome di Museo Profano e comprese anche la raccolta numismatica. Lo stesso cardinale Albani suggerì la nomina di Johann Joachim Winckelmann a Prefetto delle Antichità Romane con l'incarico della custodia del Museo Profano. L'ambiente ha la volta dipinta da Stefano Pozzi con un'allegoria allusiva alla fondazione del Museo (1768); sotto Pio VI fu arricchito di preziosi armadi in legno del Brasile e bronzi dorati che ancora oggi ospitano la raccolta; esso costituisce uno squisito esempio di Gabinetto Antiquario settecentesco. Sugli armadi, ove un tempo era collocata la celebre collezione di gemme antiche con montature di Luigi e Giuseppe Valadier dispersa durante la Rivoluzione, è conservata una raccolta di bronzetti, avori, ossi e antichità varie; alle pareti, entro nicchie, sono quattro pregevoli teste in bronzo di imperatori romani: Augusto, Nerone, Settimio Severo e Balbino.

Museo Sacro della Biblioteca Apostolica Vaticana.

Bibl.: L. von Matt, Die Kunstsammlungen der Biblioteca Apostolica Vaticana Rom, Colonia 1969; F. Fremersdorf, Antikes, islamisches und mittelalterliches Glas sowie kleinere Arbeiten aus Stein, Gegat und verwandten Stoffen in den vatikanischen Sammlungen Roms, Museo Sacro, Museo Profano, Museo Egizio, Antiquarium Romanum (Museo Sacro, Cataloghi, V), Città del Vaticano 1975; G. Morello, Il Museo «cristiano» di Benedetto XIV, in BMonMusPont, II, 1981, pp. 53-89.

Biblioteca Apostolica Vaticana, Pitture Antiche.

Bibl.: A. Gallina, Le pitture con paesaggi dell'Odissea dall'Esquilino, Roma 1964; P. H. von Blankenhagen, Β. Green, The Aldobrandini Wedding Reconsidered, in RM, LXXXII, 1975, pp. 83-98; P. Moreno, Pittura greca, Milano 1987, p. 62, figg. 183-184; R. Biering, Die Odysseefresken vom Esquilin, Monaco 1995.

(C.Pietrangeli)