Christian Greco

Il Libro dell'Anno 2014

Cinzia Dal Maso

Christian Greco

Il giovane faraone di Torino

Dopo 17 anni passati nei Paesi Bassi perfezionando una formazione da egittologo che da un semplice Erasmus lo ha condotto a diventare curatore della sezione egizia del Museo di Leida, a 39 anni è il nuovo direttore del Museo torinese. «In Italia, la burocrazia non ci fa lavorare».

Christian Greco

È giovane, 39 anni appena. Giovane per gli standard italiani, s’intende. Ha vissuto 17 anni nei Paesi Bassi e in patria era pressoché sconosciuto, prima che nel febbraio 2014 venisse scelto per dirigere il Museo delle antichità egizie di Torino, sbaragliando molti concorrenti titolatissimi da tutto il mondo (incarico effettivo dal 1° maggio). Ed è subito diventato l’uomo dell’anno: il 17 giugno il ministro Franceschini l’ha nominato nel Comitato tecnico-scientifico per i beni archeologici e il prestigiosissimo Collegio Ghislieri di Pavia, di cui è stato allievo, gli ha assegnato il 9 ottobre il premio Ghislieri 2014. «Greco è veramente bravo», dice Clelia Mora, docente di Storia del Vicino Oriente antico all’Università di Pavia con cui Greco si è laureato nel 1999.

È stata lei a mandarlo con Erasmus nei Paesi Bassi, a Leida, e a presentarlo a suoi colleghi colà. E lì Greco ha «scoperto un mondo», come racconta lui stesso: una facoltà tutta per l’archeologia con ben 12 corsi di laurea.

Era troppo per non cedere alla tentazione di laurearsi lì in egittologia, sua grande passione sin da bambino. Per mantenersi ha fatto le pulizie all’università e il portiere d’albergo; una volta laureato, si è dedicato all’insegnamento (in nederlandese) di latino e greco in un liceo, mentre, allo stesso tempo, studiava per un dottorato in egittologia all’Università di Pisa e lavorava a Luxor per la Missione epigrafica dell’Università di Chicago. Nel 2009 ebbe la sua grande occasione: un posto da assistente al Museo di Leida, ma senza compenso. «Te lo devi guadagnare, il tuo posto», gli dissero. I Paesi Bassi non gli hanno dunque regalato nulla, ma gli hanno offerto possibilità. Lui ha prodotto mostre importanti tra cui Fascinating mummies che ha viaggiato dal Giappone alla Scozia alla Spagna. Un successo. Così a gennaio 2011 è diventato curatore della sezione egizia del museo a fianco di Maarten J. Raven, e condirettore della Missione archeologica di Leida a Saqqara. Una carica che conserva tuttora: «così il Museo di Torino tornerà finalmente a scavare».

Ma dai Paesi Bassi Greco non porta in dote solo la collaborazione con Leida. Porta un modo di pensare e operare fattivo che, in Italia, lo spinge a chiedere a gran voce più autonomia: «perché, anche per il semplice restauro di un coccio, bisogna seguire un iter burocratico infinito? Lasciatemi lavorare, e poi giudicherete i risultati. Se avrò commesso errori, mi licenzierete». Nei Paesi Bassi è così, il posto fisso si guadagna sul campo, con i risultati, e tutti sono soggetti a valutazioni periodiche severissime. È un sistema che funziona: perché non applicarlo anche in Italia?

Dopo ‘autonomia’ la parola che piace di più a Greco è ‘connessione’. La seconda collezione egizia al mondo dopo il Museo del Cairo dev’essere innanzitutto un grande centro di ricerca, e per questo Greco progetta accordi con istituti di ogni dove, come quello firmato a giugno con i Musei Vaticani per lo studio e il restauro dei sarcofagi.

Studia però anche collaborazioni con gli altri musei torinesi, per intensificare quel legame con la città che ha caratterizzato l’Egizio sin dalle sue origini. E vuole coinvolgere la gente con un uso attento del web, con proposte di visita diversificate, raccontando le storie degli oggetti a cominciare dalla collezione stessa, spiegando perché i Savoia la vollero a Torino e perché dev’essere un vanto per tutti in città. Vuole far vivere gli oggetti con animazioni e progetti di augmented reality. Vuole presentare le ricerche in mostre temporanee da far poi viaggiare per il mondo, producendo utili. Vuole dar vita a una scuola per curatori museali che in Italia ancora non c’è. Ha insomma molte idee e una tempistica chiara per realizzarle, in vista del bicentenario del Museo nel 2024.

Progetta dunque a lungo termine, in grande sintonia con la presidentessa della Fondazione che gestisce il Museo, Evelina Christillin. Dice: «Il primo aprile 2015, quando inaugureremo il nuovo museo completamente ristrutturato, non sarà il traguardo ma il vero punto di partenza». Vedremo cosa saprà fare.

Allestimento del Museo egizio

Tra pubblico e privato

La Fondazione Museo delle antichità egizie di Torino, costituita ufficialmente il 6 ottobre 2004, rappresenta il primo esperimento di costituzione, da parte dello Stato, di uno strumento di gestione museale a partecipazione privata. È stata fondata dal Ministero per i Beni e le attività culturali, che conferisce in uso per 30 anni i propri beni, insieme con la Regione Piemonte, la Provincia di Torino, la Città di Torino, la Compagnia di San Paolo e la Fondazione CRT. Dal novembre 2012 presidentessa della Fondazione è Evelina Christillin. La Fondazione ha sede nel Palazzo dell’Accademia delle Scienze, che ospita il Museo sin da quando venne formalmente istituito dal re Carlo Felice nel 1824, il quale riunì varie collezioni di antichità egizie pervenute in casa Savoia fin dal 1630, poi ulteriormente arricchite nel corso dell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento. Tra le iniziative in corso di realizzazione: riqualificazione del percorso museale; allestimento dello Statuario, a cura di Dante Ferretti; percorso di piante nel Museo, a cura dell’architetto paesaggista Paolo Peyrone.

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