Chimica sopramolecolare

Enciclopedia del Novecento II Supplemento (1998)

Chimica sopramolecolare

Jean-Marie Lehn

SOMMARIO: 1. Dalla chimica molecolare a quella sopramolecolare. 2. Riconoscimento molecolare: a) riconoscimento, informazione, complementarità; b) recettori molecolari; principi per la loro progettazione; c) studi iniziali: riconoscimento sferico in complessi criptati; d) riconoscimento tetraedrico; e) riconoscimento degli ioni ammonio e dei substrati a essi collegati. 3. La chimica di coordinazione anionica e il riconoscimento dei substrati anionici. 4. Molecole corecettrici e riconoscimento multiplo: a) criptati di ioni metallici dinucleari e polinucleari; b) riconoscimento lineare della lunghezza molecolare da parte di correttori ditopici; c) corecettori eterotopici: speleandi, recettori anfifilici; d) riconoscimento multiplo nei metallorecettori. 5. Reattività e catalisi a livello sopramolecolare: a) catalisi da parte di molecole reattive recettrici di cationi; b) catalisi da parte di molecole reattive recettrici di anioni; c) cocatalisi: catalisi di reazioni sintetiche. □ 6. Processi di trasporto e progetto di specie trasportatrici: a) trasporto mediato da trasportatori; b) processi di trasporto accoppiato; c) trasporto attraverso canali transmembrana. 7. Dagli endorecettori agli esorecettori. 8. Dalle supermolecole agli assemblaggi polimolecolari. 9. Dispositivi molecolari e sopramolecolari: a) dispositivi molecolari fotonici; b) dispositivi molecolari elettronici; c) dispositivi molecolari ionici. 10. Riconoscimento molecolare e autoorganizzazione. Sistemi molecolari programmati: a) autoorganizzazione di complessi metallici a doppia elica: elicati e desossiribonucleoelicati; b) assemblaggio di fasi organizzate al fine di operare processi di riconoscimento molecolare; c) autoassemblaggio basato su fenomeni di riconoscimento molecolare di strutture ordinate allo stato solido.  11. Ionica chimica.  12. Conclusioni. □ Bibliografia.

1. Dalla chimica molecolare a quella sopramolecolare

La chimica molecolare ha l'obiettivo di chiarire e comprendere a fondo le regole che governano le strutture, le proprietà e le trasformazioni delle specie molecolari nelle quali sono presenti legami covalenti.

La chimica sopramolecolare potrebbe essere definita come una ‛chimica che sta al di sopra della molecola', poiché tratta di entità organizzate di elevata complessità derivanti dall'associazione di due o più specie chimiche tenute assieme da forze intermolecolari. Il suo sviluppo richiede l'impiego di tutte le risorse della chimica molecolare combinate con ben progettate manipolazioni delle interazioni non covalenti in modo tale da formare delle entità sopramolecolari, ovvero delle supermolecole che possiedano caratteristiche altrettanto ben definite di quelle delle stesse molecole. Si potrebbe affermare che le supermolecole stanno alle molecole e al legame intermolecolare come le molecole stanno agli atomi e al legame covalente.

Verranno anzitutto presentati in sintesi i concetti di base, la terminologia e le definizioni della chimica sopramolecolare. Successivamente verrà fornito un breve cenno sulle origini e sugli sviluppi iniziali del lavoro che ha portato alla formulazione della chimica sopramolecolare.

Le associazioni tra le molecole sono state individuate e studiate da molto tempo e il termine Übermolekül, cioè supermolecola, era stato introdotto già verso la metà degli anni trenta per descrivere entità a elevato grado di organizzazione che derivano dall'associazione di specie sature in maniera coordinata (v. Wolf e altri, 1937). Le entità associate in una specie sopramolecolare sono state chiamate ‛recettore molecolare' e ‛substrato' (v. Lehn, 1973 e 1978; v. Lehn e altri, 1973); quest'ultimo è in genere il componente più piccolo con il quale si cerca di ottenere un legame. La terminologia fa riferimento alla relazione tra recettori e substrati di tipo biologico per i quali Paul Ehrlich stabilì che le molecole non esercitano alcuna azione se non sono legate (corpora non agunt nisi fixata). Il termine ampiamente utilizzato di ‛ligando' sembrava meno appropriato, a causa dei suoi molti usi non specifici, per indicare uno qualunque degli elementi associati entro un complesso.

Le interazioni molecolari sono alla base di una serie di fenomeni estremamente specifici di riconoscimento, reazione, trasporto, regolazione, ecc., cioè di processi tipici della biologia, quali ad esempio il legame tra un substrato e una proteina recettrice, reazioni enzimatiche, costituzione di complessi proteina-proteina, associazioni immunologiche tra antigeni e anticorpi, riconoscimenti intermolecolari, traduzione e trascrizione del codice genetico, trasmissione di segnali attraverso neurotrasmettitori e riconoscimento cellulare. La progettazione di molecole recettrici artificiali, abiotiche, caratterizzate da efficienza e selettività elevatissime, richiede una corretta manipolazione delle proprietà energetiche e stereochimiche delle forze intermolecolari e non covalenti, quali le interazioni elettrostatiche, il legame idrogeno, le forze di van der Waals e così via, all'interno di una certa architettura molecolare ben definita. Nell'assolvere questo compito, il chimico può trovare ispirazione nell'ingegnosità tipica degli eventi biologici e un incoraggiamento nella dimostrazione che efficienze, selettività e velocità così elevate possono effettivamente essere ottenute. Comunque, l'ambito della chimica non si limita a sistemi simili a quelli trovati in biologia; essa è infatti libera di creare specie nuove e inventare nuovi processi.

Il legame di un substrato σ con il suo recettore ρ porta alla formazione di una supermolecola ρσ e implica un processo di riconoscimento molecolare. Se, oltre a siti di legame, il recettore possiede anche funzioni reattive, esso può causare una trasformazione chimica sul substrato legato, comportandosi pertanto come un reagente o un catalizzatore sopramolecolare. Un recettore lipofilico, solubile nelle membrane, potrebbe agire da trasportatore, effettuando la ricollocazione del substrato legato. Pertanto, il ‛riconoscimento molecolare', la ‛trasformazione' e la ‛ricollocazione' rappresentano le funzioni di base delle specie sopramolecolari. Funzioni più complesse potrebbero risultare dall'azione associata di diverse subunità leganti in un corecettore politopico. In associazione con le organizzazioni e le fasi polimolecolari (strati, membrane, vescicole, cristalli liquidi, ecc.), le supermolecole potrebbero portare alla formazione di ‛dispositivi molecolari'.

Qui ci proponiamo di descrivere i vari aspetti della chimica sopramolecolare e tratteggiare alcune delle linee dei suoi sviluppi futuri. I risultati verranno presentati in modo tale da offrire un ampio panorama di questo campo di ricerca in rapida evoluzione. Un'enfasi particolare verrà posta sulle schematizzazioni concettuali, individuando le classi di composti e i vari tipi di processi in gioco. Considerata la vasta letteratura esistente sull'argomento, la quantità di argomenti discussi in diversi congressi e simposi, ecc., non è qui possibile riportare tutti i numerosi risultati ottenuti, né fornire una descrizione completa di questo campo scientifico. La chimica sopramolecolare, ovvero la chimica volta al progetto di legami intermolecolari, si sta rapidamente espandendo verso le frontiere della scienza molecolare che coinvolgono fenomeni fisici e biologici.

2. Riconoscimento molecolare

a) Riconoscimento, informazione, complementarità

Il riconoscimento molecolare è stato definito come un processo che coinvolge ‛legame' e ‛selezione' di substrati (σ) da parte di una certa molecola recettrice (ρ), ed eventualmente una certa ‛funzione' specifica. Il mero legame non è un riconoscimento, sebbene venga spesso considerato tale. Si potrebbe dire che il riconoscimento è un legame dotato di uno scopo, così come i recettori sono ligandi con uno scopo. Esso implica un modello strutturalmente ben definito di interazioni intermolecolari.

Il legame di σ su ρ forma una supermolecola caratterizzata da una certa stabilità e selettività cinetica e termodinamica, cioè dalla quantità di energia e informazione coinvolte. Il riconoscimento molecolare, pertanto, è un problema di ‛immagazzinamento' e ‛rilascio' di informazione al livello sopramolecolare. L'informazione può essere immagazzinata nell'architettura del ligando, nei suoi siti di legame (natura, numero, disposizione) e nello strato legante che circonda un σ legato; essa viene rilasciata alla velocità di formazione e dissociazione della supermolecola. Il riconoscimento molecolare corrisponde pertanto al contenuto ottimale di informazione di ρ in relazione a un certo σ. Ciò equivale a un principio di ‛doppia complementarità' che si estende alle caratteristiche energetiche (elettroniche) e a quelle geometriche, il famoso concetto di ‟chiave e serratura" della compatibilità sterica enunciato da Emil Fischer (v., 1894). Un riconoscimento più efficiente di quello che verrebbe fornito da un singolo processo di equilibrio potrebbe essere ottenuto attraverso più passaggi e con un accoppiamento a un processo irreversibile (v. Cramer e Freist, 1987).

Le nozioni di riconoscimento molecolare e di chimica dei recettori si sono sempre maggiormente imposte nella chimica dall'inizio degli anni ottanta, soprattutto in considerazione delle loro implicazioni bio-organiche, ma anche, in senso più generico, per il loro significato nella chimica intermolecolare e nella selettività chimica (v. Rebek, 1984).

b) Recettori molecolari; principî per la loro progettazione

La chimica dei recettori, ovvero la chimica delle molecole recettrici artificiali, potrebbe essere considerata come una chimica di coordinazione generalizzata, limitata non solamente agli ioni dei metalli di transizione ma estesa a tutti i tipi di substrati: specie anioniche, cationiche o neutre di natura inorganica, organica o biologica.

Per ottenere riconoscimenti di grande efficienza sarebbe conveniente che recettore e substrato si trovassero a contatto su di un'area estesa. Ciò si verifica quando ρ è in grado di avvolgersi attorno al suo ospite in modo tale da stabilire un elevato numero di interazioni leganti non covalenti e di percepire le sue dimensioni molecolari, ovvero la sua forma e la sua architettura. Questo può avvenire con molecole recettrici contenenti cavità intramolecolari entro le quali il substrato riesca ad accomodarsi, dando vita a un complesso di inclusione, che nel prosieguo verrà chiamato ‛criptato', mentre ‛criptando' sarà chiamato il recettore. In questi recettori concavi la cavità è rivestita di siti di legame diretti verso le specie legate; essi sono endopolarofili e convergenti e potrebbero essere chiamati ‛endorecettori'.

Le ‛strutture macropolicicliche' possiedono tutto ciò che è necessario per progettare recettori artificiali: infatti esse hanno dimensioni elevate (macro) e possono pertanto contenere cavità e aperture di misura appropriata, numerosi rami, ponti e connessioni (policicliche) che consentono di costruire una certa architettura dotata delle caratteristiche dinamiche desiderate; permettono quindi la disposizione di gruppi strutturali, ovvero di siti di legame e di funzioni reattive.

L'equilibrio tra rigidità e flessibilità è di particolare importanza per le proprietà dinamiche di ρ e di σ. Sebbene si possano ottenere riconoscimenti efficienti con recettori rigidamente organizzati, i processi di scambio, regolazione, cooperazione e allosteria richiedono una flessibilità intrinseca tale che ρ possa adattarsi e reagire a variazioni. La flessibilità assume grande importanza nelle interazioni biologiche substrato-recettore in cui la capacità di adattamento è condizione necessaria affinché possa aver luogo una regolazione. Comportamenti dinamici di questo tipo sono più difficili da controllare della semplice rigidità; a questo riguardo risultano estremamente utili gli sviluppi recenti nelle metodologie di progettazione molecolare assistita da computer, che permettono l'esplorazione delle caratteristiche strutturali e dinamiche. La progettazione di recettori, pertanto, copre sia le caratteristiche statiche che quelle dinamiche delle strutture macropolicicliche.

La stabilità e selettività del legame con σ risultano dall'insieme dei siti di interazione presenti su ρ e possono essere strutturalmente tradotte in un accumulo (o collezione) e organizzazione (o orientamento), il che significa portare assieme siti di legame e organizzarli in arrangiamenti appropriati. I calcoli basati su modelli di aggregati, o clusters (NH3)n, con diverse geometrie hanno dimostrato che l'accumulo richiede energie più elevate delle variazioni di orientamento. Si potrebbe notare che queste forze repulsive tra siti vengono costruite entro ligandi polidentati durante il corso di una sintesi. Lo studio dei recettori che appartengono a varie classi di strutture macropolicicliche (macrocicli, macrobicicli, macrotricicli cilindrici e sferici, ecc.) ha indirizzato il lavoro sui criptati macrobiciclici cationici e verso la ricerca di strutture e di funzioni di supermolecole capaci di operare processi di riconoscimento molecolare, catalisi e processi di trasporto.

c) Studi iniziali: riconoscimento sferico in complessi criptati

Il processo di riconoscimento più semplice è quello dei substrati sferici, costituiti da cationi metallici dotati di una carica positiva (ioni alcalini, alcalino-terrosi e lantanidi) oppure da anioni alogenuro, negativi.

Durante gli ultimi venti anni la chimica della complessazione dei cationi alcalini ha avuto un rapido sviluppo dovuto alla scoperta di numerose classi di ligandi più o meno potenti e selettivi, quali macrocicli sintetici o naturali, criptandi macropoliciclici e criptosferandi. Sono stati proprio la progettazione e lo studio dei criptati dei metalli alcalini a dare inizio al nostro lavoro, che si è sviluppato poi nella chimica sopramolecolare.

Può essere opportuno a questo punto ricordare brevemente l'origine dei nostri studi, cercando di tracciarne le motivazioni iniziali e le condizioni in cui si svilupparono le prime linee di ricerca. Nel corso del 1966, l'interesse per i processi che si verificano nel sistema nervoso fece sorgere l'interrogativo di come un chimico potesse contribuire allo studio di queste funzioni biologiche superiori. Gli eventi elettrici che si svolgono nelle cellule nervose si basano su variazioni nelle distribuzioni degli ioni sodio e potassio ai due lati della membrana: questo dato sembrava un possibile punto di partenza per immettersi in tale campo di studio, dal momento che era stato appena dimostrato (v. Brockmann e Geeren, 1957) che il ciclodepsipeptide valinomicina - un antibiotico la cui struttura e meccanismo di sintesi erano stati da poco riportati in letteratura (v. Shemyakin e altri, 1963) - era in grado di agire come mediatore del trasporto degli ioni potassio nei mitocondri (v. Moore e Pressman, 1964). Questi risultati fecero pensare che ciclopeptidi sintetici, o composti analoghi, progettati in maniera appropriata, potessero fornire il mezzo con cui misurare la distribuzione dei cationi e il trasporto attraverso le membrane. Si scoprì che queste proprietà, manifestate anche da altri antibiotici neutri dei gruppi dell'enniatina e della monactina, erano dovute alla formazione selettiva di complessi con i cationi di metalli alcalini, così che questi divenivano sostanze ‛ionofore'. Comunque, dal momento che la complessazione cationica potrebbe anche rappresentare un mezzo per aumentare la reattività del controanione (attivazione dell'anione; v. Lehn, 1978, e Cryptate inclusion..., 1980), divenne interessante riuscire a progettare molecole che fossero chimicamente meno reattive dei peptidi ciclici. Pertanto, quando Charles Pedersen (v., 1967) mise in evidenza le proprietà leganti dei polieteri macrociclici (eteri corona), si pensò che tali sostanze potessero combinare la capacità complessante degli antibiotici macrociclici con la stabilità chimica della funzione eterea. Nel frattempo era anche diventato chiaro che composti contenenti una cavità tridimensionale sferoidale, che circonda completamente lo ione legato, dovrebbero formare complessi più forti di quelli dei macrocicli, che sono praticamente piatti; emerse pertanto l'idea di progettare dei ligandi macrobiciclici. Questo approccio portò alla sintesi, nel 1968, del primo ligando di questo tipo, il (3) [2.2.2]; fu immediatamente notata la sua marcata capacità di legare gli ioni potassio e pertanto al complesso così ottenuto venne assegnata una struttura criptata, che permise anche di prevedere il suo uso potenziale per l'attivazione di anioni e per il trasporto di cationi (v. Dietrich e altri, 1969).

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Vennero poi sintetizzati ligandi quali l'(1) e il (2) e altri di dimensioni maggiori, e si ottennero così numerosi criptati. La loro struttura chimica fu confermata da determinazioni della struttura cristallina di un certo numero di complessi, quali il rubidio criptato di (3), (4b), e vennero anche misurate le loro costanti di stabilità.

Il problema del riconoscimento sferico è quello di selezionare un certo ione sferico da un insieme di sfere aventi la stessa carica. Pertanto, i criptandi macrobiciclici (1)-(3) formano i criptati (4a) molto stabili e selettivi [Mn+ ⊂ (criptando)], come (4b), con cationi di dimensioni complementari a quella della cavità, ad esempio Li+, Na+ e K+, rispettivamente per (1), (2) e (3) (v. Lehn e Sauvage, 1975). Altri esibiscono una selettività elevata verso gli ioni dei metallli alcalini piuttosto che verso quelli dei metalli alcalino-terrosi. Si possono così ottenere caratteristiche di riconoscimento uguali o superiori a quelle dei ligandi naturali macrociclici. Il criptando sferico macrotriciclico (5) lega in modo forte e selettivo i cationi sferici più grandi, dando vita a un forte complesso del Cs+, raffigurato in (6).

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I ‛criptati anionici' vengono formati dalle poliammine protonate (7) e (5) (v. Graf e Lehn, 1976) con gli anioni alogenuri sferici F- e Cl-, rispettivamente. 5-4H+ lega Cl- in modo molto forte e selettivo al confronto di Br- e altri tipi di anioni, dando vita al criptato (8) [Cl- ⊂ (5-4H+)]. Anche i derivati dell'ammonio quaternario di un tale tipo di macrotricicli privi d'ossigeno hanno la capacità di legare anioni sferici (v. Schmidtchen e Müller, 1984).

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Pertanto, i criptandi (1)-(3) e (5), così come pure i composti a essi collegati, sono in grado di effettuare il ‛riconoscimento sferico' di certi specifici anioni e cationi. Le loro capacità di complessazione derivano dalla loro natura macropoliciclica e definiscono il cosiddetto ‛effetto criptato', caratterizzato da stabilità e selettività elevate, velocità di scambio lenta ed efficiente protezione dall'ambiente del substrato legato. Come conseguenza di queste caratteristiche, la formazione di criptati influenza in maniera notevole le proprietà fisiche e la reattività chimica. Numerosi effetti sono stati evidenziati e studiati in dettaglio, quali la stabilizzazione degli alcalidi e degli elettridi (v. Dye, 1979), la dissociazione di coppie ioniche, l'attivazione anionica, la separazione degli isotopi e il legame di metalli tossici.

d) Riconoscimento tetraedrico

Per legare in modo selettivo un substrato tetraedrico è necessario costruire una molecola recettrice dotata di un sito di riconoscimento tetraedrico, quale quello ottenuto nel macrotriciclo (5), che contiene quattro siti di legame per l'azoto e sei per l'ossigeno, localizzati, rispettivamente, agli angoli di un tetraedro e di un ottaedro (v. Graf e Lehn, 1975). In effetti, (5) va a formare il criptato (9) [NH+ ⊂ 5], estremamente stabile e selettivo, con il catione tetraedrico NH4+, a causa dell'elevato grado di complementarità strutturale ed energetica. NH4+ ha forma e dimensione idonee per adattarsi entro la cavità di (5) e formare una sequenza tetraedrica di legami idrogeno +N−H•N con i quattro siti azotati. Per effetto del suo legame estremamente forte, il pKa del criptato NH4+ è di circa sei unità più alto di quello dell'NH4+ libero e ciò indica quanto i legami forti possano influenzare le proprietà del substrato. Ciò indica pure che effetti simili esistono nei siti attivi degli enzimi e nei legami biologici recettore-substrato.

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Le inusuali caratteristiche di protonazione di (5) in soluzione acquosa (pKa elevato per la doppia protonazione, scambio estremamente lento) e gli studi di spettroscopia a risonanza magnetica nucleare (NMR) su 17O hanno portato alla sintesi di un criptato dell'acqua [H2O ⊂ (5-2H+)], (10) con il macrotriciclo diprotonato. La facilitazione della seconda protonazione di (5) rappresenta un fenomeno di ‛cooperazione positiva', in cui il primo protone e la molecola d'acqua che funge da effettore creano le condizioni, sia dal punto di vista strutturale che da quello energetico, per la fissazione del secondo protone.

Se si considerano insieme i tre criptati (9) [NH4+ ⊂ 5], (10) [H2O ⊂ (5-2H+)], e (8) [Cl- ⊂ (5-4H+)], si può notare che il macrotriciclo (5) è un recettore molecolare che possiede un sito di riconoscimento tetraedrico su cui i substrati sono legati in una sequenza tetraedrica di legami idrogeno. Tale struttura fornisce una buona illustrazione dello stato dell'arte dell'ingegneria molecolare coinvolta nella chimica dei recettori abiotici. Poiché essa lega un catione tetraedrico NH4+, una molecola d'acqua neutra piegata o un anione sferico Cl-, quando è, rispettivamente, non protonato, diprotonato e tetraprotonato, il criptando macrotriciclico (5) costituisce un recettore molecolare che si comporta da ‛camaleonte molecolare' perché risponde alle variazioni di pH nel mezzo.

Il macrobiciclo (3) lega anche l'NH4+, formando il criptato (11), le cui proprietà dinamiche, se confrontate con quelle di (9), riflettono la complementarità del legame recettore-substrato: mentre in (9) NH4+ è mantenuto stabilmente fermo entro la cavità, esso è soggetto a rotazione interna in (11).

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e) Riconoscimento degli ioni ammonio e dei substrati a essi collegati

Data l'importanza del ruolo svolto dagli ioni ammonio sostituiti in chimica e in biologia, lo sviluppo di molecole recettrici in grado di riconoscere questi substrati ha notevole interesse. I polieteri macrociclici legano ioni ammonio primari ancorando il gruppo −NH3+ entro la loro cavità circolare attraverso tre legami idrogeno +N−H•O così come mostrato in (12); tuttavia, essi complessano cationi alcalini tipo K+ in modo ancora più forte. Si può realizzare un legame selettivo di R−NH3+ estendendo i risultati ottenuti per la complessazione dell'NH3+ da parte di (5) e utilizzando gli ossi-azamacrocicli (v. Sutherland, 1986; v. Lehn e Vierling, 1980). In effetti, il triazamacrociclo [18]−N3O3, che forma una sequenza complementare di tre legami +N−H•N, (13), seleziona R--NH3+ invece di K+ e pertanto costituisce un'unità recettrice per questo gruppo funzionale.

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È stato dimostrato che un gran numero di polieteri macrociclici legano ioni R−NH3+ con selettività strutturale e chirale (v. Cram e Cram, 1978). Il tetracarbossilato (12b), che conserva l'utile anello [18]−O6 ed è in grado di determinare interazioni elettrostatiche, forma legami particolarmente forti, originando in tal modo lo ione metallico e i complessi di ammonio più stabili di qualsiasi altro macrociclo polietereo. Si osserva una ‛discriminazione centrale' molto marcata in favore degli ioni ammonio primari rispetto a quelli con sostituzioni più elevate; ciò permette legami preferenziali di ioni biologicamente attivi, quali la noradrenalina o la norefedrina, rispetto ai loro derivati N-metilati adrenalina ed efedrina.

La modulazione delle proprietà di complessazione di (12) tramite variazione dei gruppi laterali X, così da poter impiegare interazioni specifiche (elettrostatiche, legame idrogeno, trasferimento di carica, lipofiliche) tra X e il gruppo R del substrato R−NH3+ legato centralmente, provoca l'insorgere di fenomeni di ‛discriminazione laterale'. Anche questo rappresenta un modo generale di modellare interazioni presenti in complessi biologici recettore-substrato, come quelli che hanno vita tra nicotinammide e triptofano. È quindi possibile attaccare a (12) residui di amminoacidi - il che porta a ‛peptidi paralleli' come quelli in (12c) - basi degli acidi nucleici, nucleosidi, saccaridi, ecc.

Il legame di complessi metallo-amminici [M(NH3)n]m+ con polieteri macrociclici attraverso interazioni di tipo N−H•O con i gruppi NH3 porta alla formazione di numerose specie sopramolecolari di ‛tipo supercomplesso' tramite una coordinazione sulla seconda sfera (v. Colquhoun e altri, 1986). Così come accade con i substrati R−NH3+, potrebbe anche crearsi un legame con aza-ossamacrocicli oppure con poliazamacrocicli (si veda 13). Complessazioni forti attraverso macrocicli provvisti di cariche negative (come il 12b o l'esacarbossilato in 14) dovrebbero rendere possibile l'instaurarsi di vari processi tra le specie metilamminiche legate centralmente e i gruppi laterali X in (12) (trasferimento di energia ed elettroni, reazioni chimiche, ecc.).

Siti recettori per gruppi ammonio secondari e terziari sono anch'essi oggetto di interesse. Ioni R2NH2+ si legano al macrociclo [12]−N2O2 con il tramite di due legami idrogeno (v. Metcalfe e altri, 1977). Il caso degli ioni ammonio quaternari verrà considerato più avanti.

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Il catione guanidinio si lega a macrocicli [27]−O9 attraverso sequenze di sei legami idrogeno, dando vita al complesso (14), particolarmente stabile, con un recettore esacarbossilato, che lega anche lo ione imidazolio.

3. La chimica di coordinazione anionica e il riconoscimento dei substrati anionici

Sebbene le specie anioniche abbiano un ruolo estremamente importante in chimica e in biologia, la chimica dei loro processi di complessazione è stata trascurata come campo specifico di ricerca, mentre la complessazione degli ioni metallici e, più di recente, delle molecole cationiche è stata studiata estesamente. È legittimo attendersi che la chimica di coordinazione degli anioni dia vita a una gran varietà di nuove strutture e proprietà di particolare significato chimico e biologico. Per poter raggiungere tale scopo devono ancora essere identificate molecole recettrici di anioni e subunità leganti per gruppi funzionali anionici. La ricerca lungo queste linee si è sviluppata ampiamente negli anni recenti e la chimica della coordinazione anionica sta progressivamente crescendo.

Gruppi con carica positiva, oppure neutri ma carenti di elettroni, potrebbero essere utilizzati come siti di interazione per legami anionici. Sono state utilizzate soprattutto unità ammonio e guanidinio, che formano legami +N−H•X+, ma interagiscono con gli anioni anche legami idrogeno polari neutri (ad esempio con funzioni −NHCO− o −COOH), centri carenti di elettroni (boro, stagno, ecc.) e centri metalloionici presenti nei complessi.

Macrocicli poliammonici e macropolicicli sono stati estesamente studiati come molecole recettrici di anioni. Essi legano un gran numero di specie anioniche (anioni inorganici, carbossilati, fosfati, ecc.) con una stabilità e selettività che derivano da effetti strutturali ed elettrostatici.

Complessi forti e selettivi degli anioni alogenuri sferici vengono formati da recettori poliammonici macrobiciclici e macrotriciclici sferici, quali le forme protonate di (5) (ad es. 8; v. Graf e Lehn, 1976) del bis-tren (15) e di composti analoghi (v. Park e Simmons, 1968; v. Vögtle e altri, 1981).

La forma esaprotonata del bis-tren (15)-6H+ complessa diversi anioni monoatomici e poliatomici (v. Park e Simmons, 1968) e le strutture cristalline di quattro di questi criptati anionici  forniscono una serie unica di forme di coordinazione anionica. Gli ioni alogenuri sferici non sono complementari alla cavità recettrice ellissoidale e distorcono la struttura, dato che F- viene legato attraverso una sequenza tetraedrica di legami N−H•F, mentre Cl- e Br- possiedono una coordinazione ottaedrica. L'anione lineare triatomico N3- ha forma e dimensioni complementari a quelle della cavità del (15)-6H+ ed è legato entro una sequenza piramidale di tre legami idrogeno per ogni azoto terminale, in modo da formare il criptato (16) [N3- ⊂ (15-6H+)]. Pertanto, (15)-6H+ è un recettore molecolare in grado di riconoscere specie triatomiche lineari tipo N3+, che viene effettivamente legato in modo molto più forte di qualunque altro anione con una sola carica.

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I carbossilati e i fosfati si legano a macrocicli poliammonici con stabilità e selettività che dipendono dalla struttura e dalla carica dei due partners. La progettazione di unità recettrici per questi gruppi funzionali è di grande interesse poiché questi possono servire da siti per l'ancoraggio di numerosi substrati biologici. Pertanto, si ottengono complessi forti con compartimenti di poliammonio macrobiciclico in cui gruppi carbossilato (formiato, acetato, ossalato, ecc.) e fosfato interagiscono con un numero elevato di siti ammonio. Il gruppo guanidinio, che agisce da sito di legame nei recettori biologici, può formare due legami idrogeno con le funzioni carbossilato e fosfato ed è stato introdotto in strutture acicliche e macrocicliche. Si è cercato di ottenere unità leganti che imitino quelle della vancomicina.

La complessazione di anioni complessi di metalli di transizione, quali gli esacianuri M(CN)6n-, dà vita a complessi tramite la sfera di seconda coordinazione, i cosiddetti ‛supercomplessi', e influenza in modo marcato le loro proprietà elettrochimiche (v. García-España e altri, 1985) e fotochimiche (v. Manfrin e altri, 1985). Particolarmente interessante risulta il forte legame dell'adenosina mono-, di- e trifosfato (AMP, ADP e ATP) e dei composti a essi correlati, che svolgono un ruolo biologico estremamente importante (v. Hosseini e altri, 1983).

I ‛legami a cascata' di specie anioniche si stabiliscono quando una specie legante lega dapprima ioni metallici, che poi fungono da siti di interazione per un anione. Processi di questo tipo si verificano, ad esempio, in coppie lipofiliche catione/anione e con i complessi rameici del bis-tren (15) e delle poliammine macrocicliche (v. Motekaitis e altri, 1984).

Studi mediante NMR eteronucleare forniscono informazioni sugli effetti elettronici indotti dalla complessazione anionica, così come si osserva nei criptati costituiti da cloruri (v. Kintzinger e altri, 1983).

Sono stati riferiti fenomeni di complessazione di diversi anioni molecolari da parte di altri tipi di leganti macrociclici, specialmente di composti del genere del ciclofano. Due recettori di questo tipo con specifiche geometrie di legame sono rappresentati dalle forme protonate dei macropolicicli (17) e (18).

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La chimica di coordinazione anionica ha quindi compiuto progressi molto significativi in anni recenti. La ricerca di altre molecole recettrici con proprietà geometriche e di legame ben definite renderà possibile un ulteriore raffinamento delle proprietà necessarie al riconoscimento anionico, così da dar vita a complessi anionici estremamente stabili e selettivi con forme di coordinazione caratteristiche. Gli studi teorici possono efficacemente coadiuvare la progettazione di recettori di anioni e la stima a priori delle caratteristiche di legame, come è stato illustrato recentemente dal calcolo dell'affinità relativa del (5)-4H+ per gli ioni cloruro e bromuro.

4. Molecole corecettrici e riconoscimento multiplo

Una volta che siano state identificate le unità leganti per gruppi specifici, si può pensare di combinarne insieme un numero elevato entro la stessa architettura macropoliciclica. Vengono così formate molecole corecettrici politopiche che contengono parecchie sottounità di legame discrete, le quali possono cooperare per la complessazione simultanea di svariati substrati oppure di una specie polifunzionale legata in maniera multipla. Opportune modificazioni potrebbero portare alla formazione di cocatalizzatori o cotrasportatori capaci di dar vita a una reazione o a un trasporto sul substrato legato. Inoltre, per la loro capacità di eseguire riconoscimenti multipli e per mutui effetti di occupazione dei siti di legame, tali corecettori rappresentano possibili punti di ingresso entro forme più elevate di comportamento molecolare, come fenomeni cooperativi, di allosteria e regolativi, e anche entro campi quali quelli della comunicazione o del trasferimento di segnali, nel caso in cui una specie venga rilasciata o catturata.

La più semplice classe di corecettori è quella dei corecettori ditopici, contenenti cioè due sottounità di legame, che possono appartenere a tipi strutturali diversi. La combinazione di frammenti chelati, tripodali e macrociclici dà vita a macrocicli, a macrobicicli assiali o laterali, oppure a strutture cilindriche macrotricicliche. A seconda della natura di queste unità, i corecettori che ne risultano possono legare ioni metallici, molecole organiche, o entrambi.

a) Criptati di ioni metallici dinucleari e polinucleari

Molecole corecettrici che contengono due o più subunità leganti per ioni metallici formano criptati dinucleari o polinucleari nei quali la disposizione degli ioni metallici è determinata dalla struttura macropoliciclica. Questi complessi possono presentare un gran numero di nuove proprietà, quali interazioni tra cationi, processi elettrochimici e fotochimici, e fissazione di substrati ponte, che sono estremamente interessanti sia dal punto di vista della progettazione di modelli bio-organici, sia per la possibilità di dar vita a reazioni e catalisi multicentriche-multielettroniche. Sono stati ottenuti criptati dinucleari di ligandi appartenenti a tutti i tipi strutturali. Questa vasta area sarà illustrata solamente attraverso pochi esempi recenti (per maggiori dettagli, v. Lehn, Dinuclear cryptates..., 1980).

Ligandi macrobiciclici assiali danno vita a criptati dinucleari tipo il complesso di Cu2+ di (19), che è formato da un'ampia struttura esaimminica ottenuta da una condensazione multipla in un unico passaggio; la sua struttura cristallina è mostrata in (20).

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I macrobicicli laterali sono dissimmetrici per costruzione e rendono possibile la sistemazione di centri metallici con proprietà diverse entro lo stesso ligando. Pertanto, complessi come (21) mettono insieme un centro ossidoriduttivo e un centro costituito da un acido di Lewis per l'attivazione di un substrato legato.

I ‛criptati a cluster' possono essere formati mettendo insieme ioni metallici e specie ponte entro la cavità molecolare di recettori politopici. Pertanto, nel complesso (22) - la cui struttura cristallina è illustrata in (23) - contenente tre ioni rameici, un gruppo bis-µ3-idrosso-trirameico è legato nella cavità di un macrociclo tritopico. La modellazione di siti biologici in cui sono presenti degli aggregati ferro-zolfo potrebbe utilizzare l'inclusione entro appropriate cavità macrocicliche.

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Questo aspetto inorganico delle specie sopramolecolari rappresenta un campo di ricerca nel quale parecchie nuove strutture e reattività attendono di essere individuate.

b) Riconoscimento lineare della lunghezza molecolare da parte di corecettori ditopici

Molecole recettrici che possiedono due subunità di legame localizzate ai due poli della struttura si complesseranno preferenzialmente con substrati portanti due gruppi funzionali appropriati a una distanza compatibile con la separazione delle sottounità. Tale complementarità della distanza corrisponde a un riconoscimento della lunghezza molecolare del substrato da parte del recettore. Questo riconoscimento molecolare lineare di substrati dicationici e dianionici corrisponde ai modi di legame illustrati da (24) e (25).

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L'incorporazione di sottounità macrocicliche che legano gruppi −NH3+ (v. cap. 2, § c) entro strutture cilindriche macrotricicliche e macrotetracicliche dà vita a corecettori ditopici che formano criptati molecolari, come (26), con terminali cationi diammonici +H3N−(CH2)n−NH3+. Nelle supermolecole che ne derivano il substrato è localizzato nella cavità molecolare centrale ed è ancorato dai suoi due gruppi −NH3+ nei siti di legame macrociclici, come mostrato nella struttura cristallina macrociclica (27) (26, con R=NA e A=(CH2)5) (v. Pascard e altri, 1982). Variando la lunghezza dei ponti R in (26) si modifica la selettività del legame a favore del substrato di lunghezza complementare. I dati di rilassamento NMR hanno mostrato che partners ottimali possiedono moti molecolari simili nella coppia recettore-substrato. Pertanto, la complementarità nelle specie sopramolecolari si esprime in una adattabilità di carattere sterico e dinamico.

I ‛substrati dianionici', quali ad esempio gli alchildicarbossilati -O2C−(CH2)n−CO2-, vengono legati in modo discriminante rispetto alla lunghezza da macrocicli ditopici tipo (28). Questi recettori contengono come sottounità di legame due gruppi triammonici che interagiscono con le funzioni terminali carbossilate tramite una struttura che è schematicamente rappresentata in (29). Pertanto, per i substrati che terminano con due gruppi ammonici o carbossilici, il legame selettivo di recettori appropriati è in grado di produrre un processo di riconoscimento lineare basato sulla complementarità della lunghezza, in un modo legante ditopico. Anche specie di importanza biologica - quali poliammine, amminoacidi e peptidi diamminici, dicarbossilati - possono essere legate in maniera selettiva.

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È possibile concepire numerose variazioni nella natura delle subunità leganti o dei ponti che le uniscono, ed esse possono venir costruite in modo tale da soddisfare specifiche proprietà di complessazione (v., ad es., Sutherland, 1986). Lo sviluppo di ‛recettori eterotopici' potrebbe permettere il legame di coppie ioniche o di specie del tipo degli zwitterioni.

Gli studi sull' ‛accoppiamento dinamico' tra un recettore e un substrato sono estremamente interessanti. Le caratteristiche dinamiche delle supermolecole - che corrispondono, a livello intermolecolare, ai moti conformazionali presenti all'interno delle molecole stesse - definiscono, insieme ai loro aspetti strutturali, i processi di riconoscimento molecolare.

c) Corecettori eterotopici: speleandi, recettori anfifilici

La combinazione di sottounità di legame di natura diversa produce recettori eterotopici che possono legare substrati interagendo simultaneamente con siti cationici e anionici neutri, utilizzando forze elettrostatiche e di van der Waals, così come pure effetti solvofobici.

Le ciclodestrine naturali sono state le prime molecole recettrici le cui proprietà di legame nei confronti delle molecole organiche hanno reso possibile ottenere numerosi risultati sulle caratteristiche chimiche e fisiche della complessazione molecolare (v. Atwood e altri, 1984; v. Bender e Komiyama, 1978).

In anni recenti sono stati sviluppati parecchi tipi di recettori sintetici macrociclici contenenti gruppi organici e funzioni polari diversi. Essi hanno la capacità di complessare substrati organici dotati, oppure privi, di carica. I risultati ottenuti, sebbene spesso descrivano meri legami piuttosto che un reale riconoscimento, hanno prodotto un gran numero di dati e hanno reso possibile l'analisi delle caratteristiche fondamentali della complessazione molecolare e delle proprietà dei frammenti strutturali che devono essere usati per la progettazione di recettori. In questa sede descriveremo principalmente alcuni dei risultati da noi ottenuti in questo campo, rimandando il lettore a rassegne specifiche sul tema (v. Vögtle e altri, 1981).

Si può riscontrare un'azione sinergica di effetti elettrostatici e idrofobici in ‛recettori anfifilici' che combinano siti polari provvisti di carica e residui organici, i quali proteggono i siti polari dalla solvatazione e accrescono le forze elettrostatiche. Queste strutture macropolicicliche che contengono subunità polari leganti mantenute da componenti apolari che ne costruiscono la forma, chiamati ‛speleandi', danno vita a criptati molecolari (‛speleati') attraverso un legame con il substrato. Pertanto il macrociclo (30), che incorpora quattro gruppi carbossilati e due unità di difenilmetano, non forma solamente complessi molto stabili con ioni ammonio primari, ma lega in modo forte anche substrati ammonici secondari, terziari e quaternari. In particolare, esso complessa l'acetilcolina, fornendo informazioni sul tipo di interazioni che potrebbero verificarsi nei recettori biologici dell'acetilcolina, quale la combinazione di cariche negative con pareti idrofobiche. Effetti simili operano in altri recettori anionici che complessano cationi ammonici quaternari (v. Schneider e altri, 1986). Sono stati condotti anche approfonditi studi sulla complessazione di ioni ammonio eterociclici, come il diquat, da parte di recettori macrociclici polieterei.

Il catione CH3−NH3+ forma uno speleato selettivo (31) attraverso il legame con la sottounità [18]--N3O3 di un macropoliciclo mantenuto da un ciclotriveratrilene che ne determina la forma. La stretta cavità intramolecolare esclude substrati di maggiori dimensioni.

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Legami anfifilici si creano anche in presenza di substrati anionici. Sistemi eterociclici carichi, come quelli che derivano dai gruppi piridinici, rappresentano un modo efficiente di introdurre simultaneamente interazioni elettrostatiche, effetti idrofobici, struttura e rigidità in un recettore molecolare: oltre a ciò, essi possono essere elettroattivi e fotoattivi (v. Blacker e altri, 1987). Persino singole unità planari, tipo i dicationi diazapirenio, legano assai bene anioni organici piani in soluzioni acquose, utilizzando interazioni elettrostatiche o anche impilamenti idrofobici. Si è trovato che un macrociclo che contiene quattro siti piridinici complessa in maniera forte gli anioni organici.

Recettori di tipo ‛ciclointercalanti', che incorporano unità intercalanti entro sistemi macrociclici, sono di particolare interesse sia per la capacità di legare piccole molecole, sia per la loro interazione (selettiva) con acidi nucleici. Si è scoperto che un ‛ciclo-bisintercalante' forma un criptato molecolare intercalativo, (32), in cui un nitrobenzene viene inserito tra le due sottounità planari del recettore. Questi recettori sono particolarmente adatti per il riconoscimento di substrati che presentano forme piatte e diventano di particolare interesse se vengono incorporate delle sostanze coloranti intercalanti.

Adattando la poliammina macrociclica (33) con una catena laterale che porta un gruppo 9-amminoacridinico, si ottiene un corecettore in grado di legare anioni, con il tramite della sottounità poliammonica, e di accumulare interazioni attraverso il colorante intercalato. Esso interagisce sia con il gruppo trifosfato che con il gruppo adeninico dell'ATP e inoltre fornisce un sito catalitico per la sua idrolisi (v. cap. 5, § b).

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Le unità eterocicliche aromatiche piane che portano gruppi laterali acidi e ammidici agiscono da recettori in grado di effettuare riconoscimenti di dimensione e forma di substrati molecolari entro la loro fessura molecolare (v. Rebek, 1987). Unità recettrici contenenti gruppi eterociclici, come la 2,6-diamminopiridina o una base di acido nucleico combinata con un intercalante, possono permettere il riconoscimento di nucleotidi attraverso accoppiamento con una base.

I ‛criptofani' di forma sferica consentono lo studio del riconoscimento tra recettori neutri e substrati e, in particolar modo, l'effetto della forma molecolare e della complementarità di volume sulla selettività.

d) Riconoscimento multiplo nei metallorecettori

I metallorecettori sono corecettori eterotopici in grado di legare sia ioni metallici che molecole organiche attraverso sostanze che possiedono una specificità rispetto al substrato.

I gruppi della porfirina e dell'α,α′-bipiridina sono stati introdotti come unità in grado di legare ioni metallici in corecettori macropoliciclici contenenti anche siti macrociclici per l'ancoraggio di gruppi −NH3+ (v. Lehn, Dinuclear cryptates...,1980). Questi recettori formano supermolecole con substrati misti legando simultaneamente ioni metallici e cationi diammonici, come mostrato in (34). I metallorecettori, e le supermolecole che in questo modo si formano, aprono pertanto una vasta area per lo studio di interazioni e reazioni tra specie organiche e inorganiche legate tra loro. Di fronte al numero elevato di complessi di ioni me-

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tallici conosciuti e dei vari potenziali substrati molecolari, si possono immaginare numerosi tipi di metallorecettori che avrebbero interesse come specie chimiche abiotiche o come sistemi modello bioinorganici.

5. Reattività e catalisi a livello sopramolecolare

La reattività e la catalisi rappresentano caratteristiche di grande importanza tra le proprietà funzionali dei sistemi sopramolecolari. I recettori molecolari che possiedono gruppi reattivi appropriati oltre a siti di legame possono complessare un substrato (con certe caratteristiche di stabilità, selettività e cinetiche), reagire con esso (con una certa velocità, selettività e ricambio) e rilasciare i prodotti, rigenerando quindi il reagente per un nuovo ciclo. La reattività e la catalisi a livello sopramolecolare coinvolgono pertanto due passaggi principali: la ‛formazione del legame' che seleziona il substrato e la ‛trasformazione' delle specie legate in prodotti all'interno della supermolecola formata. Entrambi i passaggi prendono parte al riconoscimento molecolare del substrato produttivo e richiedono la corretta informazione molecolare sul recettore reattivo. In confronto alla catalisi molecolare, in questo caso viene coinvolto un passaggio di legame graduale che seleziona il substrato e precede la reazione stessa.

La progettazione di reagenti e catalizzatori sopramolecolari efficienti e selettivi potrebbe offrire informazioni sui meccanismi che intervengono negli stadi elementari della catalisi, fornire nuovi tipi di reagenti chimici, e produrre reazioni in grado di rivelare i fattori che contribuiscono alla catalisi enzimatica. Ciò ha portato a numerose ricerche che hanno fatto uso soprattutto di reagenti basati sulla α-ciclodestrina funzionalizzata, sui polieteri macrociclici e sui ciclofani (v. Cramer, 1954; v. Lehn, 1979).

a) Catalisi da parte di molecole reattive recettrici di cationi

I processi di scissione degli esteri sono stati assai spesso studiati nelle ricerche sui modelli enzimatici. Polieteri macrociclici adattati con catene laterali aventi gruppi tiolo scindono esteri attivati con elevati incrementi di velocità e discriminazione chirale tra i substrati otticamente attivi (v. Chao e altri, 1979). Il tetra-L-cisteinil-derivato del macrociclo (12c) lega i p-nitrofenil-esteri degli amminoacidi e dei peptidi e reagisce con le specie legate, rilasciando p-nitrofenolo, come mostrato in (35) (v. Lehn e Sirlin, 1978).

La reazione è caratterizzata da:

1) selettività rispetto al substrato;

2) marcati incrementi di velocità a favore del substrato estere dipeptidico;

3) inibizione da parte dei cationi metallici complessabili che spostano il substrato legato;

4) elevato riconoscimento chirale tra esteri dipeptidici enantiomeri;

5) lento ma netto ricambio catalitico.

Il legame di substrati piridinici a un macrociclo di tipo (12c) che possiede catene laterali di 1,4-diidropiridile determina un incremento della velocità di trasferimento dell'idrogeno dalla diidropiridina al piridinio all'interno della specie sopramolecolare formata (36). La reazione del primo ordine all'interno del complesso è stata inibita ed è divenuta del secondo ordine tramite spostamento del substrato legato da parte dei cationi complessabili.

‛Attivazione' e ‛orientamento' tramite formazione di legami sono stati osservati per l'idrolisi dell'O-acetilidrossilammina. Il CH3COONH3+ forma un complesso così stabile con il tetracarbossilato macrociclico (12b) da rimanere protonato e legato anche a pH neutro, nonostante il pKa basso delle specie libere (2,15 circa). Di conseguenza, la sua idrolisi è accelerata e fornisce esclusivamente acetato e

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idrossilammina, mentre in presenza di ioni K+, che spostano il substrato, quest'ultimo si trasforma in acido acetilidrossammico, CH3CONH−OH (circa 50%). Pertanto, un legame forte può essere sufficiente ad accelerare in maniera marcata una reazione e a influenzarne il corso, e questo potrebbe verificarsi anche nelle reazioni catalizzate da un enzima.

b) Catalisi da parte di molecole reattive recettrici di anioni

Lo sviluppo di una chimica di coordinazione anionica e di molecole recettrici di anioni ha reso possibile l'esecuzione di operazioni di catalisi molecolare su substrati anionici di interesse chimico e biochimico, come l'adenosintrifosfato (ATP).

Si è scoperto che l'idrolisi dell'ATP viene catalizzata da diverse poliammine protonate policicliche. In particolar modo, [24]−N6O2, (33), lega fortemente l'ATP e accelera in maniera marcata la sua idrolisi ad ADP e fosfato inorganico entro un intervallo di pH molto ampio. La reazione decorre secondo una cinetica del primo ordine ed è catalitica con ricambio; procede attraverso la formazione iniziale di un complesso tra ATP e (33) protonato, cui segue una reazione all'interno del complesso che può coinvolgere la combinazione di catalisi acida, elettrostatica e nucleofila. La struttura (37) rappresenta uno dei possibili modi di legame del complesso ATP-(33) e indica in che modo potrebbe avvenire la scissione dei gruppi terminali fosforici. Un intermedio transitorio, identificato come il fosforamidato (38), viene formato dalla fosforilazione del macroci-

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clo da parte dell'ATP e quindi idrolizzato. Studi con specie analoghe all'ATP indicano che il meccanismo ha un carattere dissociativo all'interno di uno schema preassociativo che deriva da un legame recettore-substrato. In questo processo, il catalizzatore (33) presenta un'attività ATP-asica prototipica: si comporta, cioè, come una proto-ATP-asi.

c) Cocatalisi: catalisi di reazioni sintetiche

Un passo ulteriore ci porta nel campo della progettazione di sistemi in grado di indurre formazione, piuttosto che rottura, di legami, provocando quindi reazioni di sintesi invece che di degradazione. A questo fine è fondamentale la presenza di parecchi gruppi di legame e reattivi. Questa è la situazione che si verifica nel caso di molecole corecettrici le cui subunità possono cooperare per legare e trasformare il substrato. Esse dovrebbero essere in grado di compiere un'azione cocatalitica, unendo insieme substrati e cofattori e mediando le reazioni tra di loro all'interno della struttura sopramolecolare.

Un processo di questo tipo è stato realizzato recentemente (v. Hosseini e Lehn, 1985). In effetti, quando lo stesso macrociclo (33) utilizzato per gli studi sull'idrolisi dell'ATP è stato poi impiegato come catalizzatore per l'idrolisi dell'acetilfosfato (AcP), CH3COOPO3-, si è trovato che esso coadiuva la sintesi del pirofosfato dall'AcP. Il consumo di substrato risultava accelerato e catalitico con ricambio.

I dati ottenuti sono in accordo con un ciclo catalitico che coinvolge i passaggi seguenti:

1) legame del substrato AcP da parte del catalizzatore molecolare protonato (33);

2) fosforilazione di (33) all'interno del complesso sopramolecolare che dà origine all'intermedio fosforilato PN (38);

3) legame del substrato HPO32- (P);

4) trasferimento del fosforile da PN a P con formazione di pirofosfato PP;

5) rilascio del prodotto e del catalizzatore: quest'ultimo è libero per un nuovo ciclo.

Il fatto che (33) sia un corecettore ditopico che contiene due subunità dietilentriamminiche ha particolare importanza agli effetti della formazione del PN e del PP. Queste subunità possono cooperare nel legare AcP e attivarlo per il trasferimento del fosforile attraverso i siti ammonio, nel fornire un sito di azoto non protonato per la formazione di PN e nel mediare il trasferimento del fosforile da PN a P. Pertanto (33) combinerebbe catalisi elettrostatica e nucleofila entro un preciso arrangiamento strutturale atto alla sintesi di PP attraverso due successivi trasferimenti di fosforile, caratterizzati da un'attività di tipo protochinasi. Questo processo di formazione di un legame estende la reattività sopramolecolare alla cocatalisi, mediando reazioni di sintesi all'interno delle entità sopramolecolari formate da molecole corecettrici. È stata anche riportata la formazione di PP quando l'ATP viene idrolizzato da (33) in presenza di ioni metallici bivalenti.

Polieteri macrociclici funzionalizzati sono stati utilizzati per la formazione di legami peptidici in due passaggi successivi all'interno dello stesso complesso, ed è stato dimostrato che un ciclofano macrobiciclico che porta un gruppo tiazolico produce catalisi sopramolecolare della condensazione benzoinica di due molecole di benzaldeide.

I sistemi descritti in questo paragrafo possiedono tutte le proprietà che definiscono la reattività e la catalisi sopramolecolare: riconoscimento del substrato, reazione all'interno della supermolecola, accelerazione di velocità, inibizione da parte di una specie legata in maniera competitiva, selettività strutturale e chirale, ricambio catalitico. Si possono immaginare molti altri tipi di processi. Pertanto la catalisi sopramolecolare dell'idrolisi degli esteri non attivati e delle ammidi rappresenta un problema che la chimica ha incontrato nei reagenti naturali enzimatici ma non ancora nei catalizzatori abiotici. Progettare enzimi modificati attraverso mutazione chimica (v. Kaiser e Lawrence, 1984) o ingegneria delle proteine, come pure produrre proteine catalitiche per induzione da parte di anticorpi, rappresentano possibili approcci biochimici alla catalisi artificiale. Di interesse particolare è lo sviluppo di catalizzatori sopramolecolari che promuovono reazioni sintetiche in grado di creare nuovi legami piuttosto che distruggere quelli esistenti. In virtù delle loro molteplici caratteristiche di legame, i corecettori aprono la strada al progetto di cocatalizzatori per legamento, catalisi metallica e reazioni cofattoriali, che agiscono su due o più substrati legati contemporaneamente e orientati spazialmente.

I catalizzatori sopramolecolari sono per natura reagenti abiotici, ovvero catalizzatori chimici che promuovono complessivamente gli stessi processi degli enzimi, senza tuttavia seguire in dettaglio i percorsi attraverso i quali gli enzimi li realizzano in pratica. Questa chimica potrebbe ottenere dei reagenti in grado di portare a termine processi estremamente efficienti e selettivi che gli enzimi non effettuano, oppure di operare processi enzimatici in condizioni in cui gli enzimi non sono in grado di agire.

6. Processi di trasporto e progetto di specie trasportatrici

La chimica organica dei processi di trasporto attraverso membrane e delle molecole trasportatrici è un campo che si è sviluppato solo recentemente, sebbene le caratteristiche chimico-fisiche e l'importanza biologica dei processi di trasporto siano noti da molto tempo. La progettazione e la sintesi di molecole recettrici che leghino in maniera selettiva substrati organici e inorganici hanno reso disponibili un insieme di composti che, se resi solubili in membrane, potrebbero fungere da molecole trasportatrici e indurre trasporto selettivo rendendo le membrane permeabili alle specie legate. Pertanto, il trasporto rappresenta una delle caratteristiche funzionali fondamentali delle specie sopramolecolari, insieme al riconoscimento e alla catalisi.

La chimica dei sistemi di trasporto comprende tre aspetti fondamentali: la progettazione di agenti di trasporto, l'identificazione di processi di trasporto e la ricerca di possibili applicazioni in chimica e biologia. La permeabilità selettiva delle membrane può essere indotta da ‛molecole trasportatrici' o da ‛canali transmembrana'.

a) Trasporto mediato da trasportatori

Il trasporto mediato da trasportatori consiste nel trasporto di un substrato attraverso una membrana, facilitato da una molecola trasportatrice. Il processo ciclico a quattro passaggi (associazione, dissociazione, diffusione in avanti e retrodiffusione) rappresenta una ‛catalisi fisica' che produce un trasporto del substrato nello stesso modo in cui la catalisi chimica provoca una trasformazione nei prodotti. Il trasportatore è il catalizzatore del trasporto e la specie attiva è la supermolecola trasportatore-substrato. Il trasporto è un processo in tre fasi, mentre le catalisi chimica omogenea e di trasporto di fase avvengono, rispettivamente, in una singola fase e in due fasi.

La progettazione di trasportatori costituisce l'aspetto fondamentale della chimica organica del trasporto attraverso membrane, dal momento che il trasportatore determina la natura del substrato, le caratteristiche chimico-fisiche (velocità, selettività) e il tipo di processo (diffusione facilitata, accoppiamento a gradienti e flussi di altre specie, trasporto attivo). Il trasportatore deve essere estremamente selettivo, avere velocità di scambio e bilancio lipofilico/idrofilico appropriati e possedere gruppi funzionali adeguati ad accoppiamenti di flusso. Il processo di trasporto dipende anche dalla natura della membrana, dalle concentrazioni nelle tre fasi e dalle altre specie presenti. (Per considerazioni più dettagliate sui fattori interni ed esterni che influenzano i processi di trasporto, v. Simon e altri, 1973).

Il lavoro sul ‛trasporto degli amminoacidi', dei dipeptidi e dell'acetilcolina attraverso una membrana liquida utilizzava inizialmente dei semplici trasportatori lipofilici con attività tensioattiva. Esso era mirato alla chimica fisica organica dei processi di trasporto ed esplorava varie situazioni di trasporto accoppiato con flussi di protoni, cationi o anioni in presenza di gradienti di concentrazione e di pH.

Il ‛trasporto selettivo di cationi metallici', soprattutto di cationi alcalini, è stato un campo particolarmente studiato, data l'esistenza di numerosi recettori di cationi di origine naturale o sintetica che sono in grado di operare quali trasportatori dei cationi stessi (v. Lehn, 1979; v. Pressman, 1976).

I criptandi di tipo (1)-(3) e i loro derivati trasportano cationi alcalini, persino in condizioni in cui i macrocicli naturali e sintetici sono inefficienti. Le selettività osservate dipendono dalla struttura del ligando, dalla natura del catione e dal tipo del controanione cotrasportato. Le variazioni strutturali progettate permettono la trasformazione di un recettore di cationi. I risultati ottenuti con criptandi hanno messo in luce l'esistenza di una stabilità del complesso e un equilibrio di trasporto di fase ottimali per le velocità di trasporto più elevate. Insieme ai dati relativi a vari altri trasportatori e cationi, essi hanno messo in evidenza come la velocità di trasporto dipenda dall'equilibrio di estrazione secondo una curva a campana, con velocità basse in corrispondenza di estrazioni troppo basse o troppo elevate (saturazione del trasportatore) e velocità massime ottenute in corrispondenza di trasportatori semisaturati (v. Kirch e Lehn, 1975). Le analisi cinetiche hanno permesso di stabilire un rapporto tra i risultati ottenuti e il fatto che la velocità e selettività del trasporto dipendono dalle proprietà del trasportatore (v. Behr e altri, 1985). Studi dettagliati del trasporto di K+ e Na+ da parte di derivati lipofilici di (2) e (3) in vescicole hanno riguardato l'efficienza, la selettività e il meccanismo del processo.

Modificando la natura dei siti di legame si riesce a trasportare in maniera selettiva altri cationi, ad esempio ioni metallici tossici. I polieteri macrociclici possono trasferire cationi ammonici organici primari, particolarmente quelli fisiologicamente attivi. La natura del controione e la concentrazione delle specie influenzano notevolmente le velocità di trasporto e possono influenzarne la selettività.

Il ‛trasporto anionico' può essere effettuato da ioni ammonio lipofilici o da complessi metallici (v. Tsukube, 1982) in grado di agire da recettori di anioni. Progressi nella chimica della coordinazione degli anioni dovrebbero rendere disponibile una gamma di trasportatori di anioni che aiuteranno a sviluppare quest'area della chimica del trasporto. Un ambito di ricerca di grande interesse è quello del trasporto selettivo di carbossilati e fosfati, al quale abbiamo già accennato in precedenza.

Il ‛cotrasporto di anioni e cationi' è stato ottenuto utilizzando un criptando chirale macrotriciclico, (39), che trasportava simultaneamente un catione alcalino e un anione mandelato (v. Lehn, 1978). L'uso contemporaneo di un trasportatore di cationi e di uno di anioni dovrebbe dar vita a un ‛trasporto sinergico' con selezione doppia, facilitando il flusso di entrambi i componenti di un sale.

Il trasporto selettivo di amminoacidi ha luogo tramite un macrotriciclo che contiene un gruppo interno di acido fosforico e con un recettore acido dicarbossilico convergente. ‛Molecole neutre' sono trasportate tra due fasi organiche attraverso uno strato acquoso da recettori solubili in acqua contenenti una cavità lipofilica (v. Harada e Takahashi, 1987).

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È chiaro che si potrebbero allestire molti altri processi di trasporto facilitati, specialmente per anioni, sali o molecole neutre, e che la ricerca attiva nella chimica dei recettori renderà disponibili diverse molecole trasportatrici. Particolare interesse assumono gli agenti di trasporto derivati da corecettori, che rendono possibili fenomeni di trasporto accoppiato.

b) Processi di trasporto accoppiato

Un obiettivo fondamentale della chimica del trasporto è quello di progettare trasportatori e processi che coinvolgano il flusso accoppiato di due o più specie nella stessa direzione (‛simporto') oppure nella direzione opposta (‛antiporto'). Questi processi vettoriali paralleli e antiparalleli rendono possibile la costruzione di sistemi a pompa in cui una specie viene trasportata dalla differenza di potenziale creato da gradienti chimico-fisici di elettroni (gradienti di ossidoriduzione), di protoni (gradienti di pH), o di altre specie (gradienti di concentrazione). A questo scopo possono essere utilizzati contemporaneamente due o più trasportatori particolari per specie diverse, oppure possono essere introdotte delle subunità appropriate in una specie singola, che diventa così un ‛cotrasportatore'.

1. Trasporto accoppiato di elettroni in un gradiente di ossidoriduzione. - Il simporto di cationi ed elettroni è stato realizzato in un processo a doppio trasportatore, in cui il trasporto accoppiato parallelo di elettroni e cationi metallici è stato mediato simultaneamente da un trasportatore di elettroni e da un trasportatore cationico selettivo (v. Grimaldi e Lehn, 1979). Per esempio, il trasporto di elettroni da parte di un complesso di nichel entro un gradiente di ossidoriduzione può costituire la pompa elettronica in grado di effettuare il trasporto selettivo di ioni K+ da parte di un polietere macrociclico. Il processo ha le seguenti caratteristiche: trasporto attivo di ioni K+ e flusso accoppiato di elettroni; cooperazione di due trasportatori che agiscono in maniera sinergica; pompa ossidoriduttiva; processo di selezione da parte del trasportatore di cationi; regolazione da parte della coppia catione/trasportatore. Il sistema rappresenta un prototipo per il progetto di altri processi di trasporto accoppiato con trasportatori multipli. Il trasporto di elettroni con trasportatori chinonici coinvolge un simporto di 2e- e 2H+ (v. Anderson e altri, 1976).

Diversi tipi di antiporto di elettroni e anioni sono stati realizzati, ad esempio, con trasportatori tipo il ferrocene e gli alchilviologeni. Questi ultimi sono stati ampiamente usati in sistemi fotosensibili e negli studi sulla conversione dell'energia solare.

2. Trasporto accoppiato di protoni in un gradiente di pH

Trasportatori che presentano gruppi provvisti di carica negativa possono dar vita ad antiporto di cationi attraverso membrane, in modo tale che se un catione è un protone, è possibile costruire una pompa protonica entro un gradiente di pH. Ciò è stato realizzato per cationi alcalini con specie ionofore naturali o sintetiche che possiedono un gruppo carbossilico (v. Okahara e Nakatsuji, 1985).

Un caso particolarmente interessante è quello del trasporto di ioni bivalenti, come il calcio, confrontato con quello di ioni monovalenti. Si è trovato che il trasportatore lipofilico (40), che contiene un unico sito recettore di cationi e due gruppi carbossilici ionizzabili, trasporta in maniera selettiva Ca2+ nella forma di dicarbossilato e K+ quando è monoionizzato, permettendo quindi un controllo del processo tramite il pH. Questa netta variazione nelle caratteristiche di trasporto coinvolge una regolazione tramite pH della selettività Ca2+/K+ nel simporto competitivo di (Ca2+, K+ ), accoppiato ad antiporto di (Ca2+, 2H+) e di (K+, H+) in un gradiente di pH, che costituisce una pompa protonica. Questo sistema dimostra come la progettazione di trasportatori permetta di dotare i processi di trasporto di un controllo delle velocità e della selettività, così come pure un accoppiamento a sorgenti di energia per il trasporto di specie contro il loro stesso gradiente di concentrazione.

Formula

3. Processi di trasporto accoppiati con la luce

Fenomeni di trasporto guidati dall'energia luminosa possono essere innescati dalla fotogenerazione di una specie capace di dare inizio al processo o di perturbarlo. Ciò è stato ottenuto in un trasporto di elettroni indotto dalla luce che coinvolge una fotogenerazione sensibilizzata dalla proflavina di un metilviologeno ridotto, MV+, il quale trasferisce elettroni a un trasportatore di tipo chinonico contenuto nella membrana. Il simporto di cationi ed elettroni indotto dalla luce si verifica quando questo sistema viene combinato con il processo descritto sopra (complesso nichel e macrociclo). L'accresciuta lipofilicità dei viologeni ridotti facilita il trasporto di elettroni e di fase. Processi simili sono importanti anche per i sistemi di immagazzinamento dell'energia solare, in cui membrane permeabili agli elettroni separano i componenti riducenti da quelli ossidanti. Il controllo luminoso dell'estrazione e del trasporto ionico è stato realizzato con leganti macrociclici che subiscono sotto irraggiamento una variazione strutturale, la quale ha come risultato due forme aventi diverse affinità ioniche (v. Shinkai e Manabe, 1984).

I risultati ottenuti con processi di trasporto accoppiato sottolineano il ruolo di sistemi a cotrasporto capaci di trasportare diversi substrati tramite l'accoppiamento di sorgenti energetiche fisiche e chimiche.

c) Trasporto attraverso canali transmembrana

I canali transmembrana rappresentano un tipo speciale di agenti a più unità, che permettono il passaggio di ioni o di molecole attraverso le membrane tramite un flusso o un meccanismo di salto da un lato all'altro. Essi svolgono un ruolo importante nel trasporto biologico. Sono stati studiati dei canali peptidici naturali e sintetici (gramicidina A, alameticina) per cationi (v. Urry, 1985; v. Nagaraj e Balaram, 1981).

Canali cationici artificiali potrebbero fornire informazioni fondamentali sul meccanismo del flusso cationico e della conduzione entro canali. Un modello a stato solido del trasferimento di cationi entro un canale è fornito dalla struttura cristallina del complesso con KBr di (12c) (Y=Y′=CH3), che contiene impilamenti di macrocicli con cationi localizzati alternativamente dentro e sopra un'unità macrociclica, come l'immagine congelata di una propagazione cationica attraverso il canale definito dall'impilamento.

È stato sintetizzato un impilamento polimerico di macrocicli ed è stato descritto il modello di un semicanale basato sulla ciclodestrina. Un derivato della monensina, un polietere aciclico ionoforo, forma canali di litio in vescicole, che possono venir sigillati da sali di diammonio.

I macrotricicli cilindrici quali (26) (a cui venga rimosso il substrato) rappresentano l'unità base di un canale cationico formato da impilamenti di macrocicli legati; essi sono in grado di legare cationi alcalini, e sono stati osservati fenomeni di salto dei cationi tra gli anelli superiori e inferiori. Studi teorici permettono una migliore comprensione della dinamica molecolare (v. Fischer e altri, 1981) del trasporto ionico e dei profili di energia nei canali cationici.

I ‛canali elettronici', così come le linee elettriche transmembrana, rappresentano la controparte di tipo canale dei trasportatori mobili di elettroni, discussi sopra. È possibile anche concepire ‛canali anionici'.

Da quanto detto risulta come siano stati condotti diversi tipi di studi con l'obiettivo di elaborare dei canali ionici artificiali e di ottenere una conoscenza più profonda del movimento ionico in canali. Questi effettori meritano e riceveranno un'attenzione crescente, anche in ragione delle loro potenzialità all'interno della chimica fisica molecolare degli ioni. Un passo ulteriore nel progetto di canali deve prevedere l'introduzione di porte ed elementi di controllo (siano essi attivati da protoni, ioni, ossidoriduttori o dalla luce) per regolarne l'apertura e la chiusura, le velocità e la selettività. A questo proposito si può rimarcare che i gruppi ionizzabili su trasportatori mobili, come quelli in (40), corrispondono, per questi effettori, ai meccanismi di apertura e chiusura dei canali.

In conclusione, gli studi sul trasporto permettono numerosi sviluppi di questa funzione importantissima dal punto di vista chimico e biologico, come il progetto di effettori, l'analisi degli stadi elementari e dei meccanismi coinvolti, l'accoppiamento a potenziali chimici, il trasferimento di energia e di segnali, i modelli di processi di trasporto biologico, la costruzione di microreattori vescicolari e di cellule artificiali, con svariate possibili applicazioni, ad esempio nella separazione o nella purificazione, oppure nelle batterie e nei sistemi di fotosintesi artificiale.

Attraverso l'introduzione di caratteristiche politopiche, che possono includere subunità capaci di legare selettivamente così come regolatori di apertura e chiusura per il controllo del flusso, il progetto di cotrasportatori e di canali molecolari artificiali dovrebbe aggiungere un'altra dimensione alla chimica degli effettori biologici e dei meccanismi dei processi di trasporto.

7. Dagli endorecettori agli esorecettori

Il progetto di molecole recettrici si è basato principalmente su architetture macrocicliche e macropolicicliche e/o su spaziatori rigidi o stampi (v. Cram, 1986; v. Rebek, 1987; v. Rebek e altri, 1987) i quali permettono che i siti di legame vengano collocati sulle pareti di cavità molecolari o di fessure in modo tale da convergere verso il substrato legato. Quest'ultimo è più o meno completamente circondato dal recettore, formando un complesso di inclusione. Tale principio di convergenza, ampiamente utilizzato, definisce una chimica convergente o endosopramolecolare, con endorecettori in grado d'effettuare un endoriconoscimento. Analogie di carattere biologico si possono osservare coi siti attivi di enzimi, in cui un piccolo substrato si lega entro una cavità di una grande molecola proteica.

Il punto di vista opposto sarebbe quello di utilizzare come sito atto a ricevere il substrato una superficie esterna con protuberanze e depressioni, piuttosto che una cavità interna. Ciò corrisponderebbe al passaggio da una chimica convergente a una divergente o esosopramolecolare, e da endo- a esorecettori. Il legame tra recettore e substrato ha luogo attraverso una interazione superficie-superficie, che potrebbe essere chiamata ‛affissione' ed essere rappresentata in modo simbolico con un // o con il simbolo matematico di intersezione ⋂ (se si verifica una interpenetrazione notevole tra le superfici), cioè, rispettivamente, con [ρ // σ] e [ρ ⋂ σ]. L' ‛esoriconoscimento' con legame forte e selettivo richiede un'area di contatto sufficientemente ampia e un numero sufficientemente elevato di interazioni, così come pure una complementarità geometrica e dei siti elettronici tra le superfici di ρ e σ. Un tale modo di legarsi trova analogie in biologia nelle interazioni tra proteina e proteina, ad esempio all'interfaccia tra anticorpo e antigene là dove si svolgono i processi di riconoscimento immunologico.

Si potrebbe anche notare che l'esoriconoscimento include il riconoscimento tra corpi (piuttosto grandi) di dimensioni simili, analogamente a quanto avviene nel caso del riconoscimento su interfacce con monostrati, film, membrane, pareti cellulari, ecc.

Al fine di rafforzare i legami, si potrebbe pensare di introdurre uno o più ‛poli' di interazione, ad esempio cariche elettriche in grado di generare potenti forze elettrostatiche. Ciò si potrebbe verificare con un complesso metallico il cui catione centrale farebbe da polo elettrostatico e la cui superficie esterna potrebbe possedere gruppi funzionali contenenti l'informazione molecolare richiesta per riconoscere il partner. Oltre a ciò, il catione metallico offre un modo ulteriore di organizzare la struttura in virtù della sua geometria di coordinazione (tetraedrica, planare-quadrata, ottaedrica, ecc.) che può dar vita a una determinata disposizione dei siti di interazione esterni. Come primo approccio alla progettazione di recettori secondo questi principî, gruppi specifici, selezionati per il loro contenuto di informazione, sono stati attaccati ad α,α′-dipiridine funzionalizzate, formando ligandi come il (41), che danno luogo a complessi metallici dotati di una geometria definita e di determinate proprietà chimico-fisiche. Con i nucleosidi è possibile ottenere specie quali il derivato (42) della bis-adenosina. I complessi metallonucleati che ne derivano, provvisti di una carica positiva, dovrebbero interagire in maniera forte e selettiva con gli oligonucleotidi e gli acidi nucleici caricati negativamente; i siti di fissazione dipendono dalla natura e dalla disposizione dei nucleosidi esterni. I metallonucleati a doppia elica possono essere derivati dagli elicati descritti sotto. È possibile immaginare

Formula
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parecchie variazioni per i gruppi esterni (intercalanti, amminoacidi, oligopeptidi, funzioni reattive), così da dar vita a complessi metallici che possiedano una capacità di fissazione selettiva e una reattività (chimica o fotochimica) determinata dalla natura dei siti attaccati.

8. Dalle supermolecole agli assemblaggi polimolecolari

La chimica molecolare è il dominio di ‛singole' molecole più o meno indipendenti. La chimica sopramolecolare potrebbe venire divisa in due ampie aree parzialmente sovrapponibili:

1) le supermolecole, che sono specie oligomolecolari ben definite, derivanti dall'associazione intermolecolare di pochi componenti (il recettore e i suoi substrati) che seguono uno schema di costruzione prestabilito, basato sui principî del riconoscimento molecolare;

2) gli assemblaggi molecolari, che sono sistemi polimolecolari risultanti dall'associazione spontanea di un numero non definito di componenti entro una fase specifica dotata di un'organizzazione microscopica più o meno ben definita e di caratteristiche macroscopiche che dipendono dalla sua natura (strati, membrane, vescicole, micelle, fasi mesomorfiche, ecc.).

Sono stati ottenuti continui progressi nella progettazione di assemblaggi molecolari sintetici, sulla base di una crescente conoscenza delle relazioni tra le caratteristiche dei componenti molecolari (struttura, siti per i legami intermolecolari, ecc.), della natura dei processi che portano alla loro associazione e delle proprietà sopramolecolari degli assemblaggi polimolecolari che si ottengono.

L'organizzazione molecolare, l'unione e la cooperazione, la costruzione di film multistrati, la generazione di definite morfologie aggregate (v. Kunitake e altri, 1981), ecc., rendono possibile la costruzione di architetture sopramolecolari. La polimerizzazione delle subunità molecolari è stata un passaggio di fondamentale importanza per ottenere un maggior controllo sulle proprietà strutturali dei sistemi polimolecolari (v. Hub e altri, 1980; v. Wegner 1982). L'incorporazione di gruppi o componenti adeguati può dare vita a unioni funzionali in grado di eseguire operazioni quali il trasporto di energia, di elettroni o di ioni, l'immagazzinamento di informazioni e la trasduzione di segnali (v. Fendler, 1982; v. Kuhn, 1981).

La combinazione di recettori, trasportatori e catalizzatori in grado di manipolare elettroni e ioni nel modo discusso sopra, con assemblaggi polimolecolari organizzati, apre la possibilità di progettare quelli che potrebbero essere chiamati ‛dispositivi molecolari' e ‛supermolecolari', che verranno esaminati in seguito, così come quella di elaborare microreattori chimici e cellule artificiali.

Si potrebbe aggiungere che gli assemblaggi polimolecolari definiscono le superfici su cui e attraverso cui si svolgono i processi, una proprietà che sottolinea ancora una volta l'importanza della progettazione di esorecettori in grado di operare alle interfacce, come pure di endorecettori incorporati entro la massa delle membrane.

9. Dispositivi molecolari e sopramolecolari

Abbiamo visto che il legame selettivo di un substrato da parte di un recettore molecolare per la formazione di una supermolecola coinvolge un processo di riconoscimento molecolare, basato sull'informazione molecolare (v. Eigen e De Maeyer, 1966) immagazzinata in entrambi i partners interagenti. Ciò richiede la progettazione di recettori con caratteristiche steriche ed elettroniche complementari rispetto a quelle del substrato che deve essere legato, e inoltre che vi sia un bilanciamento tra rigidità e flessibilità compatibile con la funzione che deve essere eseguita. Questa organizzazione delle caratteristiche strutturali e dinamiche della molecola è stata all'origine dello sviluppo dei criptandi (v. Lehn, 1973) e di altri tipi di molecole leganti costruite in modo più o meno rigido.

Gli eventi di riconoscimento molecolare rappresentano la base per l'elaborazione di informazioni a livello sopramolecolare. Tali eventi possono portare a variazioni delle proprietà elettroniche, ioniche, ottiche e conformazionali, e quindi tradursi nella generazione di un segnale. È stato progettato un gran numero di molecole recettrici al fine di rendere possibile il riconoscimento di numerosi tipi di substrato, molto diversi tra loro (sferici, tetraedrici, lineari o ramificati, provvisti di carica o neutri, organici, inorganici o biologici, ecc.). Sono state incorporate delle unità strutturali in grado di rispondere all'azione di fattori esterni oppure di esserne perturbate. La maggior parte delle ricerche si è concentrata sugli endorecettori, i cui siti di legame (di informazione) sono orientati verso una cavità molecolare; gli esorecettori, i cui siti sono rivolti verso l'esterno, possiedono superfici ‛informate' sulle quali può aver luogo il riconoscimento. Utilizzando le proprietà tridimensionali di accumulo/rilascio di informazione che operano nel riconoscimento molecolare (sia esso di tipo endo- oppure eso-), in combinazione con fenomeni di trasformazione e di trasporto del substrato, è possibile progettare componenti per dispositivi molecolari in grado di elaborare informazione e segnali a livello molecolare e sopramolecolare. L'area di ricerca che ne deriva potrebbe essere detta ‛semiochimica' (dal greco σημεῖον: segno, segnale), cioè la chimica della generazione, elaborazione, trasferimento, conversione e identificazione dei segnali molecolari.

I dispositivi molecolari - che possono essere definiti come sistemi chimici, strutturalmente organizzati e funzionalmente integrati, costruiti all'interno di architetture sopramolecolari - si basano su componenti specifici disposti in modo appropriato. La funzione eseguita da un dispositivo molecolare deriva dall'integrazione degli atti elementari eseguiti dai componenti, che possono, ad esempio, essere fotoattivi, elettroattivi o ionoattivi, a seconda che operino con fotoni, elettroni o ioni.

I processi di riconoscimento molecolare possono svolgere un ruolo a diversi livelli chiave: 1) la costruzione del dispositivo a partire dai suoi componenti; 2) la sua incorporazione entro sequenze sopramolecolari; 3) l'azione selettiva su determinate specie (per esempio ioni); 4) la risposta a stimoli esterni fisici o chimici (luce, elettroni, ioni, molecole, ecc.) che possono regolare il funzionamento del dispositivo, accenderlo e spegnerlo; 5) la natura dei segnali generati e il tipo di conversione dei segnali (fotone/fotone, fotone/elettrone, elettrone/elettrone, elettrone/ione, ione/ione, ecc.).

I dispositivi basati su fenomeni di riconoscimento, che potrebbero essere chiamati ‛dispositivi molecolari informati', rappresentano le entità molecolari e sopramolecolari tramite cui eventi di riconoscimento molecolare possono essere trasformati in informazioni e segnali. Per assolvere questo compito è necessario che i componenti del recettore siano progettati in modo tale da riuscire a rispondere a stimoli esterni e da risultare adatti a essere incorporati entro dispositivi.

a) Dispositivi molecolari fotonici

Confrontate con i componenti isolati, le entità sopramolecolari che contengono componenti fotoattivi possono manifestare proprietà del tutto nuove: esse definiscono pertanto una ‛fotochimica sopramolecolare' (v. Balzani e Scandola, 1987). Entro questi ‛dispositivi molecolari fotochimici' possono aver luogo diversi tipi di processo, modulati dalla disposizione delle unità legate nel modo stabilito dal recettore che ne organizza la struttura. Tali processi sono: migrazione di energia fotoindotta, separazione di carica tramite trasferimento di elettroni o protoni, perturbazione di transizioni ottiche e polarizzabilità, modificazione di potenziali ossidoriduttivi entro stati base o stati eccitati, fotoregolazione di proprietà di legame, reazioni fotochimiche selettive, ecc. Questi processi possono dipendere da fenomeni di riconoscimento e aver luogo soltanto se si è stabilito il corretto legame selettivo dei componenti attivi complementari.

In via di principio, i dispositivi molecolari fotonici richiedono un'organizzazione complessa e un adattamento spaziale, energetico e temporale dei componenti tale da generare segnali luminosi di origine ottica, elettronica, protonica o ionica.

1. Conversione della luce attraverso trasferimento di energia

La conversione della luce assorbita in luce emessa con una lunghezza d'onda differente ha luogo in qualunque specie luminescente. Sarebbe però importante riuscire a far sì che i singoli passaggi del processo complessivo vengano effettuati separatamente da componenti diversi che possono essere ottimizzati al fine di ottenere certi obiettivi (lunghezza d'onda della luce assorbita o della luce emessa; tempo di vita dell'emissione, ecc.). Ciò è quanto si verifica nel caso di un dispositivo molecolare di conversione della luce costituito da due componenti, un ricevitore della luce (o antenna) formato da una sequenza di unità assorbenti e un'unità emittente, il che permette una ottimizzazione separata di assorbimento ed emissione. Affinché il dispositivo funzioni è necessario che si verifichi un trasferimento di energia (il più efficiente possibile) tra i componenti. Un dispositivo di questo tipo, pertanto, per funzionare deve compiere tre passaggi successivi: assorbimento, trasferimento di energia, emissione.

Ciò è stato ottenuto nei criptati di europio3+ e terbio3+ di ligandi macrobiciclici che incorporano vari gruppi eterobiarilici (2,2′-bipiridina, fenantroline, bitiazolo, biimidazolo, bipirimidina, biisochinolina, e i loro N,N′-diossidi) che possono essere utilizzati come antenne in grado di ricevere la luce. Questi complessi offrono una combinazione unica di caratteristiche derivanti sia dalla loro struttura criptata sia dalla natura delle specie emittenti: essi proteggono lo ione che vi è incluso da processi di disattivazione causati dall'interazione con le molecole del solvente (acqua); possiedono stabilità termodinamica e inerzia cinetica molto elevate; sono dotati di molteplici gruppi assorbenti in grado di eseguire un trasferimento di energia; inoltre, le lunghezze d'onda sono particolarmente alte (per Eu3+) e l'emissione ha un elevato tempo di vita. Essi manifestano una vivace luminescenza che deriva dall'assorbimento di luce UV da parte dei gruppi organici, seguita da trasferimento di energia al catione lantanoide in essi incluso, il quale successivamente emette la sua radiazione visibile caratteristica.

Formula
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Una maggiore efficienza di conversione e una luminescenza più forte sono riscontrabili nei criptati dell'europio, come (44), che contengono leganti N-ossido. Nello stato solido, il complesso (43) possiede un'efficienza di conversione energetica particolarmente elevata (60% circa). Ciò è quanto avviene anche per il corrispondente criptato del Tb3+ fino a 100 K; a temperature più elevate, la migrazione di energia e il retrotrasferimento dallo ione al criptando provoca una diminuzione dell'intensità di emissione. Poiché la natura dei gruppi leganti influenza in maniera marcata le proprietà fotochimiche, essi possono essere regolati in modo da ottenere gli obiettivi desiderati tramite opportune variazioni strutturali.

Particolarmente interessante appare l'impiego di questi criptati fotoattivi come nuovi materiali luminescenti (in soluzione o allo stato solido) e come traccianti per applicazioni biologiche soggette a vincoli molto stringenti (marcatura di anticorpi monoclonali, oligonucleotidi, componenti di membrane; citofluorimetria, ecc.). È possibile anche immaginare sistemi congiunti a cascata, in grado di eseguire trasferimenti di energia a largo raggio.

2. Specie luminofore in grado di legare ioni

Molecole recettrici fotosensibili possono subire marcate modificazioni delle loro proprietà fotofisiche allorché si legano a dei substrati, consentendo così di essere individuate tramite misure di assorbimento o di emissione. Tali molecole rappresentano dei dispositivi per la generazione di segnali ottici selettivi rispetto al substrato.

I criptandi come il (45) combinano le marcate capacità complessanti dei criptandi e l'intensa emissione di fluorescenza del gruppo antracene. Essi presentano spettacolari variazioni nell'emissione di fluorescenza quando sono complessati con i cationi dei metalli alcalini e protonati.

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Di grande interesse appare il forte aumento della fluorescenza dell'acridina che si osserva quando l'adenosintrifosfato (ATP) si lega a una molecola recettrice formata da un macrociclo [24]N6O2 con un gruppo laterale di acridina. Un doppio riconoscimento si verifica attraverso il legame del gruppo trifosfato col macrociclo protonato e accostando l'unità dell'adenina con il residuo colorante, come mostrato in (46). È da notare che il guanosintrifosfato (GTP) fa diminuire leggermente l'emissione. Pertanto questo recettore è una sonda sensibile e selettiva dell'ATP che genera un segnale fluorescente nel momento in cui vi si lega.

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3. Trasferimento di elettroni innescato dalla luce in criptati fotosensibili

L'irraggiamento di un dispositivo che contiene un elemento fotosensibilizzante (PS) insieme a gruppi donatori (D) e accettori (A) può innescare fenomeni di trasferimento elettronico, che generano lo stato a cariche separate D+-PS-A-. Processi di questo tipo vengono studiati in modo molto approfondito dato il loro interesse in fotosintesi e in fotocatalisi.

Ci siamo occupati della separazione di carica indotta dalla luce in corecettori macropoliciclici che contengono un gruppo porfirinico fotosensibile e siti di legame per ioni argento(I) come centri accettori. L'irraggiamento porta al trasferimento di un elettrone dalla porfirina all'AgI, generando un catione porfirinico con un tempo di vita elevato. L'efficienza della separazione di carica è molto più alta in queste specie corecettrici che non nei composti a modello non legato. Sistemi soggetti a processi di trasferimento elettronico innescati dalla luce rappresentano dei componenti per la costruzione di dispositivi atti a trasformare la luce in elettroni. Particolarmente interessante è la progettazione di sistemi in grado di eseguire un trasferimento di elettroni a lungo raggio, per generare, ad esempio, segnali fotoelettrici transmembrana o per servire come base di una memoria di registrazione a spostamento elettronico a livello molecolare.

4. Reazioni innescate dalla luce in specie sopramolecolari

Molecole recettrici contenenti appropriati gruppi sensibili alla luce possono essere soggette a variazioni strutturali e conformazionali in grado di influenzarne le proprietà di legame (v. Shinkai e Manabe, 1984). In conseguenza di tale fenomeno si può verificare captazione o rilascio di substrato, il che rappresenta un modo di generare fotosegnali protonici o ionici entro dispositivi per la conversione della luce in ioni.

Il legame tra recettore e substrato può influenzare la loro reattività fotochimica. Il processo di riconoscimento può pertanto modificare il corso di una reazione, influenzandone la velocità e la natura dei prodotti. Ad esempio, il legame dell'anione [Co(CN)6]3- con recettori poliammonici macrociclici influenza nettamente la loro resa quantica in un modo che dipende dalla struttura. Si può immaginare tutta una serie di altre reazioni fotochimiche il cui corso può essere alterato da legami selettivi.

In questo modo il riconoscimento si manifesta, attraverso una trasformazione chimica, nella natura o nella velocità di formazione dei prodotti, il che equivale alla generazione di un segnale molecolare specifico.

5. Effetti ottici non lineari in specie sopramolecolari

È legittimo attendersi che molecole altamente polarizzabili possiedano non linearità ottiche marcate. Passando dal livello molecolare a quello sopramolecolare, dovrebbero manifestarsi effetti del tutto nuovi. L'incorporazione entro strutture sopramolecolari potrebbe influenzare le proprietà delle singole molecole tramite l'orientamento e/o la perturbazione delle loro proprietà elettroniche.

Particolarmente interessanti sono i polieni composti da una catena poliolefinica con un gruppo donatore a un estremo e un accettore all'altro. Nel corso degli studi sui filamenti molecolari di tipo caroviologeno, è stato sintetizzato un certo numero di derivati carotenoidi con un donatore e un accettore ai due estremi, al fine di studiare le loro proprietà ottiche non lineari. Si tratta di polieni coniugati estremamente polarizzabili che rappresentano anche filamenti molecolari polarizzati.

Si è trovato che essi sono caratterizzati dalla netta generazione di una seconda armonica quando i campioni si trovano sotto forma di polvere. La stima delle iperpolarizzabilità in soluzione ha dato valori estremamente elevati per il più lungo di questi composti. L'incorporazione di un composto di questo tipo entro film di Langmuir-Blodgett dà vita a strutture orientate, di particolare interesse per gli studi di ottica non lineare.

Se in una molecola recettrice viene introdotto un gruppo molto polarizzabile, il legame con un substrato può provocare notevoli perturbazioni, cosicché l'evento di riconoscimento può essere convertito in un segnale ottico non lineare. Tali sonde ottiche non lineari dipendenti dal riconoscimento possono essere derivate da polieni.

Tutti i processi fotochimici e fotofisici descritti sopra possono essere accoppiati a processi di riconoscimento, così come è già stato sottolineato. Pertanto, emerge che un'area della fotonica molecolare, fondata su fenomeni di riconoscimento, riguarda la trasformazione di informazione molecolare in fotosegnali.

b) Dispositivi molecolari elettronici

Dispositivi molecolari che esercitano la loro azione sugli elettroni rappresentano elementi fondamentali per la conversione di eventi di riconoscimento molecolare in segnali elettronici. Ad esempio, le proprietà ossidoriduttive possono venire influenzate quando si costruisce un legame dipendente dalla struttura. Ciò è quanto accade nel caso della complessazione degli esacianuri metallici da parte di macrocicli poliammonici, dove lo spostamento del potenziale di ossidoriduzione dipende dalla costante di legame. Queste perturbazioni indotte tramite complessazione portano a una caratterizzazione elettrochimica del riconoscimento. Gli effetti elettrochimici che derivano da legami tra recettore e substrato definiscono il campo dell'elettrochimica sopramolecolare.

Particolare interesse ha suscitato la possibilità di progettare dispositivi elettronici in grado di operare a livello molecolare. La loro realizzazione richiede tre diversi passaggi successivi. È innanzitutto necessario ideare una molecola in possesso delle caratteristiche desiderate, sintetizzarla, e studiarne le proprietà. Il secondo passaggio è quello di incorporarla entro una struttura sopramolecolare, come ad esempio membrane o altre strutture organizzate, e quindi investigare se l'entità risultante possieda le caratteristiche volute. Il terzo passaggio richiede la connessione dell'unità di base ad altri componenti, in modo da fornirle un indirizzo tramite delle molecole di trasmissione o con un segnale fisico esterno. Naturalmente, la progettazione di circuiti elettronici molecolari può incontrare molti ostacoli nel suo sviluppo, e inoltre potrebbero sorgere difficoltà del tutto nuove intorno al modo più opportuno di trattare le molecole. A questo punto è probabilmente prematuro cercare di definire in maniera chiara la strada che porterà alla soluzione del problema; in effetti, la stessa definizione dell'obiettivo potrebbe cambiare sotto l'effetto dei progressi compiuti lungo un certo cammino.

È stata intravista la possibilità di progettare dispositivi quali raddrizzatori molecolari, transistor, interruttori e fotodiodi; alcune delle caratteristiche richieste a questo scopo sono presenti in composti quali i complessi metallici oppure i sistemi D-PS-A che possono generare una separazione di carica indotta dalla luce, a livello della molecola isolata.

1. L'uso di caroviologeni come filamenti molecolari. - Tra i diversi dispositivi e componenti in grado di eseguire funzioni elettroniche su scala molecolare, assume particolare importanza il ‛filamento molecolare', che potrebbe operare da elemento di connessione in grado di consentire che si stabilisca un flusso di elettroni tra i diversi elementi di un sistema elettronico molecolare.

Il primo approccio alla progettazione di filamenti molecolari si è basato sui caroviologeni (CV2+), che sono lunghe catene poliolefiniche coniugate in possesso di gruppi piridinio a ciascun estremo, i quali combinano le proprietà strutturali dei carotenoidi con le caratteristiche ossidoriduttive dei metilviologeni. Composti di questo tipo, come ad esempio (47a), sono stati sintetizzati e incorporati a guisa di transmembrana entro vescicole di diesadecilfosfato (DHDP) (v. Arrhenius e altri, 1986).

L'orientamento dei caroviologeni entro membrane lipidiche modello è stato studiato tramite misurazioni di dicroismo lineare. I rapporti dicroici sono stati determinati su caroviologeni di diverse lunghezze solubilizzati entro fasi liotropiche lamellari di spessore diverso e allineate macroscopicamente tra piastre di quarzo. I parametri d'orientamento ottenuti indicavano una disposizione transmembrana per i caroviologeni di lunghezza compatibile con lo spessore del doppio strato della membrana.

Esperimenti di trasferimento di elettroni che utilizzavano un sistema di partenza costituito da una vescicola di CV2+/DHDP non hanno dato risultati positivi, forse a causa dell'elevata carica negativa delle superfici della membrana, che probabilmente riduce le velocità di trasferimento interfacciale degli elettroni e quindi modifica il potenziale ossidoriduttivo del CV2+ incorporato.

Formula
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Sono stati allora preparati dei caroviologeni CV2+ con caratteristiche di zwitterioni, tipo (47b), e incorporati entro vescicole fosfolipidiche. Sono stati quindi eseguiti degli esperimenti di trasferimento di elettroni tra una fase esterna riducente e una fase interna ossidante, nel modo mostrato in fig. 14; solamente una piccola quantità del CV2+ incorporato è stata utilizzata, al fine di poter studiare l'effetto di poche molecole per vescicola. La velocità di riduzione dell'ossidante interno ferricianuro a ferrocianuro è stata accelerata circa di un fattore 4 che, sebbene basso, indica in ogni caso che si è verificata effettivamente una certa conduzione elettronica. Nessun aumento di velocità misurabile si è verificato con viologeni lipofilici nelle stesse condizioni.

Pertanto, utilizzando caroviologeni si riescono a produrre filamenti molecolari in grado di effettuare la conduzione di elettroni in un sistema su scala sopramolecolare. L'incorporazione entro membrane lipidiche nere a doppio strato dovrebbe consentire ricerche ulteriori sulle proprietà di trasferimento elettronico di questi caroviologeni. È comunque possibile ipotizzare anche altri approcci alla progettazione di filamenti molecolari.

2. Filamenti molecolari polarizzati

Catene poliolefiniche coniugate, dotate di un gruppo elettron-accettore su un'estremità e di uno elettron-donatore sull'altra, rappresentano filamenti molecolari polarizzati che dovrebbero dare vita a un trasferimento elettronico preferenziale in un senso e agire da componente raddrizzatore. Sono state preparate molecole di questo tipo, carotenoidi donatori-accettori, le quali hanno rivelato proprietà ottiche non lineari estremamente marcate, quando si trovano sotto forma di polvere, in soluzione, o in forma di film di Langmuir-Blodgett (v. cap. 9, § a). L'incorporazione orientata entro vescicole ed esperimenti di trasferimento elettronico potrebbero rivelare fenomeni di conduzione in un senso da parte di molecole polarizzate di questo tipo o simili a esse.

3. Filamenti molecolari modificati in grado di agire da interruttori molecolari

Il tipo originale CV2+ del filamento molecolare può essere modificato agendo sui gruppi terminali o sulla catena coniugata oppure su entrambi. La catena carotenoide potrebbe essere sostituita, ad esempio, da un sistema colorante esteso, da oligopirroli, o da oligotiofeni, o da strisce di centri ossidoriduttivi che consentono salti di elettroni.

Per ottenere tali modifiche agendo sui gruppi terminali, sono state preparate delle catene carotenoidi con ferrocene, 2,2′-bipiridina e piridina come gruppi terminali, come mostrato in (48) e (49). Sono stati anche ottenuti dei derivati di complessi metallici, quale (50). Questi filamenti molecolari di tipo metallocarotenati combinano le ricche attività elettrochimiche e fotochimiche dei complessi metallici con le proprietà coniugative a lungo raggio delle catene carotenoidi, aprendo quindi la strada per ottenere sistemi in grado di eseguire trasferimenti elettronici a lunghissimo raggio innescati dalla luce o da elettroni. L'unità del ferrocene, attiva nei confronti di fenomeni ossidoriduttivi, è stata introdotta anche in sistemi coniugati di tipo accettore-donatore, come in (51a) e (51b) o nei relativi complessi metallici così da poter fungere da centro donatore o da interruttore ossidoriducente.

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Composti di questo genere incorporano interruttori sensibili alla luce o all'azione di elettroni alle estremità oppure entro la catena coniugata e pertanto rappresentano filamenti molecolari in grado di agire da interruttori e di rispondere a stimoli esterni.

c) Dispositivi molecolari ionici

La notevole quantità di dati disponibili sui legami ionici selettivi e sul trasporto operato da numerosi ligandi e trasportatori molecolari fornisce la base per la progettazione di dispositivi molecolari in grado di manipolare specie ioniche. Gli eventi di riconoscimento molecolare coinvolti possono essere direttamente collegati all'elaborazione di informazioni e segnali attraverso ioni, così come avviene in biologia. Recettori che contengono gruppi sensibili alla luce o ad azioni ossidoriduttive rappresentano elementi che, sotto l'azione della luce o di elettroni, possono agire da interruttori in grado di rispondere a stimoli fisici esterni e che hanno la capacità di generare impulsi fotoionici. Sono stati elaborati dispositivi analitici basati sulla formazione di legami con ioni e sul trasporto di ioni.

In correlazione al lavoro sui legami con ioni, è stato ampiamente studiato anche il trasporto ionico da parte di trasportatori mobili, ed è stata analizzata la possibilità di regolarlo tramite l'accoppiamento con processi di simporto o antiporto e con gradienti chimici o fisici.

Oltre che tramite trasportatori mobili, il trasferimento ionico può essere ottenuto utilizzando canali ionici selettivi. La progettazione di tali canali transmembrana è stata studiata molto di meno, probabilmente perché le strutture molecolari coinvolte sono intrinsecamente più grandi, nonostante si ritenga che il trasporto biologico avvenga soprattutto tramite specie sul tipo dei canali. Sono stati studiati vari approcci alla progettazione di canali ionici e di sistemi di membrana in grado di reagire all'azione degli ioni.

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1. Mesofasi tubolari

Un impilamento di anelli macrociclici rappresenta un tubo molecolare attraverso il quale possono fluire ioni, così come illustrato da un modello a stato solido di un canale ionico di questo tipo. Poiché nei cristalli liquidi a disco l'impilamento assiale spontaneo di dischi molecolari produce delle mesofasi a colonne, appare evidente che, se tali fasi potessero essere ottenute con elementi ad anello, la loro disposizione in un impilamento assiale produrrebbe una colonna cava, cioè un tubo molecolare sul tipo di (52). Poliammine macrocicliche con catene laterali adatte, come (53) e (54), danno effettivamente delle mesofasi tubolari le quali contengono impilamenti di cicli che formano dei tubi. Sebbene gli elementi macrociclici utilizzati a tutt'oggi non siano completamente adatti per legare degli ioni, ulteriori elaborazioni potrebbero produrre canali ionici che dipendono dalla fase, ossia dalla temperatura.

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2. Monostrati in grado di reagire all'azione ionica

La deposizione di macrocicli provvisti di catene laterali lipofiliche presso l'interfaccia aria-acqua potrebbe formare dei monostrati di Langmuir, dando vita in questo modo a film molecolari in grado di reagire all'azione ionica. In effetti, i macrocicli (53) e (54) formano monostrati di questo tipo. Un confronto tra le aree superficiali misurate con i modelli molecolari indica che i macrocicli si distendono piatti sulla superficie dell'acqua, mentre le catene alifatiche sono inclinate in direzione verticale nel film compresso, nel modo indicato nella fig. 15. Questi monostrati dovrebbero essere in grado di interagire selettivamente con gli ioni presenti nella sottofase; è stato dimostrato che questo è ciò che accade nei monostrati formati con i derivati del calissarene.

È possibile prevedere diversi sviluppi, come ad esempio monostrati in grado di compiere un riconoscimento molecolare presso un'interfaccia (e ciò sarebbe particolarmente interessante per poter eseguire rilevamenti selettivi) o film in grado di legare degli ioni oppure attivi sotto l'azione di elettroni o della luce.

3. L'approccio a canali fasciati ' per la costruzione di canali molecolari

Un canale può essere delimitato anche da un fascio di catene transmembrana, formate dall'associazione di molecole singole, come ad esempio i canali polimolecolari formati dal peptide alameticina (v. Nagaraj e Balaram, 1981), oppure dall'innesto di diverse catene su un'unità di supporto, come ad esempio un macrociclo polifunzionale che costituisce il nucleo organizzatore, nel modo rappresentato in (55a). Questo potrebbe essere definito come un approccio ‛a canali fasciati' (o ‛a mazzo') per la creazione di canali transmembrana basati su fasci di catene.

Un oggetto di questo tipo dovrebbe essere costituito da tre unità fondamentali:

1) due fasci di catene sufficientemente lunghe da attraversare una membrana a doppio strato;

2) un anello centrale che serve sia da supporto per i due fasci di catene, sia da componente in grado di selezionare il substrato;

3) dei gruppi terminali polari capaci di ancorare la molecola a ciascuna delle due interfacce nel modo tipico degli elementi transmembrana.

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La sintesi di una molecola a canali fasciati, (55b), è stata effettivamente ottenuta (v. Jullien e Lehn, 1988). Le sue caratteristiche strutturali corrispondono a quelle desiderate per lo studio di canali molecolari fasciati: 1) l'anello macrociclico funzionalizzato è in grado di legare selettivamente cationi metallici; 2) possiede due fasci orientati assialmente di quattro catene contenenti atomi di ossigeno che costituiscono i siti di legame per i cationi metallici e sono sufficientemente lunghi da consentire che la molecola attraversi una tipica membrana lipidica (la lunghezza complessiva con le catene estese è intorno a 45-50 Å); 3) gli otto gruppi terminali carbossilati permettono l'ancoraggio alle interfacce acqua-membrana e l'orientamento transmembrana, nonché eventuali accoppiamenti a gradienti protonici.

L'ottacarbossilato (55b) è stato incorporato entro membrane modello a doppio strato. In letteratura sono stati pubblicati dati relativi alla sintesi e alle proprietà di una molecola che possiede un nucleo macrociclico simile. È stata esaminata la possibilità che la molecola (55b) possa costituire un canale cationico funzionale ed è risultato che potrebbero essere necessarie delle modifiche strutturali. In particolare, la natura dell'anello centrale dovrebbe essere il fattore critico che permette di instaurare un flusso ionico rapido e selettivo. Il fascio di alameticina contiene un anello centrale di residui di glutammina legati tramite ponti idrogeno (v. Fox e Richards, 1982) che è molto più ampio dell'unità macrociclica in (55b), e ciò sembra indicare che potrebbe essere necessario un macrociclo più grande. Per questa ragione è stata scelta una seconda molecola del tipo a canali fasciati avente nucleo molto più grande: la β-ciclodestrina (β-CD), la cui cavità ha un diametro attorno ai 6 Å. La derivatizzazione selettiva da parte delle unità oligoossietileniche (terminanti, ad esempio, con un un gruppo carbossilico) dovrebbe dar vita a una specie del tipo di quella rappresentata in forma schematica da (56). Una molecola così grande, avente sette catene su ciascun lato di un nucleo rigido di β-CD, è stata effettivamente sintetizzata. Essa è particolarmente interessante per le sue proprietà intrinseche, poiché grazie alle sue dimensioni, allo spazio disponibile al suo interno e alle sue catene, essa rappresenta una specie di ‛vescicola molecolare'. Essendo

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asimmetrico, questo canale a fasci di β-CD potrebbe servire da dispositivo transmembrana orientato. Le sue selettività di trasporto potrebbero possedere analogie con quelle del canale del recettore dell'acetilcolina. Le proprietà fisiche, chimiche, di incorporazione entro membrane e di trasporto di substrati di questo e di altri derivati della β-CD saranno in grado di fornire informazioni fondamentali sul modo in cui bisogna trattare specie molecolari funzionali di grandi dimensioni e sul loro comportamento. Anche nel caso in cui questa o altre molecole del tipo a canali fasciati non fossero in grado di costituire dei canali ionici, esse dovrebbero poter consentire lo studio di approcci per la progettazione di canali e del modo in cui è necessario trattare processi di conduzione ionica selettiva.

L'incorporazione di dispositivi molecolari ionici come quelli descritti sopra entro strutture di supporto (come membrane, strati e film) permetterà lo studio delle loro proprietà funzionali e della loro capacità di produrre segnali ionici. Affinché poi questi elementi possano agire da regolatori di flusso, da interruttori, e possano essere accoppiati ad altri componenti, sono necessarie ulteriori modifiche strutturali.

10. Riconoscimento molecolare e autoorganizzazione. Sistemi molecolari programmati

La chimica sopramolecolare è fondata su recettori molecolari organizzati in modo più o meno rigido (v. Lehn, 1973; v. Cram, 1986), ottenuti per via sintetica, in grado di eseguire processi di riconoscimento molecolare, di catalisi e di trasporto. A un gradino più avanzato rispetto a sistemi ‛preorganizzati' si trova la progettazione di sistemi soggetti ad ‛autoorganizzazione', cioè in grado di generare spontaneamente delle architetture molecolari funzionali ben definite tramite l'autoassemblaggio dei componenti secondo un insieme ben definito di condizioni (v. autoorganizzazione, vol. X). Possiamo avere, quindi, degli assemblaggi progettati di elementi entro specie sopramolecolari discrete ben definite, oppure delle formazioni spontanee di strati molecolari, di film, di membrane, ecc. I fenomeni di autoassemblaggio richiedono la formazione di legami; perché vi sia autoorganizzazione, bisogna che vi sia anche informazione; sia l'informazione necessaria affinché un processo di questo tipo abbia effettivamente luogo, sia l'algoritmo (cioè le regole di costruzione) che il processo deve seguire devono essere immagazzinati entro i componenti e operare attraverso interazioni molecolari selettive. Pertanto, sistemi di questo tipo potrebbero essere chiamati ‛sistemi molecolari e sopramolecolari programmati', in grado di generare entità organizzate seguendo un piano definito basato su fenomeni di riconoscimento molecolare. L'autoorganizzazione rappresenta una caratteristica fondamentale della chimica sopramolecolare, poiché essa si basa su interazioni intermolecolari, mentre la preorganizzazione utilizza legami covalenti. Si noti che ciò corrisponde a un processo di replica (non covalente) al livello sopramolecolare.

Fenomeni di autoorganizzazione possono aver luogo in soluzione, in fase liquida cristallina, o nello stato solido, e utilizzare legami idrogeno, effetti elettrostatici e del tipo accettore-donatore, oppure coordinazioni di ioni metallici, quali interazioni di base tra i componenti come pure effetti (solvofobici) dovuti al mezzo in cui essi si svolgono. È necessario un numero elevato di subunità leganti, quali quelle che sono presenti nei corecettori politopici. Il processo può mostrare fenomeni di cooperatività positiva e quindi portare alla costituzione di dispositivi di amplificazione molecolare, nel caso in cui, una volta che abbia avuto inizio, vengano facilitati i passi successivi della sequenza di assemblaggio. Ciò può avvenire nel caso di molecole corecettrici politopiche in cui le interazioni tra le diverse subunità, o l'instaurazione di legami tra di esse e il substrato, si svolga in modo tale che ciascuno stadio associativo prepari la scena per il successivo. La cooperatività potrebbe per certi versi esser considerata come un dispositivo per la ‛filtrazione' di errori.

Dai processi di autoassemblaggio possono avere origine numerose strutture sopramolecolari biologiche, come ad esempio avviene nella formazione spontanea della doppia elica degli acidi nucleici (v. Saenger, 1984), del rivestimento proteico dei virus, e dei complessi multiproteici.

Abbiamo quindi seguito diversi approcci per studiare i sistemi capaci di autoorganizzazione: 1) la formazione di complessi metallici a doppia elica, i cosiddetti ‛elicati', partendo da due filamenti di oligobipiridina e da ioni metallici adatti; 2) la generazione di mesofasi e polimeri cristallini liquidi di natura sopramolecolare partendo da elementi complementari; 3) la formazione di strutture ordinate allo stato solido basate su fenomeni di riconoscimento molecolare.

a) Autoorganizzazione di complessi metallici a doppia elica: elicati e desossiribonucleoelicati

Fenomeni di autoorganizzazione possono aver luogo entro ligandi formati da catene ripetitive (che costituiscono dei corecettori aciclici contenenti parecchie subunità leganti identiche disposte linearmente), se il substrato che si lega a un certo sito è collegato ai legami con gli altri siti in modo tale che l'occupazione completa dei siti sia compatibile solamente con una ben definita architettura finale.

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Ciò è quanto accade con i ligandi (57)-(60) che contengono da due a cinque gruppi bipiridinici (bpy). In presenza di ioni Cu+ ha luogo un assemblaggio spontaneo che genera degli ‛elicati a doppio filamento', in cui i due filamenti leganti sono avvolti l'uno all'altro a guisa di doppia elica e sono tenuti assieme dagli ioni Cu+. Sono stati ottenuti in tal modo i complessi che vanno dai di- ai pentaelicati, (61)-(64). La loro struttura a doppia elica è stata verificata in base alla determinazione delle strutture cristalline di (61) e (62) e sulla base di dati spettroscopici. Essa è il risultato

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della coordinazione tetraedrica imposta da ciascun sito Cu(bpy) 2+ e della struttura dei due ligandi, che ostacola il formarsi di legami con un unico filamento. Queste due caratteristiche vanno a costituire, rispettivamente, il processo di riconoscimento (l'algoritmo) e il ‛programma' sterico molecolare che porta alla formazione preferenziale di strutture a doppia elica. In altre parole, la formazione di elicati corrisponde alla lettura tetraedrica delle informazioni molecolari contenute nei filamenti di bipiridina. Pertanto, solamente gli ioni metallici che possiedono adeguate capacità di coordinazione con la bipiridina possono dar vita a elicati doppi. È stato dimostrato che questo è quanto avviene anche con lo ione Ag+ che forma tri-, tetra- e pentaelicati, come confermato dalla determinazione della struttura cristallina del trielicato d'argento (65). D'altra parte, le analoghe oligobipiridine che contengono due o tre unità bipiridiniche separate da un gruppo CH2CH2 producono anch'esse gli elicati corrispondenti con il Cu+. È legittimo attendersi la formazione di elicati doppi soltanto in un campo ristretto di parametri di coordinazione e di struttura. La fig. 16 mostra un modello molecolare del pentaelicato (64).

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Particolarmente interessante è l'osservazione secondo cui il processo di formazione dell'elicato si svolge seguendo meccanismi di cooperatività positiva e di autoriconoscimento, in quanto un certo ligando forma preferenzialmente una doppia elica con un filamento identico nel caso in cui si usi una miscela di ligandi.

Una caratteristica particolarmente importante di tale generazione spontanea di strutture a doppia elica è che essa può essere utilizzata come impalcatura organizzativa, in grado di consentire una disposizione spaziale a doppia elica di sostituenti attaccati a unità bipiridiniche. A tal fine sono stati sintetizzati i filamenti oligobipiridinici (66)-(69) che contengono sostituenti nelle posizioni 4,4′ dei gruppi bipiridinici.

Grande interesse ha suscitato la possibilità di collegare nucleosidi, così come è stato fatto, per esempio, con la esatimidina (70) e con i filamenti allungati e a struttura alternata (71) e (72). Tali composti rappresentano degli oligonucleosidi artificiali, che potrebbero essere in grado di interagire con i polinucleotidi naturali o con gli acidi nucleici. Per trattamento con Cu+, (71) e (72) hanno dato vita, rispettivamente, ai complessi a doppia elica (73) e (74) che sono i corrispettivi rovesciati degli acidi nucleici a doppio filamento e potrebbero essere chiamati ‛desossiribonucleoelicati' (DNH). Poiché queste specie possiedono una carica positiva e poiché la base con cui si instaurano i legami idrogeno si trova in posizione periferica, sarebbe ragionevole attendersi che esse formassero legami con acidi nucleici a uno o due filamenti, dando origine a specie ibride naturali-artificiali a tre e quattro filamenti. Tali interazioni potrebbero anche essere selettive in virtù della conformazione globale dei DNH e dei gruppi della timidina. Le molecole di DNH (73) e (74), che possiedono siti di riconoscimento orientati verso l'esterno, rappresentano varianti politopiche degli esorecettori di tipo metallonucleato.

Naturalmente è possibile organizzare molte altre unità entro una struttura elicata, associando cioè gruppi in grado di conferire la capacità, ad esempio, di trasferire energia, o elettroni, oppure di legare in modo specifico degli ioni.

Infine, si può osservare che il dielicato (61) ha proprietà che ricordano quelle dei due componenti omochirali ottenuti col coupe du Roi, rappresentato in una scultura di Max Bill. Le proprietà estetiche della doppia elica sono state apprezzate ormai da molto tempo.

b) Assemblaggio di fasi organizzate al fine di operare processi di riconoscimento molecolare

I processi molecolari che hanno luogo in un certo materiale possono alterarne vistosamente le proprietà. Ad esempio, l'interazione tra unità molecolari che di per sé non sarebbero mesogeniche può provocare la formazione di una specie sopramolecolare che si comporta come un cristallo liquido. Stando così le cose, dovrebbe essere possibile sfruttare interazioni selettive in modo tale che la supermolecola mesogenica possa formarsi soltanto a partire da componenti complementari. Ciò corrisponderebbe alla manifestazione macroscopica del riconoscimento molecolare, poiché i processi di riconoscimento che hanno luogo al livello molecolare si manifesterebbero al livello macroscopico del materiale attraverso la produzione di una fase mesomorfica che potrebbe essere definita sopramolecolare e ‛in-formata', essendo condizionata dall'informazione molecolare presente nei suoi componenti. Questo risultato è stato ottenuto nella produzione di mesofasi sopramolecolari e polimeri liquidi cristallini da unità molecolari complementari.

1. Mesofasi prodotte dall'associazione di componenti molecolari complementari. - Il tipo più comune di specie molecolare formata da cristalli liquidi termotropici è caratterizzato da un nucleo assiale rigido provvvisto di catene flessibili in corrispondenza di ciascuna estremità. È pertanto possibile immaginare una separazione del nucleo centrale in due metà complementari [∈] e [∋], la cui associazione darebbe vita a una supermolecola mesogenica.

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Ciò è stato ottenuto tramite i derivati dei gruppi eterociclici complementari 2,6-diamminopiridina e uracile, che possiedono lunghe catene alifatiche. Mentre i composti puri non manifestano le caratteristiche di comportamento tipiche dei cristalli liquidi, miscele 1:1 danno vita a una mesofase metastabile a colonna esagonale. La sua esistenza potrebbe essere attribuita alla formazione di una supermolecola mesomorfica, (75), attraverso l'associazione finalizzata al riconoscimento molecolare dei componenti complementari.

È possibile ipotizzare numerosi sviluppi ulteriori di questo tipo di approccio, come l'introduzione di diversi nuclei centrali, ad esempio quelli di cui è già nota la capacità di produrre cristalli liquidi molecolari, oppure l'incorporazione di unità sensibili alla luce o all'azione di elettroni, o ancora l'eventuale impiego entro dispositivi di rilevazione, e l'applicazione a vari componenti biologici capaci di effettuare azioni di riconoscimento.

2. Autoorganizzazione di polimeri' sopramolecolari aventi proprietà di cristalli liquidi da componenti complementari. - Se due o più unità complementari [∈] e [∋] sono innestate in un supporto che funga da stampo, T, la miscelazione di [T∈m] con il suo complementare [T∋m] può dar vita all'autoassemblaggio di una specie polimerica sopramolecolare lineare, oppure a legami incrociati (T∈m,T∋m) la cui esistenza è condizionata dall'associazione, diretta da un riconoscimento molecolare, tra i gruppi [∈] e [∋].

La fig. 21 rappresenta in forma schematica un processo di questo tipo nel caso in cui i due componenti complementari T∈ e T∋ siano a due siti (ditopici). Il materiale polimerico sopramolecolare che ne risulta (T∈2, T∋2)n può possedere le proprietà di un cristallo liquido se vengono introdotte delle catene adatte sui componenti.

La condensazione dei gruppi eterociclici complementari 2,6-diamminopiridina (P) e uracile (U) con derivati a catena lunga dell'acido L-, D- o meso-tartarico ha prodotto le sostanze LP2, LU2, MP2, MU2, ecc., ciascuna delle quali contiene due unità identiche in grado di associarsi attraver-

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so un triplo legame idrogeno. I composti puri sono dei solidi che, portati a fusione, si comportano in modo più o meno complesso a causa di un polimorfismo dello stato solido. Invece, le miscele 1:1 (LP2 + LU2) e (MP2 + MU2) si comportano da ‛mesofase termotropica' in un ambito di temperature che vanno dalle temperature inferiori a quella ambiente fino a 200 °C. Il materiale ha l'aspetto di una colla estremamente birifrangente che forma fibre quando viene spalmata.

È ragionevole supporre che le unità complementari formeranno le previste coppie unite da un legame idrogeno triplo, e quindi il fatto che i composti puri e le miscele 1:1 si comportino in maniera del tutto differente può essere attribuito all'associazione spontanea di componenti complementari in una entità polimolecolare basata sul legame idrogeno. Il processo complessivo può pertanto essere descritto come l'autoassemblaggio fondato su un fenomeno di riconoscimento molecolare di un polimero sopramolecolare dotato delle proprietà dei cristalli liquidi. La specie risultante, (LP2 + LU2)n, è rappresentata in maniera schematica nella struttura (76).

I fotogrammi di diffrazione di raggi X rivelano che i due materiali ottenuti dagli isomeri configurazionali dell'acido tartarico hanno strutture diverse. Entrambi sono mesofasi a colonne esagonali, ma, mentre i dati ottenuti per (LP2, LU2)n confermano una struttura costituita da colonne formate da tre filamenti polimerici caratterizzati da una superstruttura a tripla elica, i dati per la miscela (MP2, MU2) sono conformi a un modello costruito su tre filamenti polimerici disposti in una conformazione a zig-zag. Si può notare che queste specie rappresentano anche tubi molecolari autoassemblati. La miscela LD ha una struttura ancora differente. Questi tre materiali rendono evidente l'influenza profonda che la chiralità esercita sulla superstruttura che viene formata.

I risultati descritti dimostrano che è possibile progettare cristalli liquidi derivanti da fenomeni di riconoscimento molecolare basati su supermolecole mesogeniche costituite dall'associazione di componenti complementari. Inoltre, tramite autoassemblaggio di subunità complementari si possono ottenere specie molecolari in grado di formare polimeri di natura sopramolecolare (o associazioni mesomorfiche polimolecolari) a comportamento di cristalli liquidi e pertanto capaci di esprimere il processo di riconoscimento che ha luogo a livello molecolare tramite la formazione di una mesofase macroscopica.

Questi effetti equivalgono a una lettura macroscopica di informazioni molecolari attraverso cambiamenti di fase i quali, essendo processi di natura fortemente cooperativa, corrispondono anche a una amplificazione del riconoscimento e dell'informazione molecolare da un livello microscopico a uno macroscopico.

3. Automorfogenesi sopramolecolare

Un controllo sulla costituzione di forme e architetture molecolari può essere basato sulla formazione di legami covalenti (morfogenesi molecolare o covalente). Questo è quanto accade nel caso di sistemi polimerici orientati che derivano da assemblaggio molecolare (v. Ringsdorf e altri, 1988) e anche nel caso di strutture ramificate costituite tramite crescita in processi a cascata a partire da un nucleo centrale, così come accade nei ‛dendrimeri a raggera' o negli ‛alberelli'.

D'altra parte, si potrebbe anche riuscire a ottenere la generazione spontanea di forme sopramolecolari attraverso autoassemblaggio di componenti molecolari complementari. Si tratterebbe di un fenomeno di automorfogenesi di natura sopramolecolare, dipendente da processi di riconoscimento molecolare, basato su legami intermolecolari non covalenti. Ciò potrebbe aprire la strada all'autoorganizzazione controllata di forme, architetture e modelli polimolecolari (ad esempio in strati molecolari).

c) Autoassemblaggio basato su fenomeni di riconoscimento molecolare di strutture ordinate allo stato solido

Le caratteristiche architettoniche e funzionali di strutture sopramolecolari organizzate derivano dall'informazione molecolare immagazzinata nei componenti e dai gruppi attivi che esse presentano.

Un principio semplice e generale per generare un ordine molecolare è basato sull'autoassemblaggio spontaneo, guidato dal riconoscimento, di un filamento sopramolecolare formato da componenti sopramolecolari complementari, ciascuno dei quali possieda due siti di riconoscimento identici. L'interazione di due unità di questo tipo può generare filamenti polimolecolari organizzati, in soluzione, entro una fase mesomorfica, oppure allo stato solido attraverso un processo di cocristallizzazione. In quest'ultimo caso, un'ingegneria dei cristalli fondata su processi di riconoscimento potrebbe consentire la progettazione strutturale di solidi organici. È legittimo attendersi che tutti i residui dello stesso tipo si posizionino sullo stesso lato del filamento, consentendo così una selezione spontanea tra elementi simili e dissimili (entro due subfilamenti) e un orientamento dei componenti molecolari entro la struttura sopramolecolare.

I derivati della 2,4,6-triamminopirimidina e dell'acido barbiturico sono componenti complementari che possiedono le caratteristiche necessarie, poiché dovrebbero essere in grado di formare tra di loro due serie di tre legami idrogeno. Miscele delle due specie sembrano indicare l'esistenza di fenomeni associativi in soluzione e hanno formato per cocristallizzazione cristalli misti nel rapporto 1:1.

La struttura cristallina di un composto di questo tipo ha mostrato che i componenti sono disposti in filamenti sopramolecolari misti in cui ciascuna unità forma sei legami idrogeno con i suoi vicini complementari, come rappresentato schematicamente nella struttura (77). Come effetto del riconoscimento molecolare, espresso dal modello a legame idrogeno tra i due componenti, tutti i residui simili A e B sono effettivamente disposti sullo stesso lato del filamento. Pertanto l'interazione di riconoscimento tra questi componenti complementari promuove una selezione molecolare spontanea tra specie simili e dissimili e genera un ordine a lungo raggio, un orientamento e una differenziazione tra destra e sinistra a livello molecolare. Il processo potrebbe essere considerato come l'effetto di un sistema molecolare programmato, contenente l'informazione necessaria per l'organizzazione autonoma di questa specifica architettura sopramolecolare. La specie formata rappresenta una sorta di ‛scala' polimerica autoassemblata di natura sopramolecolare. Il solido è pertanto una supermolecola, una supermolecola davvero molto grande (questo concetto si applica ai solidi molecolari in generale). L'arrangiamento prodotto può impartire proprietà specifiche al materiale a livello macroscopico. Se l'unità barbiturica è considerata come il componente ‛assemblatore', una sua miscelazione con un derivato della triamminopirimidina

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dovrebbe portare automaticamente alla generazione di una disposizione orientata di gruppi funzionali B lungo un filamento, offrendo in questo genere l'opportunità di indurre proprietà diverse (di carattere ottico, elettronico, ionico, magnetico, ecc.). Ad esempio, un processo di questo genere potrebbe permettere di sviluppare un'ingegneria dei cocristalli di molecole organiche in possesso di proprietà non lineari di tipo ottico, di trasferimento elettronico e di trasferimento di energia.

Altre unità di riconoscimento fondamentali potrebbero dar vita a numerose forme (nastri, anelli, cilindri, strisce, cinture, bande, ecc.) capaci di determinare processi di formazione di modelli molecolari fondati su fenomeni di riconoscimento. Particolarmente interessante è il fatto che l'autoassemblaggio di tali specie molecolari ha luogo anche in soluzione, il che consente che si instaurino processi di auto-organizzazione allo stato liquido.

I processi basati su fenomeni di riconoscimento molecolare, pertanto, forniscono un efficace strumento di accesso al campo dell'ingegneria dello stato solido. Modifiche di superfici tramite unità di riconoscimento portano alla formazione di esorecettori estesi, in grado di stabilire legami superficiali selettivi a livello microscopico, con capacità adesive basate su processi di riconoscimento su scala macroscopica.

La progettazione di sistemi funzionali e informati, capaci di autoorganizzazione e basati sull'informazione molecolare, apre nuovi orizzonti nella chimica sopramolecolare. La possibilità di ottenere materiali sopramolecolari funzionali e ‛intelligenti' attraverso l'ingegneria di strutture organizzate e la creazione di forme polimolecolari fa sì che questi sistemi siano l'oggetto di un'attività crescente nella ricerca chimica.

11. Ionica chimica

La chimica dei componenti molecolari e dei dispositivi che operano su fotoni, elettroni e ioni definisce le aree - fotonica, elettronica e ionica - di un ampio campo che potrebbe essere chiamato ‛chemionica' o ‛ionica chimica'.

Sostanze quali i caroviologeni (47a) e (47b), i tubi a fasci (56) e l'elicato (64) hanno dimensioni relativamente grandi, nel campo dei nanometri. Esse sono membri della classe delle nanostrutture organizzate e funzionali, costruite in modo sintetico oppure per autoassemblaggio, che possiedono caratteristiche atte alla progettazione di dispositivi molecolari e sopramolecolari. La grandezza crescente di tali molecole e supermolecole porta a specie di dimensioni dell'ordine dei nanometri, che definiscono una ‛nanochimica'; questa si sta aprendo la strada fino ai dominî della microlitografia e dell'ingegneria microfisica, tecniche che, attraverso miniaturizzazioni sempre più spinte, cercano di produrre elementi sempre più piccoli.

L'analisi dell'informazione molecolare che si svolge attraverso eventi di riconoscimento molecolare implica il passaggio dal livello molecolare a quello sopramolecolare. Processi fondati su fenomeni di riconoscimento possono esprimersi a livello macroscopico, attraverso la formazione di mesofasi o di strutture ordinate di stato solido, oppure attraverso la generazione di un segnale ottico, elettronico o ionico.

La lettura di informazioni molecolari, così come il funzionamento di dispositivi molecolari, richiede modi e mezzi che consentano di ‛indirizzare' le specie molecolari e sopramolecolari. Nonostante i problemi e le difficoltà che si possono incontrare, vengono offerte prospettive interessanti, ad esempio dalla recente dimostrazione di effetti tunnel diodici su scala atomica, dalla spettroscopia di assorbimento ottico su dimensioni nanometriche, dalla possibilità di posizionare atomi singoli usando una microscopia a scansione, oppure dalla rivelazione di sorgenti luminose che sono più piccole della lunghezza d'onda ottica.

Dotando componenti foto-, elettro- o iono-attivi di elementi capaci di operare un riconoscimento si possono produrre sistemi molecolari programmati capaci di autoassemblarsi, in base a fenomeni di riconoscimento, in dispositivi sopramolecolari organizzati e provvisti di proprietà funzionali (di carattere fotonico, elettronico e ionico). I processi cooperativi possiedono capacità di amplificazione e rappresentano dei filtri di errori. Pertanto, la ionica chimica è la chimica di entità di natura sopramolecolare, funzionali e autoorganizzate sulla base di fenomeni di riconoscimento, capaci, eventualmente, di riprodursi. Tutto ciò punta nella direzione di una scienza dell'informazione molecolare, dell'informatica molecolare e della semiochimica, che coinvolge l'elaborazione e la comunicazione di segnali e di informazione a livello molecolare e sopramolecolare.

12. Conclusioni

Lo sviluppo di una chimica sopramolecolare implica un controllo sempre più completo sulle molecole, sulle supermolecole e sui materiali. Sebbene molti studi si occupino di sostanze di tipo biologico o biomimetico, l'interesse maggiore si concentra su specie abiotiche, non naturali, prodotte dall'immaginazione del chimico e che possiedano certe desiderate proprietà chimiche, biologiche, o fisiche. Tale evoluzione si basa su una prospettiva chiara: l'elaborazione di strategie per ottenere proprietà e funzioni piuttosto che strutture, poiché lo scopo è quello di ottenere una molecola o una sostanza dotata delle proprietà che si desiderano, qualunque sia la composizione e la struttura della sostanza. Ciò dà ali alla fantasia creativa del chimico in un campo che si trova al confine tra biologia, fisica e chimica, permettendogli non solo di scoprire, ma soprattutto di ‛inventare' e di ‛creare': la partitura della chimica non deve essere soltanto suonata, deve essere soprattutto composta!

L'essenza della scienza chimica trova la sua piena espressione nelle parole di Leonardo da Vinci: ‟Là dove la natura finisce di produrre le sue specie, l'uomo comincia, utilizzando gli oggetti della natura e in armonia con la natura stessa, a creare un'infinità di specie."

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