CETATEA-ALBĂ

Enciclopedia Italiana (1931)

CETATEA-ALBĂ (già Akkerman; A. T., 79-80)

Carlo TAGLIAVINI
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Città della Bessarabia meridionale (Romania), capoluogo del dipartimento omonimo, situata sulle rive meridionali del liman del Dnestr (Liman Nistrului) di fronte alla città ucraina di Ovidiopol. La sua popolazione, che si calcola fosse di 25.000 ab. nel 1850 e di 32.400 nel 1900, salì a 40.000 ab. nel 1920 e sembra che ora sia di circa 50.000 abitanti, in prevalenza Ucraini, poi Romeni, Ebrei, Russi, Greci e Armeni, i quali si occupano essenzialmente di commercio (di vini, pesci e sale). Cetatea-Albă ha un porto per battelli di piccolo tonnellaggio ed è toccata dalla ferrovia che va da Zorleni, sulla IaŞi-Bârlad-Tecuci, a Odessa. Nel complesso Cetatea-Albă non ha facili comunicazioni con gli altri maggiori centri romeni; i suoi commerci potranno svilupparsi quando sarà unita per ferrovia direttamente con ChiŞinău e con la Valacchia.

A pochi chilometri a S. di Cetatea-Albă sorge, pure sulle rive del liman del Dnestr, in mezzo a vigneti, il villaggio di Şaba, colonia di Svizzeri del Vaud, ivi immigrati tra il 1822 e il 1831.

Il dipartimento di Cetatea-Albă ha una superficie di 8004 kmq. e una popolazione di 347.000 abitanti (43,3 per kmq.).

Storia. - La parte più antica della storia di Cetatea-Albă è avvolta da una grande oscurità. Al giorno d'oggi, pur non ammettendosi una continuità fra Tyras e Cetatea-Albă, si ritiene che Tyras sia il centro più vicino a Cetatea-Albă dell'antichità. Già nel sec. X esisteva verso le foci del Dnestr (Nistru) un castello che era chiamato talvolta Castello-Bianco e talaltra Castello-Nero ("Ασπρον e Μαυρόκαστρον; Nestore lo chiama in russo Bialobereg). Si tratta di un castello di origine bizantina, che fa parte di quel sistema di opere difensive elevate lungo i confini dagl'imperatori di Costantinopoli, ma di un castello non appartenente che di nome all'Impero, mentre di fatto era un nido di pirati su territorio ormai pecenego. La popolazione greca però vi rimaneva, perché quel luogo era in posizione geografica adattissima al commercio con le popolazioni slave e turche dell'interno e con la costa opposta dell'Asia, mentre le fonti storiche greche non parlano più di Maurocastro, divenuto, dopo la conquista tartara (1241), un porto tartaro.

Con la restaurazione dell'Impero bizantino dei Paleologhi a Costantinopoli si allargò la sfera d'influenza delle repubbliche marinare italiane e in ispecie di Genova nel Mar Nero. Non sappiamo precisamente quando Maurocastro divenne una colonia genovese, ma certo prima del 1400, forse prima di Chilia, che divenne genovese nel 1381. Le carte nautiche dal sec. XIII al XVII elencano tutte costantemente Maurocastro (o anche Moncastro) accanto a Licostomo (Chilia), porti che servivano moltissimo per il commercio con l'Oriente, e massime per quello del grano. Dopo il 1410 Cetatea Albă divenne una città moldava sotto Alessandro il Buono, ma non ci è dato sapere in qual modo e a quali condizioni fu presa ai Genovesi, i quali ultimi, per altro, rimasero numerosissimi nella città anche sotto la signoria dei principi moldavi, talché il cronista francese Jean de Wavrin, che vi fu nel 1445, la riteneva ancora possesso genovese. Risalgono all'epoca del dominio genovese le mura e la cittadella che hanno uno spiccato carattere italiano.

Il primo attacco dei Turchi contro Cetatea-Albă risale al 1419; nel 1438 Stefano II, signore di Moldavia fece eseguire nuove fortificazioni. I Polacchi avevano sempre avuto l'aspirazione di possedere Cetatea-Albă e il suo retroterra per affacciarsi sul Mar Nero e per incanalare su territorio nazionale quel commercio che già da secoli scendeva da Leopoli a Maurocastro, ma ai Moldavi non garbava naturalmente cedere la preziosa posizione. Le buone relazioni fra il principato e la Polonia e la presenza di molti commercianti genovesi permisero che durante tutto il Quattrocento si svolgesse un attivissimo commercio fra Cetatea-Albă da un lato e Leopoli, Pera e Caffa dall'altro. Nel 1454 una flotta turca tentò di prendere la città, ma abbandonò l'impresa trovando la cittadella troppo fortificata; la città restò così ancora moldava pur godendo di una certa autonomia, anche dopo la guerra del 1462. Nel 1474 il sultano, Maometto II, chiese decisamente al principe di Moldavia, Stefano il Grande, la cessione di Cetatea-Albă e di Chilia; al suo rifiuto dichiarò la guerra, ma Stefano resistette e mantenne le due città, più fortunato dei suoi vicini genovesi ai quali fu tolta, come è noto, Caffa. Ma nel 1484 la spedizione di Bāyāzid II ebbe successo, giacché Stefano, abbandonato dal re ungherese Mattia Corvino, non riuscì ad impedire che Chilia capitolasse il 14 giugno e Cetatea-Albă il 4 agosto. Questo avvenimento rese i Turchi completamente padroni del Mar Nero. Da questo momento cominciano i tentativi dei cristiani per riprendere le due città. Nell'autunno 1485 Stefano, aiutato tardivamente dai Polacchi, fugò i Turchi, ma Cetatea-Albă rimase ai musulmani; non miglior fine ebbe la campagna polacca del 1497, finché nel trattato di Costantinopoli del 1503 i cristiani non rinunciarono per sempre alle loro aspirazioni sulla città perduta. I Turchi avevano intanto tradotto il nome di "Città Bianca" in Akkerman, mentre i Tartari, stabiliti sulla riva opposta del Dnestr, davano alla Bessarabia il nome di Bugiak; questi Tartari, stabiliti nella regione bessarabica già agl'inizî del Cinquecento, sono sovente menzionati per le frequenti scorribande in territorio moldavo, ma accrebbero l'importanza commerciale di Cetatea-Albă come via di smercio dei prodotti in Tartaria. Cresce in questo periodo la popolazione armena di Cetatea-Albă e non diminuisce quella genovese, sennonché nella seconda metà del Cinquecento il posto di Chilia e di Cetatea-Albă fu preso da Brăila e da Galaţi. Cetatea-Albă fu per tutto il Cinquecento una città tartara in signoria turca; nel 1583 e nel 1595 fu depredata dai cosacchi. Nel 1620 GaŞpar Voda, alleato coi Polacchi tentò di riprendere la città, ma non ebbe successo, al pari della spedizione polacca del 1686. Nel 1770 Cetatea-Albă fu assediata dai Russi e costretta a capitolare; ma per la pace di Cuciuc-Cainargi tutti i territorî acquistati dalla Russia furono restituiti alla Porta. Nel 1789, il generale russo Potemkin prese la città, che fu restituita per il trattato di IaŞi del 1792. Nella campagna del 1806 la città si arrese prima ancora che il duca di Richelieu, generale al servizio dello zar, giungesse sotto le sue mura: per il trattato di Bucarest del 1812 Cetatea-Albă passò, insieme con Hotin, Tighina e la vicina Chilia in potere dello zar. Mentre i Russi distrussero la fortezza di Ovidiopol, fortificarono quella antica e di origine genovese di Cetatea-Albă, che però fu abbandonata nel 1822.

Bibl.: N. Iorga, Studii istorice asupra Chiliei Şi Cetăţii-Albe, Bucarest 1900; id., Lucruri nouă despre Chilia Şi Cetatea-Alba, Bucarest 1926 (Acad. Rom. Mem. secţ. ist., s. 3ª, III, pp. 325 segg.); Bratianu, Recherches sur le commerce génois dans la Mer Noire au treizième siècle, Parigi 1929.

Monumenti. - Oltre le numerose reliquie archeologiche trovate nel sottosuolo delle vicinanze di Cetatea-Albă e risalenti all'antica Tyras (per cui cfr. Nicorescu, Scavi e scoperte a Tyras, in Ephemeris Dacoromana, II, pp. 378-415) sono degni di nota in primo luogo i resti dell'antico castello genovese e della fortezza di Stefano il Grande; ambedue sono ridotti a rovine e le torri, le alte e solide mura sono i soli testimonî dell'antica grandezza. L'edificio principale di questa cittadella è attorniato da un solido muro la cui circonferenza misura press'a poco due chilometri e in cui sono incastrate ben 26 torri. Vi sono tre porte, una delle quali con ponte levatoio. Sotto la fortezza vi sono immensi sotterranei e in un cortile si trovano i resti di un'antica moschea. Fra gli edifizî ricordiamo l'antica chiesa romena risalente al Quattrocento, una chiesa costruita da Stefano il Grande e una chiesetta vicino alla fonte di S. Giovanni Nuovo. La cattedrale è del 1832.

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