CORRENTI, Cesare

Enciclopedia Italiana (1931)

CORRENTI, Cesare


Uomo politico milanese, nacque il 3 gennaio 1815 a Milano. Iniziò i suoi studî nel collegio Longone di Milano e li compì nel collegio Ghisleri e nell'università di Pavia, dove si laureò in legge e si legò in fraterna amicizia tanto con coloro che sarebbero stati i capi dei democratici, il Maestri, il Bertani, il Cantoni, quanto con quelli che avrebbero rappresentato il liberalismo moderato, il D'Adda, il Clerici, il Giulini, il Porro, rivelando fin da giovane la sua natura aborrente dagli estremi e dalla disciplina di parte.

Datosi alla carriera amministrativa, il C. entrò nel 1837 come alunno di concetto presso il governo di Lombardia, divenne l'anno dopo aggiunto alla Regia Delegazione (una specie di prefettura) di Bergamo, quindi vice-segretario della commissione liquidatrice del debito pubblico a Milano (1840).

Intanto il C. coltivava gli studî: letteratura, storia, filosofia, economia, statistica, scienze sociali: tutto lo interessava, e spesso e volentieri sacrificava anche alle Muse. Maestro nel saper volgarizzare le discipline tecnico-scientifiche o storiche, con schietto spirito nazionale, il C. trasformò in periodici di sana divulgazione e formazione etico-politica le strenne e i calendarî-almanacchi del tempo e fu l'anima del Presagio (dal 1836 in poi) e quindi del Nipote di Vesta Verde (1847). Parallelamente a quest'opera pubblicistica essoterica, il C. ne svolgeva un'altra esoterica nelle belle riviste lombarde del tempo, specialmente negli Annali di statistica, dove, continuando la tradizione del Romagnosi, pubblicò fra l'altro la Teoria della statistica (1842), le Indicazioni storiche e statistiche della provincia di Bergamo (1844-45) e innumerevoli recensioni; e nella Rivista europea, dove spaziava negli altri campi della cultura. Nel quinto congresso degli scienziati, tenuto a Milano nel 1844, il C., che vi parlò del lavoro dei fanciulli, consolidò brillantemente la sua fama di economista. Le due azioni pubblicistiche, poi, confluirono nel volumetto L'Austria e la Lombardia, uscito nel luglio 1847, ove l'economista compì un'analisi critica serrata del sistema economico finanziario dell'Austria (confermata in gran parte dalle ricerche critiche moderne del Sandonà), in una forma piena di nerbo e di vigore, accessibile alle più comuni intelligenze. Il C. rappresenta con tale opera la piena e lungimirante consapevolezza che la Lombardia aveva dei suoi interessi economici, pienamente fusa col più ardente sentimento nazionale, e si riallaccia alla tradizione economico-nazionale dei Lombardi della Cisalpina e del Regno Italico.

L'Austria e la Lombardia preparò spiritualmente le cinque giornate del marzo 1848, nelle quali il C. si moltiplicò, come combattente alle barricate, come dirigente del moto, come trait d'union fra uomini e tendenze avverse dei patrioti. Nominato segretario generale del governo provvisorio di Lombardia, il C. dapprima fu contro la fusione immediata col Piemonte per non spezzare il fronte unico patriottico milanese, ma nella famosa serata del 9 maggio 1848 si decise a votare per l'unione al Piemonte. Accusato di tradimento dai democratici, il C. continuò a lottare e fu lui che contribuì a decidere Guglielmo Pepe ad andare in soccorso di Venezia.

Dopo l'armistizio di Salasco, il C. emigrò a Torino e lì tenne unite le file dell'emigrazione lombarda; fu l'anima d'una commissione di statistica, intenta a organizzare nuove insurrezioni in Lombardia; compilò i Bollettini dell'emigrazione (22 in tutto, dal 27 novembre 1848 al 15 marzo 1849); fu due volte a Venezia (autunno del 1848 e gennaio 1849) a portare soccorsi finanziarî al Manin.

Nel decennio 1849-59, il C. restò a Torino. Deputato di Stradella, fu all'opposizione con Valerio e Brofferio, ma l'impresa di Crimea, di cui comprese subito l'importanza, segnò il suo ralliement alla maggioranza cavouriana e per la seconda volta fu accusato di tradimento. Giornalista di polso, scriveva nella Concordia, nel Progresso (dal novembre 1850), nel Diritto (dal 1854). Meditava una storia della nazione polacca (1849-1855) e stendeva per l'Enciclopedia Pomba un Dante, per quei tempi, eccellente (1858); ma più fortuna di tutti ebbe un suo volumetto sui Dieci giorni di Brescia (1849), un capolavoro della pubblicistica storiografica del Risorgimento.

Liberata la Lombardia, il C. fu consigliere del Cavour per il riordinamento della nuova provincia, ma non riuscì a mantenere alla sua regione alcune buone istituzioni, che egli vantava in un importante articolo Finis Longobardiae (Perseveranza, 12 gennaio 1860), contro il rigido accentramento piemontese. Dal 1861 come deputato di Abbiategrasso, in seguito come deputato di Milano, sedette fino al 1886 nel parlamento. Partecipò vivamente a tutte le discussioni economiche, finanziarie e ferroviarie: nel 1865 scrisse una relazione a favore della gestione privata delle ferrovie; nel 1866 fu relatore della commissione dei quindici per la riforma tributaria; nel 1869 firmò la convenzione di Berna (molto criticata) con la Svizzera per il traforo del S. Gottardo; nel 1878 fu commissario all'esposizione universale di Parigi. Fu due volte ministro della Pubblica Istruzione, nel 1867 e nel 1869-72; e la seconda volta lasciò un'impronta personale alla legislazione scolastica con la parificazione delle università di Roma e di Padova, l'abolizione delle facoltà teologiche, la soppressione dell'istruzione religiosa nelle scuole secondarie, ma non riuscì a far trionfare l'istruzione elementare obbligatoria. Con due altri lombardi, il Casati e il Credaro, il C. è stato colui che più ha contribuito a formare la legislazione scolastica italiana pregentiliana, democratica e laica.

Nel 1876 il C. contribuì alla caduta della Destra, staccandosi dai moderati coi quali aveva fatto causa comune dal 1854, e per la terza volta dovette subire l'accusa di traditore; ma egli seguiva la sua logica individualisticamente ribelle ai legami di partito. Da allora il C. fu consigliere molto reputato del Depretis, ma nel 1886 Milano gli negò il mandato e fu fatto senatore. Morì il 4 ottobre 1888.

Gli scritti del C. furono scelti e pubblicati in 4 volumi da T. Massarani (Roma 1891-1894); vedi inoltre i Pensieri: dai suoi scritti editi ed inediti, a cura di A. Correnti e di E. Levi, con biografia (Milano 1915). Recentemente L. Beltrami ha ristampato I Dieci giorni di Brescia (Milano 1929) e C. Agrati ha pubblicata una relazione inedita del C. sulla crisi ministeriale del 1867 (La Lombardia nel Risorgimento italiano, 1929, pp. 153-64). Nel carteggio Cavour-Nigra (Bologna 1926, II, pp. 263-87) si trova un memoriale del C. sul Lombardo-Veneto nel 1858-59.

Bibl.: T. Massarani, C. Correnti nella vita e nelle opere, Roma 1890.

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