Antonucci, Cesare

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Antonucci, Cesare. – Chirurgo italiano (Chieti 1885 - Roma 1964). Laureatosi nel 1908 in Medicina e chirurgia presso la Regia Università di Roma, assistente volontario presso la Clinica chirurgica diretta da F. Durante, dal 1909 al 1911 fu assistente effettivo di Medicina e chirurgia presso gli Ospedali Riuniti di Roma e dal 1911 al 1917 aiuto medico. Durante la Prima guerra mondiale prestò servizio militare con il grado di tenente medico presso la III Ambulanza chirurgica di R. Bastianelli, meritando di essere decorato con la croce al merito di guerra. Per l’opera prestata durante il terremoto marsicano del 1915 ottenne la medaglia dell’Unità d’Italia per meriti eccezionali. Dal 1919 fu aiuto chirurgo degli Ospedali Riuniti di Roma, nel 1923 conseguì la libera docenza in Patologia speciale chirurgica presso la Regia Università di Roma. Nel 1924 divenne primario chirurgo degli Ospedali Riuniti, incarico che ricoprì per trent’anni, prima presso l’Ospedale San Giovanni (1924-31), poi presso il Padiglione Morgagni dell’Ospedale San Camillo (1931-54), di cui fu anche direttore sanitario. Nel 1934 fondò la Rivista italiana di endocrino e neurochirurgia, organo ufficiale della Società di radioneurochirurgia, che diresse fino al 1946, e nello stesso anno fu tra i fondatori e componenti del Comitato direttivo del Centro internazionale di radio comunicazioni mediche (presieduto da G. Marconi), dal 1950 Centro internazionale radio medico (CIRM), di cui fu componente del Cda. Dal 1939 al 1944 fu presidente della Scuola medica ospedaliera di Roma. Grande Ufficiale della Corona d’Italia (1937), socio ordinario della Società italiana di chirurgia, della Società italiana di urologia e della Società internazionale di chirugia, fu altresì socio residente (1928), accademico (1936) e accademico emerito (1961) dell’Accademia Lancisiana di Roma. In tempi in cui il sussidio tecnico era inesistente, grazie al suo ingegno e alla sua capacità operativa si cimentò in tutte le branche della chirurgia: dalla toracica all’addominale, dalla neurochirurgica all’ortopedica, dall’uro-ginecologica all’endocrina. Fu pioniere di tecniche diagnostiche e operatorie, come la chirurgia dell’echinococco del polmone con metodo originale (Echinococco del polmone, 1923); la sua “colecistografia rapida” (Tecnica della colecistografia rapida, 1931) tra i maggiori progressi ottenuti nella tecnica diagnostica radiologica, rimasta di primo piano per decenni in tutto il mondo; la cistectomia allargata nelle donne affette da cancro (1928); la cordotomia (1930). Fu tra i primi chirurghi italiani a intervenire sul cuore negli anni Venti e a eseguire un intervento di rivascolarizzazione miocardica secondo Beck (1940) in un paziente affetto da sclerosi coronarica; il primo a proporre e a praticare la tiroidectomia totale nello scompenso cardiaco (1935) e la surrenalectomia unilaterale nell’ipertensione essenziale permanente. Per ottimizzare lo studio e l’esplorazione delle vie biliari ideò uno strumento chirurgico, da lui denominato epatico coledocoscopio (1926), brevettato e costruito nel 1928 dalla Wolf. Luminare della scuola romana di chirurgia, uomo di vastissima cultura e autore di centinaia di pubblicazioni scientifiche in Italia e all’estero, A. visse la missione di medico con ferrea dedizione, noto per la sua umanità nel contatto con i malati, e quella di maestro con grande generosità. L’insegnamento e l’eredità dell’A. furono perpetuati dai suoi allievi: il figlio Giulio, brillante realizzatore di numerosi interventi in chirurgia d’urgenza presso l’Ospedale San Giovanni di Roma, G. Grassi, L. Ugelli, A.G. Barbera, G. Zappalà, F. Sciacca.

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