CERCHIO

Enciclopedia Italiana (1931)

CERCHIO (fr. cercle; sp. círculo; ted. Kreis; ingl. circle)

Federico Enriques

Si dice cerchio o circolo (circulus; κύκλος) la superficie piana racchiusa da una curva luogo dei punti equidistanti da un punto interno detto centro: codesta curva prende anche lo stesso nome di cerchio, ovvero si distingue dalla superficie racchiusa col nome di circonferenza (circumferentia; κύκλουν περιϕερεία = periferia del cerchio). Il segmento che congiunge il centro con un punto della circonferenza (o anche la sua lunghezza) si chiama raggio del cerchio; ogni retta per il centro, o anche il segmento di questa retta intercetto dalla circonferenza, si chiama diametro; corda è un segmento con gli estremi sulla circonferenza.

La figura del cerchio è naturalmente conosciuta alla più remota antichità, e a questa anche risalgono alcuni problemi celebri come quelli della quadratura, di cui diremo in seguito.

Proprietà elementari. - Si trovano gia esposte negli Elementi d'Euclide e segnatamente nel 3° libro, senza che si possa sicuramente affermare a quale epoca risalga la scoperta nella storia greca: soltanto di alcune (divisione del cerchio in parti uguali per mezzo dei suoi diametri, l'angolo iscritto nel semicerchio è retto) vi è qualche motivo per attribuirle a Talete di Mileto. Le prime proprietà elementari si possono dividere in due gruppi:

a) proprietà dei diametri: ogni diametro divide per metà le corde perpendicolari e, viceversa, il diametro che divide per metà una corda, è ad essa perpendicolare;

b) proprietà degli angoli iscritti in un arco di cerchio: tutti gli angoli iscritti in un medesimo arco sono uguali fra loro e alla metà dell'angolo al centro i cui lati vanno all'estremo dell'arco; in particolare, l'angolo iscritto nel semicerchio è retto. Reciprocamente il luogo dei punti da cui un dato segmento è veduto sotto un angolo fisso è un arco di cerchio che ha il segmento come corda.

Altre proprietà elementari che concernono i cerchi sono:

c) il cerchio è determinato da tre punti non allineati;

d) le proprietà relative alle mutue intersezioni di due cerchi, che - nei trattati moderni, a partire da Legendre e Baltzer - si sogliono riassumere nel teorema: due cerchi, in un piano, hanno due punti d'intersezione se la distanza dei centri è minore della somma e maggiore della differenza dei raggi; invece si toccano (esternamente o internamente) in un punto se la detta distanza uguaglia la somma o rispettivamente la differenza dei raggi; e infine non hanno alcun punto comune (restando esterni l'uno all'altro o rispettivamente l'uno interno all'altro) se la distanza dei centri è maggiore della somma o minore della differenza dei raggi;

e) la proprietà di due corde, segantisi internamente o esternamente al cerchio, di dividersi scambievolmente in parti inversamente proporzionali, onde segue che "il prodotto delle distanze d'un punto dai due estremi d'una corda condotta per esso riesce indipendente dalla corda considerata", costituendo quella funzione del punto che riceve il nome di "potenza di esso rispetto al cerchio". Più avanti rileveremo il significato della "potenza" riguardo alla teoria dei sistemi di cerchi.

f) le costruzioni delle tangenti comuni a due cerchi o del cerchio tangente a cerchi o rette date, sempre in numero di tre: problemi di contatto che sono risolti elementarmente fino da Apollonio di Perga.

Divisione del cerchio. - Già i Pitagorici scoprirono la costruzione dei poligoni regolari di 3 e 6 lati (triangolo ed esagono) e anche del pentagono e del decagono: questi problemi (e quindi anche la costruzione del pentadecagono) si vedono risolti nel 4° libro d'Euclide. Sostanzialmente le regole costruttive si possono far dipendere, oltreché dalla bisezione dell'angolo, da due teoremi: "il lato dell'esagono iscritto nel cerchio è uguale al raggio", e "il lato del decagono regolare è la parte aurea del raggio" cioè una parte del raggio il cui quadrato uguaglia il rettangolo (prodotto) della differenza e dell'intero segmento.

Tenuta presente la bisezione dell'angolo, se ne desume la costruzione dei poligoni di 2p, 3 • 2p, 5 • 2p, 3 • 5 • 2p lati.

Ora è naturale il cercare d'estendere questi resultati proponendosi la costruzione di altri poligoni regolari, come quelli di 7, 9, 11 lati. Ma il problema va incontro a nuove ed essenziali difficoltà, tantoché dapprima si presenta la ricerca di soluzioni approssimate. Così Ipparco di Nicea (nel sec. II a. C.) ha indicato delle formule approssimate per i lati dell'enneagono e dell'endecagono regolari, le quali vengono riportate da Erone d'Alessandria, che vi aggiunge una formula analoga per il lato dell'ettadecagono.

La questione, in quell'epoca, e fino a che l'analisi non divenne capace di fornire nuovi e più rapidi mezzi di calcolo, aveva importanza per l'astronomia, in rapporto alla costruzione di tavole delle corde (cui più tardi gl'Indiani e gli Arabi sostituirono tavole di "seni", o corde degli archi doppî). A tale proposito giova rammentare che, nel sec. II a. C., l'astronomo alessandrino Claudio Tolomeo, nel cosiddetto "Almagesto", ebbe a costruire una tavola di corde procedente per gli archi di 1/2 grado in 1/2 grado: dove, per mettere le sue tavole d'accordo con la divisione sessagesimale del cerchio già adottata fin dai Babilonesi, egli ha dovuto dare la trisezione approssimativa dell'arco di 1 1/2 gradi, cui si perviene con semplici bisezioni. La difficoltà che qui s'incontra risiede in ciò che la trisezione dell'angolo (come la costruzione dei poligoni regolari di 7, 9 lati di cui diciamo in seguito) conduce non più ad equazioni di 2° grado, bensì ad un'equazione di 3° grado.

Senza arrestarci sulle ricerche di soluzioni approssimate che proseguono quelle accennate prima (basterà solo nominare l'arabo Abū l- Wafā' al- Būzagiānī, 900-998, e poi, all'epoca del Rinascimento, Giordano Nemorario, Luca Pacioli, Girolamo Cardano, ecc.), diciamo ora che sotto forma esatta il problema della costruzione dei poligoni regolari diversi da quelli euclidei viene trattato per la prima volta dagli arabi (al- Bīrūnī), i quali s'incontrano appunto nella relativa equazione di 3° grado.

Nuovi tentativi di risoluzione sono stati ritrovati dal Vacca e dal Bortolotti nei matematici italiani del Rinascimento: per l'ettagono in Luca Pacioli, Lodovico Ferrari, Gìrolamo Cardano, e per l'enneagono in Raffaele Bombelli. Più tarde sono le ricerche comunemente note di Keplero, Huygens, Agnesi.

Da queste ricerche si passa poi a quella del Vandermonde (1771) che collega la costruzione dal poligono regolare di 11 lati alla risoluzione, nel campo complesso, dell'equazione binomia x11 = 1.

Appunto di qui prende le mosse la classica analisi di Gauss, la quale riesce a dimostrare rigorosamente che i problemi relativi alla costruzione dei poligoni regolari di 7, 9, 11 lati non sono di quelli che si possono risolvere elementarmente, cioè con l'uso degli strumenti riga e compasso. Anzi Gauss assegna la condizione necessaria e sufficiente per la costruibilità dei poligoni regolari di n lati: sono costruibili elementarmente quei poligoni e soltanto quelli per cui il numero n si decompone nel prodotto d'una potenza del 2 moltiplicata per fattori primi della forma 2q + 1 ciascuno dei quali vi compaia semplicemente con l'esponente 1.

Fra i poligoni regolari di un numero primo di lati, si trova così, dopo i casi euclidei, il poligono di 17 lati, per cui si dànno poi in effetto svariate costruzioni elementari.

Quadratura del cerchio. - La misura della superficie del cerchio di raggio r e quella della lunghezza della circonferenza dànno luogo a due problemi strettamente connessi, perché - designando con π il rapporto della circonferenza al diametro, che si dimostra essere costante - la superficie è misurata da πr2, mentre la lunghezza vale 2πr: ciò implica la proporzionalità dei cerchi ai quadrati dei raggi e delle circonferenze ai diametri, con lo stesso coefficiente di proporzione. Sotto l'aspetto geometrico, si può enunciare che il cerchio ha la stessa superficie d'un triangolo avente per base la circonferenza rettificata e per altezza il raggio.

Se si sapesse effettivamente costruire un segmento della lunghezza della circonferenza sarebbe poi facile trasformare il detto triangolo in un quadrato e così risolvere il problema della "quadratura del cerchio", che invece dà luogo all'impossibilità d'una soluzione elementare (con riga e compasso).

Le ricerche sul problema della quadratura del cerchio risalgono alla più remota antichità. Infatti nel Papyrus Rhind attribuito allo scrittore egiziano Ahmose (circa 2000 a. C.) si trova appunto la domanda di costruire un quadrato equivalente a un dato cerchio. E, come risposta, viene data la regola di prendere il diametro del cerchio diminuito di /9: ciò che equivale a prendere per π il valore assai bene approssimato 3,1604 (invece che = 3,1415...).

Il primo accenno al problema della rettificazione della circonferenza si ha nella Bibbia, in cui si attribuisce alla lunghezza della circonferenza il valore triplo del raggio, assumendo dunque implicitamente π = 3, che è un valore grossolanamente approssimato. Soltanto presso i Greci i problemi della misura della superficie e della lunghezza del cerchio dànno luogo a uno sviluppo scientifico. Pare che da Eudosso di Cnido nel sec. IV a. C. - se non già da Ippocrate di Chio - la proporzionalità dei cerchi ai quadrati dei raggi (cfr. Eucl., XII,1, 2) abbia ricevuto la prima dimostrazione rigorosa. Occorreva però valutare in una maniera sistematica il rapporto x che qui interviene. Questa fu l'opera d'Archimede, nello scritto κύκλου μέτρησις: la rettificazione della circonferenza viene ottenuta per approssimazioni successive calcolando i perimetri dei poligoni iscritti e circoscritti di 6, 12, 24... lati. E dal poligono di 96 lati l'autore trae un valore di π approssimato per eccesso a meno di 2/1000, cioè 22/7. Il metodo anzidetto si trova spiegato in tutti i trattati moderni di geometria elementare.

Esso ha ricevuto, dopo Archimede, uno sviluppo dall'olandese Adriano Mezio (seconda metà del sec. XVI) che assegnò per π il valore 355/113 = 3,141529..., diverso dal vero solo dalla 7ª cifra decimale in poi. In seguito, con lo stesso metodo, F. Viète giunse fino alla 9ª cifra decimale esatta, ch'egli ottenne dal poligono di 6.216 lati. Adriano Romano e Ludolph van Ceulen spinsero il calcolo ancor più innanzi: quest'ultimo fino alla 35ª cifra esatta. Snellius e Huygens hanno poi perfezionato il metodo stesso.

Ma, a questo punto, si apre un nuovo indirizzo di ricerca, che contrassegna un secondo periodo scientifico: in luogo di calcolare π col metodo geometrico dei poligoni iscritti e circoscritti al cerchio, si scoprono espressioni analitiche che porgono π mediante semplici algoritmi infiniti. Così il matematico inglese Wallig dà l'espressione

e dimostra esatto lo sviluppo in frazione continua

enunciato senza dimostrazione dal Brounker (1620-1684).

Sviluppi in serie atti a calcolare π partono dallo sviluppo scoperto dal Gregory e dal Leibniz:

Facendo x = 1 si ottiene la cosiddeta serie del Leibniz

la quale può convenientemente trasformarsi in altre più rapidamente convergenti: p. es. nella serie di Machin (1680-1752)

Altri sviluppi infiniti notevoli sono stati dati da Eulero e da altri. La quadratura approssimata del cerchio e la valutazione di π che vi si collega, dà origine a problemi interessanti di geometria: p. es., se nel piano d'un cerchio si traccia un reticolo di quadrati, nell'ipotesi che il raggio r del cerchio sia molto grande rispetto al lato dei quadrati preso come unità, il numero dei vertici del reticolo dà approssimativamente l'area del cerchio: e Gauss ha dimostrato che - per r → ∞ - la differenza di codesto numero dall'area è dell'ordine di r al più; recentemente Landau ha fatto vedere che codesto ordine resta inferiore ad

Tali risultati sugli sviluppi analitici e sulla valutazione approssimata di π si allontanano dal problema della quadratura del cerchio, in senso stretto, com'era concepito dai Greci prima di Archimede. Per essi invero si trattava di "costruire, con la riga e col compasso, il lato d'un quadrato avente ugual area d'un dato cerchio".

Abbiamo già detto come questo problema sia sostanzialmente equivalente a quello della rettificazione della circonferenza. Ma, tanto nella forma diretta, quanto in quella forma modificata, i tentativi fatti per risolvere il problema riuscirono vani. E già gli antichi - dopo l'insuccesso d'Ippocrate di Chio (che tuttavia da tali ricerche fu condotto alla scoperta di lunule quadrabili, circa 450 a. C.) - mostrarono di dubitare della sua possibilità, come appare dall'uso che Dinostrato ha fatto per questo scopo della curva quadratrice, scoperta e usata da Ippia d'Elide per la trisezione dell'angolo.

Col passare dei secoli l'antico problema della quadratura del cerchio, nella sua posizione ristretta in cui si chiede una soluzione con riga e compasso, ha acquistato sempre maggiorè celebrità, invitando matematici, ed anche ingenui appassionati delle difficoltà matematiche, a tentarne la soluzione. Ma i matematici più colti compresero bene che la questione si doveva porre sopra il terreno della possibilità, domandando "quali proprietà del numero π corrisponderebbero all'ipotesi che la quadratura del cerchio fosse possibile" e "se veramente π goda o no di tali proprietà".

Alla prima domanda si risponde "se la quadratura del cerchio è possibile, con riga e compasso, il numero π, rapporto della circonferenza al diametro, deve soddisfare a un'equazione algebrica a coefficienti interi, risolubile con sole estrazioni di radici quadrate".

L'ipotesi più semplice che qui potrebbe avverarsi sarebbe che π fosse un numero razionale (radice di un'equazione di 1° grado); ma anche essendo irrazionale, la possibilità della quadratura non sarebbe ancora esclusa. Come si vede si tratta d'indagare la natura aritmetica del numero π.

Lambert, per primo, utilizzando gli sviluppi in frazione continua d'Eulero, ha fatto un passo su questa via; egli è riuscito a provare che π, così come il numero e base dei logaritmi neperiani, è un numero irrazionale.

Più tardi è nato il dubbio se (indipendentemente dalle proprietà cui questa dovrebbe soddisfare) potrebbe darsi che non esista alcuna equazione a coefficienti interi avente per radice π; e in questa occasione si è domandato anzitutto se esistano numeri irrazionali trascendenti, che cioè non soddisfino ad alcuna equazione algebrica a coefficienti interi. La questione pregiudiziale è stata risolta affermativamente dal Liouville (1840) e poi dal Cantor, che ha fatto vedere anzi come l'insieme dei numeri trascendenti sia, in confronto a quello dei numeri algebrici, infinitamente più esteso (cioè di potenza superiore: v. infinito; insiemi). Finalmente Hermite (nel 1873) riusciva a stabilire, per la prima volta, la trascendenza d'un numero effettivamente dato nell'analisi, cioè del numero e, base dei logaritmi neperiani. E quindi il Lindemann (Über die Zahl π, in Math. Annalen, 1882) dimostrava che anche ex, dove x sia un esponente algebrico, è sempre un numero trascendente; donde, utilizzando la relazione d'Eulero eπi = − 1, segue che anche π deve essere un numero trascendente.

La classica questione della quadratura del cerchio era così risoluta in senso negativo, ma in una maniera precisa e definitiva.

E, all'infuori degl'incolti pazzoidi che ognora riprendono ostinatamente il tentativo, nessun matematico ormai si proverà più a sciogliere l'antico problema, almeno nel senso in cui la domanda era tradizionalmente posta e che sopra abbiamo spiegato. In altri sensi, naturalmente, il problema - ammettendo soluzione - non deve affatto dirsi impossibile, e una soluzione di esso teoricamente perfetta si ottiene invero con l'uso degl'integrali.

Proprietà isoperimetrica. - Fra tutte le linee chiuse di data lunghezza il cerchio racchiude l'area massima, e però esso è anche la linea di lunghezza minima fra quelle che racchiudono un'area data. Questa proprietà isoperimetrica è nota fin dall'antichità: e se ne trova una dimostrazione rigorosa fin da Zenodoro (cne sembra di poco posteriore ad Archimede); cfr. Pappo Alessandrino, Mathematicae Collectiones (Bologna 1660; ed. Hultsch, Berlino 1878, col supplemento Zenodori Commentarius de Figuris isoperimetricis).

Una nuova dimostrazione semplicissima essa ha ricevuto ai primi del secolo scorso, per opera di Steiner, che su di essa ha fondato, in una maniera elegantissima, tutta la teoria degl'isoperimetri. Vi sono su questo argomento molti sviluppi interessanti, che qui non possono trovar posto 'e per i quali rimandiamo agli scritti del Chisini e del Blaschke (v. bibliografia).

Il cerchio in eeometria analitica e proiettiva. - L'equazione del cerchio, prendendo come assi cartesiani due diametri perpendicolari, è

dove r designa il raggio. Rispetto ad assi cartesiani ortogonali arbitrarî, l'equazione stessa prende la forma

che differisce dall'equazione di 2° grado completa per la mancanza del termine in xy e per l'uguaglianza dei due coefficienti di x2 e di y2.

Queste condizioni mostrano che il cerchio figura fra le curve di 2° grado (v. coniche) come una curva particolare; ed anzi esse si lasciano interpretare cercando le intersezioni (immaginarie) del cerchio stesso con la retta all'infinito del piano: per ciò si renderà l'equazione omogenea cambiando x e y in x/z e y/z e moltiplicando quindi per z; allora per z = 0 si avranno le intersezioni cercate.

Risulta così che: "tutti i cerchi del piano passano per due punti fissi immaginarî all'infinito, detti punti ciclici" e reciprocamente "i cerchi sono caratterizzati come coniche passanti per i detti punti"

I punti ciclici rispondono alle direzioni delle rette isotrope uscenti dall'origine:

la loro feconda considerazione risale alla scuola francese della prima metà del secolo passato (Poncelet e Laguerre).

A proposito dell'equazione del cerchio riferita a due diametri ortogonali vogliamo ancora fare due osservazioni. Anzitutto l'equazione predetta

dove si è assunto il raggio r =1, conduce nel modo più rapido all'introduzione delle funzioni circolari, giacché - introducendo la lunghezza a dell'arco di cerchio che ha per estremo il punto (x,y) e per origine il punto (1,0) - si possono definire

onde appaiono le relazioni note fra queste funzioni (v. circolari, funzioni; trigonometria).

La seconda osservazione è che le coordinate x e y del punto della circonferenza si lasciano esprimere come funzioni razionali fratte d'un parametro t, per mezzo delle formule

di qui emerge, in particolare, che al cerchio appartengono infiniti punti di coordinate razionali, del tipo m/p e n/p (con n, m, p interi) a cui rispondono soluzioni in numeri interi dell'equazione pitagorica x2 + y2 = p2

Per quest'equazione, considerata fino dall'antichità, v. pitagora; il modo di risoluzione di essa precedentemente accennato è stato messo in rilievo recentemente da Felix Klein.

Sistemi di cerchi. - I geometri francesi e tedeschi della prima metà del secolo scorso (Poncelet, Steiner, Möbius, ecc.) si sono assai occupati dei sistemi di cerchi le cui equazioni si ottengono come combinazioni lineari di quelle di due o tre cerchi dati (fasci o retí di cerchi): l'importanza di questi apparendo anche in relazione alle prime applicazioni del principio della continuità geometrica. Così il fascio di cerchi, che - nel caso di cerchi che si tagliano - è costituito da tutti i cerchi passanti per due punti-base fissi, si lascia anche definire nel caso in cui i detti punti-base diventino immaginarî, come il sistema dei cerchi che hanno a due a due lo stesso, asse radicale. Asse radicale di due cerchi è la retta luogo dei punti di ugual potenza rispetto ad essi; retta già conosciuta dai geometri arabi intorno al 1000, come luogo dei punti da cui partono tangenti di ugual lunghezza ai due cerchi, e che - nel 1813 - ha ricevuto la sua attuale denominazione da Gaultier La Tour. Analogamente la rete, definita da tre cerchi dati, contiene i cerchi che hanno il medesimo centro radicale: punto d'ugual potenza rispetto a tre cerchi. Ricerche d'ordine più elevato hanno poi messo in luce che il sistema di tutti i cerchi del piano (rispetto a un'interpretazione astratta della geometria in cui le "coordinate" dei cerchi si assumono a rappresentare "punti" dello spazio) dà luogo a una notevole rappresentazione della geometria non-euclidea.

Ma noi non c'indugeremo su tale argomento e nemmeno sugli studî anche più elevati concernenti i sistemi di cerchi nello spazio che basterà segnalare. Menzioneremo soltanto (e per il loro interesse geometrico e per il legame con le sostituzioni lineari sopra la variabile complessa) le trasformazioni del piano che mutano cerchi in cerchi e che costituiscono le cosiddette affinità circolari di Möbius. Di queste basterà dire che si ottengono tutte moltiplicando le similitudini del piano per le inversioni: si dice inversione rispetto a un cerchio di centro O e di raggio r, quella trasformazione per cui ad ogni punto P del piano si fa corrispondere quel punto P′ del raggio OP che dà OP • OP′ = r2.

Bibl.: Per le proprietà elementari del cerchio, cfr. Gli Elementi d'Euclide e la critica antica e moderna editi da F. Enriques, libri III e IV per cura di A. Enriques e A. Agostini, Roma 1925, ed anche, in generale, tutti i trattati di Geometria elementare. Per lo sviluppo dei problemi della divisione e del cerchio e della quadratura, si vedano gli articoli di F. Enriques, E. Daniele e B. Calò, in Questioni riguardanti le matematiche elementari, 3ª ed., III, Bologna 1926. Per le proprietà isoperimetriche, l'articolo di O. Chisini nel vol. IV delle medesime Questioni e specialmente il libretto di W. Blaschke, Kreis und Kugel, Lipsia 1916.

Per la considerazione dei cerchi e dei sistemi lineari di cerchi nella geometria analitica e proiettiva, cfr. G. Castelnuovo, Lezioni di geometria analitica e proiettiva, 7ª ed., Roma 1931, §§ 39, 48, 53-61, 267; F. Enriques, Lezioni di Geometria proiettiva, 4ª ed., Bologna 1920, §§ 40, 62, 65-bis, 74, 82; F. Severi, Complementi di geometria proiettiva, Bologna 1906, §§ 98, nn. 16-20; 12, nn. 9, 11, 13, 18; 13, nn. 5, 13; 15, n. 21; nonché l'articolo di Sabbatini, nel vol. III delle citate Questioni, da cui si acquisteranno particolarmente notizie sui problemi di contatto. Gli sviluppi elevati sui sistemi di cerchi nello spazio, che abbiano soltanto accennato, si trovano in J.C. Coolidge, A Treatise on the Circle and the Sphere, Oxford 1916.

Per le costruzioni con cerchi e rette o con soli cerchi v. compasso; per le funzioni circolari v. circolari, funzioni; triangolo; trigonometria.

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