CELLULOSIO

Enciclopedia Italiana (1931)

CELLULOSIO

Mario Betti

. È la sostanza che forma per la massima parte la cellulosi (v.). Appartiene come l'amido al gruppo dei carboidrati, ma ha per la biologia vegetale un significato diverso, perché non costituisce un materiale di nutrimento, ma è adibito più che altro a funzioni meccaniche. Negli organi giovani delle piante il cellulosio può rappresentare fino al 90% delle membrane cellulari; nelle parti più adulte, p. es. nel legno, esso si trova in proporzione minore (40-60%), perché è accompagnato da altri corpi ancora mal conosciuti, come la lignina, la suberina, la cutina, ecc., detti anche sostanze incrostanti.

Il cellulosio più puro, per così dire tipico, da considerarsi come un vero e proprio individuo chimico, è caratterizzato dalla sua insolubilità in tutti i solventi più comuni e dalla sua resistenza all'azione delle soluzioni alcaline ed acide diluite e dei reagenti chimici in genere. Questa sua resistenza è molto provvidenziale in natura, perché così il cellulosio che costituisce le pareti delle cellule è in grado di resistere alle reazioni biochimiche che avvengono in seno ad esse. Inoltre, rende agevole la sua separazione dai materiali ai quali si trova unito nei prodotti naturali.

Il cellulosio più puro si ottiene dalla peluria che riveste i semi del cotone liberandola dalle sostanze resinose e cerose mediante ebollizione con soluzioni alcaline diluite, imbiancandola con cloro o con acqua ossigenata e quindi sottoponendola a lavaggi con acidi diluiti, con acqua, alcool ed etere. Anche la carta da filtro, esaurita con acido cloridrico e poi con acido fluoridrico per liberarla dai materiali silicei, è cellulosio quasi puro.

Dagli steli del lino, della canapa e di altre piante coltivate per ottenere fibre tessili il cellulosio si ricava mediante la macerazione, che è una fermentazione putrefattiva la quale disgrega le sostanze che incrostano e cementano le fibre del cellulosio, mentre questo non viene intaccato. Dal legno e dalla paglia il cellulosio si ottiene per trattamento con liquidi alcalini o con soluzione di bisolfito di calcio. Così pure trattando il ligno-cellulosio con cloro, la lignina viene trasformata in prodotti clorurati solubili nel solfito sodico, mentre il cellulosio rimane inalterato.

Oltre al cellulosio tipico, che abbiamo visto potersi ottenere dal cotone, dalla carta da filtro, ecc., esistono altre varietà di cellulosio che si possono ricavare da materiali vegetali diversi e che, pur presentando i caratteri fondamentali del cellulosio tipico, ne differiscono sia per la minore resistenza agli agenti chimici, sia per i prodotti di scissione ai quali dànno origine. Tutti questi cellulosî sono essenzialmente degl'idrati di carbonio molto complessi, dei cosiddetti saccaro-colloidi, dai quali come ultimo prodotto d'idrolisi si ottengono dei monosaccaridi.

Il cellulosio puro è una sostanza bianca, filamentosa, dell'aspetto comunemente conosciuto del cotone. All'analisi chimica dà valori corrispondenti a C6H10O5, ma il suo peso molecolare è certamente multiplo di questa formula: n(C6H10O5).

Comportamento chimico del cellulosio. - Il cellulosio, come è stato accennato, è insolubile nei comuni ordinarî solventi. Un buon solvente del cellulosio è il reattivo di Schweizer che fu però proposto per la prima volta da J. Mercer nel 1857. Questo reattivo si ottiene sciogliendo una parte di idrato rameico (precipitato di recente dal solfato rameico con idrato sodico) in 5 parti di ammoniaca (d = 0,91). In contatto con questo liquido il cellulosio prima si rigonfia e si idrata e poi si scioglie. Da tale soluzione il cellulosio per acidificazione viene riprecipitato sotto forma di massa gelatinosa di natura un poco diversa dal prodotto primitivo. Anche le soluzioni concentrate di cloruro di zinco (40%) sciolgono il cellulosio, specialmente a caldo, e per diluizione con acqua dànno di nuovo un precipitato di sostanza simile, ma non identica a quella primitiva. Il cellulosio riprecipitato da queste soluzioni differisce dal prodotto primitivo perché tiene combinata una maggiore quantità d'acqua (idrocellulosio).

Perquanto il cellulosio presenti una notevole resistenza all'azione degli alcali e degli acidi diluiti, così che p. es. si può mantenerlo in presenza di soluzioni di soda caustica (1-2%) anche a temperatura assai superiore ai 100° senza che si alteri, nondimeno gli acidi e gli alcali non lo lasciano del tutto immutato. Per azione degli acidi diviene più ruvido e più fragile, acquista la proprietà di ridurre il reattivo di Fehling e si trasforma così nel cosiddetto idrocellulosio, che probabilmente più che un composto definito è una mescolanza di più corpi. Per azione degli alcali (soda caustica 15-20%) il cellulosio forma da prima il composto C6H10O5•H2O•2NaOH (alcalicellulosio) che però per lavaggio con acqua perde poi facilmente l'idrato sodico, ma conserva la lucentezza serica che ha acquistato, rimane più soffice e più atto a fissare le sostanze coloranti e si colora in azzurro cupo con lo iodio (idrato di cellulosio o cotone mercerizzato), mentre il cellulosio primitivo con questo reattivo si colora in giallo bruno.

Il cellulosio trattato cautamente con acido solforico piuttosto concentrato, vi si scioglie. Diluendo prontamente con acqua, precipita una sostanza collosa detta amiloide perché si colora in azzurro con lo iodio, come fa l'amido. Facendo agire più a lungo l'acido solf0rico si hanno dei prodotti di scissione del cellulosio (celluloso-destrine) che con l'acido solforico formano composti del tipo degli eteri salini. Con acido cloridrico molto concentrato (40%) ed agendo naturalmente sotto pressione si ottiene pure la trasformazione del cellulosio in amiloide. Anche l'acido fosforico sciropposo, il cloruro di zinco, ecc. possono agire in modo analogo. La preparazione della cosiddetta carta pergamena sta in rapporto con la trasformazione del cellulosio in amiloide. Essa si ottiene immergendo la comune carta da filtro per alcuni secondi nell'acmo solforico di densità 1,6 (H2SO4, 3H2O) e lavandola quindi prontamente con acqua. Le due superficie del foglio di carta vengono dall'acido solforico trasformate in amiloide che per la successiva azione dell'acqua precipita ostruendo i pori della carta e rendendola più resistente e poco permeabile.

Agli agenti ossidanti il cellulosio presenta una certa resistenza, tanto che questi possono essere impiegati per il suo imbianchimento. Nondimeno anche qui non si può dire che il composto rimanga del tutto inalterato, perché acquista la proprietà di ridurre il liquido di Fehling e manifesta il carattere acido proprio dei gruppi carbossilici. Il cellulosio così trasformato si dice anche ossicellulosio, ma probabilmente non è una sostanza unica.

Eteri salini del cellulosio. - Il cellulosio con certi acidi come l'acido nitrico, l'acido acetico, ecc., può dar luogo a composti, di natura assai ben definita, molto importanti anche per le loro applicazioni tecniche, che sono eteri salini formati dagli acidi stessi reagendo coi gruppi alcoolici del cellulosio, il quale si comporta come un alcool trivalente della formula n[C6H7O2(OH)3], avente cioè 3 gruppi ossidrilici liberi.

Gli eteri nitrici o nitrati di cellulosio (impropriamente detti anche nitro-cellulosî), che sono tra i più importanti composti di questo tipo, si formano trattando il cotone con acido nitrico concentrato o con un miscuglio di acido nitrico e di acido solforico. Regolando opportunamente la proporzione dell'acido nitrico e dell'acido solforico come pure la loro concentrazione, si può conseguire la eterificazione più o meno completa del cellulosio. Questi nitrati per il loro aspetto differiscono di poco dal cotone ordinario, ma sono più ruvidi al tatto.

I prodotti di minor grado di nitrazione, contenenti prevalentemente dinitrato di cellulosio n[C6H8O3(O•NO2)2], sono solubili in un miscuglio di tre parti d'etere etilico e di una parte d'alcool e costituiscono il cosiddetto cotone collodio il quale in soluzione alcoolico-eterea si chiama collodione. Questo prodotto è adoperato in fotografia ed anche in medicina perché per evaporazione del solvente lascia una pellicola sottilissima e trasparente di nitrocellulosio nella quale possono essere incorporate sostanze sensibili alla luce e che può servire per proteggere piccole ferite. Il cotone collodio unito alla canfora mediante impastamento con alcool e successiva evaporazione del solvente, costituisce il cosiddetto celluloide, che trova largo uso nell'industria, in sostituzione dell'avorio e del corno. Il collodio molto denso si presta anche alla fabbricazione della seta artificiale (v.) secondo il processo di Chardonnet.

I prodotti di più alto grado di nitrazione, che contengono in prevalenza il trinitrato di cellulosio n[C6H7O2(O•NO2)3], non sono invece solubili nell'alcool-etere, ma si sciolgono nella nitroglicerina, nel nitrobenzene ed in altri solventi. Essi costituiscono il cotone fulminante o pirossilina che fu scoperto da Schönbein nel 1845 e che trova largo uso nella tecnica dei materiali esplosivi, poiché si decompone violentemente sotto l'azione dell'urto o d'un innesco, p. es. del fulminato di mercurio. Incorporato alla nitroglicerina e anche ad altri materiali costituisce l'ingrediente fondamentale di molte cosidette gelatine esplosive.

Il cellulosio trattato con soda caustica e con solfuro di carbonio (CS2) forma il cellulosio-xantogenato sodico che sotto il nome di viscoso è largamente usato nella fabbricazione della seta artificiale. La reazione che avviene tra cellulosio e solfuro di carbonio è analoga a quella che il solfuro di carbonio fa con gli alcoolati alcalini. Il composto che si forma è il sale di sodio d'un etere cellulosoditiocarbonico:

Più che un cellulosio-xantogenato sodico è però più esatto dire che si formano dei xantogenati, data anche l'alterabilità di tale prodotto. Infatti mentre il composto che si forma nel primo momento corrisponde assai bene alla formula soprariferita, già dopo 24 ore, e verosimilmente in seguito all'azione saponificatrice dell'alcali in eccesso, l'analisi del prodotto dà valori che si avvicinando alla composizione:

e dopo 7 giorni alla seguente:

Finalmente dalla soluzione lasciata a sé riprecipita il cellulosio privo completamente di solfo. Questa graduale idrolisi del cellulosio-xantogenato viene nella tecnica chiamata maturazione del viscoso e con mezzi diversi può essere anche accelerata.

La soluzione del cellulosio-xantogenato si presenta come un liquido molto denso, vischioso, filante e fu perciò appunto detta viscoso. Questo per la preparazione della seta artificiale si trafila attraverso forellini sottilissimi praticati in filiere di platino. Le bave di viscoso si fanno coagulare raccogliendole in una soluzione diluita d'un acido minerale o di solfato acido di sodio che decompone il xantogenato rigenerando il cellulosio. Il filamento così ottenuto è lucido e assai resistente.

Anche gli eteri salini che il cellulosio forma con l'acido acetico hanno grande importanm sia scientifica che tecnica. Il cellulosio per azione diretta dell'anidride acetica viene acetilato solo in parte, mentre in presenza di acido solforico o di cloruro di zinco e anche d'altre sostanze si raggiunge la eterificazione di tutti e tre gli ossidrili: n[C6H7O2(O•CO•CH3)3]. I prodotti d'acetilazione più limitata si sciolgono bene nell'acetone, mentre gli eteri triacetilici vi sono meno facilmente solubili; questi si sciolgono però nel cloroformio.

Anche nell'azione dell'acetilazione, come del resto nella nitrazione, la molecola del cellulosio viene più o meno intimamente alterata, cioè idrolizzata in complessi molecolari più piccoli. L'acetil-cellulosio trova larghe e svariate applicazioni tecniche. Sotto il nome di Cellite esso sostituisce vantaggiosamente il celluloide a base di nitrocellulosio, perché ha su questo il vantaggio di non essere infiammabile. Serve anche per la fabbricazione delle pellicole cinematografiche. Trafilando soluzioni concentrate di acetil-cellulosio e facendo poi evaporare il solvente si può preparare la seta artificiale.

Non solo con l'acido acetico ma anche con altri acidi della serie grassa sono stati pure preparati eteri del cellulosio, p. es. con l'acido formico, col propionico, col butirrico, col valerianico, ecc. Anche gli acidi grassi superiori (caprilico, laurico, miristico, palmitico, stearico, ecc.) possono eterificare il cellulosio. La copulazione si raggiunge impiegando i cloruri degli acidi in presenza di piridina o di chinolina o le rispettive anidridi insieme con cloruro di zinco. Il tripalmitato e il tristearato di cellulosio (contenenti tre residui acidi per ogni gruppo C6H10O5) hanno avuto un certo interesse biochimico perché si presumeva che facessero parte delle membrane suberizzate o cutinizzate, ciò che invece è risultato non vero.

Anche con l'acido benzoico, per quanto con una certa difficoltà furono ottenuti eteri cellulosici e altresì il derivato tribenzoilico. Si conoscono pure eteri misti del cellulosio, come l'aceto-benzoato, l'aceto-solfato, l'aceto-nitrosolfato, ecc.

Eteri alcoolici del cellulosio (cellulosî alchilati). - Hanno acquistato un notevole interesse anche quei derivati che il cellulosio può f0rmare per sostituzione dell'idrogeno dei suoi gruppi ossidrilici C6H7O2 (OH)3 coi radicali alcoolici (metile, etile, ecc.), ed è presumibile che in un tempo più o meno prossimo questi derivati possano divenire anche tecnicamente importanti se si giungerà a prepararli più economicamente. Si ottengono ora trattando il cellulosio in presenza d'un idrato metallico (di solito un idrato alcalino) con cloruro etilico, solfato dimetilico, dietilico, ecc. Secondo il grado di alchilazione (metilazione) questi derivati sono solubili o meno nell'acqua, ma essi sono generalmente solubili nell'alcool, nel cloroformio, nell'etere, nel tetracloruro di carbonio, nell'acetone, ecc. La loro importanza tecnica dipende dal fatto che, al contrario degli eteri salini del cellulosio, sono molto resistenti all'azione degli alcali e a quella del vapor d'acqua surriscaldato. Questo loro carattere li fa preferire per certe applicazioni agli eteri salini del cellulosio. Dagli acidi sono invece assai facilmente decomposti. Per la loro stabilità, durezza e plasticità possono trovare applicazione nella fabbricazione delle pellicole, delle fibre artificiali, ecc. e hanno anche la proprietà di non essere infiammabili. Le fibre artificiali di cellulosio-alchilato si prestano anche molto all'applicazione della tintura, poiché specialmente se il cellulosio è parzialmente alchilato, esso può fissare tanto i coloranti basici quanto quelli acidi, mercé gli ossidrili liberi che hanno carattere acido e i metossili di carattere basico.

Ma questi derivati alchilici del cellulosio sono soprattutto importanti dal punto di vista scientifico, poiché il loro studio ha portato un notevole contributo alla questione della costituzione chimica del cellulosio. Infatti dal cellulosio metilato, per idrolisi mediante acidi, si può ottenere il glucosio mono-, di- e anche trimetilato ed è stato così ottenuto anche un trimetil-glucosio cristallizzato che si è potuto molto accuratamente studiare, e la cui formazione costituisce un valido punto d'appoggio per stabilire la formula di costituzione del cellulosio. Giova però osservare che nelle deduzioni basate sulla formazione di questi composti è necessario essere sommamente cauti poiché non è impossibile che durante tali operazioni di alchilazione e di successiva idrolisi possano avvenire trasposizioni molecolari.

Azione dei microrganismi e dei fermenti sul cellulosio. - Il cellulosio, che pur resiste ai processi digestivi di molti animali superiori e all'azione degli enzimi contenuti in molte piante, viene però facilmente attaccato dai microrganismi. La ritrasformazione del cellulosio nei primitivi composti dai quali esso trasse origine in seguito alla fotosintesi vegetale, cioè in anidride carbonica ed acqua, è in gran parte opera di microrganismi. Da taluno è stata perfino affacciata l'ipotesi che nel processo di formazione della torba e anche del carbon fossile, questi prodotti si formino non già dal cellulosio delle piante ma bensì dalla lignina, poiché il cellulosio in tali condizioni verrebbe del tutto decomposto.

Fra i microrganismi sono soprattutto i batterî e le muffe che attaccano in modo assai profondo il cellulosio. Nella melma delle fosse, nel terreno, nell'acqua del mare si trovano dei batterî aerobî che in un mezzo di reazione debolmente alcalina (paragonabile a quella del K2HPO4), senza dar luogo ad apprezzabile sviluppo di gas, trasformano il cellulosio in materie mucillagginose più o meno colorate in bruno, chimicamente poco definite, dette sostanze umiche.

Fuori dell'azione dell'aria batterî anaerobî determinano invece la decomposizione del cellulosio con formazione di prodotti gassosi: metano, idrogeno, anidride carbonica, e di rilevanti quantità di acidi grassi (anche nella proporzione del 50%). Hoppe-Seyler formulò la cosiddetta fermentazione metanica del cellulosio con la seguente equazione:

Gli agenti della fermentazione anaerobica sono molto diffusi e numerosi e si può riscontrarne la presenza nella melma delle paludi, nel fango delle fogne, nelle materie umiche, nel letame, nello stallatico e nel canale digerente di molti animali. Sono stati ben distinti e si possono anche separare i microrganismi che determinano la fermentazione metanica da quelli della fermentazione idrogenica. Anche in quest'ultima, insieme con l'idrogeno si svolge abbondantemente anidride carbonica e si formano acidi grassi. Altri batterî agiscono pure fuori del contatto dell'aria ma in presenza di nitrati, e ossidano il cellulosio fino anche a trasformarlo in anidride carbonica e in acqua sottraendo l'ossigeno ai nitrati i quali vengono ridotti fino ad azoto che si sviluppa insieme con l'anidride carbonica (batterî denitrificanti). Delle muffe, l'Aspergillus Oryzae, l'Aspergillus Wentii, la Monilia sitophila hanno la proprietà di decomporre il cellulosio. La loro azione si svolge meglio in ambiente leggermente acido. Anche i fermenti non organizzati, gli enzimi, possono agire sul cellulosio come fanno i batterî. D'altronde è noto che questi non fanno in definitiva che elaborare degli enzimi. Importantissimo tra questi è la cellulasi che trasforma il cellulosio in un disaccaride, nel cellobiosio. La cellulasi si è potuta ottenere secondo il classico procedimento di Buchner da colture di Aspergillus cellulosae spremute e poi filtrate per candela di porcellana. Un altro enzima, la cellobiasi, a sua volta trasforma il cellobiosio in glucosio. Dalla trasformazione di queste materie zuccherine, cellobiosio e glucosio, si originano poi i prodotti di demolizione più profonda come il metano, l'anidride carbonica, l'idrogeno, ecc. Non si può però dire che lo studio delle scissioni del cellulosio operate dai microrganismi o dai fermenti abbia portato particolari contributi per stabilirne la costituzione, poiché i prodotti di scissione separati per tale via sono risultati gli stessi che si ottengono anche coi metodi puramente chimici. Ma questa coincidenza di risultati conseguita tanto col metodo chimico quanto con quello biologico è comunque interessante, poiché dimostra che certi prodotti di scissione, come il cellobiosio, non si può pensare che siano sostanze intermedie originatesi in seguito ai processi di demolizione, ma devono rappresentare effettivamente aggregati fondamentali presenti nella molecola cellulosica.

Per quanto il cellulosio presenti una notevole resistenza agli agenti chimici, nondimeno per la sua proprietà di essere attaccato dai fermenti e dagli enzimi, può venire utilizzato in larga misura da certi animali e in particolar modo dai ruminanti. L'uomo, per quanto onnivoro, ha tale facoltà in grado assai minore e i carnivori, come p. es. il cane e il gatto, non assimilano affatto il cellulosio. I bovi possono digerire fino al 60% della fibra greggia del fieno, che è cellulosio impuro; la capra e la pecora possono digerirla anche in proporzione maggiore. È però da notare che l'assimilazione del cellulosio nel tubo digerente degli animali è dovuta esclusivamente all'abbondante flora microbica che non manca mai in tale organo, poiché, a quanto sembra, i mammiferi non sono in grado di secernere fermenti capaci di attaccare direttamente il cellulosio, mentre ne utilizzano i prodotti intermedî di scissione. Secondo la diversa qualità dei vegetali dai quali il cellulosio proviene esso è più o meno digeribile, e in relazione con ciò si distinguono le erbe da foraggio dalle erbe da ortaggio. Se il foraggio è mietuto allo stato erbaceo, il cellulosio è più digeribile. Gli onnivori digeriscono soltanto il cellulosio molto giovane che è probabilmente idratato. Infatti mentre il cellulosio dei giovani organi è bianchissimo e cede facilmente agli agenti chimici, successivamente indurisce e ingiallisce e forse si disidrata o si polimerizza.

I residui indigesti degli alimenti, che vengono espulsi con le feci dopo che hanno esercitato un'importante azione meccanica nel fenomeno della digestione animale, sono prevalentemente costituiti da cellulosio. Essi entrano a far parte del concime stallatico e sono di grande importanza nell'agricoltura sia perché rendono il terreno più soffice e perciò più facilmente permeabile ai gas dell'atmosfera, sia perché favoriscono l'uniforme distribuzione dell'umidità, sia perché contribuiscono decomponendosi, alla formazione dell'humus, materiale complesso costituito da corpi colloidali di natura acida, che fisicamente e chimicamente agiscono sui costituenti minerali del suolo.

Costituzione chimica del cellulosio. - Come è stato già accennato, la composizione chimica del cellulosio corrisponde alla formula empirica C6H10O5, ma la sua formula molecolare è indubbiamente un multiplo assai elevato di questa. Anche l'amido dà all'analisi chimica valori che conducono alla formula C6H10O5 e corrisponde anch'esso a un multiplo di questa. Certamente amido e cellulosio stanno anche biologicamente in stretto rapporto fra loro.

Quanto alla formula molecolare del cellulosio, non si hanno per ora indicazioni neppure approssimate sulla sua definitiva entità. Tanto il cellulosio quanto anche l'amido ed altri poliosi sono stati sottoposti, per mezzo dello spettrografo a raggi X, a interessanti indagini. Queste hanno fatto riconoscere che gli aggregati primarî del cellulosio sono costituiti da micelle cristalline e non da singole macromolecole. Le celle cristalline di questi aggregati appartengono al sistema rombico e contengono non più di 4 residui del glucosio. Il più piccolo aggruppamento regolarmente ripetuto nella struttura sarebbe dunque (C6H10O5)4. Questo gruppo forse è ripetuto 2, 4, o anche un numero maggiore di volte, ma multipli dispari sarebbero da escludersi. Gli aggregati primarî sarebbero pertanto assai complessi. Che l'aggregato elementare del cellulosio sia formato da non meno di quattro residui C6H10O5 si può dedurre anche da alcune proprietà chimiche del cellulosio stesso come la formazione del dodecanitro-cellulosio C24H28O8(O•NO)12 i e del prodotto di maturazione del viscoso già sopra ricordato:

La determinazione della grandezza molecolare è per il cellulosio di più difficile risoluzione che non per altri poliosi, data la sua insolubilità nei comuni solventi. Anche le soluzioni dei suoi derivati non permettono alcuna deduzione in proposito. Nondimeno il comportamento generale del cellulosio non si accorda con una formula a lunga catena aperta, formata da residui di glucosio uniti insieme con legame glucosidico. L'ipotesi più verosimile è che le particelle primarie del cellulosio, osmometricamente attive, non siano singole macromolecole nel senso strutturistico della parola, ma aggregati di molecole più piccole associate insieme, forse in un complesso instabile la cui complicazione può cioè variare con le condizioni del mezzo.

Il cellulosio per idrolisi completa fornisce del glucosio

oppure:

Esperienze molto accurate ripetute da diversi studiosi hanno fatto conoscere che, idrolizzando in condizioni opportune il cellulosio, si arriva ad ottenere fino al 95-96% di glucosio. Ora, tenendo conto delle inevitabili perdite sperimentali e del fatto che in nessuna delle operazioni d'idrolisi eseguite sin qui si è mai riscontrata la presenza anche di piccole quantità d'un qualsiasi altro monosaccaride, si può sicuramente concludere che il cellulosio è costituito esclusivamente da residui di glucosio; e ciò è un caposaldo di fondamentale importanza per potere stabilire la costituzione di esso. Anche dall'amido per idrolisi completa non si ottiene che del glucosio.

Per idrolisi incompleta del cellulosio, la quale si può raggiungere trattandolo con anidride acetica ed acido solforico, si ottiene invece del glucosio un disaccaride, C12H22O11, o per meglio dire il suo derivato otto-acetilico. Per eliminazione dei gruppi acetilici si può da questo ottenere anche il disaccaride libero. Esso fu denominato cellobiosio e risulta costituito da due molecole di glucosio unite per eliminazione di una molecola d'acqua:

Il cellobiosio si può anche ottenere per via biochimica, per azione della cellulasi, enzima contenuto in tutti i microrganismi che son capaci di provocare la fermentazione del cellulosio, come è già stato accennato. La costituzione chimica del cellobiosio è quella d'un disaccaride a legame monocarbonilico, come si riconosce facendone l'osazone. Inoltre sottoponendolo prima a metilazione completa e quindi a idrolisi se ne ottiene il 2, 3, 5, 6 - tetrametilglucosio e il 2, 3, 6 - trimetilglucosio. Si riconosce così quali sono gli ossidrili liberi contenuti nel cellobiosio e si giunge a stabilire che esso ha la struttura del 5-glucosido-glucosio:

La quantità massima di cellobiosio che si è potuta ottenere finora dal cellulosio si avvicina al 60%. D'altra parte fra i prodotti dell'idrolisi del cellulosio secondo alcuni si troverebbe anche un disaccaride diverso dal cellobiosio, l'isocellobiosio, come pure, sebbene in piccola quantità (i %), un trisaccaride, il procellosio. Anche dall'amido, massime per azione idrolitica d'un enzima, l'amilasi (maltasi), si può ottenere un disaccaride, il maltosio, il quale è pure formato dall'unione di due molecole di glucosio. Ma la concatenazione del maltosio è diversa da quella del cellobiosio, perché esso è il 6-glucosido-glucosio:

Questo fatto non è senza importanza specialmente per la biologia vegetale, poiché ci fa conoscere che nella formazione del cellulosio dall'amido, il glucosio di cui questo è costituito deve verosimilmente sciogliersi dalla sua concatenazione amilacea per riconcatenarsi poi in altro modo e cioè secondo lo schema del cellobiosio.

Il cellulosio sottoposto a distillazione secca nel vuoto fornisce come prodotto principale (30%) una sostanza cristallina che bollita con acido solforico molto diluito si trasforma in glucosio e che è una semplice anidride del glucosio stesso, il levoglucosano:

Questo resultato, che è importantissimo dal lato scientifico, non ha però per la costituzione del cellulosio grande significato, trattandosi di una reazione pirogenica che può sempre sospettarsi accompagnata da profonde trasformazioni della molecola. È stata nondimeno affacciata l'ipotesi che il cellulosio possa essere un polimero del glucosano stesso, della forma:

la quale spiegherebbe anche la formazione di notevoli quantità (35%) di bromo-metil-furfurolo:

per azione dell'acido bromidrico sul cellulosio in soluzione cloroformica.

Questa formula non dà però ragione della formazione del cellobiosio né di altre proprietà del cellulosio che nel frattempo si sono venute scoprendo. Per questa stessa ragione non si può più oggi ammettere la formula di Cross e Bevan:

che per un certo tempo incontrò il favore dei chimici perché con la sua concatenazione ad anello rendeva bene conto della resistenza del cellulosio agli agenti chimici, della sua trasformazione nella lignina che contiene anelli esacarbonici.

Di notevole importanza per la costituzione del cellulosio è invece la formazione dell'anidride d'un disaccaride C12H22O11 − H2O = (CH10O5)2, la quale è stata ottenuta sotto forma di derivato acetico per azione del cloruro di acetile sul cellulosio. Dal derivato acetilico si è potuto ottenere anche l'anidro-bisaccaride libero. Ciò porterebbe a ritenere il cellulosio come un polimero di questa anidride.

Anche l'idrolisi del cellulosio completamente metilato fornisce delle indicazioni che possono essere molto importanti per stabilire la sua costituzione. Agendo in condizioni opportune, si può ottenere con ottimo rendimento il 2, 3, 6-trimetil-glucosio, ciò che ha fatto concludere che nel cellulosio gli ossidrili liberi d'ogni residuo del glucosio devono essere quelli in posizione 2, 3, 6, mentre l'ossidrile in posizione 5 deve essere impegnato nel legame anidridico.

In accordo coi fatti sopra esposti sta la formula che Pringsheim attribuisce al corpo elementare del cellulosio e che contiene due legami del cellobiosio:

Questo schema fa anche vedere la possibilità di formazione, per ossidazione del cellulosio, di composti a funzione aldeidica (capaci di dare idrazoni) e anche di acidi carbossilici, come si riscontrano nell'ossicellulosio, senza che per ciò avvenga una profonda alterazione della molecola, tantoché rimane inalterata perfino la struttura fibrosa del prodotto.

A interessanti risultati ha condotto uno speciale processo di scissione dei poliosi effettuato da Karrer e Smirnoff e che consiste nel trattarne i derivati acetilici con pentabromuro di fosforo. Facendo agire questo reattivo sul cellulosio acetilato si forma una certa quantità di 1,6-bibromo-glucosio acetilato:

Ora tale composto non si può formare che da polisaccaridi nei quali la copulazione dei residui del glucosio interessi i gruppi 1 e 6. Si dovrebbe perciò concludere che anche nel cellulosio una parte dei residui del glucosio è impegnata nel legame glucosidico coi gruppi 1 e 6, vale a dire come lo è nel maltosio, e non come nel cellobiosio (cfr. le formule di questi disaccaridi sopra riportate). È questo un fatto del quale le formule del cellulosio che abbiamo date finora non dànno ragione. E non ne dànno ragione neppure alcune più recenti, che non sono però che una estensione dello schema dato da Pringsheim, come quella di Hibbert:

e quella di Irvine:

Lo stesso rilievo si può fare anche per la formula proposta più recentemente da Gray (1926):

secondo la quale un ossidrile ogni 24 atomi di carbonio avrebbe un comportamento un po' diverso dagli altri 11, come sembra che si verifichi nel viscoso e nella cellulosio-xantanilide. Oltre a ciò, in questa formula figurano prevalentemente anelli piranici (esatomici) invece che furanici (pentatomici). D'altra parte essa corrisponde alla riunione di quattro residui C6H10O5; (invece che di tre come nella formula d'Irvine) ciò che sta in accordo anche coi risultati dello studio del cellulosio fatto per mezzo dello spettrografo a raggi X.

Per quanto non si possa dire che la costituzione del cellulosio sia oggi definitivamente chiarita, nondimeno in quest'ultimo decennio sono stati fatti molti passi avanti. Evidentemente a rendere più difficile la risoluzione di questo problema, già di per sé assai complicato, contribuisce anche la facilità con la quale in certe manipolazioni di questo composto possono avvenire -trasposizioni molecolari.

Oltre al cellulosio tipico, al quale qui ci siamo esclusivamente riferiti, si hanno in natura altri cellulosî i quali pur somigliando nei loro caratteri generali ad esso, se ne differenziano sia per la diversa resistenza agli agenti chimici e biochimici, sia per i prodotti di scissione ai quali dànno luogo. Così, per es., col nome di emicellulosî s'indicano dei poliosi che si sciolgono assai facilmente negli acidi diluiti e caldi e subiscono con una certa facilità l'idrolisi dando luogo non solo a glucosio, ma anche ad altri esosî come il mannosio, il galattosio, e anche a pentosî, come l'arabinosio e lo xilosio. Questi cellulosî, in rapporto ai monosaccaridi dai quali risultano formati, vengono anche indicati col nome di glucani, mannani, fruttani, galattani, arabani, xilani, ecc., e anche con quello di galattoarabani, glucoxilani, ecc. Questi cellulosî si trovano frequentemente nei semi e possono avere funzione nutritiva e rappresentare un materiale di riserva paragonabile all'amido, oppure esercitare anche una funzione prevalentemente meccanica, di sostegno, come la cellulosa vera e propria. Così nei semi del lupino si riscontra un galattano, il lupeosio; un altro, detto gelosio, si trova nell'agar-agar. L'avorio vegetale, che si ricava dai semi del Phitelephas macrocarpa, è invece costituito da mannani. Il cellulosio di certi funghi, anche se accuratamente purificato, contiene sempre una piccola quantità percentuale di azoto e, infatti, fra i prodotti della sua idrolisi si possono riscontrare anche piccole quantità di glucosamina:

Al cellulosio delle piante fanerogame si trovano quasi sempre riunite, e qualche volta in vera e propria combinazione chimica, alcune sostanze diverse. Questi cellulosî composti si possono dividere in tre gruppi distinti e cioè in: pectocellulosî, lignocellulosî e cutocellulosî.

Nei pectocellulosî il cellulosio è associato a carboidrati appartenenti al gruppo delle cosiddette sostanze pectiche od ossimucillaggini, composti che contengono una quantità d'ossigeno maggiore di quella corrispondente alla formula C6H10O5, poiché entrano a far parte della loro molecola carboidrati con due gruppi carbonilici o anche contenenti gruppi carbossilici acidi. Queste sostanze pectiche contribuiscono a tenere insieme le fibre del cellulosio, come per esempio nella canapa o nel lino greggio e vengono disgregate per azione degli alcali.

Nei lignocellulosî, che si trovano nei tessuti vegetali lignificati, il cellulosio è invece unito, probabilmente in una vera e propria combinazione chimica del tipo degli eteri, a composti ciclici di natura aromatica e idroaromatica o anche riferibili all'anello del furano. Il cosiddetto lignone (nome delle sostanze assai complesse che nel lignocellulosio stanno unite al cellulosio), sarebbe un corpo di natura chinoide i cui aggruppamenti fondamentali vengono da alcuni riferiti alla forma:

Per azione degli alogeni, saturandosi il doppio legame, si formano dal lignone dei composti alogenati i quali fatti digerire ad alta temperatura con una soluzione di bisolfito alcalino vi si sciolgono trasformandosi in derivati solfonici. Il complesso lignonico contiene anche gruppi ossimetilici (CH3−O−) e residui acetilici (CH3−CO−), i quali nella distillazione secca del legno contribuiscono alla formazione dell'alcool metilico e dell'acido acetico.

Nei cutocellulosî, che costituiscono specialmente il materiale dei tessuti tegumentali, il cellulosio è unito a sostanze che per decomposizione dànno composti alifatici del tipo degli acidi grassi superiori (acido stearo-cutico, acido oleo-cutico), delle cere, degli alcoli, di elevato peso molecolare (cetilico, cerilico, ecc.), della colesterina, ecc. Questi prodotti sono però ancora assai poco conosciuti.

Applicazioni industriali e dati statistici. - Il cellulosio, anche prescindendo dalla produzione e dal consumo delle fibre tessili del lino, della canapa, della iuta, ecc., dalla lavorazione del cotone greggio e idrofilo e dai suoi manufatti, dall'industria della seta artificiale, da quella del nitrocellulosio adoperato per la preparazione delle sostanze esplosive, rappresenta la materia prima di altre numerose e importanti industrie, prima fra le quali quella della carta (v.), ed è forse destinato in un non lontano avvenire ad essere uno dei materiali economicamente più importanti e di più larga e svariata applicazione nel mondo.

I paesi che producono maggiori quantità di cellulosio per carta (cellulosa) sono quelli, in genere, che hanno grandi estensioni di boschi e foreste e possono quindi preparare il prodotto dal legno. Si contano fra i maggiori produttori gli Stati Uniti, il Canada, la Svezia, la Finlandia, la Norvegia, la Germania. Tutti questi paesi esportano molta cellulosa a eccezione degli Stati Uniti che, nonostante la grande produzione locale, ne ritirano, per il consumo, dal Canada.

L'esportazione è assorbita, oltre che dagli Stati Uniti, dalle altre grandi nazioni industriali: Inghilterra, Francia, Italia, ecc.

La produzione italiana di cellulosa è ancora molto scarsa non raggiungendo le 10.000 tonnellate, onde alla necessità dell'industria cartaria si sopperisce con una larga importazione. Questa fu di tonnellate 137.366 nel 1926; tonn. 115.200 nel 1927; tonn. 168.108 nel 1928 e tonn. 196.357 nel 1929 (pari a un valore di L. 252.338.133).

All'importazione del 1929 contribuirono quasi esclusivamente i seguenti paesi: Svezia tonn. 62.153; Austria tonn. 62.130; Germania tonn. 21.870; Finlandia tonn. 14.954; Ceco-Slovacchia tonn. 10.598; Norvegia tonn. 7.930; Canada tonn. 7.623; Svizzera tonn. 4.240; Jugoslavia tonn. 1.856; Romania tonn. 869.

Malgrado il continuo vertiginoso aumento del consumo della carta, non vi è da avere alcuna preoccupazione circa la possibile mancanza della materia prima necessaria alla produzione della cellulosa. Infatti i 322 milioni di ettari di foreste del Canadà possono già bastare per qualche secolo al fabbisogno di tutto il mondo. Ma a questi si possono aggiungere i 500 milioni di ettari di terreno boschivo del Brasile, i 200 milioni di ettari di foreste degli Stati Uniti, i 184 milioni di ettari della Russia, gli 86 milioni del Queensland, i 42 milioni dell'Argentina, i 38 milioni di ettari boschivi della Siberia, ecc.

Bibl.: C. F. Cross, E. J. Bevan, Researches on cellulose, Londra 1906; A. Pictet e collaboratori, Helvetica Chimica Acta (1918-1928), passim; H. Pringsheim, in Berichte d. deutsch. Chem. Gesell. e in Hoppe-Seylers Zeitschr. für physiolog. Chemie, 1910 segg., passim; id., Die Polysaccharide, Berlino 1923; P. Karrer, Polymere Kohlenhydrate, Lipsia 1925; W. N. Haworth, in Bulletin de la Société chimique de France (1929).

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