CEFALONIA

Enciclopedia Italiana (1931)

CEFALONIA (A. T., 82-83; in greco moderno Κεϕαλληνία; in antico anche Κεϕαλονία, dorico Κεϕαλλὰ; lat. Cephallenia)

Giuseppe CARACI
Doro LEVI
Roberto CESSI

Il nome attuale, di significato poco chiaro (dai Cefallenî "uomini della montagna", oppure "isola elevata"), compare per la prima volta in Erodoto (IX, 28); Omero la chiama Σάμος (Il., II, 634; Od., IV, 671) o Σάμη (Od., I, 246) dalla sua maggiore città.

È la maggiore delle Isole Ionie (760 kmq.), all'ingresso del Golfo di Patrasso, e a O. di Itaca, che la fronteggia nella sua parte nord-orientale. In origine faceva anch'essa parte del Peloponneso, da cui si staccò nel Quaternario. Consta d'una zolla calcarea (Cretacico) dalla quale si dipartono due lunghe appendici, che formano a N. la penisola di Erisos, a O. quella di Paliki o Lexurion. Anche il grosso dell'isola risulta da sproni longitudinali separati da avvallamenti (nessuno dei quali percorso da fiumi). Tra il più occidentale di questi e il Paliki si allunga la profonda baia di Livadi, che rappresenta veramente il cuore di Cefalonia: sulle poco estese, ma fertili strisce di Terziario che ne frangiano le rive sono le migliori, o piuttosto le uniche zone coltivate dell'isola, mentre all'estremità della baia si elevano, l'uno di fronte all'altro, i due centri abitati più importanti: Lexurion e Argostolion. Le coste sono di regola ripide, con numerosi scogli e isolette; l'interno, montuoso e impervio, si alza a S. fino a 1620 m. negli Elatovuno o Mavrovuno (l'Αἰνός o "terribile" delle fonti classiche, M. Nero nei ricordi della dominazione veneta), il cui nome allude al rivestimento di Conifere che una volta ammantava tutta l'isola.

Il clima è mite, ma più caldo di quello di Corfù (Argostolion: media temperatura annua: 18°,1; luglio 26°,3; gennaio 11°,0); sebbene d'inverno cada neve sui monti e le piogge sieno abbondanti (media annua: 859,8 mm.; giorni piovosi 106, nebulosità 30), l'aspetto dell'isola è brullo (mancano del tutto i fiumi), specialmente nella parte settentrioale, atta solo al pascolo degli ovini.

L'attiva popolazione trae quanto può dalle modeste risorse naturali; ma i cereali sono insufficienti al consumo, e poco dànno agrumi e olivi. Solo dell'uva una certa quantità può essere esportata. Buoni marinai, gl'isolani si spingono, pescando, lungo le coste della Morea. Le donne, per lo più, provvedono al lavoro dei campi, alla tessitura e all'industria domestica del vasellame. Le difficili condizioni in cui la popolazione è costretta a vivere spiegano la sua recente diminuzione: da 83.363 ab., quanti il nomo (comprendente anche Itaca, in totale 872 kmq.) ne contava nel 1896, si è scesi a 66.414 nel 1928. Dei centri abitati il maggiore, Argostolion, che è il capoluogo del nomo, conta appena 8293 ab. (1928): ha un buon porto, e una certa importanza culturale (scuola d'agricoltura, museo, biblioteca e archivî con documenti veneti).

L'isola deve larga notorietà ai famosi "mulini di mare" di Argostolion e alla "pietra oscillante" dell'Akrotiri. I primi - ruote di mulini mosse dall'acqua del mare che precipita in un καταβόϑρον (baratro) d'una quarantina di m. di profondità a 1,50 m. sotto il livello del mare - sembra stiano in rapporto con una specie di tiraggio d'un sifone rovescio, determinato dall'azione d'una corrente d'acqua dolce che s'innesta, mediante un canale sotterraneo ad angolo acuto, a condotti comunicanti con l'acqua del mare. La seconda (κουνίπετρα), che si ripete in altre parti dell'isola, è dovuta all'oscillazione impressa dal moto ondoso in un angusto canale a massi in equilibrio più o meno instabile.

Storia. - L'isola nell'antichità. - L'isola è stata abitata da tempi assai remoti; resti di stazioni neolitiche, probabilmente del III millennio a. C., con numerose tombe rotonde ed elissoidali, sono stati rinvenuti a sud dell'antica Crane (v. sotto), nelle località di Alafona e Riza; un'altra necropoli preistorica più tarda, che si inizia con la prima metà del II millennio a. C., è quella di Canchélisses, fra i villaggi di Coccolata e Menencata, con tombe a cassetta, contenenti anche oggetti di bronzo; entrambe queste stazioni esistettero anche nell'epoca micenea; ma i ritrovamenti più importanti per la civiltà micenea nell'isola sono stati fatti nelle tombe a cupola scavate nella roccia, presso Livathò (Mazaracata).

In epoca storica invero esistevano nell'isola quattro città, ciascuna autonoma e indipendente, col proprio territorio e una propria zecca; la conformazione naturale di Cefalonia, con le tre profonde insenature di mare dei golfi di Livadi, di Myrto e di Samos che la suddividono quasi in tre penisole staccate, disposte in senso longitudinale, e con l'aspro dorsale montuoso che passa pure longitudinalmente proprio nel mezzo della sezione centrale dell'isola, ha permesso solo uno scarso contatto fra le sue città, che non sono mai riuscite a unirsi durevolmente, ciò che spiega come la maggiore delle isole Ionie non ha avuto parte decisiva in nessuno degli avvenimenti della storia ellenica.

Il lato orientale di Cefalonia era diviso fra le due città di Same e di Pronni, che avevano eretto presso i confini dei proprî territorî una serie di luoghi fortificati. Same, o Samos, in ottima posizione dominante il golfo omonimo, occupava il versante della duplice collina che sovrasta al villaggio moderno di tal nome. Verso sud la valida fortificazione nella località Κάστρο 'ς τή ‛Ράχι rappresenta il confine col territorio di Pronni (Πρωννοί o Πρῶννοι). I più estesi e più interessanti fra tutti i ruderi dell'isola sono però quelli di Crane (Κράνη o Κράνα, talora chiamata anche col demotico Κράνιοι, Cranii), la città che dominava tutto il territorio a occidente del dorsale longitudinale dell'isola, e presso la quale si sono rinvenute le più antiche abitazioni cui abbiamo sopra accennato, si conservano tratti assai cospicui di due cinte di Crane, la più stretta delle quali scende fin quasi alla laguna di Cùtavo, cioè la parte più occidentale della baia di Argostoli, racchiudendo l'acropoli sull'attuale altura di Pezùles, mentre la più vasta si estende da questa altura verso sud-ovest, interrotta ogni tanto da forti bastioni quadrati, abbracciando uno spazio di quasi 150 ettari; lo spessore di tali mura raggiunge i 3.50 m., con due accurate facce di costruzione poligonale, e uno strato intermedio di riempimento; nella folta macchia della regione sono sparsi pittorescamente lunghi tratti di mura, che si ergono in qualche punto ancora all'altezza di circa 3 m., resti di torri e di porte. Già ai tempi di Tolomeo, Crane era stata abbandonata e la popolazione si era trasferita probabilmente nel punto della capitale medievale di S. Giorgio (v. argostoli). La quarta città dell'isola, Pale (Πάλη), giaceva su una collinetta, che scendeva con dolce declivio verso il mare e ripidamente verso la terra ferma, a 11/2 km. a nord dell'odierna Lexurion, per la costruzione della quale sono state saccheggiate quasi completamente le antiche rovine. Una città chiamata Cefalonia, nominata da Tolomeo (III, 13, 9), probabilmente non è mai esistita, mentre nel Medioevo "città di Cefallenia" è chiamato il forte di S. Giorgio.

Gli abitanti di Cefalonia, di ceppo e di parlata dorica, erano al principio della loro storia verosimilmente in stretta relazione con Corcira; secondo il sistema corcirese sono coniate le più antiche monete dell'isola, che risalgono circa al 500 a. C.; è ricordata una sola colonia cefalonita, Astaco, sulla costa dell'Acarnania; solo nel 456 una flotta ateniese sotto Tolmide costrinse le quattro città dell'isola a passare dalla parte di Atene; essendo queste di nuovo alleate degli Ateniesi all'inizio della guerra del Peloponneso, nel 431 i Corinzî sbarcarono presso Crane; i Cefaloniti prestarono aiuto al generale ateniese Demostene nel 426, e inviarono opliti nella spedizione di Sicilia nel 413. Una nuova alleanza delle città di Cefalonia con Atene sotto Cabria nel 375 dovette essere effimera, poiché due anni dopo il generale ateniese Ificrate compì una spedizione contro di esse, e, distruttele in parte, le sottomise; nel 371 però erano di nuovo libere. Più tardi, essendo Cefalonia dalla parte della Lega Etolica, la sua flotta combatté contro Filippo V di Macedonia (220-217) e poi contro i Romani; il primo passo per la conquista romana fu la spedizione del console M. Fulvio Nobiliore (189), che, con l'aiuto della Lega Achea, conquistò e distrusse Same dopo un assedio di quattro mesi. Adriano donò tutta l'isola agli Ateniesi e in quel periodo qualche città dell'isola si chiama "libera e autonoma"; numerose monete mostrano la floridezza delle varie città di Cefalonia anche nei tardi tempi imperiali.

Medioevo ed epoca moderna. - Il profondo mutamento dell'equilibrio marittimo nel periodo post-giustinianeo aveva risospinto le basi navali bizantine dislocate verso occidente dall'alto e medio Adriatico verso il settore meridionale. Cefalonia, posta a capo del ducato ionico, divenne perciò un punto strategico essenziale per il controllo di tutto il mare: e maggiore importanza acquistò dopo la perdita, prima di fatto, poi di diritto, dei residui dominî bizantini veneti e dalmati, e sotto la pressione slava che scendeva dal nord e quella saracena che saliva dal sud. Il ducato marittimo di Cefalonia costituì una mirabile difesa delle terre greche meridionali, contro la quale s'infransero gli urti violenti degli Slavi e dei Saraceni nei gecoli X e XI, come poi quelli dei latini veleggianti verso l'Oriente (spedizione di Dariberto pisano del 1099), quelli veneti (1126) e quelli normanni di Roberto il Guiscardo (1082-1085). Con l'instaurazione dell'impero latino d'Oriente, a seguito della IV Crociata, per il trattato del 1204 l'isola con le limitrofe fu nominalmente assegnata ai Veneziani: in effetto fu trasferita in dominio del principe di Taranto, Maio, sotto la protezione veneziana, per passare poi per successione nella famiglia di Tocco della corte feudale angioina. Con altrettante vicende nei secoli XIII-XIV il governo autonomo dell'isola restò sotto il vigile controllo veneziano, che divenne più forte e politicamente e militarmente dopo l'occupazione territoriale di Corfù da parte del governo veneto. Stretti fra il prepotere veneziano e la perenne minaccia turca nei secoli XIV e XV, i titolari dell'isola a più riprese sollecitarono i Veneziani a negoziarne la cessione con una comoda e lauta rendita vitalizia; ma il governo della Repubblica fu poco entusiasta di questa politica, che, senza tangibili vantaggi, minacciava di accrescere le già grandi difficoltà che tormentavano l'equilibrio del basso Adriatico. Esso preferì perpetuare un equilibrio instabile tra infidi amici per impedire la coalizione greca, che agli albori del sec. XV si stringeva contro i suoi interessi a fianco dei Turchi. Per tutto il secolo Venezia si sforzò di combattere le insidie quotidianamente originate da questo intrigo con una costante politica d'indebolimento delle forze locali e speculando sui loro contrasti, senza assumere le responsabilità e il peso d'una diretta difesa. Tale indebolimento però si ritorse a suo danno, perché Cefalonia nel 1479 cadde facile preda dei Turchi, inducendo il governo lagunare a mutare la secolare politica del basso Adriatico. Venezia tornò alla riscossa; riscattò con le squadre di Benedetto Pisani e di Consalvo di Cordova parte dei possessi perduti, e quanto riscattò, incorporo nel suo dominio di Levante (1500). Con questo Cefalonia fu aggregata al dominio veneziano sotto il governo d'un Provveditore. Essa divenne per tre secoli una delle migliori difese del sistema navale del basso Adriatico contro la marcia irresistibile del Turco. Alla sua rovina, nel 1797, il governo ducale la lasciò in eredità, con la medesima funzione, rivolta più contro l'Austria che contro la Turchia, alla Francia; e con la medesima funzione passò nel 1809 sotto il controllo inglese, fino alla sua annessione alla Grecia (1827).

Bibl.: Sulla geografia dell'isola, v.: V. Simonelli, I mulini di mare e gli scogli barcollanti dell'isola di C., in Atti IV Congr. geogr. ital., Milano 1902; E. Fels, Korfu, Kefallenia, Ithaka, ein wirtschafts- und Kulturgeographischer Vergleich, Monaco 1927. - Sull'isola nell'antichità, v.: E. Livieratos, Alterthümer von der Insel Kephallenia (in greco), Erlangen 1880; I. G. Biedermann, Die Insel Kephaellenia im Altertum, monaco 1887; J. Partsch, Kephallenia und Ithaka, Gotha 1890 (trad. greca, Atene 1892); A. E. H. Goekoop, Ithaque la grande, Atene 1908; Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., XI, col. 193 segg. - Sulle scoperte preistoriche, v.: P. Kavvadias, 'Ανασκαϕαὶ ἐν Κεϕαλληνία, Atene 1910; id., Προιστρορικὴ ἀρχαιολογία, Atene 1914, p. 355 segg. - Per le monete, cfr. Brit. Mus., Cat. of Greek Coins, Peloponnesus, p. 77 segg.; B. V. Head, Historia Numorum, 2ª ed., Oxford 1911, p. 426 segg. - Sull'isola nel Medioevo e nell'epoca moderna, v.: Andreádes, Περὶ τῆς οικονομικης διοκήσεως της Επτανήσον ἐπὶ Βενετοκρατίας, Atene 1914; Toso, Relazione di A. Giustiniano e O. Valier su Cefalonia, Dalmazia, Albania (1576), Venezia 1888; G. M. Monti, La Puglia e l'espansione in Levante, Bari 1930; G. Heyd, Storia dei commerci dei Latini in Levante nel Medioevo, in Bibl. dell'economista, s. 5ª, X.

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