Cda (consiglio di amministrazione)

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

cda (consiglio di amministrazione)

Antonio Parbonetti

cda (consiglio di amministrazione)  Organo collegiale di gestione delle società di capitali, ossia delle società per azioni, a responsabilità limitata, in accomandati per azioni e delle società cooperative. Esso è disciplinato dal codice civile al titolo V del libro V (artt. 2380-2409 novesdeciem).

Composizione

I membri del cda (ingl. board) sono denominati amministratori e sono eletti dall’assemblea dei soci; è però possibile che alcuni suoi componenti vengano cooptati dal cda medesimo in modo da coprire posti eventualmente vacanti. La durata del cda è fissata generalmente dallo statuto di ciascuna società; il codice civile  stabilisce invece (art. 2383 c.c.) la durata massima e decreta che «gli amministratori non possono essere nominati per un periodo superiore a 3 esercizi». Essi, tuttavia, salvo diversa disposizione dello statuto della società, possono essere rieletti. Il cda nomina tra i suoi componenti il presidente, a meno che questo non sia nominato direttamente dall’assemblea dei soci. Il presidente ha un ruolo di primaria importanza. Suoi compiti, infatti, sono convocare il cda, stabilire l’ordine del giorno, coordinare i lavori e fare in modo che le informazioni relative agli argomenti posti all’ordine del giorno giungano tempestivamente a tutti gli amministratori.

Struttura

Il codice civile fissa 3 diverse strutture del cda: il sistema cosiddetto tradizionale, che prevede la presenza di un organo di controllo separato dal cda, denominato collegio sindacale (➔), nominato direttamente dall’assemblea dei soci e del quale non possono fare parte gli amministratori; il sistema monistico, nel cui ambito il controllo e la gestione sono esercitati rispettivamente da un comitato per il controllo, interno al consiglio di amministrazione e composto da amministratori, e dal cda; il sistema dualistico, di origine tedesca, al cui interno il cda è sostituito da due organi collegiali, il primo è il consiglio di sorveglianza, i cui componenti sono nominati dall’assemblea dei soci, e il secondo è il consiglio di gestione, i cui membri sono eletti dal consiglio di sorveglianza.

Funzioni

Il cda può delegare le proprie attribuzioni a un comitato esecutivo composto solo da alcuni amministratori o a uno o più amministratori, denominati amministratori delegati (➔ anche amministratore). È il cda che determina il contenuto, i limiti e le modalità di esercizio della delega. Esso, inoltre, può in qualunque momento deliberare anche sulle materie oggetto di delega. In ogni caso non possono essere delegate: la facoltà di emettere obbligazioni convertibili in azioni (art. 2420 ter c.c.); la redazione del bilancio di esercizio (art. 2423 c.c.); la facoltà di aumentare il capitale sociale (art. 2443 c.c.); gli adempimenti relativi alla riduzione del capitale sociale per perdite (art. 2446 c.c.); la redazione del progetto di fusione con altre società (art. 2501 ter c.c.); la redazione del progetto di scissione della società (art. 2506 bis c.c.).

In termini generali, il cda svolge una funzione strategica di vaglio, elaborazione e supporto del processo decisionale e una di controllo. Nelle società quotate caratterizzate da un capitale frazionato e dalla presenza di azionisti non direttamente coinvolti nella gestione, la funzione di controllo assume una notevole importanza. Nel momento in cui il controllo non dovesse essere adeguato, una società potrebbe incontrare, infatti, rilevanti difficoltà nell’attrarre gli investitori e di conseguenza il capitale di rischio. Essenziale ai fini del corretto esercizio della funzione di controllo è la presenza degli amministratori indipendenti, ai quali, secondo l’agency theory, dovrebbero essere assegnati 3 ruoli chiave: la selezione dei nuovi amministratori; la remunerazione dei dirigenti di più alto grado nella scala gerarchica, a partire dall’amministratore delegato; l’esercizio di un controllo sulla correttezza amministrativa e delle informazioni elaborate dal sistema contabile. Nella prassi, anche sotto la spinta dei codici di autodisciplina (➔ autodisciplina, codice di) sulla corporate governance (➔ governance) presenti in quasi tutti i Paesi del mondo, la maggior parte delle società quotate ha attribuito agli amministratori indipendenti importanti ruoli di controllo, in linea con quanto previsto dalla agency theory.

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