ZENO, Caterino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZENO, Caterino

Martino Mazzon

Nacque il 12 luglio 1418, probabilmente a Venezia, da Anna Morosini di Giovanni (nipote del doge Michele) e da Dragone (Piero) Zeno quondam Antonio, della famiglia ‘dei Crociferi’ (o 'dei SS. Apostoli', e nel secolo seguente ‘dei Gesuiti’), discendente da Marco detto Cumano, fratello del doge Ranieri (v. in questo Dizionario).

Il nonno di Caterino era fratello di Carlo Zeno (v. in questo Dizionario), ed è noto soprattutto per i viaggi compiuti assieme all’altro fratello Nicolò (v. in questo Dizionario), che li avrebbero portati a toccare il Nordamerica (ma tutta la vicenda è controversa). Anche Dragone, padre di Caterino, viaggiò a lungo in Asia (alla Mecca, a Bassora e in Persia, fino alle porte dell’India), morendo – pare a Damasco – quando Caterino era ancora fanciullo, dato che Anna era vedova quando (1430) il figlio Giovanni fu presentato in Avogaria per il sorteggio della ‘Barbarella’ per l’ingresso anticipato in Maggior Consiglio; altri figli della coppia furono Nicolò e Antonia, che sposò Antonio Zorzi (1439).

Caterino fu presentato il 2 dicembre 1439 da Anna e dai fratelli di lei e, in gioventù, partecipò alle ‘mude’ (convogli commerciali organizzati dallo Stato) di Alessandria (1445) e della Tana (1446), in qualità di balestriere (o ‘nobile della galera’), un incarico con il quale i giovani patrizi si impratichivano della vita di mare, potendo anche fare piccole speculazioni commerciali in proprio.

Dal 1448 iniziò a ricoprire cariche pubbliche: fu per due anni avvocato dello Stato nelle curie minori (carica molto lucrosa), venne eletto più volte in Quarantia (1448-55) e fu caposestiere di San Marco (1450). Nel 1453 sposò Violante, figlia di Nicolò Crispo, signore di Siro e Santorini e reggente del ducato dell’Arcipelago (o di Nasso).

I Crispo erano vassalli di Venezia dal 1418 e le sorelle della giovane erano già sposate con altri patrizi; da Fiorenza e Marco Corner el Cavaliernacque Caterina, futura regina di Cipro. I rapporti degli Zeno con l’Egeo non erano una novità: un ramo della famiglia – grazie a un altro legame con i Crispo – aveva governato Andro fra 1384 e 1437. Le parentele di Violante avrebbero avuto un ruolo decisivo, anche se non del tutto chiarito, nella famosa missione in Persia di Caterino.

Il 14 agosto 1454 Violante Zeno, incinta, testava per assicurare l’eredità al marito in caso di morte propria e del nascituro; dall’entità dei lasciti pro anima, sembrerebbe che la dote non fosse troppo elevata. La famiglia Zeno, comunque, partecipò anche alla penetrazione fondiaria in Terraferma (con proprietà a Camposampiero e a Camponogara). Nel 1455 Caterino prese parte come patron (concessionario e, almeno di nome, capo della società appaltatrice) di una galera alla muda di Siria (o ‘di Beirut’); nel 1463, invece, divenne sopracomito, (capitano) di una galera sottile, e nel 1467 fu eletto ufficiale sopra i dieci Offici, con il compito di giudicare le vertenze sui noli e sulle merci trasportate sulle galee.

Gli Ufficiali entravano in Senato e forse per questo l’umanista Filippo Buonaccorsi (Callimachus Experiens), scrisse nel 1482-86 che Caterino, «vir haud dubie facundus atque solers», proveniva «ex senatorio ordine» (Callimacus Experiens, 1533, c. P1r); ma si può anche trattare semplicemente dell’appartenenza a una ‘famiglia senatoria’ (lo strato superiore del patriziato); in ogni caso, fino a quest’epoca, egli non pare aver partecipato ai Consigli che tenevano le redini dello Stato, e nemmeno aver avuto incarichi diplomatici.

La svolta decisiva avvenne per lui il 7 marzo 1471, quando fu scelto quale oratore per trattare un’alleanza con lo shah persiano Uzun Hasan, dopo che altri due patrizi avevano entrambi rifiutato quell’incarico difficile e pericoloso, pur se potenzialmente foriero di grande prestigio.

Dopo la perdita di Negroponte (1470), Venezia era alla ricerca di alleati contro i Turchi, sia in Europa che in Asia. Uzun, capo del clan turcomanno del Montone Bianco, aveva restaurato un regno persiano a cavallo degli attuali Turchia, Azerbaigian, Iraq e Iran, con capitale Tabriz. Vi era già stato uno scambio di ambasciatori, e, dopo che l’inviato persiano aveva relazionato alla Signoria sulle campagne contro gli Ottomani, il Senato aveva deciso che un patrizio lo accompagnasse nel ritorno, rimanendo poi presso il sovrano.

La scelta di Zeno fu, secondo il racconto tradizionale, dovuta anche a un legame con Uzun tramite le rispettive consorti: una delle mogli dello shah era la Despina (‘signora’ o madonna in greco, ma in Persia il titolo, abbinato a quello turco-mongolo di khatun ‘principessa, regina’, sostituiva il nome proprio) Teodora, della stirpe degli imperatori greci di Trebisonda (i Grandi Comneni), la cui figura di bellissima fanciulla cristiana costretta a sposare un musulmano, ma che aveva conservato la propria fede, era divenuta leggendaria in Europa (la ‘principessa di Trebisonda’), con riflessi anche nell’arte e nella cultura popolare. Secondo la tradizione, la principessa era zia o (più verosimilmente) cugina di Violante, a sua volta figlia di un’altra Comnena.

Alla parentela non si fa invero riferimento nelle Commissioni del Senato (18 maggio e 10 settembre), che pur prescrivevano a Caterino di presentarsi anche alla Despina, ricordandole i legami fra Venezia e Trebisonda e chiedendole di intercedere a favore dell’alleanza; e non si è mancato di ipotizzare che gli Zeno o la Signoria abbiano ‘inventato’ il legame con Violante. Il racconto tradizionale rimane tuttavia credibile: anche Lazzaro Querini, primo oratore a Tabriz, era genero di Marco Corner, e quindi legato ai Crispo.

Caterino raggiunse la Persia nell’aprile 1472 e vi rimase un anno e mezzo, riuscendo a costruire un’alleanza solida, che si conservò fino alla morte di Uzun, anche con Giosafat Barbaro e Ambrogio Contarini, giunti in Persia dopo la sua partenza per sostituirlo. Che la relazione fra Zeno e il sovrano fosse così stretta da insospettire la stessa Signoria, è testimoniato anche dalla Commissione di Barbaro, nella quale gli si chiedeva di indagare se Caterino avesse già ottenuto un impegno perpetuo dallo shah, ma temporeggiasse nel farlo sapere in patria.

L’alleanza fra Venezia e la Persia costrinse Maometto II all’impegno contemporaneo nel Mediterraneo e sul fronte anatolico; per questo motivo la congiuntura degli anni 1471-73 fu quella in cui apparve più probabile l’arginamento dell’espansione turca e perfino la riconquista di Costantinopoli. Ma l’occasione favorevole fu perduta e la vittoria dell’esercito ottomano su quello persiano a Otlukbeli (11 agosto 1473) chiuse definitivamente questa fase.

Dopo la sconfitta, fu Uzun stesso, nella necessità di rinsaldare il proprio potere, a chiedere a Caterino di rientrare in patria per la via di Caffa, che lo avrebbe portato ad attraversare l’Europa centrale, per cercare per lui alleanze in quell’area – che già dall’anno successivo sarebbe stata interessata dalle scorrerie turche - oltre che fra i principi italiani.

Lo Shah affidò al veneziano una lettera per il Doge, nella quale ammetteva la sconfitta subita, ma cercando di ridurne la portata. Zeno espresse nella traduzione ufficiale – con visibile orgoglio – la sua nuova, singolare posizione intitolandosi «magnifico domino Catarino Zeno veneto oratore illustrissimi Dominii Venetiarum ad […] dominum Assanbech ac oratore prefacti domini Assanbech ad Summum Pontificem, ad Serenissimum Imperatorem Romanorum, ad […] Ferdinandum regem Siciliae, ad […] Cassimirum regem Poloniae, […] Mattiam regem Hungariae, nec non ad prefactum […] Dominium Venetiarum» (Archivio di Stato di Venezia, Commemoriali, reg. 16, c. 77v).

Dopo aver superato difficoltà e peripezie (dovette perfino vendere come schiavo il suo servitore), Zeno raggiunse l’Europa centrale e, poiché l’imperatore Federico III, sottoposto alla pressione ungherese e poco amico di Venezia, non si mostrò interessato all’alleanza, soggiornò prima alla corte di Casimiro di Polonia, e poi a quella di Mattia Corvino, re d’Ungheria.

Figlio del mitico ‘nemico dei Turchi’ Giovanni Hunyadi (a sua volta, per le leggende greche, nato da una principessa bizantina), Corvino era all’epoca il più potente sovrano della regione e uno splendido mecenate delle arti (sembra abbia regalato a Zeno un organo, oggi al Museo Correr di Venezia), aveva raccolto una ricchissima biblioteca poi finita a Istanbul (alcuni pezzi furono acquistati dagli Zeno nel XVI secolo) e già nel 1463 si era alleato alla Signoria col tramite del cardinale Bessarione, originario di Trebisonda.

Re Mattia fu largo in promesse e il 20 aprile 1474, a Buda, conferì a Caterino il rango di cavaliere, ma di fatto i colloqui non raggiunsero il risultato sperato.

L’attività di ambasciatore dello shah proseguì anche dopo il rientro a Venezia: il 22 agosto 1474 la Signoria decise l’invio di quattro oratori a Roma e a Napoli, e a loro fu affiancato, con precedenza di rango, proprio ‘l’ambasciatore di Persia’ Zeno.

Caterino era ancora impegnato in questa missione quando (8 ottobre 1474) fu eletto governatore delle Entrate, stabilendo di riservargli la carica fino al ritorno (gennaio 1475). Negli anni successivi riprese il ‘comune’ cursus honorum patrizio, ma a più alti livelli: il 29 settembre 1476 entrò in Consiglio dei Dieci, il supremo organo giurisdizionale e politico, in cui, nei mesi successivi, fu più volte capo o inquisitore; quindi, nel maggio 1477, fu eletto patron all’Arsenalun incarico ‘tecnico’ ma di grande rilievo, tradizionalmente affidato agli ex capi dei Dieci.

I patroni avevano piena giurisdizione sui reati commessi nell’Arsenale ed erano aggregati al Senato con facoltà di proposta; uno di essi a turno teneva la cassa, e partecipava al Collegio.

Nel novembre successivo, Zeno fece iscrivere in Avogaria il figlio Pietro, nato attorno al 1457-58, per il sorteggio della ‘Barbarella’; forse era già malato, perché il notaio usò l’espressione fecit scribere anzichè presentavit, che ne avrebbe implicato la presenza fisica nell’ufficio.

Pietro avrebbe seguito la tradizione familiare divenendo ambasciatore a Costantinopoli (morì ultraottantenne nel 1539 a Sarajevo in Bosnia, nel corso della sua ultima missione). Oltre a lui, Caterino ebbe anche delle figlie e, l’8 gennaio 1476, il Senato stabilì di ricompensare le sue benemerenze stanziando 1500 ducati per la dote di una di esse; potrebbe trattarsi di Andriana, che in quell’anno sposò Federico Gradenigo. Secondo le genealogie dei signori dell’Arcipelago compilate da Carl Hopf, un’altra figlia (non ne è noto il nome) sarebbe andata in moglie a Leone di Sommaripa, signore di Andro. A. M. Tasca, nella sua rielaborazione delle Genealogie Barbaro, cita anche un figlio di nome Ottaviano cameriere di papa Innocenzo VIII, ma si tratta quasi certamente dello sdoppiamento di un membro più recente del casato, cameriere di Paolo III e figlio di un altro Caterino.

Caterino Zeno morì entro il 20 ottobre 1479 (quando Pietro venne qualificato quondam ser Caterini equitis in un registro dell’Avogaria) e, probabilmente, già prima del giugno 1478, quando fu eletto in anticipo un nuovo patron all’Arsenal (si noti che per tutto l’anno a Venezia infuriò la peste). Secondo il Campidoglio Veneto, fu sepolto nella chiesa dei Crociferi (uno dei quali l’aveva seguito in Persia come cappellano) poi beneficata anche dal figlio.

Poco prima, nella notte fra 5 e 6 gennaio 1478, era morto Uzun Hasan, lasciando la Persia in preda alle lotte per la successione.

Il racconto dei viaggi di Caterino (assieme alle vicende degli avi Nicolò e Antonio nel Nord) è contenuto nei Commentarii, un testo – peraltro discusso – pubblicato dal pronipote Nicolò Zeno nel 1558. Il resoconto si chiude narrando come nel 1512 una figlia della Despina, esule a Damasco, riconobbe Caterino, nipote omonimo dell’ambasciatore, e lo accolse calorosamente come parente; l’anziana principessa sperava di rientrare in patria (dove stava assumendo il potere lo shah savafide Ismail, suo nipote) e invitò a seguirla il giovane, che non accettò, ma fu comunque fatto arrestare dal Sultano per sospetta intelligenza con i persiani. La discendenza dai Comneni attraverso Violante Crispo, che assicurava un legame con quasi tutte le famiglie reali europee, divenne nei secoli seguenti uno dei nuclei fondanti dell’autorappresentazione aristocratica degli Zeno e dei loro parenti (come gli Zabarella di Padova).

La sorte di Caterino Zeno, ambasciatore in Persia, fu certamente singolare: pur provenendo da una famiglia di grande prestigio, rimase a lungo escluso dai maggiori Consigli, e non ebbe mai un ruolo in Terraferma. Anche il matrimonio, inizialmente, non mutò la sua sorte; del resto, il prestigio dei signori delle isole greche si fondava solo sulla qualifica di principi, unico frutto che ricavavano dai loro scogli. In seguito, tuttavia, le relazioni dei Crispo, assieme alla tradizione marinara e allo spirito di avventura così caratteristici di tanti membri del suo casato, gli permisero di cogliere e sfruttare al meglio la grande occasione che gli si presentò quando era ormai sulla mezza età; quella missione fece finalmente decollare la sua carriera che però, per ironia del destino, doveva di lì a poco essere stroncata dalla morte.

La sua fama rimase così legata unicamente ai suoi viaggi straordinari, che nei secoli successivi ispirarono narrazioni controverse come i Commentarii e perfino letteratura sostanzialmente fantastica, come la Storia curiosa (1783) di Vincenzo Formaleoni.

Fonti e bibliografia

Archivio di Stato di Venezia, Avogaria di ComunBalla d’Oro, regg. 162-I, c. 181(173)r; 163-II, c. 31(24)r; 164-III, c. 347v; Avogaria di ComunProve d’età, regg. 170-II, c. 263(257)r; 171-III, cc. 111r, 242v; Avogaria di ComunProve di età per patroni di galere ed altre cariche, reg. 178-II, cc. 47r, 51v, 116r; Commemoriali, reg. 16, cc. 78(77)v-79(78)r; Consiglio di DieciMisti, reg. 18, cc. 229(173)r, 230(174)v, 239(183)r, 241(185)r; Misc. Codici, Storia Veneta, bb. 17-23: M. Barbaro - A.M. Tasca, Arbori de’ patritii veneti, I- VII (in partic. bb. 19 [III], p. 33; 20 [IV], p. 81; 22 [VI], p. 319; 23, [VII], pp. 337-381; 414; NotarileTestamenti, bb. 1149: atti Benedetto, n. 258; 1213: atti Marsilio, nn. 888 s.; 1216: prot. II, n. 99; Segretario alle Voci, regg. 4, cc. 18v, 34v, 121v, 126r, 129v, 142r; 6, cc. 32v, 61r, 62r,89v; SenatoSecreta, reg. 25, cc. 11(2)v-12(3)r, 33(24)r-34(25)r, 69(60)v-70(61)r, 162(153)v-163(154)r, 181(171)v-183(173)r, 190(180)v; Treviso, Biblioteca comunale, ms. 777: Genealogie Barbaro, cc. 476v-480v; Venezia, Biblioteca nazionale Marciana, ms. It. VII, 18 (8307): Campidoglio Veneto, IV, cc. 215v-227v (in partic. cc. 217v-218v, 223v-224r); P. Callimacus Experiens, De bello Turcis inferendo [et] historia […] de Persis ac Tartaris contra Turcos movendis, Haganoae 1533, cc. P1r-Q1v; Marci Antonii Sabellici Historiae Rerum Venetarum, Basileae 1556, pp. 921, 930, 937 s.; Domenico Malipiero, Annali Veneti, Firenze 1843, parte I, pp. 67-105, passim; Marino Sanudo, Le vite dei dogi. 1474-1494, a cura di A. Caracciolo Aricò, II, Padova 1989, pp. 22, 142, 219; Le vite dei Dogi. 1423-1474, a cura di A. Caracciolo Aricò, I, Padova 2004, pp. 143, 164, 175 ss., 199, 201 s., 223-236, 277-279.

N. Zeno, Dei commentarii del Viaggio in Persia di m. Caterino Zeno […] libri due, Venezia, F. Marcolini, 1558; V. Formaleoni, Caterin Zeno. Storia curiosa delle sue avventure in Persia, Venezia 1783; C. Hopf, Chroniques gréco-romanes, Berlino 1873, p. 483; E. Haraszti, L’organo di Mattia Corvino nel Museo Correr di Venezia in Archivio di scienze, lettere ed arti della società italo-ungherese Mattia Corvino, suppl. a Corvina. Rassegna italo-ungherese, II, 2 (1940), pp. 35-52; M. Kuršanskis, La descendance d’Alexis IV, emepereur de Trébizonde. Contribution à la prosopographie des Grands Comnènes in Revue des études byzantines, XXXVII (1979), pp. 239-247; L’estimo veneziano del 1379ad ind., http://www.estimoveneziano1379.it/ (19 settembre 2020).

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