CATARI

Federiciana (2005)

Catari


L'eresia dei catari sembra sorta per infiltrazione in Occidente dei bogomili (dall'antico bulgaro bogumil, 'caro a Dio'), una setta presente in Tracia e in Bulgaria fin dal X secolo. Trovò un terreno favorevole in Europa tra XI e XIII sec. per il fermento sociale e religioso che accompagnò l'ascesa delle nuove classi urbane: dapprima a Colonia e in Renania, dei cui gruppi ereticali parla la lettera di Evervino di Steinfeld a s. Bernardo (1144); poi nella Francia settentrionale (Borgogna e Champagne) e nelle Fiandre; nella Francia meridionale (Provenza), dove prese vita il movimento degli albigesi (dalla città di Albi); quindi in Dalmazia e in Italia settentrionale, dove si chiamarono patarini perché ritenuti continuatori della patarìa milanese. Nel 1167 gli eretici provenzali e italiani tennero un vero e proprio concilio a Saint-Félix-de-Caraman, presso Tolosa, in cui si posero le basi per la Chiesa catara, organizzata in vescovati e diocesi.

I catari, cioè i puri (dal greco katharòs), affermavano, al pari dei manichei, una concezione dualistica della realtà. Secondo i loro miti cosmogonici, all'origine dell'universo stavano due princìpi coeterni e antitetici: Dio e Satana, spirito e materia. Di conseguenza la salvezza dell'uomo era possibile solo a patto della separazione dell'anima dal corpo, che poteva essere conquistata attraverso la sofferenza fisica e la morte, senza alcuna mediazione né del clero né dei sacramenti. Da questa teologia scaturiva una durissima serie di precetti: ascetismo, verginità, astinenza dalla carne, povertà, condanna del matrimonio e della procreazione. Il radicale spiritualismo e il desiderio di liberarsi dai lacci corporali potevano anche sfociare nel ricorso alla morte volontaria per digiuno, l'endura.

I catari si consideravano l'unica e vera Chiesa di Cristo, in contrasto con quella di Roma, che ne era invece la falsificazione e il tradimento. Si dividevano in due classi fondamentali: i "perfetti" e i "credenti". I primi ‒ sottoposti al rito dell'imposizione delle mani, il cosiddetto consolamentum ‒ erano simili ai sacerdoti e avevano l'obbligo di rispettare integralmente le norme etiche; gli altri fedeli, pur non aspirando allo stato di perfezione dei "perfetti", dovevano comunque sforzarsi di imitarli.

La religiosità profondamente drammatica dei catari, il coraggio con cui affrontavano le persecuzioni, l'esemplarità della loro condotta confrontata con l'opulenza e la corruzione di tanti prelati, esercitarono un fascino intenso sulle coscienze del tempo, tanto da ottenere l'appoggio non solo delle classi popolari, ma anche di alcuni feudatari. A questi successi si oppose con intransigenza la Chiesa romana, attivando controversisti, come s. Bernardo, e inviando missionari. La controffensiva papale sfociò, nel 1209, nella crociata promossa da papa Innocenzo III contro gli albigesi, che si concluse dopo lunghe ed efferate campagne con lo sterminio degli eretici provenzali e con l'annessione della Francia meridionale al Regno capetingio (pace di Parigi, 1229). Federico II a sua volta combatté i catari nel settentrione italiano, dove si erano rifugiati molti albigesi, e nel 1224 emanò una disposizione legislativa che introduceva la pena di morte per eresia, convinto, come confermavano le Costituzioni di Melfi (1231), che le idee dualistiche comportassero una negazione dell'autorità regia.

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