DALBONO, Carlo Tito

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 31 (1985)

DALBONO, Carlo Tito

Mariantonietta Picone Petrusa
Magda Vigilante

Nacque a Napoli il 2 genn. 1817, da Paolo ed Adelaide Lucangeli; era fratello di Cesare.

Apparteneva a una famiglia di origine bolognese benestante che dopo rovesci economici era caduta in miseria. Il padre (1782-1864), rimasto orfano e povero, cominciò come fabbro, poi divenne staffetta nei viaggi fra Roma e Napoli e nel 1830 direttore e ispettore generale delle poste di Napoli e di Sicilia. La madre era figlia dell'architetto e scenografo, allievo di Piranesi, C. Lucangeli; poetessa, arcade, fu molto stimata dal Monti.

Il D. rivelò, fin dall'adolescenza, un temperamento fantasioso e stravagante, naturalmente attirato dal mondo favoloso e leggendario delle tradizioni popolari napoletane e delle antiche storie locali, che gli ispirarono romanzesche rievocazioni di remote età storiche in racconti accolti con grande favore dal pubblico. Infatti il suo primo racconto, La vergine del castello, liberamente derivato da un'antica cronaca e pubblicato a Napoli nel 1832, ricevette l'onore di ben sei edizioni. Incoraggiato dal successo ottenuto, il D. continuò il fortunato genere letterario, scrivendo nel 1834 sulla rivista L'Iride ilracconto Arrigo e Guiscardo ovvero i Normanni, che ambientò nella avventurosa età in cui i Normanni conquistarono l'Italia meridionale.

Nel 1834 andò a Roma a fare studi di giurisprudenza. Qui cominciò a dipingere e affinò il suo gusto, preparandosi a diventare così critico d'arte. A partire dal 1834 cominciò la sua prolifica attività giornalistica. Collaborò a molte riviste: Le Ore solitarie, Salvator Rosa, L'Albo, La Moda, Poliorama pittoresco, Il Nomade, Il Tiberino di Roma, Pallade, L'Omnibus e così via.

Mentre proseguiva gli studi giuridici non abbandonò gl'interessi letterari e per mantenersi cominciò a copiar lettere per un mercante. A Roma nel 1834 pubblicò il primo volume del Narratore italiano, una raccolta di novelle tratte dalla vita privata o pubblica di alcuni personaggi storici, che fu tradotta anche fuori d'Italia e fu ripubblicata a Napoli nel 1835 e nel 1838 con alcune modifiche.

Frequentando i circoli letterari, conobbe la poetessa Virginia Garli (o Garelli), figlia dell'incisore in pietra dura Giovanni e di Violante dei Ricci, e la sposò nel 1837. Tornato a Napoli subito dopo le nozze, trovò, grazie all'interessamento del padre, un impiego governativo come ispettore della navigazione a vapore (accentuerà a tal punto i suoi interessi scientifici da scrivere un trattato sulle macchine a vapore nel 1848). Nel 1837 il D. seguì, in qualità di segretario, il ministro di Polizia Del Carretto, inviato in Sicilia per sedare i moti contro i Borboni.

A Napoli pubblicò tra il 1841 e il 1843 l'opera in tre volumi, Le tradizioni popolari spiegate con la storia e gli edifizi del tempo, che ottenne l'elogio del Guerrazzi.

Il D. afferma (I, p. XXXVII) di avere raccolto dalla viva voce del popolo le principali leggende e tradizioni napoletane, che intende illustrare storicamente, valendosi di antiche cronache e di altri documenti inediti, ma in realtà egli altera gli ingenui racconti tramandati, con variazioni dettate dalla sua fantasia, e mescola alle antiche false leggende di conio moderno ed individuale. La tradizione o gli antichi edifici di Napoli offrono, quindi, appena uno spunto intorno al quale la fervida immaginazione del D. crea romanzesche invenzioni.

Il primo volume, infatti, si apre con la leggenda di Maria Stella ovvero il palazzo della regina Giovanna, in cui si narra come la crudele sovrana, invaghitasi di un marinaio, dopo aver saziato con lui le sue voglie, avrebbe fatto precipitare il malcapitato in un micidiale trabocchetto, invenzione intessuta dal D. sulla scorta delle numerose leggende ispirate alla figura della regina Giovanna. Allo stesso modo La bella Imbriana, nel volume secondo, offre la storia romanzesca di una donna che, compiendo la beneficenza senza rivelare la propria identità, avrebbe dato origine alla credenza di una fata con questo nome; mentre - nota il Croce in Aneddoti di varia letteratura, p. 39 - a fondamento della leggenda "non c'è di vero se non che mbriana in dialetto significa "aspetto" o "figura" (onde "bella mbriana" o "brutta mbriana"); e che "Bella mbriana", detto assolutamente, o anche la "Mbriana", è la fata benefica delle famiglie".

Nel terzo volume il D. prosegue spedito nelle sue fantasiose interpretazioni, spiegando - ad esempio - il termine "Monacello", con cui a Napoli è denominato lo spirito folletto che compie le stesse gesta del Kobold germanico, attraverso il ricordo storico di re Alfonso d'Aragona, il quale si sarebbe recato, travestito da monaco, a corteggiare la sua amica Lucrezia d'Alagno al palazzo Como al Pendino, che da allora sarebbe stato creduto ospitare un "monacello". Parimenti in tutta l'opera l'origine di alcune frasi proverbiali e dei nomi di strade a cui si collegano superstiziose credenze, è illustrato dal D. nella solita maniera immaginosa.

Ebbe cinque figli di cui sopravvissero due: Edoardo, che divenne un celebre pittore, e Bice, che mori a quindici anni. Per il dolore la moglie morì presto, il 2 ott. 1867.

Dopo i moti rivoluzionari del 1848 i Dalbono, che erano soliti ricevere amici liberali, furono invitati a dimettersi dai loro impieghi governativi. Da allora il D. cominciò a mantenersi solo con la sua attività letteraria. Nel 1850 tornò a Roma insieme al figlio Edoardo che, dopo una prima formazione sugli studi del padre, intraprese la carriera di pittore.

Il D. arricchì i suoi numerosi interessi con frequenti viaggi in Italia e all'estero. In Francia e in Inghilterra intrattenne rapporti familiari con i maggiori ingegni letterari del tempo. Seguace di Walter Scott, ne divenne amico, tanto che gli fece da guida quando lo scrittore inglese venne a Napoli per raccogliere materiali su Masaniello.

Il D. collaborò all'opera diretta da Francesco de Bourcard, Usi e costumi di Napoli e dintorni (il primo volume reca la data Napoli 1853 sul frontespizio, e sulla copertina 1857; il secondo, sul frontespizio Napoli 1858, e sulla copertina, 1866) con vari articoli, in uno dei quali (La taverna, II, pp. 77 ss.) ritrasse la caratteristica figura del "maruzzaro", il venditore ambulante che cuoce attentamente, in grandi pentole di rame terso e luccicante, le sue saporose chiocciole. Compose inoltre versi, novelle, drammi, scritti di storia artistica e guide turistiche: nel 1964 uscì a Napoli il volume Roma antica e moderna, memorie e frammenti, dedicato dal D. alla città che aveva visitato in gioventù, e dove era stato accolto favorevolmente da artisti e letterati; nello stesso anno fu edita a Napoli la Storia di Beatrice Cenci e dei suoi tempi, in cui il D., per primo, pubblicò gli atti principali del processo istruito contro la sventurata fanciulla.

In Italina, memorie postume di una giovinetta (Napoli 1868), il D. ritornò al genere preferito della storia romanzata, descrivendo attraverso le vicende della protagonista avvenimenti e personaggi del proprio tempo, come A. Dumas padre, ospite a Napoli nel periodo 1860-1864, che il D. ricorda con viva simpatia, riconoscendo nell'eccentrico ed anticonformista romanziere francese un temperamento analogo al suo. I limiti di scarsa attendibilità storica rivelati dal D. nelle opere narrative, appaiono evidenti anche nel volume di critica artistica, Massimo Stanzione e i suoi tempi (Napoli 1871) dove il D. utilizzò come fonte principale le Vite de' pittori, scultori ed architetti napoletani, redatte senza eccessiva precisione storica dal De Dominici.

Come critico d'arte aveva una non comune sensibilità per i valori, della pittura, che lo induceva a dare giudizi estetici, talvolta discutibili, ma sempre precisi e penetranti. Interessato alla pittura del sec. XVII, era attratto dal naturalismo, ma nella versione accomadata e classicistica, appunto, di Massimo Stanzione. Fra i caravaggeschi dà molto risalto a Giuseppe Ribera che considera "pensatore ed esecutore" in contrapposizione a Caravaggio, che giudica solo "esecutore" (Ritorni sull'arte antica napolitana, p. 34). Il gusto dell'aneddotico nasceva dalla convinzione che "gran parte di artisti manifestano la propria indole in alcuni fatti speciali della loro vita" (Prefaz. a Bizzarrie e passioni di artisti, p. 3).

Le opere Vizie virtù di antiche famiglie napoletane (Napoli 1874, 2 ediz. illustrata con disegni dal figlio Edoardo) e la Nuova Guida di Napoli (Napoli 1876) si riconnettono, invece, ai volumi precedenti sulle Tradizioni popolari... per la palese contraffazione dei racconti popolari compiuta dal D. anche nel narrare la storia delle antiche famiglie napoletane e dei principali quartieri della città. Infine nel 1878 il D. pubblicò a Napoli un altro volume di storia artistica, Ritorni sull'arte antica napoletana, sulla cui intestazione viene citato con la qualifica di segretario della commissione dei monumenti.

Dal punto di vista ideologico il D. era di orientamento liberale ma in senso moderato: era per l'Italia unita ma auspicava un decentramento regionale, sosteneva la causa della libertà ma temeva la "esuberanza della libertà"; trovava giustamente nel latifondo e nella cattiva amministrazione le cause del brigantaggio ma non osava proporre "la livellazione delle fortune" (in Josafat, p. 501), bensì "l'obbligo ai ricchi... di prestarsi al sussidio dei poveri". Altrove aveva poi affermato che "vano è il pensare che gli ordini della società debbano scomparire. Nobiltà e varietà di classi e di ordini continueranno. Lavori, lavori il plebeo per essere grande, e il nobile scomparirà" (in Vizi e virtù d'illustri famiglie, p. V).

Cresciuto nella stima dei suoi contemporanei, gli furono affidate varie cariche onorifiche e di impegno pubblico: fu segretario della Società dei moriumenti a partire dal 1874, fece parte del Consiglio provinciale, fu infine consigliere comunale nel 1876. Socio di molte accademie, ebbe varie onorificenze, come quella dell'Ordine dei Ss. Maurizio e Silvestro, quella della Corona d'Italia e la commendatizia italiana.

Delle numerose opere del D., oltre a a quelle che abbiamo già citate, ricordiamo: Lettere artistiche, Roma 1834; Roma. Memorie e frammenti, Napoli 1835, 2 ediz. Napoli 1839; Orinthia Colonna, in Iride, 1841, pp. 109-132; Le tradizioni popolari spiegate con la storia, Milano 1844; Le sorelle, romanze e ballate, Paris 1845; Idee, principi e progressi della navigazione a vapore, Napoli 1848; Lettura all'ombra, Napoli 1854; Bizzarrie e passioni di artisti, Napoli 1855; Pareri sulle opere di belle arti esposte nella mostra del'55, Napoli 1856; Climene da Pompeja, (con un saggio critico sul romanzo), Napoli 1859; Livia degli Annibaldi, Napoli 1859; Ultima mostra di belle arti, Napoli 1859; Storia della pittura in Napoli e Sicilia dalla fine del 1600 a noi, Napoli 1859; Napoli e dintorni descritti e dipinti, Napoli 1860; Italina, Napoli 1860; Dugento pagine, Napoli 1861; Storia di Beatrice Cenci e de' suoi tempi con doc. inediti, Napoli 1864; Sguardo artistico intorno alla quinta promotrice napolitana, 2 ediz. Napoli 1868; in collaborazione con altri studiosi: Rimembranze storiche artistiche, a cura di D. del Re, Napoli 1846; Albo artistico napoletano, a cura di M. Lombardi, Napoli 1853; Usi e costumi di Napoli e dintorni, a cura di F. De Boucard, Napoli 1857.

Il D. morì a Napoli il 2 nov. 1880.

Fonti e Bibl.: Necrologio, in Roma, 3nov. 1880; E. Rocco, Il narratore italiano di C. T. D., in Il Progresso di scienze lettere ed arti, IV (1835), pp. 270-272; P. C. Ulloa, Pensées et souvenirs sur la littér. contemporaine du Royaume de Naples, II, Genève 1859, pp. 357-358; M. Monnier, Le mouvement italien à Naples de 1830 à 1865dans la littér. et l'enseignement, in Revue des deux mondes, n. 2, aprile 1865, pp. 1012-1013; V: Dalbono, Il libro del cuore, Napoli 1868, passim, e in part., pp. 96-97; S. Mormone, Siste lector, in C. T. Dalbono, Josafat, mem. brigantesche, 2ediz., Napoli 1872, pp. V-XV; A. Bertolotti, Francesco Cenci e la sua famiglia, in Riv. europea, VIII (1877), pp. 874, 878; Id., Beatrice Cenci e il suo ultimo me nestrello, ibid., X (1879), p. 57; A. De Gubernatis, in Diz. biografico degli scritt. contemporanei, Firenze 1879, ad vocem; F. Verdinois, I Dalbono, in Proffi letterari napoletani di Picche, Napoli 1882, pp. 99-106; P. Zificada, Bio-bibliografia generale ital., Firenze 1887, pp. 273 ss.; E. De Sanctis, La letteratura ital. nel sec, XIX, a, cura di B. Croce, Napoli 1897, pp. 230 ss.; S. Di Ciacomo, Eduardo Dalbono, in Natura ed arte, VIII (1897-98), pp. 110-113, 198-199; L. A. Villari, Itempi, la vita i costumii, e gli amici, le prose, e poesie scelte di F. S. Arabid-, Firenze 1903. pp. 75, 126, 145; R. Artioli, La verità su Beatrice Cenci e la scoperta del ritratto del suo difensore, in Italia moderna, III (1905), p. 234; Il "Roma" nel suo cinquantenario, Napoli 1911, p. 46; O. Giordano, Eduardo Dalbono; i giorni e le opere, Milano 1915, pp. 46-60; B. Croce, La vita letteraria a Napoli, in La letteratura della nuova Italia [1915], IV, Bari 1942, p. 314; L. A. Villari, Un magistrato umanista, Napoli 1917, pp. 230 ss.; E. Giannelli, Edoardo Dalbono, in Artisti napoletani viventi, Napoli 1916, pp. 176-177; B. Croce, False leggende popolari, in Curiosità storiche, Napoli 1919, pp. 158-163; V. Curci, C. T. D. I tempi, la vita, le opere, Caserta1923; B. Croce, Aneddoti di varia letter., IV, Bari 1954, pp. 37-42;. D. Maggiore, Arte e artisti dell'Ottocento napoletano e Scuola di Posillipo, Napoli 1955, pp. 80-81, E. Cione, Napoli romantica, Napoli 1957, ad Ind.; S. Ortolani, G. Gigante e la pittura di paesaggio a Napoli..., Napoli 1970, pp. 2, 74, 78. 80 s.; 104, 121, 141, 149. 164, 167, 173, 178 s.; 183, 186, 188, 216; S. [Sarnek] Lodovici, Storici, teorici e critici delle arti figurative, Milano 1942, ad vocem, pp. 120 s.

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