MONTICELLI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTICELLI, Carlo

Daniele Ceschin

MONTICELLI, Carlo. – Nacque a Monselice il 25 ottobre 1857 da Martino e da Elisabetta Olivetti.

Il nonno paterno Domenico era stato fucilato nel luglio 1849 per l’aiuto offerto alla città di Venezia assediata dagli austriaci e nell’ambiente familiare il giovane respirò gli ideali repubblicani e poi anarchici del padre, direttore delle cave di trachite di Monselice, mentre la madre era maestra in un istituto di suore.

Studente presso il seminario di Padova da dove venne poi espulso, alla fine del 1875 Monticelli iniziò a tessere relazioni con altri giovani monselicesi e con anarchici polesani e ferraresi, attirando ben presto l’attenzione delle autorità. La propaganda internazionalista del gruppo, di cui facevano parte, oltre al padre, anche Ferruccio Duner, Emilio Bertana e il futuro deputato Angelo Galeno, era rivolta in particolare ai ‘priaroli’ delle cave e a qualche artigiano locale, ai quali venivano letti e spiegati giornali come La Plebe, Martello e La Favilla. La visita a Monselice di Andrea Costa, ospitato in casa Monticelli nel marzo 1877, indusse il nucleo anarchico a costituire formalmente una sezione dell’Internazionale, che nel giro di pochi mesi diventò la più importante del Veneto e nel luglio 1878 organizzò il primo congresso regionale. L’attentato di Giovanni Passannante a Umberto I del novembre 1878 fornì alla pubblica sicurezza il pretesto per arrestare Monticelli e i suoi compagni e per azzerare la sezione. Uscito dal carcere nell’aprile 1879, Monticelli riprese i vecchi contatti, discostandosi dalle posizioni costiane. Nel dicembre del 1880 partecipò all’importante congresso di Chiasso e grazie a Carlo Cafiero conobbe Anna Kuliscioff e Amilcare Cipriani. Venne incaricato dell’organizzazione di un congresso anarchico che si tenne nel febbraio del 1881 ad Abano e si concluse con l’arresto di tutti i partecipanti. Tale esito venne imputato alla presenza di un confidente della polizia, Giuseppe Alburno, ma in questa fase lo stesso Monticelli intrattenne rapporti ambigui con le autorità di pubblica sicurezza. Uscito dal carcere dopo un paio di mesi, raggiunse Cafiero a Lugano, ma la sua prospettiva rivoluzionaria venne stroncata da nuovi arresti e ammonizioni. A quel punto si trasferì a Milano, dove nell’ottobre del 1882 fondò il giornale anarchico Tito Vezio, decisamente contrario alla svolta di Costa e costretto a chiudere per i continui sequestri nell’aprile 1883. Condannato a due anni di carcere e a 6000 lire di multa, si rifugiò dapprima a Lugano (dove sposò Valeria Tosi, da cui ebbe quattro figli) e poi a Parigi, dove per vivere si adattò al mestiere di sarto. Qui entrò in contatto con diversi anarchici, tra i quali Pëtr Alekseevič Kropotkin, ma mantenne le relazioni anche con gli ambienti veneti, in quel periodo molto vivaci tra la Bassa Padovana e il Polesine.

Rientrato in Italia nel 1887 grazie a un’amnistia, si trasferì a Venezia e assieme a Emilio Castellani fondò il giornale L’Ottantanove, che dovette chiudere dopo ripetuti sequestri. Fallito il progetto di rilanciare l’anarchismo, nel giugno del 1888 i due accettarono l’invito di Alburno – pur sapendolo una spia – a entrare nella redazione del quotidiano Il Piccolo, di fatto finanziato dalla polizia. Anche questa impresa ebbe vita breve e Monticelli iniziò ad abbandonare gradualmente l’intransigenza anarchica e a guadagnare una posizione eclettica tra rivoluzionari e legalitari con lo scopo di unificare le varie membra del socialismo veneto. Per lui la rivoluzione rimaneva il fine, ma per raggiungerla era necessaria un’adeguata propaganda anche attraverso la partecipazione alla vita pubblica. Così si candidò nella lista socialista nelle elezioni amministrative dell’anno successivo, ma non riuscì eletto. Ribadì il suo eclettismo anche nel congresso di Genova del 1892, ma le divisioni tra anarchici e legalitari erano ormai insanabili ed egli stesso dovette rendersene conto definitivamente nel congresso di Reggio Emilia del settembre 1893, in cui riuscì a far accettare la sua proposta di denominazione del partito (Partito socialista dei lavoratori italiani).

Nel giugno del 1892 fondò il mensile Socialismo popolare, un periodico innovativo, ideologicamente colto a dispetto del nome; la sua pubblicazione s’interruppe però nel marzo dell’anno successivo. Stampato in migliaia di copie, fino a 25.000, e illustrato con pregevoli xilografie, ospitò articoli, saggi e interventi molto rilevanti, tra gli altri di Angelo Cabrini, Andrea Costa, Vittorio Gottardi, Osvaldo Gnocchi Viani, Antonio Labriola, Arturo Labriola, Costantino Lazzari, Guido Podrecca, Camillo Prampolini, Mario Rapisardi, Filippo Turati, Paolo Valera.

Nel frattempo Monticelli fondò a Venezia la Lega per l’emancipazione dei lavoratori e propose l’istituzione di una Camera del lavoro cittadina, poi sorta nel novembre del 1892 grazie anche alla presenza di un’amministrazione progressista. Egli stesso ne divenne segretario l’anno successivo, dimostrando una grande capacità organizzativa sul piano sindacale e nei confronti delle maestranze veneziane. Tuttavia, le accuse di scarsa trasparenza amministrativa, gli attacchi della stampa moderata, in particolare della Gazzetta di Venezia, le tensioni politiche tra le varie anime del socialismo in sede locale, le restrizioni imposte dalla legislazione eccezionale varata per reprimere i Fasci siciliani, indebolirono di fatto le possibilità della Camera del lavoro di fungere da punto di riferimento per le cooperative e le associazioni operaie. La vittoria di una coalizione clerico-moderata nelle elezioni amministrative del 1895 e la conseguente sospensione del sussidio annuale concesso dal Comune di Venezia, determinarono, all’inizio del 1896, le dimissioni di Monticelli dalla carica di segretario.

Dopo un anno di pausa Monticelli riprese la sua attività di propagandista politico all’interno del Partito socialista. Venne candidato più volte alla Camera, senza essere eletto: nel 1897 a Este-Monselice, nel 1900 nel II collegio di Venezia e nel 1904 a Sant’Arcangelo di Romagna. Anche a Venezia continuò a distinguersi per le sue posizioni contrarie ad ogni intransigentismo e favorevoli a una collaborazione amministrativa dei socialisti con le locali forze democratiche, come dimostrarono le tornate elettorali del 1899 e del 1902.

Oltre che instancabile fondatore, animatore e collaboratore di numerose testate anarchiche e socialiste, Monticelli svolse un’intensa attività di pubblicista anche sulla stampa quotidiana. A partire dal 1890 venne assunto come redattore dal Gazzettino, giornale progressista e popolare, occupandosi in particolare della pagina culturale, di teatro e di poesia. Vi rimase, tranne la parentesi dovuta al suo incarico alla Camera del lavoro, fino al 1903, quando venne chiamato a Roma da Enrico Ferri come caporedattore dell’Avanti!, del quale era corrispondente da Venezia dal 1897. L’esperienza romana durò appena due anni, in quanto venne accusato di aver percepito del denaro in cambio di articoli favorevoli alle rivendicazioni della categoria dei catastali. Non riuscendo a dimostrare l’infondatezza delle imputazioni a suo carico di fronte ad una commissione voluta dallo stesso Ferri, all’inizio del 1905 fu costretto alle dimissioni. L’episodio segnò il suo allontanamento dal Partito socialista, caratterizzato da un’acrimonia nei confronti di numerosi vecchi compagni.

Diventato corrispondente parlamentare del quotidiano veneziano L’Adriatico, di orientamento radical-democratico, entrò nella redazione del Capitan Fracassa, giornale di orientamento giolittiano. A questo periodo risale anche la collaborazione con Luigi Luzzatti, in particolare per il sostegno che Monticelli diede al movimento cooperativo e all’Istituto internazionale di agricoltura attraverso il periodico La rivista verde. Il legame con il deputato veneziano si consolidò negli anni successivi e probabilmente gli valse l’assunzione come applicato presso il Ministero di agricoltura, industria e commercio. Nonostante le polemiche a distanza con i socialisti veneziani, egli difese sempre le sue scelte pensando che si conciliassero con gli ideali di un tempo. Per questo motivo nel 1912 iniziò a collaborare con la rivista L’azione cooperativa, organo della Federazione milanese delle cooperative di produzione e di lavoro. La sua adesione alla massoneria fu facilitata, nel 1908, dall’interessamento di Andrea Costa.

Monticelli fu autore di numerose poesie di contenuto politico, di cui circa un centinaio vennero pubblicate in opuscoli o sulla stampa socialista. La sua prima raccolta significativa fu Schioppettate poetiche (Milano 1883), composta da testi scritti in gran parte tra il 1878 e il 1881, durante i periodi trascorsi in carcere. I temi sono quelli del lavoro, dell’anarchia e della plebe oppressa che insorge, anche se trattati con un approccio volutamente colto e a tratti retorico. Il suo testo più conosciuto è La Marsigliese del lavoro, pubblicato nel 1881, che fu poi musicato da Guglielmo Vecchi ed ebbe una larga diffusione a partire dalla metà degli anni Novanta. Altra passione fu quella per il teatro, coltivata in particolare a Venezia, dove entrò in contatto con Giacinto Gallina, Emilio Zago e la compagnia Moro Lin. In questo caso la sua produzione ha un contenuto prettamente sociale, a cominciare dal dramma in quattro atti Gabriella, rappresentato per la prima volta a Venezia nel novembre del 1889 e poi in altre città, anche se sottoposto a diverse censure. Protagonisti dei suoi testi sono popolani e operai veneziani, con finali spesso tragici, a testimonianza di un’attenzione costante ai temi del lavoro.

Morì a Roma il 14 luglio 1913.

Opere: Chi è un socialista, Monselice 1878; Alla rivoluzione, Londra [ma Lugano] 1881; 2 luglio 1882. Pel trigesimo dalla morte di Giuseppe Garibaldi, Monselice 1882; Schioppettate poetiche, Milano 1883; Canzoniere socialista, Cannes 1888; Gabriella. Dramma in quattro atti, Milano 1890; Morale nuova. Un brutto quarto d’ora, Venezia 1892; La vita artistica di Emilio Zago, ibid. 1894; Povero fio! Bozzetto drammatico, Padova 1895; Canti sociali, Venezia 1896; Socialismo popolare, ibid. 1897; La nostra festa (1° maggio), Firenze 1901; Lo sciopero. Storia suggestiva di uno sciopero, Castrocaro 1903; Il primo giorno del socialismo, ibid. 1904; Un errore giudiziario della direzione del Partito socialista. La condotta di Ferri nella questione dei catastali. Autodifesa documentata, Roma 1905; Il canto dell’amore, ibid. 1910; Andrea Costa e l’Internazionale, ibid. 1910; La storia dei papi, ibid. 1910-1911.

Fonti e Bibl.:Necr., in Il Gazzettino, 15 luglio 1913; Avanti!, 15 luglio 1913; Il Secolo nuovo, 19 luglio 1913; Roma, Arch. centrale dello Stato, Casellario politico centrale, b. 3382; Roma, Arch. storico diplomatico del Ministero degli affari esteri, Polizia internazionale, bb., 6, 7, 9; Arch. di Stato di Padova, Gabinetto di prefettura, bb. 24, 28, 35, 38, 47; L. Briguglio, I socialisti di Monselice e Padova (C. M.), in Movimento operaio, VII (1955), 5, pp. 728-60; P.C. Masini, Storia degli anarchici italiani da Bakunin a Malatesta (1862- 1892), Milano 1969, ad ind.; T. Merlin, Gli anarchici, la piazza e la campagna. Socialismo e lotte bracciantili nella Bassa Padovana (1866-1895), Vicenza 1980, ad ind.; T. Merlin, Storia di Monselice, Padova 1988, ad ind.; T. Merlin, C. M., primo segretario della Camera del lavoro di Venezia, in Cent’anni a Venezia. La Camera del lavoro 1892-1992, a cura di D. Resini, Venezia 1992, pp. 262-274; A. Longhin, Origine e sviluppo del movimento socialista nel Veneto (1892-1914), Venezia 1996, pp. 7-10; C. M. Poeta e drammaturgo, a cura di T. Merlin, Monselice 2001; P. Di Paola - P. Brunello, Giuseppe Basso viceconsole di Ginevra e C. M.. Note d’archivio (1880-81), in Terra d’Este, XI (2001), 22, pp. 55-75; T. Merlin, Confidenti di polizia e movimento anarchico nel Padovano (1875-1883), ibid., XII (2002), 23, pp. 23-65; P. Brunello, Chi spiava M. e gli anarchici a Monselice? Note sul controllo di polizia a Ginevra e a Venezia (1877-1881), ibid., XV (2005), 30, pp. 57-76; P. Brunello, Storie di anarchici e di spie. Polizia a politica nell’Italia liberale, Roma 2009, ad ind.; E. Civolani, M. C., in F. Andreucci - T. Detti Il movimento operaio italiano. Diz. biografico, 1853- 1943, III, Roma 1977, pp. 566-571; E. Civolani, M. C., in Diz. biografico degli anarchici italiani, II, Pisa 2004, pp. 212-214.