Gadda, Carlo Emilio

Enciclopedia machiavelliana (2014)

Gadda, Carlo Emilio

Nicola Bonazzi

Scrittore, nato a Milano nel 1893 e morto a Roma nel 1973. Inatteso, ma tutt’altro che casuale, il legame tra G. e il Segretario fiorentino riserva più d’una sorpresa. M. pare essere uno degli autori che con più ostinazione il Gran Lombardo ha frequentato per attingere a quella prosa fiorentina da cui egli stesso ha dichiarato di essere in qualche modo «ossesso». A proposito del Primo libro delle favole, G. ammette:

Molte di queste «favole» sono scritte [...] in lingua italiana arcaica, arieggiante a modelli del ’300, ’400 e ’500, da Dino Compagni al Villani; dal Cellini al Machiavelli [...]. D’altra parte, non sono nuovo a tali esiti formali.

Soluzioni formali del genere possono trovarsi con facilità nella mia produzione precedente. Per esempio, nella prefazione al Castello di Udine, che ha per titolo Tendo al mio fine. Direi che sono stato sempre ossesso da questa «prosa» toscana: anche Dante, Compagni, Machiavelli («Per favore, mi lasci nell’ombra». Interviste 1950-1972, a cura di C. Vela, 1993, p. 27).

La duplice occorrenza, nella medesima battuta, del nome di M., se non lo si vuole considerare un lapsus significativo, andrà comunque valutata per quello che effettivamente è: l’ammissione, fatto salvo Alessandro Manzoni, di un primato dell’autore del Principe nelle preferenze letterarie, non solo linguistiche, di G.; soprattutto laddove, poco oltre, egli è costretto a confessare, ed è circostanza rarissima, che per abbandonare il pastiche arcaico delle favole e «scrivere in altra forma», deve stare «quindici giorni almeno senza leggere, per esempio, il Machiavelli» (p. 27).

Il primato machiavelliano sembra palesarsi già in anni lontanissimi. In un «elenco delle letture da fare per la redazione del romanzo», ovvero il Racconto italiano di ignoto del Novecento, in data 26 marzo 1924 G. annota al primo punto: «Machiavelli. Stile, vedere un po’» (Scritti vari e postumi, a cura di A. Silvestri et al., 1993, p. 573). Passa poco meno di un mese e, in data 23 aprile 1924, M. ricompare: «Leggendo le “Storie fiorentine” di N. Machiavelli. – Con questi pensieri si morì» (p. 580). Un rinvio di tal genere, a così poca distanza dal precedente, testimonia una lettura se non assidua almeno attenta, corroborata, pochissimi anni dopo, da un giudizio che non lascia spazio a ripensamenti: in una battuta della Meditazione milanese (siamo nel 1928), alla richiesta di un immaginario critico, che pretende dei nomi a supporto di un ragionamento precedente, l’autore risponde: «L’intelligentissimo e a me caro Niccolò Machiavelli, meraviglioso scrittore, di fronte a cui tanti altri sono dei meschini e reumatizzati pasticcioni» (p. 843).

Ce n’è d’avanzo, insomma, per assumere a prova il sospetto che il laboratorio gaddiano, negli anni giovanili, abbia incamerato l’importante lezione di lingua e stile dell’autore del Principe. A un livello esteriore, per l’appunto linguistico-stilistico, i molteplici influssi machiavelliani sono stati ampiamente dimostrati da Claudio Vela; ma valga, quale esempio più di altri probante, il termine cognizione, per il quale Emilio Manzotti suggerisce, oltre a una discendenza leopardiana e manzoniana, gli inevitabili esempi tratti dal proemio al libro I dei Discorsi («vera cognizione delle storie», «cognizione delle antiche e moderne cose», «cognizione delle istorie»), dove la parola in questione è sempre accompagnata dalla specificazione del sostantivo, come appunto accade in La cognizione del dolore (Manzotti 1996, p. 203).

A un livello più profondo, invece, G. pare avere ben compreso e assorbito la visione sostanzialmente pessimistica di M., «l’orizzonte nel quale l’ordine delle sue parole si misura con il disordine delle cose» (Botti 2004, p. 156), il lucido disincanto con cui M. guarda alle vicende umane. La riprova si può avere leggendo la recensione che egli dedicò a una messa in scena della Mandragola nel 1954, dove i riferimenti allo «spirito amaro e beffardo», al «civismo deluso», al «tono amaro o addirittura beffardo» (Saggi giornali favole e altri scritti, a cura di L. Orlando, C. Martignoni, D. Isella, 1° vol., 1991, p. 1092) della commedia fanno postulare una vicinanza non casuale tra le idiosincrasie di G. e le inflessioni più risentite di M., al punto da spingere Claudio Meldolesi (1987) a ipotizzare un legame di discendenza tra il Pasticciaccio e la Mandragola. E se pure non si volesse arrivare a tanto, resta valido il giudizio di Gian Carlo Roscioni, secondo cui «l’influsso sull’opera di Gadda degli scrittori politici del Cinquecento [...] si rifrange, parossisticamente, in tutte le pagine che trattano dei rapporti dell’individuo con la società» (1995, p. 143). D’altronde lo stesso G. si compiacque di individuare nelle proprie narrazioni «il tono risentito di chi dice trattenendo l’ira, lo sdegno», dovuto alla ricerca di un «riscatto» e di una «vendetta» nei confronti del mondo (Saggi giornali favole e altri scritti, cit., p. 503): che è poi il tono tipico di certi testi di M., come il prologo della Mandragola, l’Asino, o certe lettere private, a riprova di un’assimilazione profonda dell’opera machiavelliana da parte dello scrittore lombardo.

Bibliografia: Saggi giornali favole e altri scritti, a cura di L. Orlando, C. Martignoni, D. Isella, 1° vol., Milano 1991; «Per favore, mi lasci nell’ombra». Interviste 1950-1972, a cura di C. Vela, Milano 1993; Scritti vari e postumi, a cura di A. Silvestri et al., Milano 1993.

Per gli studi critici si vedano: C. Meldolesi, Dalla Mandragola al Pasticciaccio. Il teatro in Gadda, in Fra Totò e Gadda. Sei invenzioni sprecate del teatro italiano, Roma 1987, pp. 163-92; C. Vela, Un caso di «ossessione» della prosa toscana: Machiavelli in Gadda, «Strumenti critici», 1994, 9, 2, pp. 177-94; G.C. Roscioni, La disarmonia prestabilita. Studi su Gadda, Torino 1995; E. Manzotti, La cognizione del dolore di Carlo Emilio Gadda, in Letteratura italiana. Le opere, 4° vol., t. 2, La ricerca letteraria, Torino 1996, pp. 201-337; F.P. Botti, Gadda e il Rinascimento, «Studi rinascimentali», 2004, 2, pp. 151-60.

Si veda inoltre: G.M. Anselmi, N. Bonazzi, Gadda e Machiavelli, «The Edinbourgh journal of Gadda studies», 2008, supplement nr. 1, http://www.gadda.ed.ac.uk/Pages/resources/walks/pge/machiavellianselmibonazzi.php (23 apr. 2013).

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