BLASIS, Carlo de

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 10 (1968)

BLASIS, Carlo de (Carlo Blasis)

Vittoria Ottolenghi

Nacque a Napoli, il 4 nov. 1795, da Francesco Antonio de Blasis e Vincenza Coluzzi de Zurla.

Il padre, figlio di un alto ufficiale spagnolo, fu noto compositore, tipico esponente della scuola classica italiana, napoletana in particolare, autore di musiche di ogni genere; tra l'altro, di opere liriche e balletti, alcuni dei quali messi poi in scena dal figlio Carlo.

Francesco dette al figlio un'educazione di prim'ordine, sia in Napoli sia a Marsiglia, dove sostò durante la fuga dall'Italia, dopo il 1799.

Nonostante la discendenza spagnola la famiglia de Blasis era in qualche modo strettamente coinvolta con la Repubblica napoletana, se ritenne, durante la reazione borbonica, di dover fuggire da Napoli diretta a Londra, ove Francesco era stato invitato presso il Teatro italiano. A Marsiglia - dove pirati francesi costrinsero la loro nave a fermarsi - il B. usufruì di buoni maestri sia negli studi umanistici e scientifici, sia in quelli artistici (il Regli parla di tutori in geometria, in letteratura antica e moderna, in varie lingue, in ballo, in musica e in disegno): prova non soltanto della discreta fortuna finanziaria di Francesco de Blasis, ma dei suoi criteri aperti e moderni per l'educazione del figlio. Indubbiamente ben pochi danzatori e coreografi, prima e dopo il B., vantarono studi altrettanto seri e completi.

Il B. debuttò come ballerino intorno al 1807, al Grand Théâtre di Marsiglia. Tanto fu il successo ottenuto che egli avrebbe intrapreso col consenso dei genitori una lunga tournée in Francia (Regli). Intorno al1811, intanto, la famiglia si era trasferita a Bordeaux, dove Francesco diveniva direttore della Sessione filarmonica del Museo d'istruzione pubblica.

Bordeaux era a quel tempo un centro di danza di un certo rilievo e il B. vi continuò utilmente gli studi con il maestro Dutarque. Assunto al Gran Théâtre di Bordeaux come primo ballerino, vi debuttò nella parte dell'arciduca Leopoldo nel Teniers au village di Barrès durante la stagione 1816-17. Ma sia per rinsaldare la sua fama a livello francese e internazionale, sia per completare la sua educazione culturale e ballettistica, il B. ritenne di dover visitare Parigi, Milano e Londra, i tre massimi centri della danza e del teatro musicale in genere. A Parigi l'Opéra lo accolse con favore nel 1817 (passo a due con l'Anatole nell'opera Les Bayadères di Catel, coreografia di P. Gardel); in particolare godette del favore di Dauberval e di Gardel, che gli furono preziosi maestri. Il B. era danseur noble, interprete di personaggi nobili ed eroici; ma, a dir dei critici, alle tradizionali doti di dignità e misura, tipici di quelli, ne aggiungeva una specialissima di leggiadria e di grazia, che dimostrerà specialmente nel 1818 alla Scala nel Dedalo e nella Spada di Kumeth di S. Viganò. Del Viganò interpreterà, oltre quest'ultimo balletto, anche la Mirra nell'anno seguente alla Fenice di Venezia.

Il primo tentativo del B. come coreografo - Il finto feudatario, alla Scala di Milano nel 1819 - fu un fiasco. In generale, dal '19 al '37, la carriera del B. ballerino ebbe molto più successo di quella del B. coreografo. Come ballerino, ebbe una serie continua di ingaggi in tutta Italia (tra l'altro a Torino nel '21, a Firenze nel '22, a Roma nel '23, a Venezia nel '25) e in Inghilterra (King's Theatre di Londra), dove nel '27 debuttò in The Slave Of Bagdad di Egville e in due balletti di Viganò (La Vestale e Le Siège de Cythère). Come coreografo, oltre ad alcuni brevi divertissements e passi a due, non creò nulla tra il '99 e il '27 (anno del suo secondo balletto, Pandora, destinato a dilettanti per un festival musicale ad Oxford). A Genova, nel '28, conobbe e ben presto sposò, la celebre ballerina e mima Annunziata Ramaccini. Dal loro matrimonio, il 9 febbr. 1833 nacque a Firenze una figlia, Luisa, che sarà ballerina anch'essa, dal 1854 al 1858.

Fu questo l'inizio di una proficua collaborazione non soltanto nella danza (per un paio d'anni danzarono spesso insieme) e nella coreografia (ella fu brillante interprete di uno dei balletti di maggior successo del B., Leocadia, a Modena, nel '34), ma soprattutto nell'attività di maestro del B. e di teorico della danza che lo doveva rendere famoso: la coppia Blasis-Ramaccini è rimasta l'espressione massima dell'insegnamento della danza accademica, sia pubblico, sia privato.

La carriera del B. ballerino cominciò a declinare nel '25, a Venezia, per un primo incidente al piede, quindi nel corso dei successivi dieci anni, al punto di suscitare il rimpianto - e il rigore - dei critici che lo avevano visto nella sua precedente piena forma. Dopo Leocadia, pertanto, il B. decise di non calcare più il palcoscenico. La moglie, invece, continuò a esibirsi sia pure saltuariamente fino al 1847 (Londra, Covent Garden: divertissement del B. sulla musica dell'ouverture della Semiramide). Il B. iniziò l'attività di teorico tra il '17 e il '29, anni in cui scrisse la sua prima opera teorico-didattica: il Traité élémentaire,théorique et pratique de l'art de la danse, pubblicato a Milano nel 1820. La prima traduzione italiana, di Pietro Campilli, è del '30, e fu edita a Forlì col titolo di Trattato elementare,teorico-pratico sull'arte del ballo. Ad essa seguirono subito altre versioni italiane ed in lingue straniere (inglese, spagnolo e danese). Nel Traité élémentaire sono già poste le basi didattiche sviluppate dal B. nella sua seconda opera, il fondamentale Code of Terpsichore, tradotto da R. Barton dal testo originale francese, con un capitolo sulle danze di sala di Gourdoux, ed edito a Londra nel 1828 e di nuovo nel '30, che ha conosciuto la massima diffusione nella nuova traduzione francese di Paul Vergnaud: Manuel complet de la danse (Paris 1830).

Il Code, che sostanziaimente amplia il Traité élémentaire sulpiano didattico e pone le basi estetico-critiche della concezione della danza accademica del B., si divide in sei parti e una conclusione. In particolare la prima parte tratta dell'origine e dello sviluppo della danza, delle danze nazionali, delle danze spagnole; la seconda, della teoria della danza teatrale seguita da nove capitoli di istruzioni dettagliate sulle cinque posizioni della danza accademica e sull'uso delle gambe, delle braccia, ecc.; la terza, della pantomima e - brevemente - dell'origine delle maschere della commedia italiana; la quarta, in ventiquattro capitoli, della composizione dei balletti; la quinta, di alcuni "programmi combinanti esempi di ogni tipo di balletto" (eroico, orientale, grand ballet,ballet-comédie, romantico, allegorico); la sesta, delle danze di società; la conclusione, infine, della relazione esistente tra la danza e le belle arti.

Dalla lettura del Code il B. emerge innanzi tutto come il più grande e più completo codificatore della danza accademica: colui che spiegò e ordinò il problema della danza sulle punte, che seppe coordinare l'uso della danza terre-à-terre con quella aérienne, in altre parole colui che operò nella teoria e nella pratica il passaggio tra la danza classica del Sei e Settecento a quella romantica ottocentesca. Ma il B. risulta ben altro di un semplice ponte di passaggio tra balletto classico e romantico. E il suo valore non è soltanto come "grande accademico", esponente di geniale e rigorosa didattica, anche se i suoi meriti in questo campo sono fondamentali (oltre a quanto si è detto egli ha sviluppato la tecnica dell'enchaînement, deipliés, il valore e il senso dell'aplomb e del fouetté), e anche se la danza accademica come il B. l'ha lasciata è sostanzialmente rimasta tale fino ad oggi, integrata e affinata da suoi allievi diretti. Il B. ha dimostrato d'essere un passo più avanti - forse molti passi avanti - dei grandi teorici precedenti, Angiolini e Noverre. Se essi infatti restituirono alla danza valore d'arte identico e parallelo a quello di tutte le altre arti, il B. con tutta la sua opera sembra dirci qualcosa di estremamente moderno e che forse soltanto oggi, dopo le esperienze di questo secolo, cominciamo effettivamente a capire: la danza non è un'arte a sé, un mondo autonomo, avulso da problemi immediati di comunicazione. La danza è teatro e il suo fine è precipuamente teatrale. Con la danza si può esprimere, dire, raccontar tutto, e per far questo coreografo e interpreti debbono essere profondamente consapevoli dei problemi del proprio tempo, oltre che tecnicamente perfetti. La perfezione tecnica è per il B. di importanza pari al valore morale o artistico della tematica, della musica e della messinscena. Questo il grande valore del B., non ancora forse sufficientemente approfondito dagli studiosi: il virtuosismo e la perfezione dell'esecuzione sentiti - o magari intuiti - come fondamentale molla espressiva. E questo in accordo con quelli che saranno i principi teorici contemporanei, i quali proprio nell'uso del virtuosismo in funzioni espressive hanno raggiunto vertici tra i più alti in personalità come la Ul'anova, la Pliseckaja, oppure il Vasil'ev. Che simili echi esistano in Russia non può far meraviglia poiché lo stesso B. fu insegnante al Bol'šoj per due anni ('61-'63) e tutte le maggiori stelle del balletto russo ottocentesco e dell'inizio del secolo furono allieve sue, o del suo allievo Lepri, o dell'allievo principe del Lepri, Cecchetti. Ma ciò che è forse più sorprendente è una notevole affinità (degna certamente di ulteriori studi) tra la visione estetica del teatro di danza che ebbe il B. e quella che ebbe il franco-danese Bournonville, di cui fu molto amico. Per ambedue fine ultimo del teatro di danza, sul piano dell'"esecuzione-espressione", è un'aura generale di facilità e di leggerezza nello svolgersi della coreografia. Oggi si suole attribuire principalmente alla scuola danese, e cioè al Bournonville, questo ideale ultimo del ballerino classico che invece, fin dal 1820-30, era chiaramente esposto nella conclusione del Code of Terpsichore.

Il Code, diffuso in tutto il mondo anche in versioni abbreviate (Nouveau manuel complet de la danse, a cura di M. Lemaitre, Paris 1884; Code complet de la danse, a cura di G. Lasky, in Dancing Times, ottobre 1952-marzo 1953; e The Theory of theatrical Dancing,with a chapter on Pantomime, London 1888), aprì al B. e a sua moglie, nel 1837 (dopo soggiorni a Firenze, a Milano e a Mantova), le porte della Scala di Milano. Il governo lombardo-veneto lo chiamò, infatti, a ricoprire la posizione di maestro di perfezionamento alla Scuola di ballo dei Regi Teatri di Milano. Si trattò di un contratto valido dal 30 nov. 1837 al 30 nov. 1843, annualmente rinnovato fino al '50.

Furono gli anni non soltanto dell'immensa ascesa del balletto della Scala, ma dell'espansione e del trionfo del balletto romantico. Per apprezzare il valore del B. e della moglie nel loro ruolo di maestri, basterà citare alcuni degli allievi che essi ebbero in Italia e all'estero: la Fuoco, Cucchi, Ferraris, Baderna, Domenichettis, Gralin, C. Rosati, A. Maywood, L. Graham e, ancora, E. Catte, P. Borri, Croce, Vienna, Lepri, Lorenzoni, Mochi.

Risolto il loro contratto alla Scala, i coniugi Blasis fondarono una loro scuola privata di perfezionamento, che ebbe, per così dire, rinomanza anche maggiore. Da essa uscirono la Grisi, la Cerrito, la Boschetti, la King, la Pochini, l'Andrianov, le sorelle Strauss, e quindi Rosati, Appiani, Aniello Amaturo.

Secondo il Regli, i Blasis lasciarono la Scala "per una di quelle mute e ignobili guerre che suol muovere l'invidia". Tuttavia è probabile che il B. desiderasse portare i suoi metodi di insegnamento e le sue teorie verso più aperti orizzonti. Già nel '47 era stato, infatti, invitato al Covent Garden e al St. James's Theatre di Londra per allestire balletti. In quell'occasione pubblicò, tra l'altro, un altro volume: Notes upon dancing, di carattere più storico che didattico-teorico.

Nel 1856 e nel '59 il B. fu a Parigi, nel '56 a Varsavia, nel '57-58 a Lisbona, nel '61-'63 al Bol'šoj di Mosca. Ritornò a Milano soltanto nell'ottobre 1864, e si dedicò da allora in poi solo all'attività di scrittore. Nel '66 si ritirò a Cernobbio sul lago di Como, dove morì il 15 genn. 1878.

La moglie Annunziata, che aveva continuato ad aiutare il marito, insegnando contemporaneamente presso il collegio per fanciulle S. Filippo, morì nel 1892, a Milano.

Il B., che fu uomo di molteplici interessi, fu autore, oltre che delle opere precedentemente discusse, di alcuni altri scritti sulla danza, di scritti sulla musica, sul teatro, sulle arti figurative, su problemi morali. Un elenco delle sue coreografie e degli scritti fino al 1854 è contenuto nel volume Delle composizioni coreografiche e delle opere letterarie di C. B..., pubblicato a Milano nel 1854. Un elenco più ampio dei suoi balletti e dei suoi volumi è contenuto nel Regli; quello più ricco e più controllato, ma dei soli balletti e delle opere attualmente reperibili, è di G. Lasky.

Bibl.: [P. Cominazzi], Delle composizioni coreografiche e delle opere letterarie di C. Blasis, Milano 1854; F. Regli, Diz. biografico…, Torino 1860, pp. 71-73; G. Berri, Cenni biogr. di C. de B., Milano 1871; A. Levinson, Meister des Ballets, Berlin 1923, ad Indicem; C. Sachs, Eine Weltgeschichte des Tanzes, Berlin 1933, ad Indicem; J. Slonimskij, Klassiki choreografie, Leningrad 1937, ad Indicem; G. Lasky, in Encicl. dello Spettacolo, II, Roma 1954, coll. 607-611; M. Eames, When all the world was dancing, New York 1957, pp. 9, 11.

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