CAMERONI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 17 (1974)

CAMERONI, Carlo

Sergio Cella

Nato a Treviglio il 28 ag. 1791 fu indirizzato allo studio della grammatica e della retorica dall'abate G. B. Crippa e successivamente ordinato sacerdote. Funse per dodici anni, dal 1836 al '48, da cappellano dell'Ospedale Maggiore di Milano, acquistandosi larghe simpatie. Sostenitore dell'utilità delle ferrovie, si batté per la realizzazione della linea Milano-Venezia e venne chiamato alla vicepresidenza della Società per la strada ferrata Ferdinandea. Durante i moti milanesi del '48, il C. esortò all'unione delle forze; nel luglio venne inviato come plenipotenziario del governo provvisorio a Torino per patrocinare presso il ministero la richiesta di aiuti alla Francia per la guerra: ottenne ascolto solo il 13 agosto, quando ormai Milano era caduta.

Trovatosi proscritto ed esule a Torino, lanciò insieme con il Valenti-Gonzaga, il Piazza, il Bertani e il Carcano un manifesto per l'unificazione degli emigrati italiani (22 sett. 1848). Il Comitato ebbe dapprima carattere privato, poi, per merito del C., seppe acquistarsi la stima degli organi governativi e assunse compiti ufficiosi di assistenza agli emigrati politici inabili, studenti, ex ufficiali dell'esercito austriaco. Nel 1849 fu formato il Comitato centrale per l'emigrazione di Torino, presieduto dal ministro dell'Interno Urbano Rattazzi e dotato con la legge 29 settembre d'un fondo di 300.000 lire. Il C. ne divenne il vicepresidente e segretario, di fatto l'unico amministratore. Ligio alle disposizioni del regolamento, non ammetteva deroghe, nemmeno di fronte alle pressioni che gli venivano da autorevoli personaggi; nei limiti del possibile, egli era però generoso verso i meritevoli e i bisognosi, cui faceva dei prestiti anche di tasca sua. Egli costituì alle dipendenze del Comitato centrale un Comitato per i sussidi, un altro d'insurrezione che presto dovette cessare d'esistere, e dei comitati femminili di signore piemontesi benefattrici.

Attaccato al governo, egli fu osteggiato dagli esuli d'orientamento democratico e repubblicano, mentre rimase al centro d'un grande gruppo di esuli che crebbe fino a ventimila persone, su cui cercò di attirare aiuti e simpatie. Fu coinvolto, suo malgrado, in spiacevoli polemiche fra emigrati (in seguito alla pubblicazione d'un libello contro Manin a lui dedicato, in occasione dello scontro fra Licurgo Zannini e il dott. Mugnaini, per i sospetti che non mancassero fra gli emigrati le spie del governo austriaco), ma egli seppe mantenere in tali frangenti un contegno dignitoso e lineare.Dal regolamento del 1ºag. 1851 i fondi stanziati dal governo per gli emigrati bisognosi e per i reduci della difesa di Venezia vennero affidati all'amministrazione del C., assieme allo sgradito incarico di fornire frequenti informazioni su esuli ritenuti pericolosi, in particolare su membri della Società dell'emigrazione italiana di tinta mazziniana.

Fin dalle prime avvisaglie della seconda guerra d'indipendenza, aumentando notevolmente l'emigrazione di giovani dalla Lombardia e dal Veneto, il Comitato dell'emigrazione venne soppresso (1º genn. 1859) o meglio trasferito all'Intendenza generale di Torino, che conservò però - per raccomandazione del C. - al loro posto gli impiegati.

Nel 1856, incoraggiato dallo stesso Cavour, il C. aveva iniziato una raccolta di autografi di pregio; parecchi poi egli ne aveva ceduti per sopperire alle necessità degli emigrati; liberata Milano, ne donò 1.500 pezzi migliori alla Biblioteca Ambrosiana (1º ott. 1859). Alla sua città (Treviglio) egli legò invece gli importanti carteggi del Comitato e altri autografi, insieme con un suo ritratto dipinto da E. Sala e la bandiera dell'emigrazione italiana del 1848-49, a patto che vi si fondasse una biblioteca pubblica (19 nov. 1861).

Il C. morì a Torino l'8 marzo 1862.

Bibl.: D. Giuriati, Memorie d'emigrazione, Milano 1897, pp. 95 ss.; A. Neri, Un aneddoto dell'esilio di Mariano d'Ayala, in Riv. stor. del Risorgimento, III (1898), p. 417; G. Stefani, Giuliani e dalmati nella prima guerra d'indipendenza, in La Venezia Giulia e la Dalmazia nella rivoluzione nazionale del 1848-49, Udine 1949, III, pp. 95 ss.; C. Arrigoni, Drammatica vicenda dell'abate C. di fronte a un libello contro Manin e al suo autore avvocato Soler, in Rass. stor. del Risorgimento, XLI(1954), pp. 243-257; A. M.Rinaldi, L'Archivio dell'emigrazione italiana nel Piemonte conservato a Treviglio (Archivio Cameroniano), in Bergomum. Studi garibaldini, XXXIV (1960), 1, pp. 273 ss.; S. Cella, Docum. torinesi sull'emigrazione politica veneta (1849-1860), in Ateneo veneto, CLII (1961), pp. 1-14; Id., L'emigrazione veneta in Piemonte, II, Tra il 1848 e il 1859, in Nova Historia, XIV (1962), pp. 171 ss.; Id., Gliemigrati politici veneti, friulani e giuliani in Piemonte nel decennio di preparazione (1848-59), in Studi goriziani, XXXI (1962), pp. 40-49; A. M. Rinaldi, L'abate cav. C. C. nel primo centenario della morte, in Bergomum. Atti d. Ateneo..., XXXII (1962-64), pp. 141-156; Diz. del Risorg. naz., I, pp. 965 s.; II, ad vocem.

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