BERGONZI, Carlo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERGONZI, Carlo

Anna Maria Monterosso Vacchelli

Nato a Cremona fra il 1676 e il 1683, fu il capostipite e il più importante esponente di quella famiglia di liutai il cui nome doveva perpetuarsi per oltre due secoli nella storia della liuteria cremonese, dato che ancora nel 1840 un Benedetto Bergonzi viveva e lavorava a Cremona nella vecchia casa di piazza S. Domenico.

è opinione di quasi tutti i liutologi che il B. sia stato allievo di Stradivari. Lo Hamma e lo HenIey - tra i più autorevoli - sostengono però, e a ragione, che egli abbia studiato prima con Gerolamo Amati, figlio di Nicola, e successivamente con Giuseppe Guameri, figlio di Andrea, e che solo in un secondo tempo si sia valso dell'insegnamento di Stradivari, di cui è stato forse il più grande allievo. Lasciato il maestro intorno al 1716, il B. si stabilì per suo conto in una bottega che distava pochi metri da quella famosa. di piazza S. Domenico, dove lavorava Stradivari. Nel 1742, alla morte del figlio di questo, Omobono, il B. ereditò tutto il materiale lasciato dal grande maestro, e quattro anni più tardi si trasferiva nella sua bottega, dove però rimase, lavorando insieme al proprio figlio Michelangelo, solo per un anno, poiché morì nel 1747.

Gli strumenti del B. sono giustamente celebri, sia per la perfezione della forma, sia per la bellezza dei suono, e hanno conquistato rapidamente l'apprezzamento di artisti e di amatori. La straordinaria solidità di costruzione, inoltre, ha contribuito non poco, insieme al beneficio derivato dall'uso e dall'invecchiamento, a conferire ad essi le caratteristiche degli strumenti di gran classe.

Secondo l'opinione dei più accreditati biografi, il profilo dei primi strumenti del B. è praticamente una replica dei modelli di Stradivari: il formato, gli spessori e il riccio, insieme con lo stile generale, tutto conferma l'influenza del maestro. In un secondo tempo, però, il B. seguì la tendenza - più che comprensibile, in un artista della sua tempra - a crearsi un modello più personale da cui poi non si allontanò più, anche se, nello sviluppo di queste nuove idee e nella tecnica con cui esse furono attuate, è sempre possibile rintracciare chiaramente l'insegnamento di Stradivari.

Le caratteristiche più evidenti di questo secondo periodo consistono, prima di tutto, in una marcata deviazione dal modello classico: la parte superiore della cassa armonica è più allungata, mentre quella inferiore acquista in larghezza. Ne risulta che le rientranze centrali - cosiddette "C" - vengono ad assumere un profilo più allungato, particolare questo fra i più caratteristici nei modelli dei B., insieme con la posizione delle f,inclinate verso il bordo, e alla pronunciata "bombatura" dello strumento, perfestamente graduata e denotante una straordinaria abilità di mano. Secondo lo Hart, il B. avrebbe operato tutte queste modifiche nella precisa ricerca di un modello che riproducesse la bellezza combinata del suono di Stradivari - brillante e argentino - con quello di Guarneri del Gesù - profondo e vibrante -. Il fatto che il B. sia riuscito nel suo intento, costituirebbe un'altra prova della profonda conoscenza e della minuziosa cura con cui i maestri della liuteria classica orientavano i loro studi, opinione, questa, non sempre condivisa dai vari liutologi.

Particolare attenzione merita il riccio, modellato e scolpito con precisione e nettezza di linee. Nei particolari di abbellimento il B. presenta una spiccata peculiarità, evidente anche negli angoli e nel bordo, che denotano la sua incontestabile abilità. Il legno era sempre di prima scelta: abete rosso di grana uniforme per la tavola armonica e acero largamente venato per il fondo, che riproduce spesso le caratteristiche striature della pelle di tigre, quando è in un pezzo unico.

La vernice presenta una notevole mancanza di uniformità: in alcuni esemplari essa è stesa in strati spessi e pesanti, mentre in altri si presenta sottile e molto trasparente. Denota comunque la tendenza a screpolarsi. Anche il colore varia da un profondo rosso rubino a un rosso più chiaro, fino a un giallo caldo e brillante.

Considerato nel suo insieme, il modello del B. testimonia un senso artistico assai elevato, che l'autore traduce con grande abilità. Pare che esistessero di lui anche alcuni violini di formato più piccolo, derivato da modelli di Amati. Comunque, gli strumenti oggi più apprezzati da esecutori ed amatori sono i violoncelli e i contrabbassi, per il loro splendido suono. Purtroppo, sia gli uni sia gli altri hanno spesso subito la dannosa operazione del rimpicciolimento, effettuata per favorire le esigenze dei moderni esecutori. La pratica di operare modifiche su strumenti anche di grande valore pare fosse di uso corrente anche in passato, ed è testimoniata - fra l'altro - dal conte Cozio di Salabue, il quale non esita a riferire di aver personalmente smussato le punte di alcuni strumenti dei B., da lui posseduti.

Circa l'esistenza - al presente - di strumenti dei B., i liutologi sono di opinioni quanto mai discordanti. Rimangono, invece, molte testimonianze di strumenti esistiti in passato: Cozio di Salabue era sicuraniente proprietario di alcuni violini - uno dei quali, particolarmente bello, era datato 1733 - e di un violoncello del 1746. Inoltre, sono descritti nel suo catalogo violini del B., appartenenti ad altre collezioni e da lui esaminati. Lo Henley afferma che August Theodor Müller, uno dei componenti del famoso "Müller Brothers String Quartet ", possedeva un violoncello che recava, nell'etichetta, sotto il nome dell'autore, l'interessante aggiunta "Sub disciplina Antonii Stradivarii ". Secondo il Gallay, il conte Castelbarco di Milano aveva riunito uno splendido quartetto - oggi disperso - mirabilmente equilibrato dal punto di vista timbrico. Il De Piccolellis, infine, parla di un violoncello appartenuto al dilettante napoletano Paolo Rotondo, che - secondo il Forino - sarebbe poi passato in proprietà del De Piccolellis stesso. Lo Hart sostiene l'impossibilità di trovare strumenti del B. in perfetto stato, mentre altri ritengono che tali strumenti siano oggi del tutto irreperibili.

Molti strumenti del B. sono stati per parecchio tempo considerati opera di Guarneri del Gesù. Oggi tale teoria è superata e l'individualità del B. si è affermata in tutta la sua grandezza, consentendo di affiancare il suo nome a quello dei più grandi maestri della liuteria classica cremonese.

Bibl.: I. Gallay, Les luthiers italiens aux XVIle et XVIIe siècles,Paris 1869, pp. 186-189, 213; I. Fleming, Oldviolins and their makers, London 1883. pp. 84 s.; G. Hart, The violin: its famous makers and their imitators, London 1884, pp. 90-95; G. De Piccolellis, Liutai antichi e moderni, Firenze 1885, pp. 17 s.; F. Sacchi, Count Cozio di Salabue, London 1898, p. 37; L. Forino. Il violoncello, Milano 1930, pp. 110 3.; C. di Salabue. Carteggio, Milano 1950. pp. 204-216, 221; A. Vidal, Lei instruments à archet, I, London 1961, pp. 116 s.; W. L. Lütgendorff, Die Geigen und Lautenmacher vom Mittelalter bis zur Gegenwart, Frankfurt a. M. 1904, p. 44; H. Poidras, Dict. des luthiers anciens et modernes, Rouen 1924, pp. 8 s.; R. Vannes, Dict. universel des luthiers, Bruxelles 1951-1959, I, p. 27; II, p. 5; K. Jalovec, Italienische Geigenbauer, Prag 1957, pp. 41 s., 82, 84-87; W. Henley, Universal Dict. of violin and bow makers, I, Brighton 1959, pp. 108 s.; F. Hamma, Meisterwerke italienischer Geigenbaukunst, Stuttgart 1964, p. 83; C. Schmidl, Dizion. universale dei musicisti, I, p. 160; Encyclopédie de la musique Lavignac, Paris 1931, parte II, 3, p. 1712; Encicl. della Musica Ricordi, I, Milano 1963, p. 242.

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