CARAFA, Tiberio, principe di Chiusano

Enciclopedia Italiana (1930)

CARAFA, Tiberio, principe di Chiusano

MicheIangelo Schipa

Letterato, soldato, politico, patriota e cospiratore fu il tipo più completo e più puro di quella minoranza del patriziato napoletano, colta, progressista e amante del suo paese, che con i migliori elementi del nuovo medio ceto costituì la classe intellettuale dirigente da cui l'Italia meridionale fu inalveata nella corrente dei nuovi tempi. Nacque a Chiusano (in Principato Ulteriore) il 27 gennaio 1669 da famiglia nobilissima, non ligia alla Spagna e impoverita per motivi politici; e nel feudo natio fu educato agli esercizî militari e cavallereschi e istruito in letteratura, in filosofia, nelle scienze. Divenne ricco sposando la duchessa di Campolieto; ma quella ricchezza distrusse poi con l'azione politica. Trasferitosi a Napoli, si strinse a quanti per motivi diversi aborrivano la signoria della Spagna e preparavano qualche novità per quando col re Carlo II s'estinguesse quella dinastia. Per restituire in quell'occasione l'indipendenza al regno, si pensò di cercare fuori aiuti; e il C., al quale fu affidato quel compito, si recò a Roma, senz'alcun frutto, e a Venezia, dove la congiura, che ebbe nome dal principe di Macchia, s'intensificò (v. in proposito macchia, congiura di). Le richieste anticipate di onori e beni che i congiurati facevano all'imperatore Leopoldo I si tennero celate al C., che nella preparazione della lotta, contro i partiti estremi di assassinî e di sacrilegi, fece valere i consigli più prudenti e più miti, e nella lotta fu tra i capi più prodi e più a lungo resistenti. Solo quando tutto fu perduto, la sera del 24 settembre 1701 abbandonò Napoli. Fra molte difficoltà raggiunse Barletta e s'imbarcò per Venezia. Qui, bene accolto dall'ambasciatore cesareo, chiese e ottenne di partecipare alla guerra già iniziata; e, raggiungendo al campo il principe Eugenio, se ne guadagnò la stima col valore dimostrato nella sorpresa di Cremona e all'assedio di Mantova. Seguì poi il principe a Vienna, e con lui e con i suoi connazionali esuli colà, sollecitò, ma non ottenne per allora, una spedizione su Napoli.

Divenuto imperatore Giuseppe, la spedizione contro Napoli fu decisa, come voleva il C. L'imperatore, compensando dei servigi resi e dei danni sofferti gli esuli napoletani, aveva offerto a Tiberio il principato di Sabbioneta, già appartenuto ai Carafa: egli lo rifiutò. Rientrato a Napoli accanto al conte Daun, presto si convinse avere il suo paese mutato padrone, non conseguita l'indipendenza da lui sospirata, e procurò che almeno la nuova signoria recasse quel maggior bene che poteva. A questo fine si recò a Barcellona e a Carlo d'Austria espose i più urgenti bisogni del suo paese. Richiesto di porre in iscritto quell'esposizione, compose, al suo ritorno in Napoli, e trascrisse poi nelle sue memorie quel Parere di Tiberio Carafa, formato d'ordine di S. M. sul sistema della città e regno di Napoli che è uno dei più notevoli documenti, se non il più notevole, del nuovo pensiero politico napoletano. Giacché, se per alcuni versi ne mostra l'autore non sciolto ancora dalla tradizione e dai pregiudizî della sua casta, per il rimanente lo presenta all'avanguardia del movimento riformatore del sec. XVIII. Tra quei bisogni, p. es., s'indicano, oltre un esercito nazionale e una flotta mercantile, commercio attivo, libero, largo e sicuro e scuole di commercio, industriali, di nautica, di arti meccaniche, un codice nuovo di leggi, ecc.

Ma purtroppo egli ebbe a vedere il paese suo abbandonato al malgoverno; e allora, disgustato, si ritirò fuori di Napoli sopra la collina in un'amena villetta solitaria. Scrisse allora versi e prose e, più importante fra queste, le sue Memorie in quindici libri.

Ma quando Carlo di Borbone venne a togliere il regno a Carlo d'Austria, il C., vecchio com'era di sessantacinque anni e infermo e zoppicante, sentì il dovere di riprendere la spada a difesa del suo legittimo sovrano. Si sostenne fino all'estremo nella sua provincia di Principato ulteriore; poi s'imbarcò per Venezia (22 maggio 1734) e ritornò a Vienna, dove stese una Relazione della guerra in Italia l'anno 1733 e 1734: che è un documento di gran rilievo per quel periodo. In Napoli gli furono sequestrati i beni. La sua "famosa libraria" fu trasportata nella reggia di Napoli. Nel 1737 il vecchio principe si trovava a Roma. Poi, sottomessosi finalmente al Borbone, tornò a Napoli, riebbe i suoi beni e morì il 7 dicembre 1742.

Opere: I versi e le prose sono raccolte in un volume che si conserva inedito nella Biblioteca Nazionale di Napoli e che fu illustrato da S. Volpicella in Rendiconti dell'Accademia Pontaniana, Napoli 1866-67 e in Studi di letteratura, storia ed arte, Napoli 1876, p. 19 segg. Le Memorie sono comprese in 7 volumi in-folio. Di esse il Volpicella sollecitò a suo tempo la pubblicazione: ma ormai può dirsene estratto e reso di ragione pubblica ciò che di più essenziale esse contengono per la storia. La Relazione della guerra in Italia l'anno 1733 e 1735 fu pubblicata da B. Maresca nell'Archivio storico per le provincie napoletane, VII (1882).

Bibl.: A. Granito, principe di Belmonte, Storia della congiura del principe di Macchia e della occupazione fatta dalle armi austriache del Regno di Napoli, voll. 2, Napoli 1861; G. Ferrarelli, Tiberio Carafa e la Congiura di Macchia, Napoli 1884; M. Schipa, Il regno di Napoli al tempo di Carlo Borbone, 2ª ed., Milano-Roma-Napoli 1923.

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