CAPROLI, Carlo, detto Carlo o Carluccio del Violino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CAPROLI (Caprioli, Capreoli, Caproni), Carlo, detto Carlo o Carluccio del Violino

Raoul Meloncelli

Nato probabilmente a Roma verso il 1615, non si hanno molte notizie sulla sua attività giovanile. Che fosse romano lo si desume da un manoscritto di due cantate del 1646, conservato nel conservatorio di Napoli, in cui viene designato come "Carlo Caproli Romano"; a Roma comunque visse e operò gran parte della sua vita acquistando fama di compositore tra i più insigni del suo tempo. Giovanissimo, divenne allievo di L. Rossi, che forse facilitò il suo ingresso al servizio di Nicolò Ludovisi, nipote di Innocenzo X. Nessuna testimonianza è rimasta che possa giustificare una sua attività in campo strumentale come compositore; pertanto non è improbabile che il soprannome "del violino", piuttosto che ad una reale qualifica professionale in questo senso, si riferisca alle particolari doti esecutive che contribuirono a renderlo famoso, anche in considerazione del fatto che sin dal 1649 egli era stato chiamato a far parte della cappella di S. Luigi dei Francesi come secondo violino.

Sappiamo con certezza che, fattosi presto conoscere nell'ambiente musicale romano per alcune cantate a più voci, in cui secondo il Liuzzi si rivelò "melodista fine e sensibile, di vena sottile e più portato a cose brevi e squisite che non robuste o di larga struttura", il C. venne accolto nel mondo dell'aristocrazia cittadina per la quale compose varia musica d'occasione. La sua posizione si consolidò rapidamente tanto che alcune sue composizioni furono inserite in una raccolta conservata nella Bibliothèque nationale di Parigi (Réserve Vm 7.59: Scelta di canzonette italiane di più Autori), comprendente arie e cantate di L. Rossi, G. Carissimi, M. Mazzocchi e M. Marazzoli, che Ottaviano Castelli con una lettera dell'11 ag. 1641 (cfr. Prunières, 1913) aveva inviato al cardinale Mazzarino "per donarlo, se così parerà alla sua prudenza, al S. Card. Risvegliu [Richelieu]". La stima di cui godeva, testimoniata anche dal fatto che sue composizioni avevano trovato posto accanto a quelle di musicisti più anziani e celebri di lui, gli procurò anche i primi incarichi ufficiali come compositore e a partire dal 1650, in occasione dell'anno santo, fu prescelto con altri insigni compositori per l'esecuzione di oratori nell'oratorio del Crocifisso in S. Marcello.

Qualche anno più tardi, quando la sua fama di compositore di cantate era tanto consolidata che il Rerardi non esitava a citarlo prima di L. Rossi, G. Carissimi e A. F. Tenaglia, insieme a molti altri artisti italiani fu invitato a Parigi dal Mazzarino, che con la rappresentazione d'una nuova opera di stile barberiniano, il cui splendore lo stesso cardinale aveva conosciuto nel periodo del suo soggiorno romano, intendeva risollevare le sorti della musica italiana osteggiata negli ambienti francesi.

Forse il C., proprio per la sua natura raffinata e aristocratica, non era il musicista più indicato per un compito così delicato; afferma infatti il Prunières come egli, "artiste merveilleusement doué, inventeur de rythmes subtils, demélodies expressives et caressantes...", fosse il meno adatto per guadagnare alla causa italiana un pubblico incolto come quello francese; ma l'abate Buti desiderava un collaboratore romano e si rivolse a lui che considerava "uno dei compositori più fini e seducenti di Roma" e al quale nel 1645 aveva già fornito il testo della cantata Contro i pensieri inquieti (sempre citata dal Prunières, 1913).

Alla fine di novembre 1653, non appena la compagnia italiana fu pronta, il C., insieme con la moglie Vittoria, rinomata cantante, lasciò Roma non senza difficoltà per gli ostacoli trovati nel principe Ludovisi, che non vedeva di buon grado l'allontanamento del compositore dal suo servizio. L'amarezza da lui provata per l'atteggiamento del collerico padrone è testimoniata da una lettera del 5 genn. 1654 inviata da Lione ad Antonio Barberini; il musicista romano invocava la benevola intercessione del cardinale presso il "mio caro Padrone. Se bene credo che saranno parole al vento, poiché le offerte dell'aiuto di corte et della polica [polizza] di cambio per Parigi sono svanite; anzi non ha voluto permettere che mia moglie habbia mai più messo piede in casa sua, da che fu venuta la littera del Re..." (Prunières, 1913).

Una volta giunto a Parigi il C. fu accolto trionfalmente dal Mazzarino, al quale presentò la partitura della nuova opera, Le nozze di Teti e Peleo, il cui libretto gli era stato consegnato a Roma dal Buti. Il cardinale italiano, volendo sancire ufficialmente la posizione del compositore a corte, lo fece insignire del titolo di "Maistre de la Musique du Cabinet du Roy", con cui veniva affidata al C. la direzione della compagnia italiana (una copia del brevetto di nomina, il cui testo è riportato dal Prunières [1913], si conserva nei "Registres de la Secrét du Roi" della Bibl. nationale di Parigi, ms. fr. 10252, p. 147). Il Mazzarino, che con il successo dell'opera si riprometteva di celebrare il suo trionfale ritorno a Parigi e la sconfitta definitiva dei frondisti, collaborò attivamente alla messa in scena dello spettacolo.

L'opera, definita nel libretto stampato dall'editore R. Ballard "comédie italienne en musique entremeslée d'un ballet sur le mesme suiet dansé par sa Majesté", si presentava in realtà come un'abile fusione tra l'opera italiana e il "ballet de cour", e a questo proposito scrive il Prunières (1913): "On reconnait bien, dans cet ingénieux compromis la main de l'astucieux cardinal. Voulant aider l'opéra à prendre racine sur le sol français, il lui donne pour appui le genre national du ballet de Cour".

La prima rappresentazione ebbe luogo con grande concorso di pubblico il 14 apr. 1654; per l'occasione si decise di abbandonare la sala del Palais-Royal in favore di quella del Petit-Bourbon, ove avrebbero trovato posto più di mille spettatori. L'avvenimento, preceduto da grandi preparativi, polarizzò l'interesse dei Parigini e contribuì, con la magnificenza dell'allestimento scenico e lo sfarzo dei costumi e delle coreografie, a riaffermare lo splendore degli spettacoli di corte; grande interesse destarono le "entrées" dei balletti, cui partecipò lo stesso Luigi XIV in diversi costumi insieme con il giovanissimo Giambattista Lulli.

Interpreti furono, oltre alla moglie del C., Vittoria, nel ruolo di Teti, l'inglese Thomas Stafford, Girolamo Pignani e Giuseppe di Torino (forse identificabile in G. Bianchi) nella parte di Peleo, mentre ruoli minori furono ricoperti da artisti francesi appartenenti alla "Musique de Chambre du Roi". Il successo fu immenso, tanto che le rappresentazioni si protrassero fino al 20 maggio con tre spettacoli settimanali; ad esso contribuì in gran parte l'intervento di Giacomo Torelli, autore delle scene e delle macchine, che destarono la sorpresa e l'ammirazione del pubblico; lo affiancarono, per le arie di danza i coreografi di corte, mentre Isacco Benserade fornì i versi per i personaggi del ballo. Il successo fu tale che lo stesso anno l'opera venne ripresa a Londra con il titolo Die Nuptial of Peleus and Thetis.

Purtroppo la partitura, particolarmente significativa per la conoscenza dell'evoluzione dell'opera italiana e la sua diffusione all'estero, è andata perduta; si conserva il libretto del Buti (Parigi, Bibliothèque nationale, Réserve Yf. 1460), e alcune arie del balletto francese sommariamente annotate con il soprano e il basso (Parigi, Bibliothèque du Conservatoire, Collection Philidor). Restano, quale testimonianza della straordinaria fantasia del Torelli, le incisioni delle scene che il Mazzarino fece eseguire da François Francart (Musée de l'Opéra), mentre una raccolta comprendente i costumi dell'opera e dei balletti si conserva nell'Institut de France (Ms. 1005) e in altre biblioteche parigine pubbliche e private.

Nel giugno 1654 il C. e la moglie Vittoria lasciarono Parigi, accompagnati da una lettera del Mazzarino per il cardinale Antonio Barberini, al quale così raccomandava i suoi protetti: "...poiché Carlo Caproli e sua moglie hanno adempito le loro parti così bene, l'uno nel comporre e l'altro col cantare... ho voluto accompagnarli con questa mia lettera a V. Em.za acciò ella, si compiaccia di continuar loro il suo favore doppo il servitio..." (Reims, 11 giugno 1654; cfr. Prunières, 1913). Una volta a Roma, il Barberini cercò di far riappacificare il compositore con il principe Ludovisi, ma dopo inutili tentativi decise di prenderlo al suo servizio con uno stipendio di 15 scudi mensili; tale posto il C. occupò fino al 1664, anno in cui gli successe il nipote Antonio. Frattanto fin dal 1659 il C. era stato accolto come violinista nella Congregazione di S. Cecilia, e nella seduta del 9 luglio 1665 gli venne assegnata la carica di guardiano della sezione degli, strumentisti. Nel 1667, grazie alla protezione dell'abate Elpidio Benedetti, affiancò G. E. Bernabei nella direzione della cappella di S. Luigi dei Francesi, dove era stato secondo violino dal 1649 al 1661 e poi primo violino dal 1662 al 1670. Nel 1665 aveva inoltre eseguito un suo oratorio nell'Arciconfraternita del SS. Crocifisso, tornandovi poi ancora nel 1666 e nel 1667, anno in cui forse diresse il suo oratorio Davide prevaricante e poi pentito su poesia di Lelio Orgini (una partitura manoscritta del 1683 si conserva nella Oesterreichische Nationalbibliothek di Vienna, ms. 16272).

Dubbio è l'anno della morte, avvenuta probabilmente a Roma tra il 1670 e il 1673 e comunque non oltre il febbraio 1673, anche perché all'esecuzione di un suo oratorio, il 24 febbraio dello stesso anno, nell'oratorio di S. Marcello, era dato come già morto (Arch. Segreto Vaticano, Fondo S. Marcello, F. H. XIV, 70).

Autore di quattro oratori (ora perduti), della produzione del C., prevalentemente vocale e comprendente arie, canzoni e duetti, restano numerose cantate da camera (di cui 58 per soprano, 17 a 2 voci, 12 a 3 voci, 2 a 4 voci, tutte con accompagnamento di basso continuo), disseminate, sia isolate sia in raccolte manoscritte, nelle maggiori biblioteche e archivi italiani e stranieri (per un elenco completo delle fonti si rimanda a TheWellesley Edition Cantata Index Series VII, Wellesley College, a cura di E. Caluori, di prossima pubblicazione).

Musicista elegante e delicato, esponente tra i più insigni della scuola romana, la partitura dell'unico oratorio rimasto lo rivela compositore sensibile, portato a una vocalità lineare e volutamente facile che, pur rivelando scarsa attitudine all'espressione drammatica, lo fa riconoscere come uno dei più autorevoli artisti del suo tempo, soprattutto quale autore di cantate; qui espresse il meglio della sua arte, caratterizzata da un'ammirevole chiarezza della struttura formale e da una fluida linearità melodica, messa in evidenza, in molte composizioni, dal sempre più frequente distacco tra aria e recitativo.Apprezzato musicista fu pure il fratello Iacopo, autore anch'egli di cantate e altre composizioni vocali. Alcune sue opere compaiono nella raccolta Villanelle spirituali e altri Recitativi a una voce del Padre Iacopo Caproli Romano, conservata nella biblioteca del conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli. Scarse sono peraltro le notizie sulla sua vita, visse probabilmente a Roma, e fra il 1657 e il 1664 il suo nome appare nelle ricevute dell'Archivio Barberini quale delegato alla riscossione dello stipendio del fratello Carlo.

Fonti e Bibl.: Archivio dell'Accad. di S. Cecilia: L. Rossi, Stato nominativo gener. degli aggregati alla Congreg. ed Accademia dei maestri e professori di Roma sotto la invocazione di Santa Cecilia, n. 1, verb. 24/1/1650; A. Berardi, Ragionamenti musicali, Bologna 1681, pp. 135 s.; Catalogo dei maestri compositori,dei professori di musica e dei socii di onore della Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia, Roma 1845, p. 104; G. Gaspari, Catalogo della bibl. del liceo musicale di Bologna, III, Bologna 1893, pp. 196 s.; D. Alaleona, Studisulla storia dell'Oratorio musicale in Italia, Torino 1908, pp. 411 s.; H. Prunières, L'Opéra ital. en France, Paris 1913, pp. VII, 30, 46, 95, 101, 152-55, 157 s., 164, 169-173, 208, 289, 292, 297; A. Tessier, G. Torelli a Parigi e la messa in scena delle "Nozze di Peleo e Teti" di C. C., in La rass. musicale, I (1928), pp. 573-590; H. Prunières, Les musiciens du cardinal A. Barberini…, Paris 1933, pp. 117 ss.; F. Liuzzi, I musicisti in Francia, Roma 1946, pp. 167, 179, 181 s., 280, 282 s., 294; M. Bukofzer, Music in the Baroque Era, London 1948, pp. 120, 148; L. Montalto, Un mecenate in Roma barocca: il card. Benedetto Pamphili, Firenze 1955, p. 320; A. Liess, Materialen zur römischen Musikgesch. des Seicento. Musikerlisten des Oratorio San Marcello1664-1725, in Acta Musicologica, XXIX (1957), 4, pp. 139, 143 s.; M. A. Machado Santos, Biblioteca da Ajuda - Catálogo de Música Manuscrita, I, Lisboa 1958, p. 96; H. Wessely-Kropik, Lelio Colista, Wien 1961, pp. 27, 51, 59 s., 62 s., 67, 87; E. Vogel, Bibliothek der gedruckten weltlichen Vocalmusik Italiens,aus den Jahren1500-1700, II, Hildesheim 1962, p. 830; E. Schmitz, Gesch. der Kantate und des geistlichm Konzerts, Hildesheim 1966, pp. 71, 80; L. Bianchi, Carissimi Stradella Scarlatti e l'oratorio musicale, Roma 1969, pp. 123 ss., 128, 132, 134, 219; F. Testi, La musica ital. nel Seicento, Milano 1970, I, pp. 457 a.; II, pp. 147, 151, 221; R. Giazotto, Quattro secoli di storia dell'Accadenda naz. di S. Cicilia, Roma 1970, I, pp. 135 155 s., 158, 167, 169 s., 183, 194, 197 s., 210 s., 214, 229, 241, 243, 307, 335, 375, 397; M. Benoît, Versailles et les musiciens du Roi(1661-1733), Paris 1971, p. 265; R. Eitner, Quellen Lex. der Musiker, II, p. 321; Enc. d. Spett., II, coll. 1736 s.; Die Musik in Gesch. und Gegenwart,Supplement, I, coll. 1312 s.

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