CAPITOLARI

Enciclopedia Italiana (1930)

CAPITOLARI (Capitularia)

Mario Viora

È il nome delle ordinanze emanate dai Carolingi, dette così dalla loro divisione in capi (capitula). Una siffatta legislazione regia aveva già cominciato a svolgersi, regnando i Merovingi (che avevano pubblicato ordinanze sotto i nomi di edicta, decreta, praecepta, constitutiones, e anche di capitularia; onde alcuni scrittori moderni sotto il nome generico di capitolari comprendono anche le leggi dei Merovingi), accanto alle leggi popolari, in virtù del banno regio. Essa fiorì poi abbondantemente per opera dei Carolingi, essendosi fatte vieppiù salde le basi del potere regio. Con Carlomagno s'incominciò a usare correntemente la denominazione tecnica di capitulare. I capitolari più numerosi sono appunto quelli dovuti a Carlomagno, che diede anche il tono ai legislatori successivi. Ancora notevole fu l'opera di Ludovico I e di Lotario I. Solo verso la metà del sec. IX la legislazione dei capitolari incominciò a divenire incerta e rada.

I capitolari si dividono, avuto riguardo al loro contenuto, in due classi: capitolari ecclesiastici, che contengono regole relative alle persone, ai patrimonî e agli uffici della Chiesa, e derivano in parte da prescrizioni conciliari, sanzionate dal re; e capitolari mondani, che sono tutti gli altri. Questi ultimi si suddividono tradizionalmente, in base a una terminologia che è usata dagli stessi testi, in tre gruppi: 1. capitularia legibus addenda: disposizioni destinate a riformare o a completare le cosiddette leggi popolari (ossia le compilazioni di diritto nazionale dei varî popoli assoggettati alla monarchia carolingia), che di regola dovevano essere approvate dall'assemblea del popolo cui erano destinate; 2. capitularia per se scribenda: leggi emanate in forza del potere regio, aventi un valore proprio, indipendentemente dal voto popolare, che riguardavano soprattutto il diritto pubblico e avevano valore territoriale per tutti i sudditi dell'impero; erano le più numerose; 3. capitularia missorum: istruzioni, generalmente interessantissime, che il re dava ai suoi rappresentanti nel governo delle provincie (missi dominici).

La legislazione dei capitolari riguarda tutti i rami del diritto. Mentre il diritto pubblico era stato soltanto di scorcio considerato dalle precedenti leggi barbariche, esso fu invece oggetto di vigile cura da parte dei legislatori carolingi, che a sé attribuirono non pure il diritto, ma anche il dovere di tutelare gl'interessi generali dei loro sudditi. Molte leggi perciò provvidero al mantenimento della pace pubblica, all'amministrazione della giustizia, al regolamento dei congegni finanziarî, ai servizî pubblici, con criterî spesso ispirati a un vero sentimento di filantropia. Il diritto penale ebbe pure gran parte nella legislazione carolingia; particolarmente notevole l'affermarsi, nel diritto dei capitolari, del carattere pubblico della pena. Anche nelle procedure l'azione dello stato s'intensificò, estendendo l'ingerenza dei funzionarî nella definizione delle liti e limitando l'arbitrio privato. Notevoli ancora furono le innovazioni nell'ambito del diritto privato; specialmente s'innovò in riguardo alla costituzione della famiglia, ai diritti successorî, alle garanzie e agli effetti delle obbligazioni. In complesso la legislazione carolingia appare improntata a grande elevatezza di fini. Ciò deriva così dalla missione di paladino del Cristianesimo assunta dall'imperatore, come dall'influenza del diritto romano, esercitatasi direttamente attraverso le fonti pregiustinianee, o indirettamente attraverso le fonti romano-canoniche.

Una prima raccolta di capitolari fu composta, durante il regno di Ludovico il Pio, da Ansegiso, abate di Fontanelle, e pubblicata nell'827. Benché il compilatore stesso dichiari d'aver riunito solo "tutto ciò che poté ritrovare" e abbia in realtà utilizzato soltanto 29 capitolari, pur tuttavia il libro, rispondente come era alle necessità della pratica, ebbe un grande successo e fin dall'anno 829 Ludovico il Pio lo citava in un suo capitolare.

Il successo dell'opera di Ansegiso spiega la fortuna non altrettanto meritata dell'altra raccolta, che avrebbe dovuto esserne il complemento, attribuita a Benedetto Levita. La raccolta, infatti, comparsa verso la metà del sec. IX e largamente diffusasi, già nell'857 era allegata nel capitolare di Kiersy, nonostante contenesse assai pochi capitolari autentici e la maggior parte fossero invece stati inventati, attingendone il materiale dal Breviario di Alarico, dall'Epitome di Giuliano, dalla legge popolare dei Visigoti, e soprattutto da testi ecclesiastici.

In Italia le collezioni di Ansegiso e di Benedetto furono certamente conosciute. Furono però presto sostituite da una nuova raccolta, che venne qui a formarsi in seguito all'uso di trascrivere in coda alla legge longobarda i capitula legibus langobardorum adnexa. Tale fu l'origine del cosiddetto capitulare italicum in cui, accanto ai capitolari legibus addenda, sono compresi i capitolari generali estesi all'Italia. Codesta collezione ebbe forse carattere ufficiale; fra i capitoli veri si sono però insinuati frammenti di altre leggi, canoni conciliari e anche chiose private.

Il capitulare papiense. - È una raccolta di capitolari propria dell'Italia. La legislazione carolingia dei capitolari comprendeva leggi generali per tutto l'impero e leggi speciali destinate a integrare le singole leggi volgari dei varî popoli soggetti all'impero; ora mentre queste ultime furono accolte in Italia ed ebbero sempre vigore, le leggi generali non furono ricevute con uguale facilità, in quanto esse erano deliberate senza che vi partecipassero i grandi del regno longobardo, non usi a recarsi alle adunanze del vasto impero. A superare opposizioni Lotario I propose all'assemblea di Pavia la revisione dei capitoli emanati da Carlomagno e da Ludovico I, che dovevano avere vigore in Italia. Da cotesta revisione nacque la breve raccolta detta Capitulare papiense, pubblicata nel febbraio dell'832. Essa consta di 14 articoli, parte dei quali non sono che un'indicazione sommaria delle disposizioni di legge contenute nei capitolari di Carlomagno e di Ludovico il Pio. Appaiono nuovamente formati da Lotario i capitoli 3, 12, 13, 14 e la maggior parte del capitolo 11.

Bibl.: A. Boretius, Die Capitularien im langobarden Reich, Halle 1864; id., Beiträge zur Capitularienkritik, Lipsia 1874; Platz, Die Capitularien der fränkischen Könige, Pforzheim 1882-83; F. Patetta, Sull'introduz. in Italia della collezione di Angesiso, in Atti dell'Acc. di Torino, XXV (1890), pp. 876-885; G. Seeliger, Die Kapitularien der Karolinger, Monaco 1893; R. Sohm, Fränk. Reich und Gerichtsverfassung, Lipsia 1911; E. Besta, Storia del Dir. It., Legislaz. e Sc. Giuridica, sec. V-XV, I, Milano 1923, p. 221 segg. Dei capitolari si fecero molte edizioni, fra le quali parecchie incomplete e deficienti. L'edizione più recente, e anche la migliore, è quella cominciata dal Boretius e terminata dal Krause, nei Mon. Germ. Hist., Leg., II, Hannover 1881-1890 (il capitulare papiense edito da Boretius-Krause, è alle pp. 59-637).

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