CANONISTI

Enciclopedia Italiana (1930)

CANONISTI

Gian Piero Bognetti

. Cultori, scrittori e maestri di diritto canonico. Il diritto della Chiesa cominciava a distinguersi dalle altre parti della dottrina religiosa quando la cultura giuridica del mondo antico aveva ormai chiusa la sua fase costruttiva, e volgeva a decadenza. La letteratura canonistica non poté, fin dopo il mille, superare le forme rudimentali della raccolta di fonti e dei libri penitenziali, mentre le nozioni riguardanti la costituzione e le leggi della Chiesa continuavano a essere impartite assieme all'insegnamento della teologia, di cui costituivano quasi una parte pratica. Nonostante la mancanza di una vera elaborazione dottrinale, sotto il nome di canonisti si comprendono, tradizionalmente, anche quanti, prima di Ivone di Chartres e di Graziano, attesero a quelle collezioni o, per fini pratici, si specializzarono nella conoscenza e nella interpretazione di quelle fonti (in senso più ristretto e tecnico, essi vanno però definiti dei teologi giuristi, anziché dei canonisti giuristi). Qui ci occuperemo soltanto dei canonisti in senso stretto, non delle prime raccolte di canoni (v. canoniche, collezioni).

Attorno alle compilazioni greche si adoperarono, scrivendo commentarî e scolî, i principali canonisti della Chiesa ortodossa: Teodoro Prodromo e Doxopater, Bestes, il monaco e storico Giovanni Zonaras (attorno all'anno 1120) e specialmente Teodoro Balsamone, nato a Costantinopoli nella prima metà del sec. XII, dignitario in quel patriarcato e più tardi (1193) patriarca di Antiochia, morto in patria probabilmente al principio del sec. XIII. Infine nel sec. XIV il monaco basiliano Matteo Blastares coordinava e riordinava le fonti del diritto canonico della Chiesa greca in un corpus chiamato Σύνταγμα o anche Nomocanone o Πηδάλιον.

La necessità di raccogliere e coordinare lo stragrande numero di canoni dei sinodi nazionali e diocesani, l'impulso dato da Carlomagno alla rinascita della cultura (specialmente valendosi di elementi monastici) la crescente potenza del clero, il parziale riconoscimento dato dallo stato al diritto canonico e le stesse contese giurisdizionali provocarono in Francia, durante i secoli VIII-IX, una rigogliosa, anche se in parte corrotta, produzione canonistica. Crodegango, vescovo di Metz, aveva dettata, verso l'anno 760, la regola per la vita canonica; e da allora si diffondono le scuole capitolari, seminarî di studî sui canoni. Le stesse persone coltivano studî teologici e letterarî e uno spirito nuovo ne deriva all'elaborazione del diritto ecclesiastico, anche se le forme non mutano. Ricorderemo qui solo Incmaro di Reims, i cui scritti sul divorzio di Lotario, e più specialmente le monografie sul diritto dei metropoliti e sui preti e le cappelle, segnano un notevole passo nello svolgersi della letteratura canonica, nonché le falsificazioni franche, in particolare le collezioni pseudo-isidoriane (v. canoniche, collezioni e pseudo-isidoriana, collezione). Nello Pseudo-Isidoro è ammirevole il mosaico di brani attinti alle fonti più disparate, ed elaborati in modo da indirizzarli allo scopo del compilatore senza tradire troppo grossolanamente gli anacronismi o gli altri elementi di sospetto. L'ignoto e mendace canonista ci dà una riprova che in un centro della Germania o della Francia, fosse Magonza o Le Mans o Reims, gli studî di diritto canonico potevano trovare il sussidio di tanti materiali, ed essere coadiuvati da una certa preparazione filologica. D'altro canto però la recezione quasi universale dello Pseudo-Isidoro mostra quanto scarsa fosse ancora la critica dei testi. Oltre che dei capitolari, cioè della recente legislazione dello stato in materia ecclesiastica, i canonisti cominciano a tenere conto delle leggi romane riguardanti la Chiesa o comunque in rapporto col suo diritto; già nello Pseudo-Isidoro entrano largamente gli estratti di libri legali, quali il Codice Teodosiano, il Breviario di Alarico, la Legge romana dei Visigoti, ecc. Più tardi in Italia - forse in una scuola monastica - vien compilata una Lex romana canonice compta, e le leggi romane vengono accolte in larga misura anche in una vasta collezione di testi canonici, dedicata ad un presule Anselmo, che è probabilmente l'arcivescovo di Milano (883-897). Quest'ultima raccolta che si diffuse anche oltre le Alpi, è ordinata sistematicamente, anziché cronologicamente come gran parte delle collezioni anteriori, e prelude già chiaramente ai trattati. Dopo di essa si incontrano ormai quasi solo delle collezioni sistematiche, e riguardanti il diritto di tutta la Chiesa, il che è pure un indice di progresso verso un definitivo assetto scientifico.

Reginone, abate di Prüm, stende, tra il 906 e il 913, su invito del vescovo di Treviri, un manuale, in forma catechistica, intitolato de synodalibus causis et disciplinis ecclesiasticis, che è una guida per la pratica delle visitazioni e dei sinodi, con particolare riguardo alla materia penitenziaria. Morì nel 915.

Il sec. X, triste per la cultura, non perde tuttavia la conoscenza del diritto canonico. Gerberto d'Aurillac (Silvestro II), nel concilio di Saint-Basle oppone ai falsi testi, allegati dagli avversarî, i canoni veri, se pure non riesce a scorgere o a denunciare la falsità della raccolta di Isidoro mercator; gli scritti di Attone di Vercelli e di Raterio di Verona mostrano quale fosse la conoscenza del sistema giuridico della Chiesa presso i migliori vescovi del tempo.

La rinascita si annuncia verso il mille con Abbone di Fleury, che nella sua collezione tien conto anche dei capitolari e del diritto romano. Ma lo sorpassa, per la vastità dell'opera, Burcardo, vescovo di Worms, il cui Collectarium o Decretum, in 20 libri, deve la sua fortuna più alla copia dei materiali che all'originalità delle singole parti della raccolta rispetto a precedenti collezioni.

Il moto riformista capeggiato da Ildebrando, e la lotta per le investiture cercano nei canoni il loro fondamento legale. Il fine politico e religioso spinge agli studî giuridici anche i principali uomini d'azione che la Chiesa conti, e ancora una volta si trovano riunite nella medesima persona le figure del dialettico, del teologo, del canonista.

Da ricordare anche le collezioni di Anselmo da Baggio, del cardinale Deusdedit, autore di un Libellus contra invasores et simoniacos et reliquos schismaticos interessante pure dal punto di vista giuridico. Bonizone da Cremona, vescovo di Sutri e poi di Piacenza, compose il suo Liber de vita christiana, conosciuto anche col nome di Decretum, concepito come un vero trattato, nel quale le fonti raccolte dovevano essere accordate attraverso distinzioni e soluzioni. Più tardi, forse nel 1104, Gregorio, cardinale di S. Crisogono, redigeva gli otto libri del Polycarpus, in cui è fatto largo posto agli elementi romanistici.

Di là dalle Alpi si acquista fama, per le sue indagini canonistiche, Bernoldo da Costanza o di San Biagio.

Nella scuola della badia di Chartres, i cui studî erano ancora improntati all'indirizzo segnato dall'abate Fulberto, la canonistica tiene adesso il primo posto, specialmente per merito del vescovo Ivone, nato attorno al 1040, già proposto di S. Quintino di Beauvais, uomo versato nelle scienze teologiche e filosofiche. Tra il 1095 e il 1117 (probabilmente questo fu l'ultimo anno di vita di Ivone) escono da quella feconda officina due collezioni sistematiche di canoni (fonti della Tripertita), il Decretum di Ivone, in 17 libri, la Collectio trium partium o Tripertita, e la Panormia, in 8 libri, l'opera più celebre del vescovo canonista, che, preludendo al metodo destinato a trionfare con Graziano, cercava di conciliare i canoni discordanti.

Algero da Liegi, tra il 1099 e il 1121 (anno di sua morte), sotto l'influsso della Tripertita, scriveva il De misericordia et iustitia, che si vuole abbia a sua volta ispirato Graziano.

La scuola di Chartres coronò gloriosamente la tradizione dei teologi giuristi. Teologo giurista è tuttavia, secondo l'opinione del Sohm, lo stesso Graziano, il fondatore della scuola canonistica di Bologna, la quale assicura all'Italia il primato in questo campo per gli ultimi secoli del Medioevo.

L'opera di Graziano risente ancora dell'influsso della scuola filosofica e teologica francese, e specialmente del Sic et non di Abelardo. E, tra gl'immediati discepoli e primi commentatori dell'opera di Graziano, Ognibene, Rolando Bandinelli e Gandolfo, sono, oltre che canonisti, scrittori di teologia ed esponenti di una effimera scuola teologica bolognese, dipendente da quella di Francia.

Ma, anche coltivato dalle stesse persone, il diritto canonico è ormai distinto, proprio in conseguenza dell'opera di Graziano, dalla teologia. Nel campo del diritto canonico si fa più netta la divisione tra il foro esterno e il foro interno; è per quest'ultimo che sopravvive uno stretto legame con la teologia morale.

Lo studio del diritto romano, già fiorente in Bologna, influisce anche sulla scienza canonistica: la letteratura più copiosa consiste ora in commenti, somme, glosse al Decretum: i "decretisti" compiono per esso ciò che i "legisti" fanno per il Corpus Iuris Civilis.

Il Decretum di Graziano eliminava dall'uso le precedenti collezioni. Ma contemporaneamente le fonti del diritto della Chiesa si arricchivano di numerose decretali, cioè della nuova legislazione pontificia. La raccolta di queste decretali, e successivamente la loro elaborazione dottrinale, assorbe l'attività dei giuristi, che già si erano formati allo studio del Decreto. E sono i cosiddetti decretalisti.

La schiera dei decretisti si inizia naturalmente prima di quella dei decretalisti: ma non è ancora esaurita, quando già operano i primi decretalisti. Classificando un canonista piuttosto tra i decretalisti che tra i decretisti si tien conto del contributo prestato rispettivamente alla formazione dell'apparato al Decreto, culminante nella glossa ordinaria di Giovanni Teutonico (o di Bartolomeo da Brescia), o alla raccolta e alla glossa delle Decretali; e si tien conto dell'oggetto prevalente della sua produzione e del suo insegnamento; ma generalmente gli stessi canonisti rivolgevano la loro attività tanto al Decreto quanto alle Decretali (queste però assumono via via un valore soverchiante come fonte del diritto positivo), e ad ambedue le fonti erano dedicate nelle università delle cattedre ordinarie (lettura antimeridiana) mentre il "Libro Sesto" e le "Clementine" formavano oggetto di letture straordinarie (lettura pomeridiana).

Accanto alla forma, dapprima prevalente, del compendio e commento di tali fonti, si hanno altri tipi di opere espositive, o di carattere pratico (repertorî, lessici, tavole comparative del diritto civile e canonico, arbores consanguineitatis), o, a cominciare dallo stesso sec. XII, delle monografie e trattati, specialmente dedicati al diritto matrimoniale e processuale, beneficiario e penitenziale. È per questa più matura ed elaborata produzione che emergono i grandi pragmatici dell'età aurea del diritto canonico, cioè dei secoli XIII, XIV e XV.

Il centro degli studî canonistici resta, fino al sec. XVI, Bologna, ma già dalla metà del sec. XIII rivaleggia con esso lo studio di Padova. Più effimera, e sempre minore, fu la fama delle cattedre canonistiche di Arezzo, Pisa, Firenze, Pavia, Perugia, Siena e Ferrara. Legata come fu, dal sec. XII al XV, alla vita delle università, la scienza del diritto canonico non ebbe adeguato sviluppo in Roma, da cui pure promanava, con le decretali, il nuovo diritto.

Fuori d'Italia, vanno segnalate per la Francia le cattedre canonistiche di Parigi, di Avignone, di Langres, di Montpellier, di Orleans, di Poitier, di Tolosa, di Valence, per la Spagna quella di Salamanca, per l'Inghilterra Oxford, per la Germania Colonia, Lipsia, Erfurt, Vienna, Wittenberg.

Se si vuol pure valutare, attraverso la nazionalità degli scrittori canonisti, il contributo che i singoli popoli diedero allo svolgimento della letteratura canonica avanti la fine del Medioevo, potremo ricordare che il primato numerico spetta all'Italia, seguita dalla Germania, dalla Francia e dalla Spagna. Vengono poi l'Inghilterra, la Boemia, la Polonia e i Paesi Bassi.

Quanto alle singole branche della scienza, gl'Italiani vanno avanti gli altri per quel che riguarda la formazione e la compilazione delle fonti: basteranno i nomi di Alessandro III, Bernardo da Pavia, Raniero da Pomposa, Berengario Fredoli, Riccardo da Siena. Seguono l'Inghilterra, con Gilberto, Alano e Giovanni Galense, la Spagna con Bernardo da Compostella e Raimondo da Pennaforte e la Francia con Guglielmo de Mandagoto.

Per l'esegesi e il commento del Decreto di Graziano è ancora in prima linea l'Italia, col Paucapalea, Rolando Bandinelli (Alessandro III), Siccardo, Giovanni da Faenza, Simone da Bisignano e Uguccione. La Spagna si vanta dei canonisti Giovanni e Pietro Ispano, e, molto più tardi, del Turrecremata, la Francia di Rufino (ma forse era di nazionalità tedesca), di Stefano di Tournay, dell'autore della Summa Parisiensis e di Pietro di Blois, la Germania dell'autore della Summa Coloniensis e di Giovanni Teutonico, e, più tardi, di Matteo Ivanno.

Per l'interpretazione delle Decretali fino a Gregorio IX, il primato può essere disputato fra gl'Italiani (Bernardo da Pavia, Rodoico Pizzolpasso, Bertrando Grazia, Lanfranco, Tancredi, Giacomo di Albenga) e gli Spagnoli (Bernardo da Compostella antiquus, Lorenzo, Pietro e Vincenzo Ispani), mentre l'Inghilterra annovera Riccardo Anglico, Gilberto, Alano e Giovanni Galense. La Germania è rappresentata anche qui da Giovanni Teutonico.

Dopo Gregorio IX, le Decretali sono ancora commentate e interpretate, in prima linea dai canonisti italiani, a cui, con molta distanza, seguono i Francesi, gli Spagnoli, i Tedeschi. Per l'elaborazione delle nuove decretali, da Gregorio IX a Bonifacio VIII, sono egualmente benemeriti gli Spagnoli (Giovanni de Deo, Bernardo da Compostella, Garsia) e i Francesi (Pietro de Sampsone, Abbas antiquus, Guglielmo Durante); mentre per il Liber Sextus i canonisti francesi superano forse gl'Italiani. Per le Clementine e per le Extravagantes dominano i Francesi. Nella letteratura monografica l'Italia è in netta superiorità, davanti alla Francia (che pure conta un Guglielmo Durante, un De Mandagoto, un De-Montelauduno), all'Inghilterra, alla Spagna, alla Germania.

Iniziatore della nuova giurisprudenza del foro interno è un figlio dell'Inghilterra, già celebre per i suoi libri penitenziali: Roberto Flamesburiense. Egli però visse in Francia sulla fine del sec. XII e i primordî del XIII. Ma un nuovo impulso è segnato dallo spagnolo Raimondo da Pennaforte; e ben tosto gl'Italiani tengono anche in questo campo il primato.

Sommano poi a parecchie centinaia gli altri canonisti, anteriori al Cinquecento, dei quali lo Schulte poté, nella sua poderosa storia delle fonti e della letteratura del diritto canonico, raccogliere notizie biografiche e bibliografiche.

In quella schiera sono anzitutto notevoli i civilisti che coltivarono anche il ramo parallelo del diritto canonico. Dino da Mugello, nel suo soggiorno romano (1297-98) compilò le regulae iuris aggiunte al Liber Sextus. Iacopo da Belviso (1270-1335) è autore di una monografia De excomunicatione, e anche in lavori civilistici tratta incidentalmente di diritto canonico. Baldo degli Ubaldi (1327-1400) lasciò una Lectura super lib. I, II, III Decretalium, un repertorio per la Margarita di Innocenzo IV e aggiunte allo Speculum del Durante (il fratello, Pietro de Ubaldis, che gli sopravvisse, è autore di numerose monografie di diritto canonico). Alessandro Tartagni, (1423 o '24-1477), accanto alla produzione civilistica, lasciò una Lectura in lib. III Decretalium, una Lectura in rubricam de fide e dei consilia di diritto canonico. E Francesco de Accoltis, detto l'Aretino (c. 1418-c. 1486), civilista di grido, ha pur lui una produzione canonistica di notevole valore. Di Filippo Decio (1454-1536 o '37) si conservano tre opere che interessano il diritto canonico. Presso di lui, come minore canonista del sec. XV, si può ricordare Felino Sandeo (1444-1503), vescovo di Lucca, amico e poi nemico del Decio, erudito e fecondo estensore di letture, trattati e monografie giuridiche.

Pur tra i più noti filosofi e teologi non mancano quelli che scrissero di diritto canonico. Guglielmo di Occam stendeva nel 1339 le Decisiones octo questionum super potestate Summi Pontificis, nel 1342 il De iurisdictione Imperatoris in causis matrimonialibus, e infine un Dialogus, interessante per il diritto della Chiesa, con tendenza anticurialista. E Giovanni Gerson (1363-1429) va pur ricordato come autore di numerose opere sul foro interno, oltre che di scritti sulla riforma della Chiesa. Infine, a chiudere la schiera dei canonisti che nel Medioevo salirono alla cattedra di San Pietro (inobliati i nomi di Alessandro III, Innocenzo III, Innocenzo IV), sta lo stesso Rodrigo Borgia, poi Alessandro VI, autore di una monografia De Cardinalium excellentia et officio vicecancellarii, e di una Glossa in regulas cancellariae.

Col sec. XV si chiude l'età aurea della scienza del diritto canonico, almeno dal punto di vista tecnico giuridico. Forse nessuna opera canonistica del Cinquecento ottenne presso i contemporanei la diffusione che ebbero le Istituzioni di diritto canonico del Lancellotti. Per il suo valore pratico si fa pure ricordare tutta la produzione del Rebuf.

(Per l'opera dei Correttori Romani, v. la voce corpus iuris canonici).

Il card. Pinelli, preposto da Sisto V alla commissione incaricata della raccolta delle Decretali posteriori alle Clementine (1587), legò il proprio nome alla compilazione del cosiddetto Liber septimus Decretalium Clementis VIII, che non ottenne carattere ufficiale.

Nello stesso tempo però qualcuno cominciava a guardare alle fonti del diritto canonico con senso storico e critico, cercando di vagliarne la genuinità e ricostruirne il processo di formazione (A. Agostino, De Mouchy, Sirmond, C. De Moulin, quest'ultimo già appartenente alla corrente riformata); finché nel Seicento la storia del più antico diritto canonico viene espressamente fatta oggetto di studio (Thomassin).

Rientrano in parte nella letteratura canonistica (e quindi agli autori spetta il nome di canonisti) le opere apologetiche della Santa Sede contro Enrico VIII dovute al card. Reginaldo Polo (1500-'58) e il De iustitia et iure del Molina.

I maggiori canonisti vissuti tra il Cinquecento e il Seicento sono De Azpilcueta, D. Cavarruvias, A. Barbosa, R. Bellarmino, P. Fagnani, T. Sanchez, F. Suarez; cui si devono aggiungere Rigger e Pithou, rappresentanti la corrente , gallicana, e per i regalisti moderati Pietro De Marca e Bossuet; inoltre Giacomo Lechassier che nel 1606 pubblicò il De la liberté ancienne et canonique de l'église gallicane. Quali rappresentanti della corrente giurisdizionalista fuori di Francia, vanno segnalati W. Barclay, P. van Espen, P. Sarpi, M. A. De Dominis.

Come luminari della canonistica cattolica della seconda metà del Seicento e del secolo seguente possono considerarsi il Leuren, il Quesnel, il Tellez, l'Amort, il Reiffenstuel, F. Schmier, lo Schmalzgrueber, V. Pichler, G. Zallwein, F. S. Zech e gli italiani Prospero Lambertini (v. benedetto xiv) e Giovanni Devoti. Nonché, per la storia e critica delle fonti, P. Ballerini, e F. A. Zaccaria.

Tra i cattolici del Settecento, in varia guisa avversi all'illimitata supremazia papale, nominiamo qui il Hontheim (Febronio), il Riegger, l'Eybel, il Sauter, il Hedderich, il Pehem, P. Tamburini, S. De Ricci. Un canonista cattolico che si trovò coinvolto nelle vicende della Rivoluzione francese è il Durante de Mailane.

Tra gli studiosi riform3ti del Cinquecento già segnalammo il De Moulin o Molineo; per la parte storica e critica della sua opera gli possiamo accostare il francese Davide Blondel (1591-1655) che dimostrò la falsificazione dello Pseudo-Isidoro e scrisse contro il primato di Roma e per i diritti del popolo nel governo della Chiesa. E, sempre stando tra i riformati, l'anglicano Riccardo Zwuch, i tedeschi Carpzov, rappresentante fra i luterani del sistema episcopale, Thomasius, rappresentante del sistema territoriale, S. Pufendorfi Giusto Henning Bohmer, che ricostruì la storia del diritto dei riformati e ne individuò le derivazioni dal diritto canonico, F. C. Moser, G. C. Kohler, C. F. Treitschke.

Il sec. XIX segna il fissarsi del primato degli studî canonistici presso i Tedeschi. Si accentua d'altro canto sempre più il carattere individualistico dell'opera scientifica, così che gran parte della letteratura si sottrae a una classificazione di tendenze e di scuole.

I principali canonisti di confessione evangelica sono: Bichell, Dove, Bluntschli, Bornacius, Eichhorn, Richter, Hinschius, Zorn, Friedberg, R. Sohm, Stutz; quelli cattolici, Affre, Gambsjäger, Bouix, Gareis, Gross, Thaner, Rauscher, Eichmann, Sägmuller, Fr. S. Wernz. Si aggiungano i cardinali Camillo Tarquini, Felice Cavagnis, Giuseppe d'Annibale (1815-92), autore di una Summula theologiae moralis, che esercitò larga influenza sulla più recente canonistica cattolica; i gesuiti A. Ballerini e D. Palmieri, Francesco Santi e infine il card. Casimiro Génnari (1839-1914), che ebbe parte eminente nella preparazione del Codex. Principale artefice di questo fu il card. Pietro Gasparri.

Fra gli studiosi della storia delle fonti e della letteratura del diritto canonico si segnalò, per la monumentalità dell'opera, G. F. Schulte; e, dopo lui, il Maassen e il Fournier.

Bibl.: Poiché questo articolo serve da coordinazione a più articoli speciali, rimandiamo anzitutto alla bibliografia delle voci: canoniche, collezioni; penitenziali, libri; graziano, decreto di; decretali; decretisti; decretalisti; corpus iuris canonici, e ai nomi dei singoli canonisti più sopra richiamati. Segnaliamo qui: F. Maassen, Geschichte der Quellen und Literatur des kanonischen Rechts im Abendlande bis z. Ausgang d. Mittelalters, I, Gratz 1870; J. Hergenröther, Das griech. Kirchenrecht der morgendländischen Kirche, Mostar 1905; Ghellineck, Le mouvement théologique du XII siècle, Parigi 1914; e, per la biografia ed opere dei canonisti posteriori a Graziano, G. F. Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts von Gratian bis auf die Gegenwart, voll. 3, tomi 4, Stoccarda 1875-1880.

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