cannibalismo
L’uso di cibarsi di carne umana (anche detto antropofagia). Abbastanza diffuso presso varie società primitive (Africa centrale e centro-meridionale, alcune zone dell’Asia sud-orientale e insulare,
Per errori derivati da falsa interpretazione di alcuni riti, furono accusati di c. gli iniziati ai Baccanali (senatoconsulto del 186 a.C., che venne comunicato a tutti i federati italici), e più tardi i cristiani (cene tiestee).
Si parla di c. quando individui di una specie animale aggrediscono e divorano membri della stessa specie. Il fenomeno insorge generalmente a causa di condizioni ambientali sfavorevoli (cattività, sovraffollamento ecc.), ma in molte specie è normale consuetudine, fungendo da fattore limitante la densità di popolazione. Per esempio, alcuni imenotteri parassiti (famiglie Icneumonidi, Trigonolidi, Serfidi ecc.), che depongono le uova nelle larve di altri insetti (Ortotteri, Lepidotteri) presentano un particolare stadio larvale, detto forma combattente, che uccide e divora le altre larve conspecifiche che occupano lo stesso insetto ospite: ciò riduce il numero dei parassiti e i superstiti, avendo a disposizione maggiori quantità di cibo, raggiungono più facilmente lo stadio adulto. Molto diffuso tra gli insetti (termiti, formiche) e i pesci (guppy) è l’uso di divorare la prole in eccesso. Negli Anfibi del genere Amblystoma il sovraffollamento induce il c. tra le larve acquatiche: ciò consente una maggiore crescita delle superstiti. Tra i vertebrati si registrano casi di c. nei leoni (combattimenti tra maschi), nelle iene e anche nei macachi (lotte per la supremazia).