CANDIA

Enciclopedia Italiana (1930)

CANDIA (A. T., 82-83)

Giuseppe CARACI
Roberto CESSI
Giuseppe GEROLA

È la città più popolosa (33 mila abitanti nel 1928; 22 nel 1900) e uno dei maggiori porti dell'isola di Creta (v.). Il nome Candia, che si estese a tutta l'isola durante la dominazione veneta (1240-1669) fu cambiato dai Greci in quello di Megalókastron e attualmente in Herákleion (‛Ηράκλειον), il nome dell'antico porto di Knossos.

La cinta delle antiche mura, oggi per la maggior parte in rovina, separa dalla nuova la vecchia città, che conserva un po' del suo aspetto medievale; in complesso però, la tendenza ad assumere carattere europeo sembra essere stata più forte che nel resto dell'isola. Le belle chiese cristiane, una magnifica loggia veneta, numerose moschee (la popolazione di Candia è per circa metà musulmana) e il grande acquedotto che ancora approvvigiona l'abitato (fatto costruire nel 1627 da Francesco Morosini) ecc. sono mal conservati e, peggio, deturpati da barbarie e rammodernamenti.

Discreto è, in rapporto alle condizioni dell'isola, lo sviluppo delle industrie (fabbriche pregiate di saponi e di tovaglierie), ma il commercio, pur avendo segnato un qualche accrescimento dopo la liberazione dai Turchi, si mantiene entro limiti piuttosto modesti. Il porto, poco profondo, è ormai antiquato. L'esportazione consta soprattutto di olio, uve secche e saponi; l'importazione di generi alimentari (farine, zucchero), tessuti e legname da costruzione.

Herákleion rappresenta lo sbocco del νομός (provincia) più produttivo e popoloso (v'è concentrata oltre un terzo della popolazione di Creta) dell'isola, di cui fu capitale fino alla metà del secolo scorso. Oggi vi ha sede il metropolita greco, da cui dipendono le sette sedi suffraganee dell'isola.

Rinnovata dagli Arabi nelle vicinanze dell'antica Herákleion, la nuova città era anche ribattezzata col nome suggerito dalla figura che assumeva la sua struttura, stretta all'intorno da una fossa (khandak). Χάνδαξ la chiamavano i Bizantini, dopo la distruzione e la ricostruzione, nel 961, di Niceforo Foca; Candica (o Cantiga) e per falsa etimologia Candida (italianizzato in Candia) i Veneti, per virtù dei quali il nome della capitale passò a designare anche l'intera isola. Di fronte a questa generalizzazione, col tempo la città fu, perciò, differenziata rispetto all'isola col nome di una sua parte, Megalókastron o semplicemente Kastron o Herákleion secondo che piacque richiamarsi alla fisionomia della città fortificata, dominata dal castello, o a una più o meno legittima tradizione indigena di antica origine. Bizantini e Veneziani, come prima gli Arabi, avevano ivi costituito il centro d'ogni ordinamento amministrativo: e come prima era stata la sede del governo bizantino, così con i Veneziani fu la sede del duca, mandato a reggere il governo dell'isola. Candia e il suo territorio, abbastanza ampio in principio, poi ristretto con la riforma del secolo XIV, erano ordinati amministrativamente, nella struttura interna e nei rapporti con il resto dell'isola, press'a poco nella forma con la quale si comportava la Dominante rispetto alle terre del Dogado e degli altri dominî. Duca, giudici, consiglieri e camerarî, Consiglio maggiore e minore, riproducevano gli ordinamenti della madre patria, e, come questi, avevano il diretto governo della città e del territorio aggregato, e indiretto sull'intera isola. Il privilegio di una sede di governo, contribuì al largo sviluppo della città; al principio del sec. XIV la vecchia cinta era superata; nel 1320 si ricordano i nuovi borghi eretti oltre questa, e le immigrazioni del 1363 e del 1381 favorivano ancor più questo allargamento, che rese necessario, nel corso del sec. XV, l'inizio della costruzione di una nuova cinta, ultimata solo nel successivo, abbracciante tutta la parte nuova. I viaggiatori del tempo ricordano la bellezza, l'amenità e le delizie della città nobilissima di abitazioni nel raggio del vecchio nucleo, ben accusata nei borghi. Il rifluire dell'elemento straniero contribuì anche a dar sviluppo alla ricchezza, che traeva vita dal traffico: poiché, nonostante le robuste difese militari in essa organizzate, non costituiva né costituì la base militare dell'isola.

Militarmente la Canea era più considerevole, e su questa e su altre fortezze puntarono sempre gl'invasori. La ventennale difesa della fortezza della città, fino alla sua caduta nel 1669 (6 settembre) contro la violenza turca, registra pagine meravigliose d'insuperabile eroismo, commisto a una fede inestinguibile. Ma ancora prima della conquista turca Domenico Trevisan ne preannunziava nel 1512 la decadenza; un secolo dopo Antonio Mocenigo l'additava "ripiena di infinite rovine, da tutte le parti scoprendo i miserabili resti di città desolata". Il Turco trionfante ereditava una città sofferente nella sua veste esteriore e nella sua attività di vita: né in due secoli e più di dominio la rianimò, se non per stimolare ed espandere lo spirito nazionale, che disperdendo i residui influssi veneziani, trovò in Candia la sua culla fino alla riscossa.

Bibl.: R. Röhricht, Le pèlerinage de Jacques de Verone, in Revue de l'Orient latin, III (1895), p. 21 segg.; E. Gerland, Das Archiv des Herzogs von Kandia in K. Staatsarchiv zur Venedig, Strasburgo 1899; F. Cornelius, Creta sacra, Venezia 1755; G. Gerola, Candia veneziana, in Illustrazione italiana, XXVIII (1901), id., Monumenti veneti nell'isola di Creta, voll. 3, Venezia 1905.

Monumenti. - Candia sorge a metà della costa settentrionale dell'isola, in amena postura, ma su una spiaggia quasi totalmente aperta. La località - forse da identificarsi con Mation - dovette essere abitata anche nell'epoca classica. Ma il merito della fondazione della città spetta agli Arabi, quando, nei primi decennî del sec IX, s'impadronirono dell'isola. I Veneti ne fecero la capitale del loro dominio nell'isola, conformandola in qualche modo al prototipo di Venezia, con le sue anguste calli, col suo S. Marco, il suo palazzo ducale, la sua loggetta, i suoi arsenali, i suoi fondachi, la sua Giudecca.

La cerchia di mura più antica era poca cosa e di importanza soltanto secondaria. A mezzogiorno di essa si estesero ben presto i borghi vecchi e poi i borghi nuovi, rendendo necessaria una nuova cinta, mentre l'antica fu trasformata in fondachi e in botteghe. Per tacere della rocca sul porto, ampiamente riformata nel secondo quarto del Cinquecento, tale fortificazione fu iniziata nel sec. XV, ma solo nella prima metà del seguente assunse la sua ampiezza definitiva, quale aveva suggerita Giano da Campofregoso, mentre Michele Sanmicheli vi applicava quel sistema bastionato del quale Candia doveva offrire uno dei primi esempî ed al tempo stesso uno dei più formidabili modelli, che fu man mano perfezionato e completato dai migliori architetti militari della Serenissima.

La vecchia cattedrale di Candia, dedicata a S. Tito, fu distrutta dal terremoto. La primiceriale di S. Marco, fondata nel 1239, e le chiese conventuali, fra le quali doveva eccellere il tempio di S. Francesco particolarmente caro al cretese Pietro Filargo, papa Alessandro V, sono ormai destituite di ogni decoro. Le altre cappelle latine, e la pleiade delle chiese greche che erano un centinaio, sono scomparse quasi totalmente, al oari della sinagoga che sorgeva nel quartiere di nord-ovest alla Giudecca.

Dei palazzi pubblici si conservava fino a pochi anni fa la bellissima loggia, ricostruita verso il 1627 dal provveditore Francesco Morosini, in pieno stile veneto, di accento sanmicheliano. Affrettatamente smontata nel 1904 per un preteso pericolo di rovina, non fu poi più riedificata. Degli edifici privati veneziani, le vecchie strade offrono appena qualche portale, qualche finestra, qualche cantonata; molti pezzi architettonici servivano di stele mortuarie nei cimiteri turchi, ora tutti distrutti.

Meglio ricordano l'antica Dominante le belle fontane, come quella del Bembo del 1553, quella Nuova del Priuli, costruita nel 1666 durante l'assedio, e la graziosissima fontana del Gigante, che lo stesso Francesco Morosini collocò nel 1628 ad ornamento della piazza principale, dopo aver compiuto il nuovo arditissimo acquedotto.

Memorie turche non esistono ormai più, e la città moderna non presenta alcun interesse d'arte, se non per il Museo archeologico, grande edificio di recente costruzione, che raccoglie i trovamenti fatti negli scavi dei palazzi minoici di Cnosso, di Festo e di Hagia Triada, ecc. (V. tavv. CLXXV e CLXXVI).

Bibl.: G. Gerola, Monumenti veneti nell'isola di Creta, Venezia 1905 segg.; id., Topografia delle chiese della città di Candia, in Bessarione, 1918.

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